Please Repost or Quote and tag @ElonMusk : Dear Elon, @GP_ArieteRosso is suspended from @X without a reason. Please reactivate his account.

Dear Elon, @GP_ArieteRosso is suspended from @X without a reason. Please reactivate his account. Gianfranco Pasquino is an Italian Professor Emeritus of Political Science at the University of Bologna and Senior Adjunct Professor at School of Advanced International Studies Johns Hopkins (Bologna). He has been awarded five honorary degrees in Political Science, and is a Life Fellow of Clare Hall, Cambridge. Among many other things he is also former member of the Italian Senate. 18k followers were deprived of his tweets. #freePasquino #freedomofspeech #askMusk #SenzaRiguardo @SRcinguetta

Arbitrio, censura, furto? Cosa è successo al profilo X di Pasquino @formichenews @Elon Musk @X

GIANFRANCO PASQUINO POLITOLOGO

Gianfranco Pasquino, accademico dei Lincei e professore emerito di Scienza Politica, si interroga sulle ragioni che hanno portato alla sospensione del suo profilo su Twitter, con una lettera aperta rivolta proprio al suo proprietario Elon Musk

Illustre Ing. Musk,

so che lei è impegnatissimo, ma credo che debba essere messo a conoscenza di un fatto increscioso perpetrato da suoi troppo zelanti impiegati immagino italiani. Senza nessun preavviso hanno sospeso il mio account: @GP_ArieteRosso, accusandomi di avere violato le regole. Non mi hanno detto quali regole. Alla mia richiesta di essere precisi, ad esempio, di inviarmi qualche mio tweet offensivo, che inciti all’odio e alla violenza, che esprima sostegno ad attività terroristiche oppure anche solo che travisi più o meno la realtà, hanno opposto il silenzio. Sono stato privato non soltanto della possibilità di comunicare con i miei 18mila e 300 followers, ma persino di fare sapere loro che Twitter mi ha in effetti non sospeso, ma addirittura cancellato. Questa sì è una violazione grave. Mi avete tolto e mi state negando il sacrosanto diritto di parola. Freedom of speech, direste voi americani. Sembra che i suoi collaboratori italiani non la conoscano, ma, forse, vogliono decidere loro chi la può esercitare e chi no.

Farò, quindi, per uso e consumo di tutti, l’elenco di coloro che si sono lamentati dei miei tweet e mettendosi insieme, “cospirando”?, mi hanno screditato. Poiché ho ripetutamente sostenuto l’Ucraina contro l’aggressione russa, i putiniani d’Italia mi considerano giustamente un nemico e sono certamente contenti se vengo silenziato. Stanno con loro gli antisemiti e i sostenitori di Hamas che considero un’organizzazione terrorista da sconfiggere e distruggere insieme con i loro ben arredati tunnel le cui spese sono state pagate con fondi destinati ai palestinesi. Sostengo senza nessun tentennamento, e l’ho ripetutamente scritto, la libertà delle donne di decidere sul proprio corpo e la libertà di tutti di scegliere come terminare una vita che ci sia diventata impossibile sostenere. Papisti, fondamentalisti e bigotti stanno da un’altra parte e comprensibilmente sono lieti di tapparmi la bocca, pardon, di cancellarmi l’account. Con lo spirito dei tempi, lei potrebbe replicarmi: “molti nemici molto onore”. Non mi basta.

Ho spesso denunciato con sarcasmo gli errori dei giornalisti. Si figuri che ancora oggi c’è chi scrive saccentemente che è evidente che “la storia non è finita, come affermato da Fukuyama”. Immagino e spero che lei, Musk, sappia che Fukuyama ha sostenuto che nel 1989  è finita la storia della contrapposizione fra le liberaldemocrazie, vittoriose, e i comunismi realizzati, sprofondati. Da allora è cominciata tutta un’altra storia da lui brillantemente monitorata e spiegata. Nella nuova storia sta anche Donald Trump sgradito a Fukuyama e criticato nei miei tweet. Anche in questo caso è presumibile che i trumpiani dello stivale si siano molto lamentati.

