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Cosa manca ai sistemi politici, alle istituzioni e ai leader #DeficitDemocratici #Modena 7febbraio @egeaonline
MEETING LIONS CLUB MODENA HOST
giovedì 7 febbraio 2019 ore 19:45
presso Ristorante Vinicio
via Emilia Est n. 126 – Modena
È gradito un cenno di conferma
tel. 3358291912
e-mai ferrai@gajasol.eu
dress code formale
Serata con il Prof. Gianfranco Pasquino
Cosa manca ai sistemi politici, ai leader, ai cittadini; leggi elettorali, rappresentanza e governo: perché gli italiani sbagliano?
presentazione del libro
DEFICIT DEMOCRATICI Cosa manca ai sistemi politici, alle istituzioni e ai leader
La democrazia è in crisi? #17novembre @BOOKCITYMILANO #BCM18
ISPI – Palazzo Clerici
Sala Corte
Via Clerici 5, Milano
17 novembre ore 16
La democrazia è in crisi?
Gianfranco Pasquino
Salvatore Veca
modera Massimo Rebotti
Che cosa si intende per democrazia e che cosa ne sappiamo realmente? Cosa sta dietro la tanto citata “crisi della democrazia”? Tutte le democrazie cercano un equilibrio fra la rappresentanza delle preferenze, delle identità, degli interessi dei cittadini e la capacità dei governi di prendere decisioni coerenti con tale rappresentanza. Nessuna è in grado di evitare momentanei deficit di rappresentanza e di decisionalità, ma tutte, anche quelle deficitarie, dispongono di possibilità di apprendimento e di (auto)correzione. Allo stesso modo, le elezioni sono intrinsecamente imperfette ma restano il modo meno sbagliato di scegliere i nostri governanti, poiché elaborano qualsiasi conflitto possa sorgere nella società in termini di libertà e di pace. Chi si astiene contribuisce al deficit democratico.
Presentazione di:
“Deficit Democratici. Cosa manca ai sistemi politici, alle istituzioni e ai leader”
Università Bocconi Editore
Il populismo è un modo per negare la democrazia
Palermo
L’INCONTRO IN OCCASIONE DEL FESTIVAL DELLE FILOSOFIE
Gianfranco Pasquino a Palermo:“Il populismo è un modo per negare la democrazia”
di Antonino Cicero
Tra gli appuntamenti all’interno del Festival delle Filosofie, organizzato dall’associazione Lympha, presso l’Orto botanico di Palermo, l’incontro con un ospite d’eccezione, tra i più noti politologi italiani, Gianfranco Pasquino, che ha dialogato con i docenti universitari Aldo Schiavello (Università di Palermo) e Antonio La Spina (Luiss), moderati da Sorina Soare, ricercatrice fiorentina, su “filosofia, democrazia e politica” in una sala affollata e con una buona presenza di giovani.
Molte le domande dal pubblico su temi che affondano nell’attualità e nel vivere quotidiano, tra politica, sfida tecnologica e diritti sociali. L’occasione è stata la pubblicazione del recente libro di Pasquino dal titolo “Deficit democratici” per i tipi dell’Università Bocconi.
Parole chiave “democrazia” e sua “crisi” con una sfumatura di peso: crisi “della” o “nella” democrazia? Cambia molto in una società complessa, liquida, spesso fragile. “Oggi c’è una crisi nella democrazia – sottolinea – per via dei cattivi partiti, delle cattive istituzioni e dei cattivi cittadini”.
Partendo dai fondamentali, Pasquino ricorda che “se il popolo non ha potere non c’è democrazia: punto e basta”, tanto che parte di questo potere è espresso attraverso le leggi elettorali “che se sono pessime – aggiunge Pasquino – viene meno questo potere. E la legge Rosato è pessima”, così come “un “avvocato del popolo” non può stare al governo, ma deve stare all’opposizione”. Da qui al populismo tanto in voga oggi: “È un modo per negarla”.
Le democrazie reali, quelle realizzate, sono equilibri spesso precari perché basate su più elementi, tra pesi e contrappesi “che creano fastidi a coloro cui si rivolgono” sottolinea La Spina.
Eppure “l’85% degli scandinavi – ricorda Pasquino – apprezza la propria democrazia e ritiene funzioni bene. Lo stesso vale per inglesi, tedeschi e così via. Da noi – precisa – le percentuali sono state un po’ più o un po’ meno vicine al 50%, sebbene oggi circa il 60% risulti soddisfatto del governo”.
In altre classifiche l’Italia “sta in basso, ma nel complesso – precisa ancora Pasquino – non male. È una questione di insoddisfazione” che è altro e che ha bisogno di molti distinguo. “Quelli che ce l’hanno la democrazia – ricorda il politologo e accademico dei Lincei – dicono che è morta; gli altri, la metà nel mondo, combattono per averla e per avere il modello occidentale, dalla Cina all’Africa al Sud America”.
