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Quo vadis Italia di Mattarella e Draghi?

Appena si saranno placati i troppi sospiri di sollievo, alcuni davvero esagerati, altri ipocriti, che hanno accompagnato la rielezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica, sarà imperativo porsi qualche interrogativo. Non conta tanto sapere chi ha perso e chi ha vinto. Salvini, Berlusconi e Casellati hanno sicuramente perso. Il centro-destra ha sicuramente perso, ma perché aveva una falsa coscienza di sé: mai blocco compatto, ma solcato da tensioni “governo/opposizione”, “pro-Unione Europea/Cambiare l’Europa”. Quella falsa coscienza gli renderà difficile fare la campagna elettorale e, eventualmente, se premiato dal voto renderà complicato formare il governo e farlo funzionare. Non hanno vinto né Conte né Letta (né Renzi). Giorgia Meloni potrà vantare la sua granitica coerenza, ma forse starà prendendo atto che da sola non va da nessuna parte e che i suoi necessari accompagnatori sono assolutamente poco affidabili. Se, come viene variamente riportato, alla fine è stato Mario Draghi a convincere Mattarella a tornare con i suoi scatoloni ad abitare al Quirinale, allora potremo intestargli una vittoria. Però è una vittoria, da un lato, sicuramente molto al di sotto delle sue aspettative di “nonno” che aveva fatto intendere che il suo prossimo “servizio alle istituzioni” intendeva renderlo dal Quirinale. Dall’altro, è una vittoria dai contorni incerti, dai contenuti al momento inverificabili, dal futuro periglioso.

   Temporaneamente, Draghi ha salvato il suo governo e, sperabilmente, quel che più dovrebbe contare, l’attuazione più puntuale e più efficace possibile del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Venti di rimpasto stanno già investendo il governo. Saranno subito bloccati con fermezza dal Presidente Mattarella? Un Presidente rieletto gode ancora di una luna di miele oppure quel Parlamento alle cui pressioni e preferenze ha ceduto è già pronto a rivendicare meriti di dubbia entità? Fra i sicuri perdenti tutti collocano senza originalità e senza spiegazioni la politica. Eppure in qualche modo Draghi ha fatto politica, ovvero ha usato della sua carica e del suo potere per conseguire un obiettivo. Dal canto suo, Mattarella è un politico di lungo corso e ha accettato la rielezione proprio sulla base di motivazioni eminentemente politiche. Perdenti sono numerosi uomini e donne (mai capaci di trovare e sostenere una di loro) in politica, ma non hanno affatto perso quei molti parlamentari che volevano, non soltanto per avere il vitalizio, la continuazione della legislatura. Da adesso a Mattarella e a Draghi dovremmo un po’ tutti chiedere che in tandem si ricordino che oramai spetta soprattutto a loro costruire le condizioni per la ristrutturazione della politica italiana anche attraverso una nuova legge elettorale che sia quanto meno decente. Né potranno ritrarsi se qualcuno ponesse, nei tempi e nei modi giusti, fuori del protagonismo e dell’improvvisazione, il tema di una riforma semi-presidenziale. Hic Quirinale hic salta.    

Pubblicato AGL il 1° febbraio 2022


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