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Regionali, cosa mi aspetto dai candidati. Scrive il prof. Pasquino @formichenews

Chi vuole uno Stato delle autonomie deve volere anche e (quasi) subito dimostrare che la sua autonomia la sa esercitare, per esempio, avendo già speso nella sua interezza i vecchi fondi europei, e rendendo meglio preparata, più snella, più efficace la burocrazia regionale. Il commento di Gianfranco Pasquino

Mi pare sia già cominciata in tutte le regioni che voteranno, se confermato, il 20 settembre, una articolata e approfondita riflessione sui temi della campagna elettorale al tempo del Covid-19. Gli acutissimi retroscenisti del Corriere della Sera e de Il Giornale e gli austeri (sic) commentatori de La Stampa e di Repubblica hanno smesso di annunciare la fine del governo Conte. Si sono dedicati da par loro, o mi sbaglio?, a sollecitare i Presidenti che si ricandidano e i loro sfidanti che, come minimo, delineino un progetto di regione. Par condicio: infatti, non c’è nessuna ragione per essere meno esigenti con le autorità regionali di quello che si chiede a Conte e al suo governo. D’altronde, se, finalmente, a livello nazionale, qualcuno, sarà forse proprio il presidente Conte, fra una conferenza stampa e quella successiva?, saprà tirare le somme e fare la sintesi delle proposte formulate agli Stati Generali, vedremo il progetto di rilancio del Paese per i prossimi numerosi anni.

Altruisticamente, Conte lavora per il suo successore a Palazzo Chigi – per i nomi bisogna chiedere ai retroscenisti senza accontentarsi di quello di Mario Draghi e, neppure, di Carlo Cottarelli. Il suo Progetto di Rilancio dovrebbe contemplare la chiarissima individuazione dei settori portanti, l’indicazione degli interventi, dei tempi, dei costi e dei vantaggi e anche del coordinamento con le regioni. Se, infatti, terminata la davvero penosa melina sull’accettazione dei 36/37 miliardi di Euro del Mes si deciderà di investire nelle spese sanitarie dirette e indirette, le regioni dovranno necessariamente essere coinvolte. Dovranno dire quanti fondi desiderano e come li spenderanno, magari investendo non solo in assunzioni e strutture, ma anche nel settore bio-medicale che è un’eccellenza nazionale. Ascolteremo almeno EmilianoToti e De Luca spiegare come stanno rendendo digitale e verde la loro economia? Naturalmente, finita, almeno temporaneamente, la vertenza sulle modalità di riapertura delle scuole, da tutti, uscenti e candidati, saremo prontamente informati delle criticità e dei successi nonché degli obiettivi di miglioramento.

Nella pandemia a molti, me compreso, è parso che lo Stato si sia visto riconoscere quel ruolo centrale nella mobilitazione, nella assegnazione e nella distribuzione di risorse al quale nessun mercato potrebbe mai supplire. Ai candidati alle cariche di governo regionali sembra più che lecito chiedere se vorranno usare il loro potere in chiave interventista e se, all’uopo, sanno già come riformare e rendere più dinamiche le rispettive burocrazie regionali. Non è soltanto la burocrazia “nazionale” a costituire la palla al piede di governi che già non sono vivaci, iperattivi, decisionisti. Chi vuole uno stato delle autonomie deve volere anche e (quasi) subito dimostrare che la sua autonomia la sa esercitare, per esempio, avendo già speso nella sua interezza i vecchi fondi europei, e rendendo meglio preparata, più snella, più efficace la burocrazia regionale. Poi, con gli apporti decisivi di Di Battista e Scalfarotto, di Azione di Calenda, proiettata dai sondaggi di Pagnoncelli ad un irresistibile 2,8%, di marmotte e altri graziosi animali, discuteremo di convergenze e di coalizioni e soprattutto di programmi, classico cavallo di battaglia di chi vuole posti. Faites vos jeux.

Pubblicato il 28 giugno 2020 su formiche.net

VIDEO Pachidermi e pappagalli. Tutte le bufale sull’economia a cui continuiamo a credere @CottarelliCPI @feltrinellied

Bologna 21 Gennaio 2020
Sala dello Stabat Mater
Biblioteca dell'Archiginnasio

Carlo Cottarelli e Gianfranco Pasquino in dialogo

a partire dal libro

Carlo Cottarelli
Pachidermi e pappagalli
(Feltrinelli, 2019)

Un’analisi spietata dei pregiudizi, dei luoghi comuni e delle bugie che inquinano i social, i giornali e i talk show, per separare quello che c’è di vero dalla menzogna. E avere le idee più chiare sul futuro che vogliamo.

