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Le varie facce dell’astensione

Corriere di Bologna

Liberi tutti o quasi. Nella primavera dello scontento di molti – la politica offre una grande varietà di “scontentezze” -, vi sono due buone occasioni per scaricarsi: il referendum sulle trivellazioni e le elezioni amministrative. L’ambigua e riprovevole posizione espressa da Matteo Renzi a favore dell’astensione sul referendum è già stata stigmatizzata dal Presidente della Corte Costituzionale e contraddetta dal Presidente della Repubblica che ha annunciato che andrà a votare. Il capo di un partito ha il dovere politico di dare la linea. Il capo del governo deve ricordarsi dell’art. 48 della Costituzione che dice chiaramente che il voto è un “dovere civico”. Nessuno faccia il furbetto: l’astensione non è un voto. Preso atto della non/decisione del capo del loro partito, molti Democratici hanno deciso, come, incidentalmente, dovrebbe essere per tutti i referendum, di seguire quel che detta loro il cuore, forse anche una qualche conoscenza delle trivellazioni e delle conseguenze della loro abolizione. Già poco incline a fidarsi di politici che ondivagano e che seguono non il cuore, ma le convenienze, momentanee e fuggevoli, è probabile che gli elettori si rifugino anche loro nell’astensione referendaria e post-refendaria.

Il sondaggio sulle intenzioni di voto alle elezioni comunali di Bologna pubblicato dal Corriere fotografa (ma altre fotografie saranno necessarie di qui al 5 giugno) una notevole propensione all’astensione. Sono elettori che hanno deciso di stare alla finestra o elettori che già propendono di andare al mare contando sul sole di giugno? Sappiamo che, da qualche tempo, gli elettori italiani (e i bolognesi non possono fare eccezione se non limitatamente) decidono per chi votare negli ultimi giorni della campagna elettorale, qualcuno addirittura il giorno stesso dell’elezione. Quindi, non possiamo escludere che coloro che hanno dichiarato che si asterranno potranno cambiare idea. Attendono, in maniera disincantata, scettica, forse anche irritata, che qualcuno dei candidate e dei loro partiti offra idee, soluzioni, prospettive che, magari non proprio affascinanti, siano almeno convincenti, insomma, come ho scritto qui più volte, un’idea di città dinamica migliore. Le percentuali suggeriscono che la competizione più intensa sarà fra Borgonzoni e Bugani, fra la Lega e le Cinque Stelle, per chi approderà al ballottaggio. Difficile che un ballottaggio a giugno sia foriero di un’impennata di partecipazione elettorale. Potrebbe, però, obbligare i duellanti a raffinare le loro proposte e a indicare le loro priorità, quindi a suscitare maggiore interesse nell’elettorato che, rientrando dall’astensione, vuole contare. Sarebbe una buona cosa.

Pubblicato il 14 aprile 2016

Boomerang e consenso a 5 Stelle

Oramai alle soglie di un’importante tornata di elezioni amministrative, non solo in grandi città: Torino, Milano, Bologna, Roma e Napoli, il Movimento Cinque Stelle si trova sotto attacco. Proprio perché eventuali vittorie di suoi candidati, in special modo a Roma, potrebbero essere un trampolino di lancio per le elezioni politiche, il vento della critica, politica e dei mass media, si è messo a soffiare contro, possente. E’ vero che il comune di Quarto, con sindaco e giunta a Cinque Stelle indagati per infiltrazione camorrista, non è assimilabile alla lunga storia di Mafia capitale, ma, avendo i grillini posto a fondamento della loro attività politica il principio dell’onestà, costituisce un punto dolentissimo. E’ altrettanto vero che in alcuni comuni, da Gela a Livorno, le amministrazioni delle Cinque Stelle stanno incontrando moltissimi problemi, anche se non molto dissimili da quelli di amministrazioni “tradizionali”. Però, avendo i rappresentanti delle Cinque Stelle vantato la loro qualità di essere cittadini come gli altri e sostenuto che si può fare politica, anche meglio, senza esperienza alcuna, quei casi dicono che la politica è una cosa molto più complessa di quello che loro immaginano. Suggeriscono anche che, forse, al momento cruciale dell’eventuale ballottaggio nazionale con il Partito di Renzi, molto elettori potrebbero preferire affidarsi a chi, comunque, qualche esperienza di governo, bene e male, l’ha già avuta.

Ai problemi delle ammistrazioni locali delle Cinque Stelle, si aggiungono le defezioni e le espulsioni dai gruppi parlamentari, mai un bello spettacolo, in tutto, finora tra un quinto e un quarto degli eletti. Alcuni se ne vanno poiché non condividono la linea politica, in verità mai chiara. Altri sono espulsi proprio perché criticano la linea politica e vorrebbero cambiarla. Quel che a me pare peggio è la sostanziale adesione della base grillina alla linea dura, oltranzista, nei confronti dei dissidenti di qualsiasi tipo. Qualcuno potrebbe sostenere che sono tutti incidenti di percorso, ma che, in effetti, ad esempio, in Parlamento, dopo l’iniziale fase di settarismo e isolamento in nome della purezza, i rappresentanti del Movimento hanno imparato tecniche e modalità di influenza. Qualcuno potrebbe, invece, sostenere che i problemi attuali sono destinati a restare. Sono problemi naturali in un Movimento senza precedenti, a leadership esterna, sostanzialmente autoritaria, a due teste (Casaleggio e Grillo) non sempre convergenti.

