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Le fatiche di Sisifo della sinistra multiforme @DomaniGiornale

Da qualche tempo, forse più che nel recente passato, per intenderci ai tempi dei governi guidati da Berlusconi, le opposizioni italiane si (rap)presentano all’elettorato e all’opinione pubblica in maniera frammentata e particolaristica, conflittuale al loro interno, improponibili come governanti. In parte consapevolmente e deliberatamente, in parte anche, va detto, con egoismo e insipienza, sembrano avere deciso che ciascuna di loro rappresenta una sua parte di elettorato, che a ciascuna di loro viene appaltata quasi in esclusiva una tematica importante.

   Coerentemente con la sigla prescelta, Alternativa Verdi e Sinistra si definisce con riferimento alle tematiche ambientali, affidate a Bonelli, e alle tematiche sociali più antagoniste (quelle sulle quali il Partito Democratico è più timido) riserva di Fratoianni, sempre televisivamente ripresi insieme (par condicio). Lasciato un po’ (troppo) sullo sfondo il reddito di cittadinanza, le 5 Stelle di Giuseppe Conte, lui più che altri, si caratterizzano come il partito più contrario alla guerra con tutte le ambiguità del caso. Dal canto loro, Renzi e Calenda sono essi stessi tutto un programma personalistico e non esitano a rimarcarlo in maniera più o meno plateale ogniqualvolta possibile, preferendo farlo con prese di distanza rispetto alle posizioni del Partito Democratico.

   In quanto vero e proprio, anche se spesso insoddisfacentemente, partito, il PD non può limitarsi a possedere una sola preminente e prominente tematica che lo caratterizzi una volta per tutte. In aggiunta alla sanità e al salario minimo garantito (che non merita di essere lasciato appassire), deve avere una pluralità di offerte e di posizioni programmatiche e deve cercare di fare sintesi con quelle dei potenziali e indispensabili alleati. Al suo interno, e non soltanto perché la segretaria Elly Schlein da quell’interno, che poco si concilia con alcune sue propensioni di movimento, non viene e poco lo conosce, stanno diverse “sensibilità” che cercano di manifestarsi, per l’appunto intorno ad una tematica. Di recente, sono stati i cattolici, sì, lo so, molto più di una semplice tematica, piuttosto un posizionamento (ideale?), a esprimere il loro disagio. La sostanza complessiva è che l’elettorato percepisce una immagine variegata delle opposizioni che, talvolta attrae e talvolta respinge, a seconda dei luoghi e della prevalenza non del tutto casuale di uno o di altro oppositore.

Marciare separati per offrire il massimo di rappresentanza ad una società frammentata e conflittuale, agitata da interessi particolaristici è comprensibile. Può servire e riuscire, ma è una fatica di Sisifo. Richiede determinazione, pazienza e raffinatezza. Si esaurisce di volta in volta. Per stare alle parole della politica, il campo deve essere definito, popolato e allargato costantemente. Per colpire uniti, che è la seconda, decisiva fase, se non ad una unità impossibile, forse neppure desiderabile, da chi crede che il pluralismo è la vera ricchezza, è essenziale non soltanto formulare un programma, non una sommatoria, coerente, ma dimostrare molto più che la semplice condivisione e intenzione di sostenerlo. Invece, nelle aule del Parlamento, nel salotti dei talk televisivi, sui social, nelle piazze, i dirigenti delle opposizioni ricercano la loro visibilità segnalando quanto gli altri siano distanti e, soprattutto, siano in errore, sbaglino. Gli elettori vedono e sentono, alcuni se ne dolgono e se ne vanno (lontano dalle urne). Pochi, non sufficienti, si lasciano attrarre da promesse contrastanti. Altri, lo sappiamo da diverse ricerche, non vogliono un governo attraversato da tensioni che potrebbero essere paralizzanti se non letali.

Sarebbe sbagliato chiedere alle opposizioni di appiattirsi abbandonando temi cari e importanti per l’lettorato, ma se non riescono ad elaborare una credibile prospettiva di governo non all’ultimo minuto, il futuro loro e quel che più conta dei loro elettori sarà triste e gramo.

Pubblicato il 3 settembre 2025 su Domani