Caro Musk, se non vorrà farmi rispondere con le motivazioni che giustifichino la non riattivazione del mio account sarò molto deluso, ma, almeno mi faccia restituire i miei tweet. L’appropriazione mi pare del tutto scorretta, arbitrio e furto mi paiono una accoppiata micidiale, e poi sono l’unica prova del reato o dell’innocenza. Attendo.

Pubblicato il 10 maggio 2024 su Formiche.net

INVITO Presidenzialismo, Autonomia differenziata, Elezioni Europee 2024 #16maggio #Pavullo #Modena @Anpinazionale

16 maggio 2024 ore 20.30
Sala dell’Unione dei Comuni del Frignano
via Giardini,15 – Pavullo nel Frignano (MO)

Gianfranco Pasquino

Presidenzialismo, Autonomia differenziata, Elezioni Europee 2024

La scienza politica come cultura politica, ieri e domani. Pasquino ricorda Sartori @formichenews

Verso la fine della sua lunga e produttiva vita, riflettendo sul suo lascito culturale, Sartori esprimeva la preoccupazione di essere (già) stato dimenticato. Per fortuna è possibile suggerire perché i suoi scritti non solo mantengono grandissima rilevanza, ma non hanno perso quasi nulla della loro carica esplicativa, propulsiva, persino eversiva. Gianfranco Pasquino ricorda Giovanni Sartori a 100 anni dalla sua nascita a Firenze, il 13 maggio 1924

Nato cent’anni fa a Firenze, Giovanni Sartori è stato uno dei quattro/cinque più importanti studiosi di politica del XX secolo. Tutt’altro che autore di un solo grande libro, ha dato contributi fondamentali, non superati in tre settori: l’analisi della democrazia, lo studio dei sistemi di partiti, l’ingegneria costituzionale, vale a dire l’applicabilità/applicazione delle conoscenze politologiche alla riforma delle istituzioni. Talvolta, verso la fine (2017) della sua lunga e produttiva vita, riflettendo sul suo lascito culturale, Sartori esprimeva la preoccupazione di essere (già) stato dimenticato. Non bastano qualche sparsa citazione e interviste pop a smentire i suoi timori. Per fortuna, senza fare ricorso alla classica ricerca di “ciò che è morto e ciò che è vivo”, è possibile, a mio modo di vedere, suggerire perchè gli scritti di Sartori non solo mantengono grandissima rilevanza, ma non hanno perso quasi nulla della loro carica esplicativa, propulsiva, persino eversiva. Collloco a fondamento di qualsiasi analisi e proposta il principio metodologico formulato da Sartori e contenuto nella frase che segue: “Chi conosce un solo sistema politico non conosce neppure quel sistema politico”. Senza (saper) comparare non potremo mai dire ciò che è valido e perchè e ciò che è fuori norma e perchè. Né, meno che mai, saremo in grado di proporre cambiamenti migliorativi nel senso desiderato.

Facendo sua una cruciale considerazione di Karl Popper che è preferibile avere una teoria anche sbagliata a nessuna teoria (sulla prima, correggendo, si può, costruire; sul nulla, no), Sartori, anzitutto, diffidava e rigettava le “narrazioni” e proponeva la elaborazione di teorie probabilistiche. “Ogniqualvolta si presentano le condizioni a, b, e c è probabile che ne derivino le conseguenze x, y, z”. Ovviamente, cambiando le condizioni è molto probabile che le conseguenze siano differenti. Due altri fondamentali principi stanno alla base delle analisi e degli insegnamenti di Sartori: la conoscenza profonda dell’argomento in oggetto, vale a dire, nel suo lessico, “avere la bibliografia in ordine”, e la pulizia concettuale. I concetti hanno una etimologia e una storia che non debbono essere né “stiracchiati” (su espressione) e stravolti né cancellati. No, i “novisti” non erano i suoi interlocutori preferiti, e neppure i cultori e i divulgatori del politicamente corretto.