Scheda del libro

A cura della Biblioteca dell’Archiginnasio con la collaborazione di Feltrinelli

Pachidermi e pappagalli. Tutte le bufale sull’economia a cui continuiamo a credere #21gennaio #Bologna @CottarelliCPI @feltrinellied

21 Gennaio 2020 ore 17.30
Sala dello Stabat Mater
Biblioteca dell'Archiginnasio
Piazza Galvani, 1 - Bologna


Presentazione del nuovo libro di

Carlo Cottarelli
Pachidermi e pappagalli
(Feltrinelli, 2019)

interviene con l’autore

Gianfranco Pasquino

Un’analisi spietata dei pregiudizi, dei luoghi comuni e delle bugie che inquinano i social, i giornali e i talk show, per separare quello che c’è di vero dalla menzogna.

E avere le idee più chiare sul futuro che vogliamo.

Scheda del libro

Con la collaborazione di Feltrinelli.

Il popolo ha dei limiti

“…c’è un equivoco: la democrazia non è la piazza!

Intervista raccolta da Fabrizio Belli

È scontro totale dopo l’intervento con cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha frenato l’alleanza giallo-verde tra M5S e Lega, prima di affidare a Carlo Cottarelli l’incarico di formare un nuovo governo. E adesso? Tra minacce di impeachment e dichiarazioni di sostegno alla più alta carica dello Stato, gli italiani devono decidere da che parte stare. «Guai però a parlare di golpe, il presidente della Repubblica non solo ha operato entro i limiti dei poteri a lui attribuiti, ma ha anche proposto al premier incaricato una via d’uscita per superare l’impasse legata al nome di Paolo Savona, il professore anti-Euro indicato dai giallo-verdi come futuro ministro dell’Economia», spiega il politologo Gianfranco Pasquino, professore emerito all’Università di Bologna

1. GOLPE?
Cosa dice la Costituzionesulla nomina dei ministri?
«L’articolo 92 del testo parlachiaro. Stabilisce che ilpresidente della Repubblicanomina il presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i ministri. Pertanto è nei suoi poteri opporsi. Non è la prima volta che assistiamo in Italia a un simile rifiuto» spiega il politologo.

2. PRECEDENTI
Nel 1994 Oscar Luigi Scalfaro disse «no» a Silvio Berlusconi che aveva proposto Cesare Previti alla Giustizia:
«Questo è uno dei casi più eclatanti, Berlusconi risolse la questione piazzando l’avvocato alla Difesa». Nel 2004 Napolitano depennò dalla lista di Matteo Renzi il nome del procuratore Nicola Gratteri, proposto come Guardasigilli.

3. IL NO A SAVONA
Prima che precipitasse, la situazione però si sarebbe potuta sbloccare.
«Spettava proprio a Paolo Savona fare un passo indietro, sarebbe stato un gesto di grande eleganza. Al contrario, ha fatto circolare un comunicato in cui ribadiva le sue idee, che portano direttamente fuori dall’Europa e rappresentano una minaccia per il sistema economico».

4. L’ALTERNATIVA
Per alcuni osservatori il presidente avrebbe comunque potuto far salpare il governo giallo-verde chiedendo specifiche garanzie.
«In realtà aveva proposto un nome alternativo a quello dell’ex ministro, pescato tra i ranghi della Lega, in grado di fare da garante», prosegue Pasquino. Si tratta di Giancarlo Giorgetti, il numero due del Carroccio, il Gianni Letta di Matteo Salvini, da più di 20 anni in Parlamento (alla Camera è approdato nel 1996).

5. DECIDE L’EUROPA?
Per Luigi Di Maio e Matteo Salvini, il presidente Mattarella si è piegato ai “poteri forti” dell’Europa. L’articolo 11 della Carta prevede tuttavia limitazioni alla sovranità come conseguenza dei trattati comunitari.
«Mattarella è il garante dell’unità nazionale, che si fonda anche sui trattati internazionali che regolano i rapporti dell’Italia con gli altri Paesi. Inclusi i trattati europei, che uno come Savona avrebbe spaccato volentieri».

6. LA VERA PARTITA
Secondo Pasquino è in atto un gioco di potere più grande:
«La Costituzione dice che la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti previsti. Mentre per i giallo-verdi deve appartenere al popolo tout court. Si tratta di una visione tipicamente populista. La sfida al Colle dimostra la volontà di Lega e M5S di trasferire in Parlamento tutto il potere».

7. IMPEACHMENT
Ma l’ipotesi impeachment è davvero percorribile?
«La messa in stato d’accusa del presidente per alto tradimento e attentato alla Costituzione richiede innanzitutto il voto favorevole del Parlamento a maggioranza assoluta, quindi i numeri per poter procedere ci sarebbero».
Però poi spetta alla Corte Costituzionale, con 16 giudici estratti a sorte, esprimere il verdetto finale.

