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Quando crollano le dittature @DomaniGiornale

Come si fa a dire se l’uccisione di Navalny rafforza o indebolisce Putin? Ci si potrebbe anche chiedere se rafforza o indebolisce l’opposizione russa fine a porre l’interrogativo degli interrogativi: che cosa rafforza o indebolisce un regime autoritario come quello costruito da Putin? Per saperne di più, il paragone con Mussolini e l’assassinio di Giacomo Matteotti suggerisce l’esistenza di differenze piuttosto che somiglianze. In quella fase Mussolini non era ancora in controllo del sistema politico. La sua rivendicazione di piena responsabilità politica, morale, storica di quell’assassinio, in parte fu un azzardo, ma servì a dimostrare a tutti gli oppositori la volontà e la convinzione del Duce di avere acquisito un potere non impunemente contestabile. Quel potere Putin lo detiene e lo esercita da anni.
Di tanto in tanto i capi autoritari debbono, anche solo a scopi dimostrativi, fare vedere che non hanno remore a ricorrere al potere nella maniera più brutale possibile. Il potere logora chi non ne fa uso. Spesso ai detentori del potere autoritario non è neppure necessario dare ordini. I loro sostenitori ne conoscono le preferenze, sanno quali sono le priorità, mirano a soddisfarle per acquisire meriti agli occhi dei potenti. Gli opportunisti sono molto numerosi nei regimi autoritari. Lo furono anche nel fascismo. In assenza di criteri espliciti, sanciti e osservati, le loro carriere dipendono, più o meno abbondantemente e pericolosamente, proprio dal loro opportunismo nel compiacere il leader. Costui può risultare indebolito quasi soltanto se uno o più specifici atti di opportunismo ad opera di troppi solerti sostenitori nel suo circolo ristretto lo rendessero ricattabile. Qualora uno o più degli opportunisti minacciasse di rendere note le circostanze, gli avvenimenti, gli esecutori e il gradimento del leader per comportamenti violenti (e corrotti). Nell’Italia che diventava fascista molte informazioni in una varietà di forme circolavano ancora. A quel che si sa della Russia di Putin, non solo esiste robusta la censura ex-post, ma tutte o quasi le informazioni sensibili possono essere soppresse e per lo più lo sono.
L’assassinio di Navalny manda informazioni diverse ai diversi protagonisti della scena politica e sociale russa. Prima sovrastante informazione: Putin non ha remore nell’eliminare qualsiasi oppositore, a maggior ragione se l’oppositore è importante, probabilmente il più importante. E, quel che conta molto, procede a quell’eliminazione a prescindere da qualsiasi considerazione. Potrebbe anche averlo fatto in base alla percezione che la figura di Navalny catalizzasse un consenso, anche se minimo, crescente. Vale a dire che Putin avrebbe reagito ad una percezione di pericolo, peraltro, non individuato e non reso noto da nessuna fonte di informazione. Oggettivamente, scomparso Navalny, non esiste un oppositore di pari statura neppure Vladimir Kara-Murza, comunque già in carcere con condanna a venticinque anni di detenzione. Con tutto il suo coraggio e la sua dedizione non sarà affatto facile alla sua vedova ereditare il ruolo di Navalny. Tuttavia, qualcosa potrebbe muoversi a Mosca e dintorni.
Il grande studioso dei regimi autoritari, lo spagnolo Juan Linz (1926.2013), suggerirebbe, credo, di andare alla ricerca di eventuali dissenzienti nel circolo dei sostenitori di Putin e di capire quali sono i motivi della loro insoddisfazione. Le sanzioni già in atto hanno provocato una riduzione del loro tenore di vita? Quanto gli oligarchi, e quali, uomini ovviamente senza scrupoli e senza vergogna, fino a quando sono disposti ad assecondare Putin? Quanto sono/sarebbero in grado di comunicare fra loro, di organizzarsi e coordinarsi, di, questo è il passo più difficile, trovare un leader gradito a tutti? E quali passi saprebbero fare per coinvolgere le personalità importanti e necessarie nei vertici dei due più importanti apparati: la importantissima polizia segreta (che, probabilmente, Putin continua a conoscere come le sue tasche) e le Forze Armate?
In definitiva, almeno in prima istanza, l’assassinio di Navalny rende Putin più forte all’interno della Russia. Le reazioni esterne risultano sostanzialmente irrilevanti. Poiché l’indagine sulle cause della morte dell’oppositore è ancora in corso può essere che alcune risultanze creino imprevedibili tensioni nel circolo putiniano ristretto. Quel che è sicuro è che i dittatori che lanciano guerre d’aggressione perdono il potere quando non vincono, ma perdono quelle guerre.
Pubblicato il 23 febbraio 2024 su Domani
Lo zar piace a una destra che non capisce la democrazia @DomaniGiornale


La triste delusione nei confronti di Putin dei due principali esponenti del centro-destra italiano è facilmente spiegabile. Pur continuando a controllare e punire la stampa e le giornaliste, avendo chiaramente ottenuto la sottomissione della magistratura che ha regolarmente fatto il suo “dovere” (sic), di recente condannando Alexei Navalny, l’aggressione del leader russo all’Ucraina non è riuscito a fornire la prova cruciale che il suo è un governo/regime di successo. Adesso Salvini spera di evitare ulteriori delusioni chiedendo la fine dell’invio di armi agli ucraini che si difendono. Invece, Berlusconi non riesce a nascondere la sua amarezza. L’amico Putin gli era apparso “un uomo di grande buonsenso, di democrazia, di pace”. Forse, ma questa è una mia aggiunta personale che, però, spero condivisa, Putin non ha mai neppure voluto, come Berlusconi, lanciare una grande rivoluzione liberale. Che errore!
L’incantamento per Putin dei due alleati del centro-destra italiano si accompagna alle critiche agli USA, alla Nato, all’Unione Europea, che provengono da alcuni, minori, ma non troppo, settori della sinistra. Queste critiche sono facilmente spiegabili: un irreprimibile anti-americanismo che sta nelle loro viscere profonde e al quale non riescono ad opporre nessun ragionamento e, magari, lo dirò da professore, nessuna lettura di storia, di relazioni internazionali, di scienza politica. Senza esagerare con la retorica, quello che manca ai Berlusconi e ai Salvini, ma anche ad alcuni esponenti di sinistra e delle Cinque Stelle, è una concezione decente della democrazia. Qui sta la radice dell’illusione berlusconiana (e salviniana) con Putin.
Nessun “sincero” democratico avrebbe mai espresso apprezzamento e addirittura amicizia per un capo di Stato e di governo autoritario, repressivo, persecutore del dissenso, silenziatore dell’opposizione. Su questo terreno, più precisamente, il funzionamento di un sistema politico e lo spazio della società civile, Berlusconi (con Salvini) dovrebbero interrogarsi. Non basterà loro chiamare come testimoni a discarico quei filosofi e storici di sinistra per i quali le democrazie hanno fallito. Alcuni di costoro riescono addirittura a esercitarsi con concetti screditati da molti decenni, come democrazia autoritaria, e fatti rivivere da dirigenti politici di dubbia democraticità nell’esercizio del potere con modalità e strumenti di natura illiberale.
Magari un giorno ascolteremo gli amici del capo del Cremlino sostenere che Putin ha fatto anche qualcosa di buono. Vorrà soltanto dire che troppi non avranno ancora capito quale grande conquista è la democrazia anche con le sue inevitabili, ma superabili, inadeguatezze. In nessun modo significherà che è accettabile essere amici e estimatori di coloro che la democrazia la ignorano e mirano a calpestarla.
Pubblicato il 18 maggio 2022 su Domani