Da ultimo, voglio ricordare quella che è stata ed è rimasta, sottovalutata e sostanzialmente incompresa, la sua aspirazione civile: fare della scienza politica il fulcro di una cultura politica liberaldemocratica che sconfiggesse il pensiero del cattolicesimo sociale e il marxismo nelle sue varianti, gramscismo compreso. Quelle due culture politiche sono affondate nelle loro contraddizioni e nella loro incapacità di rinnovamento, ma la scienza politica non è (ancora?) riuscita a colmare il vuoto nel quale galleggiano populisti, sovranisti e altri brutti tipi. Il compito che Sartori si era posto mantiene tutta la sua validità. Gli direi che il suo lascito esiste, è imponente, contiene risposte. I suoi libri, Democrazia. Cosa è; Parties and party systems; Ingegneria costituzionale comparata, sono letture essenziali e gratificanti che mantengono assoluta validità. Le considero fra le letture migliori, oggi e domani.  

Pubblicato il 12 maggio 2024 su Formiche.nethttps://formiche.net/2024/05/sartori-scienza-politica-pasquino-ricordo/#content

Lo strano caso del profilo su X bloccato a Pasquino #intervista @ildubbionews

Intervista raccolta da Giacomo Puletti

Da giorni il noto accademico ha l’account sospeso: “I miei tweet sarcastici, mi diano una spiegazione”

Succede che a Gianfranco Pasquino, Accademico dei Lincei, professore emerito di Scienza politica a Bologna, autore di decine di volumi sui quali si sono laureati migliaia di scienziati politici, insomma un’istituzione in ambiti accademici, X, già twitter, ha sospeso l’account. Non per poche ore, non per un malinteso o per verificare una password obsoleta, ma per violazione delle regole del social sul contenuto dei post. Senza ulteriori spiegazioni, ormai da oltre dieci giorni, su quale o quali dei tweet del professore avrebbero violato il regolamento, e cosa fare eventualmente per porvi rimedio.

«Una mattina mi sono svegliato e come faccio abitualmente ho aperto la mail, guardato chi mi aveva scritto e poi ho aperto twitter – racconta Pasquino – o meglio, ho provato ad aprire, perché al posto della solita schermata ho trovato una pagina nera e un messaggio in cui c’era scritto che avevo violato le regole e per questo mi avevano sospeso». Il tutto una ventina di giorni fa, senza alcuna risposta ai chiarimenti sollecitati. «Tra le violazioni suggerite dal social ci sono antisemitismo, messaggi di odio e violenza, sfruttamento sessuale minorile, abusi, violenze. Comprese azioni terroristiche estremistiche e così via – continua il professore – Insomma, quanto di più lontano, ovviamente, dai miei valori e dai miei comportamenti, compresi quelli che abitualmente uso sui social».

E così uno dei più stimati professori universitari in Italia si è ritrovato senza possibilità di avvertire i suoi oltre 18mila follower sul perché di questa “scomparsa” da X.

«Due di loro si sono offerti volontari per provare a capire quello che è successo, senza risultati – insiste – Si tratta questa di una violazione della libertà di parola? Qualcuno mi direbbe di no perché si tratta di un’azienda privata e quindi possono fare quello che vogliono. Ma è comunque ingiusto, soprattutto per i miei follower».

Cosa può essere successo, dunque? La risposta più plausibile è che diverse persone abbiano segnalato  no o più tweet di Pasquino fino a provocare la sospensione dell’account.

«Nei miei tweet spesso sono sarcastico, è vero, prendo in giro i renziani, ho criticato il papa per l’atteggiamento ambiguo sulla guerra in Ucraina, ho scritto che la premessa di qualsiasi accordo in Israele è la distruzione di Hamas – spiega l’accademico – Tutti messaggi in cui tuttavia non c’era astio, per di più senza alcun avvertimento che quei tweet potevano in qualche modo non rispettare il regolamento. È una cosa totalmente arbitraria e tecnicamente è una censura. C’è stato silenzio totale anche sull’eventuale tempistica di motivazione. Non posso neanche sapere di che cosa mi accusano, oltre ovviamente a chi».