La mia opinione è che, da un lato, siamo di fronte a problemi congiunturali derivanti dalla crescita del Movimento e dalla sua espansione geografica. Alcuni di questi problemi saranno risolti con una migliore selezione dei candidati, con l’apprendimento che deriva dalla carica e dal tempo, con l’acquisita consapevolezza che fare politica è un lavoro complesso. Dall’altro lato, i problemi sono strutturali. Un Movimento fatto da persone che non si conoscono e non hanno esperienze condivise, che comunicano in maniera sommaria con gli strumenti della rete, che sono motivati soprattutto da un attacco frontale alla politica della democrazia rappresentativa e delle sue indispensabili mediazioni, non può purgarsi del settarismo che è uno strumento potente anche per continuare ad attrarre i molti italiani che sono, per buone e per cattive ragioni, insoddisfatte della politica e della democrazia, in Italia e nell’Unione Europa.

E’ improbabile che gli insoddisfatti si facciano allontanare dal Movimento perché non condividono le espulsioni oppure a causa di qualche caso di mal amministrazione locale. Per gli insoddisfatti il bersaglio grosso è l’assalto a Palazzo Chigi, la conquista del governo nazionale. Tutti i sondaggi danno in crescita costante le percentuali di potenziali elettori del Movimento Cinque Stelle. Insomma, ancorché spesso impreparati, talvolta inadeguati, non sempre capaci di una linea politica chiara, i candidati delle Cinque Stelle sembrano tuttora destinati a beneficiare del consenso di molti elettori che combinano la critica alla politica esistente con qualcosa di indefinito, ma molto diverso, da Quarto a Roma.

Pubblicato AGL 10 gennaio 2016

Membra sparse a sinistra

Corriere di Bologna

La sinistra italiana, seguendo l’augurio del Presidente del Consiglio, non propriamente il maggiore interprete della cultura di sinistra, si è divertita, ma anche no, a organizzare riunioni, incontri, dibattiti nel fine settimana appena trascorso. In Francia, i socialisti hanno generosamente e saggiamente provveduto con i loro voti a impedire eventuali possibili vittorie delle signore Le Pen e familiari. In Italia, a Roma, la ditta bersaniana ha segnalato ancora una volta in maniera ininfluente la sua distanza dal renzismo che non riesce più a contrastare. A Verona, l’associazione “Possibile” di Pippo Civati e dell’eurodeputata Elly Schlein ha dato inizio all’operazione di costruzione del programma di un improbabile governo. Alla Leopolda, nel suo ambiente (se scrivessi “brodo di coltura” riceverei una fatwa fiorentina), Matteo Renzi si è esibito in una spettacolare azione difensiva dell’operato del suo governo e del non-conflitto di interessi e in qualche spericolata previsione sul successo futuro del partito personalistico. Tuttavia, le membra della sinistra sparse fra governo (non aggiungo “degli annunci”) e opposizioni (qui, sì, aggiungo, dei criticoni) non possono produrre entusiasmi duraturi in quello che sta avviandosi a diventare l’inverno, non del nostro scontento, ma della nostra rassegnazione. Seguirà la primavera delle amministrative che per la sinistra, di governo, di fiancheggiamento, di opposizione si presenta piuttosto delicata. I renziani bolognesi continuano a negare di avere problemi con la ricandidatura del sindaco Merola, il quale nel frattempo, in maniera non del tutto impercettibile, si riposiziona nei pressi del rappresentante locale della ditta bersaniana, vale a dire, l’iperattivo deputato Andrea De Maria. Quel che resta di Sinistra Ecologia Libertà cerca di tenere il piede in due staffe. Abbandonare Merola sarebbe anche possibile, ma non è chiaro dove andare a parare. Tutte le altre frange che raccolgono scontento, ma anche tardive ambizioni di rivincita, aspettano che il loro mentore, Mauro Zani, si decida a dire, oppure, meglio, a trovare la candidatura da opporre a Merola, in assenza della quale la Coalizione civica (nella quale pullulano politici di varia e lunga estrazione) non riuscirà ad andare da nessuna parte. Neppure nell’assemblea tenuta alle Scuderie ha fatto la sua comparsa il cavallo vincente. Tutto rimandato a febbraio 2016, nella speranza, forse, che i fatti e il lavoro ai fianchi continuino a logorare Merola e che a livello nazionale si manifestino apprensioni anche sull’esito bolognese. Comunque, visto da lontano il teatro della politica cittadina appare sufficientemente rappresentativo di quello che succede altrove, più a Milano che nel disastro di Roma. Insomma, la sinistra sparge le sue membra a tutto campo. L’attesa per vedere se riuscirà a ricomporle per tempo non è spasmodica.

Pubblicato il 15 dicembre 2015