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Non esistono despoti che fanno anche cose buone @DomaniGiornale

Nell’aprile del 1917 per ottenere l’approvazione del Congresso ad entrare in guerra contro la Germania il Presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson dichiarò memorabilmente che l’obiettivo era “make the world safe for democracy”. Parecchi anni dopo i Padri Fondatori dell’Unione Europea si posero un obiettivo simile, ma più limitato: rendere il continente europeo un posto sicuro per le democrazie, dove non si facessero più guerre. Dopo il crollo del comunismo e dell’Unione Sovietica, questo obiettivo, già messo al sicuro dentro il perimetro delle democrazie occidentali, è apparso conseguibile. L’ascesa di Putin e la sua aggressione all’Ucraina ritardano qualsiasi ulteriore sviluppo democratico e rendono necessari opportuni ripensamenti che, però, non possono nemmeno per un momento mettere sullo stesso piano le democrazie occidentali e il regime autoritario russo. In parte comprensibile anche se, forse, non proprio giustificabile, fu la valutazione del ruolo “positivo” svolto dall’URSS sulla scena internazionale come contrappeso degli Stati Uniti. Ma polacchi, ungheresi, cecoslovacchi, i cittadini degli Stati baltici hanno tutto il diritto di pensarla molto diversamente. Invece, non si capisce proprio quale merito possa essere riconosciuto a Putin.

   Come si sia formata e esternata l’amicizia fra il liberale, cristiano, garantista e europeista Berlusconi e lo zar del Cremlino è un mistero non glorioso. Certo l’argent di Putin può essere stato utile a Salvini e alla Lega, ma quale futuro radioso poteva nascere dall’esibizione compiaciuta di una t-shirt con l’effigie di un tiranno? Last but not least, ultimo, ma tutt’altro che irrilevante, l’attuale Ministro della Difesa Guido Crosetto ha dichiarato, meglio tardi che mai, di avere esagerato nel criticare le manovre Nato sul confine russo e di avere sottovalutato le mire espansioniste di Putin. Ben venuto il ravvedimento di Crosetto (quanto a Berlusconi e Salvini sono personalmente incerto, ma anche loro…), rimane, tuttavia, il problema/obiettivo generale evocato dalla frase di Wilson. Se è auspicabile rendere il mondo un posto sicuro per le democrazie, come possono coloro che vivono nei regimi democratici ritenere possibile quell’esito collocandosi dalla parte degli autocrati, dei despoti, dei tiranni? Costoro vogliono ridurre il numero delle democrazie, per esempio, altrove, piegando quel che c’era di democrazia a Hong Kong e apprestandosi a soffocarla a Taiwan. Riscuotono aiuti da altri regimi autoritari, come la teocrazia iraniana e non solo. Si spalleggiano a vicenda.

   Quando leggo libri che raccontano come muoiono le democrazie, mi chiedo se non sia il caso che gli autori esplorino chi uccide le democrazie, cambino il titolo e offrano una spiegazione basata sulle sfide che i non-democratici lanciano dall’interno alle loro democrazie vigenti, magari lodando e esaltando alcuni dei molti modelli antidemocratici esistenti nel mondo e i loro “attraenti” protagonisti. La democrazia bisogna praticarla e insegnarla (anche viceversa). Bisogna anche dire a chiarissime lettere che esiste un linea divisoria netta fra democrazie e non-democrazie. Che soprattutto i liberali dovrebbero essere i primi a respingere l’idea che possano esistere democrazie “illiberali”. Lasciamo che siano gli oppositori degli autoritarismi, quando sperabilmente sono riusciti a sopravvivere, a testimoniare che quei leader autoritari hanno fatto anche qualcosa di buono.  

Pubblicato il 1 febbraio 2023 su Domani

La disfida continua #Elezione #Quirinale2022

L’ostacolo più alto all’elezione del Presidente della Repubblica sembra essere costituito da Salvini che fa di tutto per intestarsi il merito di avere trovato il nome più autorevole e attribuibile al centro-destra. Nella terza votazione, quietamente, ma duramente, Giorgia Meloni lo ha quasi frontalmente sfidato candidando l’ex-deputato Guido Crosetto che ha ottenuto, anche, evidentemente grazie a una diffusa stima personale, più del doppio dei voti dei parlamentari di Fratelli d’Italia. Tra schede inutilmente bianche e la novità del non ritiro della scheda, due operazioni che segnalano le tristissime difficoltà di negoziati cominciati male e tardi, da un lato, crescono i voti per Mattarella, dall’altro, circolano veti, sembra, in particolare, sul nome di Casini. Interpretabili come un meritato attestato di stima nei suoi confronti, i voti per il Presidente che ha saggiamente annunciato di non volere un secondo mandato, sono anche un messaggio a alcuni dirigenti di partito, non solo del Movimento 5 Stelle, di indisponibilità a seguire indicazioni non adeguatamente motivate e convincenti.

   Adesso, dovrebbero tutti smettere di proporre nomi per farseli bocciare e poi chiedere in cambio un qualche diritto di prelazione. Invece, dovrebbero tutti tornare a riflettere sui criteri di una buona scelta: autorevolezza politica e prestigio personale, conoscenza della Costituzione e volontà di difendere le prerogative della Presidenza, presenza e apprezzamento sulla scena europea. “Patriota” è colui/colei che rappresenta credibilmente l’Italia nell’Unione Europea e collabora per il bene del paese e della stessa Unione, il cui futuro è ineluttabilmente il nostro.

   Da tempo si sapeva che la più che apprezzabile candidatura alla Presidenza della Repubblica di Mario Draghi, autodefinitosi “un nonno al servizio delle istituzioni”, , conteneva/contiene notevoli contro-indicazioni. Chi ha le qualità per tenere insieme l’attuale maggioranza? Chi può succedergli, non perché da lui nominato (il governo Draghi è un esempio flagrante di governo del Presidente, voluto e costruito da Mattarella), ma perché espressione dei partiti che giustamente in una democrazia parlamentare rivendicano le cariche di governo?

   Di fronte a questi importanti interrogativi è proprio il ruolo di Draghi che si presenta problematico. Chi vuole Draghi al Colle più alto ha l’obbligo politico di indicarne un successore a Palazzo Chigi che non implichi una crisi di governo. Chi vuole che Draghi continui la sua opera impegnativa di governante ha l’obbligo di individuare un Presidente che voglia e sappia sostenere Draghi e sia a lui gradito. La difficoltà di individuare la candidatura presidenziale più appropriata si incrocia e si scontra con le preferenze politiche di chi desidera la continuazione della legislatura fino al suo compimento naturale e chi preferisce elezioni anticipate. La critica rivolta ai capipartito, a partire da Salvini, Conte, Letta e Renzi,.è legittima, ma non deve sottovalutare le difficilissime condizioni attualmente esistenti

Pubblicato AGL il 28 gennaio 2022