Qualche dubbio può venire per la parte politica di Pasquino, che come lui stesso spiega «di certo non è quella di Trump e nemmeno di Elon Musk», ammettendo che questo lo fa pensare. Ma lungi dal parlare di complotti, rimane l’account bloccato e soprattutto la scomparsa di qualsiasi messaggio riconducibile a X che ne spieghi i motivi.

Insomma per Pasquino non rispondere per nulla «non è una scortesia, è un vero e proprio torto» e per questo il professore spiega di volerne parlare «il più possibile». Anche facendo seguire la questione da un legale? «In quel caso mi parrebbe di esagerare, ma quello che voglio portare all’attenzione dell’opinione pubblica è l’arbitrio con il quale l’azienda fa queste scelte, togliendo la parola a qualcuno che aveva 18mila follower e che in qualche modo informava, non disinformava, come faceva invece Trump. In ogni caso, accetto consigli e vi ringrazio per questa chiacchierata», conclude Pasquino.

Pubblicato il 8 maggio 2024 su Il DUBBIO

La corruzione è lo specchio di una società che la tollera @DomaniGiornale

Fare politica è costoso, un po’ dappertutto. Richiede un investimento iniziale, ma anche da alimentare periodicamente, non piccolo: tempo, energie e denaro. La tanto, troppo sbandierata “passione” è importante, aiuta nei momenti difficili, ma non è mai sufficiente. Fare politica può anche essere un modo per arricchirsi: fama, prestigio, riconoscimenti, persino soddisfazioni quando si ha la capacità e la possibilità di formulare e attuare politiche che giovano ad una comunità, agli elettori, al sistema politico, sociale, economico (la Nazione?). Anche senza conoscerne le preziosissime teorizzazioni, molti concordano con Max Weber. Magari la distinzione fra vivere per la politica e vivere di politica è troppo drastica. Certamente, però, Weber non pensava affatto e non avrebbe in nessun modo condonato chi, volendo vivere di politica, avesse utilizzato qualsiasi suo ruolo per estrarre illecitamente vantaggi personali, anche ricorrendo alla corruzione, dalle sue attività.

   “Politici d’affari” fanno la loro comparsa in molti sistemi politici, non necessariamente in tutti. Nei regimi autoritari, la corruzione è insita, quasi la norma. La si scoperchia non appena cambiano i governanti. Nelle democrazie le differenze fra sistemi sono notevoli. Possono derivare sia dalle strutture: istituzioni, burocrazia, partiti, sia dalle mentalità più o meno disponibili ad accettare qualche dose di corruzione. Quindi, nei casi di frequente e diffusa corruzione in politica, non è sufficiente guardare esclusivamente alla politica, ma anche ai valori della società e relativi comportamenti.

La reazione sdegnata della società italiana, ancorché nient’affatto unanime, e le inchieste della magistratura, a partire da Mani Pulite portarono a una situazione nella quale la corruzione politica sembrava potesse diventare un fenomeno marginale, limitato. Di recente, invece, hanno fatto la loro comparsa casi gravi da Bari a Torino, in Sicilia e altre fattispecie (anche di ministri e sottosegretari, il conflitto di interessi è intrinsecamente portatore di corruzione), da ultimo, ieri, in Liguria dove si ipotizza una rete ampia e diversificata, quasi un sistema, che coinvolge Giovanni Toti, il Presidente della Regione Liguria e numerosi operatori economici anche di vertice. Per mia salvezza personale, mi cautelo subito con l’espressione “la giustizia faccia il suo corso” e completo “massima fiducia”. L’orologio della giustizia funziona come può, ma gira, gira costantemente.