Fissare delle definizioni condivise non è semplice, tanto che spesso si scade nel pleonastico o nel ridondante (“lo è per un partito chiamarsi democratico” ricorda Schiavello), eppure soglie minime sono imprescindibili: dal diritto di voce a quello di voto e di partecipazione diretta e indiretta alle scelte generali. “Ma chi non riesce a mangiare difficilmente si occuperà della vita politica e sarà in balia, al momento del voto, dei soliti capibastone!” sbotta cordialmente uno spettatore di San Giuseppe Jato.
Per Pasquino è così “certo, perché chi è esposto agli imperativi esistenziali o scambia il voto o è in balia di volontà altrui. È a pensarci è pure un comportamento razionale; critico chi ne approfitta“. Ma “la democrazia – aggiunge – non si fonda solo su quelle persone”.
La costituzione, a doppia mandata, non manca dal dibattito: “Della nostra – dice Pasquino – se ne parla come della più bella del mondo: così un comico; ma io dico che non c’è nessun concorso di bellezza. Che semmai – aggiunge – la costituzione più bella è quella inglese. Che non è scritta”.
La democrazia, insomma, è in preda a crisi o a rivolgimenti? Nel mucchio, all’Orto botanico, si sono messi Orban, l’Europa, Riace, la disinformazione che manipola e che è tipica dei regimi totalitari e i fondamentalismi religiosi “che non riguardano solo arabi e musulmani: pensiamo – elenca Pasquino – agli evangelici americani o ai fondamentalismi cattolici o ebrei”.
Idee in tensione, insomma, che rafforzano i legami. Anche tra persone liberamente, “democraticamente in dibattito” si scherza. Come in una sala di un festival.
“La democrazia in quanto aspirazione non è affatto in crisi” chiosa Pasquino.
Pubblicato il 14 ottobre 2018 ilSicilia.it
Arrestare il declino. Crescere con cultura e politica #LaSpezia #27settembre #DeficitDemocratici @egeaonline
giovedì 27 settembre ore 17.30
Mediateca Regionale Ligure
“Sergio Fregoso” ex cinema Odeon
via Firenze, 37 La Spezia
Lectio Magistralis di
Gianfranco PasquinoArrestare il declino.
Crescere con cultura e politica
seguirà dibattito pubblico
Le democrazie sono imperfette
Questo testo riprende e rivisita creativamente (sic) parti del mio libro Deficit democratici (Milano, Egea-Università Bocconi Editore, 2018).
Alle democrazie manca sempre qualcosa. È giusto così. Forse è persino meglio così perché nelle democrazie è possibile continuare a cercare quello che manca, spesso trovandolo. Democratico è quello che deve essere soggetto al controllo del popolo, vale a dire, governanti, rappresentanti, assemblee elettive, leggi, non, però, la burocrazia, le Forze Armate, la magistratura, le istituzioni scolastiche che debbono rispondere a criteri di efficienza e efficacia, di conseguimento degli obiettivi decisi dai rappresentanti e dai governanti. Il popolo deciderà poi se, come, quando fare circolare quei rappresentanti e governanti, cambiarli, meglio non usando il criterio burocratico del limite ai mandati tranne per le cariche elettive di governo che hanno la possibilità di sfruttare il loro potere per influenzare la propria rielezione.
La democrazia riguarda esclusivamente la sfera politica, quella nella quale si affida a qualcuno il potere di decidere “secondo le forme e i limiti della Costituzione”. Naturalmente, è ciascuna Costituzione, anche con riferimento all’assetto istituzionale del sistema politico: vari modelli di parlamentarismo, di presidenzialismo, di semi-presidenzialismo, persino di governi direttoriali-collegiali (come la Svizzera), a stabilire quelle forme e i relativi limiti. Qualcuno deve arbitrare relativamente alle forme e ai limiti. Dalla Costituzione USA in poi quel qualcuno è una Corte Costituzionale, il “giudice delle leggi”, la cui esistenza e la cui attività non vanno affatto a scapito della democrazia tranne quella che viene interpretata in chiave populista dove il popolo deciderebbe tutto con il suo voto, a prescindere dalle forme e dai limiti, finendo spesso nelle braccia di leader populisti e demagoghi e con loro fuoriuscendo dalla democrazia. Certo, ci sono anche casi nei quali è la democrazia che “fuoriesce” dal popolo (e da se stessa) ovvero meglio isola i governanti dal popolo. Succede quando una coalizione di strutture raggiunge accordi di non belligeranza e non interferenza e si irrigidisce dando vita ad autoritarismi centrati sul riconoscimento di reciproche sfere di influenza: la burocrazia statale, le Forze Armate, i grandi gruppi industriali, spesso la Chiesa.
