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Chi non vota danneggia la politica e i suoi concittadini elettori

La crescita dell’astensionismo, cioè del numero degli elettori che, per una varietà di motivi, non si recano alle urne, non è una “emergenza democratica”. Nessuna democrazia è mai “crollata” per astensionismo. Al contrario, un’impennata di partecipazione elettorale con milioni di elettori che seguano adoranti un demagogo che ne ha catturato l’immaginazione e ne vuole il sostegno elettorale, è spesso produttiva di conseguenze destabilizzanti. America latina e Filippine ne sono una prova. Tuttavia, quando gli elettori decidono che non vale la pena andare a votare mandano un messaggio che riguarda un po’ tutti a cominciare dai partiti. Infatti, i partiti sono il tramite essenziale fra gli elettori e il (loro) voto. Partiti male organizzati e/o personalistici non riescono a raggiungere gli elettori. Partiti inaffidabili, che indicano le cose da fare e ne fanno altre, provocano delusione nell’elettorato, loro e complessivo. Partiti che presentano candidature di uomini e donne mediocri che hanno il solo pregio di essere popolari oppure di venire dall’apparato non possono essere entusiasmanti. Partiti che cambiano alleanze e preferenze sconcertano gli elettori. Partiti che scrivono leggi elettorali astruse perseguendo il loro interesse particolaristico creano non poca confusione in chi dovrebbe votarli. In Italia, da almeno trent’anni si producono tutti questi fenomeni. Sarebbe, però, sbagliato pensare che gli elettori stessi non portino una buona dose di responsabilità per il loro astensionismo.

   Chi non si interessa di politica, non s’informa e non partecipa alle elezioni automaticamente avvantaggia i votanti e non può poi lamentarsi e gli eletti non si curano dei suoi interessi, delle sue necessità, delle sue preoccupazioni. Non votando, gli astensionisti non trasmettono le loro richieste né a chi ha vinto le elezioni e le cariche né a chi va a formare l’opposizione e avrebbe grande vantaggio dall’ottenere informazioni e sostegno, a futura memoria, dagli astensionisti. Proprio qui sta il problema, se si vuole l’emergenza. I governanti e, di volta in volta, gli oppositori non sanno che cosa desidera “la gente”, per lo più presumono e spesso sbagliano attribuendo preferenze inesistenti. In un certo senso, poi, tanto i governanti quanto gli oppositori diventano e rimangono irresponsabili. Non debbono rispondere ad un elettorato che non li ha votati oppure a elettori casuali e fluttuanti, ma soltanto a quei settori loro già noti, talvolta definiti zoccolo(ino) duro. Per fortuna, fino a quando non farà la sua comparsa un demagogo, non si configura nessuna emergenza. C’è, invece, cospicuo e persistente un problema di scollamento fra una società, che non sempre merita la qualifica “civile”, e partiti disorganizzati, male educati, opportunisti. Poiché questo scollamento riduce e limita il potere del popolo (democrazia) è giusto (pre)occuparsene, non con frasi da coccodrillo, ma riconoscendo e affermando l’importanza del voto e della politica.

Pubblicato AGL il 29 giugno 2022


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