Uomini e, in misura minore, donne, forse perché sono numericamente meno presenti e meno potenti, corrotti/e se ne trovano dappertutto, ma con enormi differenze fra paesi: quasi assente in Scandinavia e limitata nei sistemi anglosassoni tranne che negli USA, già non più “anglosassone”, che tutte le ricerche riscontrano e documentano. In qualche caso a tenerla bassa serve il controllo politico e sociale: partiti che la ripudiano e sistematicamente escludono chi è incline a praticarla; elettori informati e indignati che la puniscono con il voto; mass media che la raccontano senza sconti e senza favori (favoreggiamenti). In altri, è l’ambiente circostante che ne rende intollerabile il costo non solo politico: esclusione rapida e definitiva dalle cariche, ma anche reputazionale: messa al bando con vergogna da qualsiasi attività pubblica. In Italia, c’è molto da fare su entrambi i terreni, a cominciare dalle interazioni sociali di partenza, in famiglia, nelle scuole, fra gruppi di pari. Coloro che corrompono e coloro che si lasciano o addirittura si fanno corrompere non sono “furbi”. Sono malfattori le cui attività inquinano la vita di tutti, violano qualsiasi principio etico, mettono le fondamenta, costruiscono e perpetuano l’ingiustizia sociale. Questo è l’altissimo costo della corruzione, soprattutto quella politica.

Pubblicato il 8 maggio 2024 su Domani

Libertà di parola, arbitrio, censura, X: un caso non troppo personale @DomaniGiornale

Una ventina di giorni fa improvvisamente, che vuole anche dire senza nessun preavviso, aprendo il mio X (ex-Twitter) ho scoperto che il mio account: @GP_ArieteRosso, era stato sospeso. Non avrei più potuto postare nessun contenuto, “ritwittare”, scrivere “like”, creare un nuovo account. Nessuna motivazione del perché di questo veto, una vera censura, tranne l’accusa vaghissima, derivante da “una attenta valutazione”, di avere violato le regole d‘uso di X alle quali venivo rinviato. Nel caso pensassi ad un loro errore mi si concedeva di fare appello. L’ho fatto qualche giorno dopo. Da dieci giorni attendo una risposta che non arriva. Non arriva. Mi sono dedicato ad una lenta e attenta lettura dei comportamenti ritenuti inaccettabili che motivano, conducono e giustificano la sospensione. Li elenco: violenza verbale; promozione di attività violente e cariche di odio in tutte le varianti, razziale, religiosa, di genere, di età, di disabilità, di malattie gravi (?); sfruttamento sessuale minorile; condivisione di contenuti offensivi e istigazione a farlo; l’essere autore di “attacchi terroristici, estremistici violenti o violenti di massa”; incoraggiamento al suicidio. Nessuna notizia più precisa di quali fra questi ignobili comportamenti i miei cinguettii abbiano suggerito, sostenuto, sottoscritto, incoraggiato. Non vedo nessuna possibilità di difesa contro accuse che non sono chiaramente formulate e accompagnate da evidenze, ovvero dai tweet nei quali avrei violato le regole.

Non so per quanti anni sono stato presente su twitter né, impossibilitato ad accedervi, sono in grado di dire quanti post ho scritto, a quanti ho apposto “like”, quanti ne ho ripostato. Credo di avere una buona capacità di sintesi. Faccio ricorso a non poco sense of humor, “castigat ridendo mores”, fino al sarcasmo. Sicuramente, non rinuncio a prendere posizione, ma, tutte le volte che lo reputo necessario, motivo quanto scrivo e faccio gli opportuni rimandi alle fonti. Non sono un influencer, ma avevo circa 18 mila trecento followers, che ringrazio, un certo numero dei quali disposto a e capace di criticarmi, di chiedermi conto del detto, del non detto, del mal detto. Naturalmente, non mancavano gli “incursionisti”, per lo più poco originali, che facevano riferimento soprattutto al deterioramento mentale dovuto alla mia età e all’essere (stato) comunista (invece, nel bene e nel male, no). La variante di rosso che preferisco, limpidamente scritta anche nel mio profilo, è il granata. Qualcuno chiedeva che cosa avessi mai insegnato ai molti studenti di scienza politica nel corso della mia lunga carriera accademica. Facevo post anche in inglese e in spagnolo e in quegli idiomi rispondevo quando necessario e opportuno. Infine, postavo i miei impegni di conferenze e televisivi e i riferimenti agli articoli pubblicati, ovviamente anche quelli sul “Domani”, e qualche rara foto.