8. E ADESSO?
Cottarelli otterrà la fiducia?
«C’è il tempo e lo spazio per dei ravvedimenti operosi: alla luce dell’andamento dei mercati, le frange di parlamentari responsabili di Lega e 5 Stelle potrebbero adottare un atteggiamento più morbido. Altrimenti, finita l’estate si tornerà al voto, dai 45 ai 70 giorni dopo lo scioglimento delle Camere».

Pubblicata su Vanity Fair 06/06/2018 Vanity Fair intervista

Un’inammissibile offensiva oltre la carta

Punti fermi.

Primo, il Presidente della Repubblica, com’è nei suoi poteri (art. 92) ha respinto il nome di un ministro e ha suggerito il nome del sostituto, dirigente e parlamentare della Lega.

Secondo, il Presidente del consiglio incaricato, Giuseppe Conte, dimostrandosi mero esecutore di, nell’ordine, Salvini e Di Maio, ha rimesso il suo incarico.

Terzo, scavalcato da Salvini, fallito l’obiettivo Presidenza del Consiglio, con il fiato sul collo di coloro che si apprestano a defenestrarlo, forse addirittura prendendo consapevolezza dei suoi molti errori e di un futuro incerto, Di Maio ha rilanciato. Chiede quella che lui chiama “la parlamentarizzazione della crisi” riferendosi all’art. 90 della Costituzione. In verità, quell’articolo regolamenta quello che Di Maio vorrebbe, vale a dire la messa “in stato d’accusa” del Presidente della Repubblica in due fattispecie: alto tradimento e attentato alla Costituzione..

Quarto, il Presidente della Repubblica ha immediatamente proceduto, come aveva pre-annunciato nel corso dei negoziati e come gli consente il citato art. 92 della Costituzione, al conferimento di un nuovo incarico a Carlo Cottarelli, già Commissario alla spending review, poi licenziato dal Primo ministro Renzi. Qualora, come appare probabile, Cottarelli non ottenesse la fiducia dal Parlamento si terranno nuove elezioni alla fine dell’estate. Altrimenti, il governo durerà fino all’approvazione del bilancio.

Quinto, il Presidente della Repubblica ha operato in quanto rappresentante dell’unità nazionale che deve fare osservare i Trattati sottoscritti dall’Italia, fra i quali quelli che regolano l’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea e tutti gli obblighi che ne conseguono.

Sesto, consapevolmente, ripetutamente, democraticamente, ossia con votazioni parlamentari, rispettando l’art. 11 della Costituzione, l’Italia ha acconsentito e proceduto a “limitazioni di sovranità” per entrare a far parte dell’Unione Europea. Non ha perduto, ma ceduto parte della sovranità nazionale a favore di un’organizzazione nella quale si esprime in maniera più efficace la sovranità degli Stati-membri.

Settimo, nel mondo globalizzato, i “mercati” e gli operatori economici, di tutti i tipi, banche e agenzie di rating comprese, posseggono anche misure variabili di potere politico che può essere contrastato da governi nazionali legittimati, stabili, efficienti, affidabili. Comprensibilmente, la speculazione si dirige contro governi instabili, inefficienti, inaffidabili. Oggi più di ieri, l’Italia si trova in questa situazione.

Ottavo, la causa di fondo della situazione attuale è data dall’incapacità flagrante del Movimento Cinque Stelle e della Lega di individuare un capo del governo di sicura autorevolezza, competenza, credibilità internazionale. A un ragionevole compromesso con il Presidente della Repubblica Mattarella, per il quale, nel passato, l’on. Di Maio non aveva risparmiato parole d’elogio, i due partner, ma soprattutto Salvini, hanno preferito cercare di dimostrare di avere superiore potere politico e di essere in grado di imporlo al Presidente, senza riguardo alcuno per le sue prerogative costituzionali.

Nono, Mattarella ha esercitato il suo potere costituzionale di bloccare questo tentativo per ribadire il ruolo di equilibrio e di garanzia della Presidenza come istituzione, adesso e nel futuro.

Decimo, le modalità d’azione e di reazione di Salvini e di Di Maio rivelano in maniera lampante la loro incomprimibile predisposizione populista. La sovranità che il popolo possiede e esercita con il suo voto deve rimanere, secondo comma dell’art. 1, “nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Salvini e Di Maio, assecondando l’eversiva richiesta di Giorgia Meloni, stanno pericolosamente trasformando quella che era una pur grave crisi politica, la difficile formazione del governo, in una potenzialmente esiziale crisi istituzionale, una maggioranza parlamentare che travolge la Presidenza della Repubblica. Questo è inammissibile.

Pubblicato AGL il 29 maggio 2018