Fin dall’inizio ho bollato “l’operazione militare speciale” russa come l’aggressione del despota autoritario Putin al sistema politico democratico, certo non privo di problemi, dell’Ucraina. Ho criticato il papa stratega non equidistante quando tempo fa attribuì la responsabilità della guerra alla Nato accusata di avere “abbaiato” (verbo di Francesco) ai confini della Russia. Ho scritto che la distruzione dell’organizzazione terroristica Hamas è il prerequisito di qualsiasi soluzione che porti a due popoli due Stati. Ho spesso sottolineato che una vittoria di Trump avrebbe conseguenze devastanti per la democrazia non solo negli USA e per il già scosso ordine politico internazionale. Mi sono costantemente dichiarato europeista convinto, ma non cieco.       

 Mi è stato suggerito che il bando del mio account ad opera di X potrebbe essere stato sollecitato da un certo numero di putiniani (e sedicenti pacifisti), dai filopalestinesi, dai sovranisti. Qui sorge il problema più generale. Senza esagerare, poiché impedirmi di usare X non priva molte persone della libertà di essere informati, ma soltanto dell’opportunità di sapere come la pensa GP_ArieteRosso, il problema della libertà di espressione del pensiero si pone, eccome. C’è qualcuno che, a sua totale discrezionalità: come, quando, per tutto il tempo che vuole, ha il potere di togliere l’accesso ad una piattaforma a chi non gli piace. Scrivo queste parole nella giornata mondiale della libertà di stampa, su un quotidiano i cui giornalisti il governo fa tutto il possibile per intimidirli e quando Reporters sans frontières rende pubblico il rapporto che rileva che l’Italia è scesa di sei posti nella classifica relativa alla libertà di informazione: dal 40esimo al 46esimo posto.

   Qui ho posto un problema che va ben oltre il mio personale inconveniente. Concludo con le parole di Walter Cronkite (1916-2009), probabilmente il migliore, per equilibrio, efficacia narrativa, credibilità, degli anchormen USA: that’s the way it is, Saturday, May 4, 2024.

Pubblicato il 7 maggio 2024 su Domani

Il 25 aprile anche quest’anno ci ricorda l’assenza di una memoria condivisa nel nostro Paese VIDEO Senza Riguardo @SRcinguetta

È arrivato il 25 aprile e anche quest’anno ci ricorda l’assenza di una memoria condivisa nel nostro Paese. Approfitteremo della distrazione collettiva anche per approfondire un tema che da settimane ritorna nelle nostre trasmissioni: la difesa comune europea e la sicurezza italiana. Ampio spazio avrà poi il confronto sul nuovo emendamento alla cosiddetta legge 194.

Siete pronti a liberarvi con Senza Riguardo?

L’algoritmo ti fa vedere solo quello che già conosci e sentire solo quello che ti vuoi sentir dire. Risultato: la tua mente si chiude. A Senza Riguardo combattiamo questo meccanismo perverso. Qui assisti in diretta a un confronto vero, senza filtri, tra grandi ospiti che rispondono alle domande inviate da te nei commenti. In breve: Senza Riguardo apre la mente. Senza Riguardo è IN DIRETTA il giovedì alle 21.15 su https://www.senzariguardo.it

INVITO AL DIBATTITO “Elezioni europee: la posta in gioco” #9maggio #Torino SALONE OFF

Nell’ambito delle manifestazioni collegate al Salone del Libro di Torino (SaloneOFF)
Giovedì 9 maggio 2024
Ore 16:00
Al Polo del ‘900
Via del Carmine, 14
Spazio Incontri

INVITO AL DIBATTITO
“Elezioni europee: la posta in gioco”

Gianfranco PASQUINO
Lucio LEVI
Dialogano con i rappresentanti delle Associazioni della Società civile sulle elezioni europee e sulle loro proposte

Il plebiscito è più di una truffa @DomaniGiornale

Qualcuno fra gli uomini e le donne in politica ha pensato che fare politica possa essere, sia anche, più di tutto, svolgere un’opera pedagogica: insegnare ai concittadini di tutte le generazioni come stare insieme perseguendo il bene comune, della patria e più. Questo bene non esiste a priori, ma viene definito sulla base dell’aggregazione delle preferenze che gli elettori e le elettrici esprimono di volta in volta anche come risposta all’offerta di programmi e scelte che i candidati e i partiti formulano per ottenere quei voti. Qui si innesta il circuito della accountability, cruciale, e intraducibile, espressione anglosassone: assunzione di responsabilità, in primis dei rappresentanti eletti e dei governanti. Quanto ai cittadini, al popolo che ha votato si renderà conto di non avere affatto sempre ragione, ma di avere sbagliato. Ne capirà le ragioni. Cambierà comportamento elettorale, dando una lezione a coloro che hanno attuato male, se non addirittura, tradito, più o meno consapevolmente, le loro promesse.

   Candidarsi ad una carica che già si sa che non si andrà ricoprire non è solo un inganno degli elettori (e non vale dire che gli elettori, comunque, mai tutti, già lo sanno). Soprattutto è una violazione del principio di responsabilità. Questi eletti e elette non risponderanno mai delle loro promesse. Non avranno nessun interesse a tenere i rapporti con il “loro” elettorato, meno che mai intraprenderanno un’attività pedagogica che risulterebbe profittevole anche per una migliore conoscenza della società in cui vivono, che vogliono rappresentare e governare. Ancora peggio, poi, quando il voto viene chiesto sulla propria persona. Non è un referendum. Tecnicamente, e le parole hanno un senso, è un plebiscito.

    Questa forma di consenso personalizzato all’estremo caratterizza la politica nei regimi autoritari. Nel rapporto elettorato (popolo) e leader (capo) è tipica di quasi tutti i regimi autoritari che abbiamo conosciuto, e conosceremo. Qualche volta il plebiscito è il modo con il quale il capo autoritario rafforza il suo potere, ma può anche perderlo. Augusto Pinochet, Cile 1988, docet. Qualche volta apre la strada all’autoritarismo, in seguito consolidato con procedure e pratiche istituzionali giustificate con esigenze di stabilità e efficacia che si ritiene, erroneamente, senza adeguata evidenza, non siano esaudibili dalle democrazie realmente esistenti, poco o nulla “decidenti”. Naturalmente, nessun plebiscito consente scambi di opinioni e offre la possibilità di apprendimento e di miglioramento della politica. Tutti i plebisciti, nelle loro limitate varianti, si configurano come il massimo di delega. Il leader che sostiene che ascolterà il popolo e ne attuerà le preferenze quasi avesse il dono, la grazia (carisma), di capirle in assenza di modalità di trasmissione oltre e altre rispetto al voto di investitura, e il popolo che, affidandosi alla persona plebiscitanda, butta alle ortiche qualsiasi sua responsabilità.

   Fuga dalla libertà scrisse il grande psicologo sociale Erich Fromm con riferimento ai comportamenti dei tedeschi che aprirono la strada al Führer negli anni Venti e Trenta del secolo scorso. Poiché in qua e in là nel mondo, ma anche in Europa, si manifestano spinte e tendenze di questo genere, sarebbe opportuno non sottovalutarle come elementi folcloristici, ma metterle in evidenza e farne risaltare le possibili conseguenze di riduzionismo della complessità della politica e di erosione non soltanto della qualità complessiva della democrazia, ma di alcune sue componenti essenziali, a cominciare dall’accountability, dalla responsabilizzazione dei governanti-rappresentanti e della cittadinanza, troppo spesso definita positivamente società civile. Si potrebbe cominciare con una narrazione appropriata di quello che sono e potrebbero essere per la democrazia italiana (e non solo) le elezioni del Parlamento europeo.

Pubblicato il 1° maggio 2024 su Domani