Nella misura in cui la democrazia è pluralismo competitivo, le coalizioni autoritarie nascono raramente, vivono malamente e durano (relativamente) poco. Si trovano nei paesi a noi vicini soprattutto in Russia e in Turchia, ma soltanto qualche commentatore avventato può definire entrambi i paesi “democrazie autoritarie” (che è persino peggio dell’espressione “obblighi flessibili”). Russia e Turchia sono situazioni nelle quali non manca qualcosa alla democrazia. Manca la democrazia. L’obiezione che in entrambe c’è democrazia poiché si vota va completamente fuori bersaglio. Le elezioni democratiche debbono essere libere, competitive e eque. Nulla di tutto questo né in Russia né in Turchia né, naturalmente, in molte altre situazioni, ad esempio, di recente, in Zimbabwe. Laddove i cittadini non godono pienamente dei diritti politici, ad esempio, quello di candidarsi, di dare vita ad organizzazioni (persino, partiti) e di fare campagna elettorale, e, spesso, vedono i loro diritti civili, ad esempio, all’informazione, calpestati, in nessun modo è possibile considerare “democratiche” quelle elezioni. Tuttavia, anche alle elezioni democratiche può mancare qualcosa, ad esempio, gruppi selezionati e discriminati di elettori .
In troppi stati del Sud degli USA le minoranze afro-americane si vedono private, del diritto di voto con vari accorgimenti burocratici: requisiti di residenza, di registrazione nelle liste elettorali, di conoscenza della Costituzione. Altrove, le assemblee statali a maggioranza repubblicana fanno da tempo ricorso quasi scientifico, chirurgico al gerrymandering, alla manipolazione dei collegi elettorali. Quando le leggi elettorali danno scarso potere agli elettori, ad esempio, sottraendo loro qualsiasi possibilità di influenzare la scelta dei parlamentari siamo, ovviamente, di fronte ad un deficit democratico (Rosato, de te fabula narratur). Le democrazie si reggono su un’unica eguaglianza assoluta, quella di fronte alla legge: isonomia. Non è un’eguaglianza che esiste in natura. Deve essere creata e alimentata, mantenuta e riprodotta in continuazione. La democrazia è rule of law, governo della legge. Nessuna democrazia ha mai promesso l’eguaglianza di risultati. Non soltanto impossibile da conseguire, un’eguaglianza di questa specie sarebbe molto pericolosa poiché impedirebbe a ciascuno di noi di soddisfare effettivamente le sue priorità e le sue preferenze. Non desidero più denaro, ma più tempo libero. Mi impegno a lavorare di più per un certo periodo della mia vita per fare il critico d’arte in un altro periodo. Nelle democrazie esiste pluralismo delle scelte, ma, chiaramente, a seconda dei tempi e dei luoghi, nelle democrazie c’è sempre un deficit di risorse per soddisfare tutti i desideri, tutti i bisogni. Saranno, però, i cittadini a decidere quanto risparmiare, quanto spendere, come e quanto ridistribuire. E avranno regolarmente la possibilità di cambiare le loro preferenze nel corso del tempo.
Spesso le democrazie sono deficitarie per quel che riguarda il ruolo e il potere politico delle donne, dell’altra metà del cielo, che si traduce in gravi diseguaglianze sociali e economiche. Le quote rosa non risolvono il problema e possono persino essere anti-costituzionali. Tocca alle donne sfidare il potere politico maschile/ista non limitandosi a salire sulle code dei potenti e a farsi portare là dove si trovano le cariche che, come vengono attribuite/elargite, potranno essere revocate.
Last but not least, nelle democrazie può manifestarsi un deficit di leadership. Fermo restando che, periodicamente, si riscontrano deficit di capacità e qualità nel mondo dell’industria, diciamo meglio, fra i capitalisti, nell’accademia, nel giornalismo, nelle squadre di calcio e nell’atletica, i deficit di leadership politica hanno conseguenze sistemiche molto più gravi. Raramente le democrazie selezionano i “migliori” (qualità di quasi impossibile definizione) , ma in democrazia, costoro sono, per definizione, i vincenti nelle elezioni competitive. Raramente i migliori in un sistema politico dedicano le proprie energie alla politica. Molto diffusi in Italia l’antiparlamentarismo e l’antipolitica danno un grande contributo a tenere i migliori, con pochissime eccezioni, lontani dalla politica. Però, quello che conta è che un regime democratico rimanga sempre competitivo e aperto. La leadership di buona qualità riuscirà a fare la sua comparsa, ad affermarsi. Naturalmente, i migliori dovranno “sporcarsi le mani”, conquistare i voti. Dovranno contare sull’esistenza di molti cittadini interessati alla politica,informati sulla politica, partecipanti, non solo con il loro voto, alla politica.
Le democrazie hanno gravi deficit se questi cittadini sono pochi di numero, poco interessati e poco informati, partecipanti infrequenti e fluttuanti. La democrazia esisterà comunque, ma il suo funzionamento difficilmente sarà soddisfacente e la sua qualità risulterà certamente modesta, ma corrisponderà alla situazione che i suoi cittadini si sono costruita e meritata. Al cittadino non competente e non partecipante, che si irrita e protesta, allora diremo cura te ipsum. Se la democrazia è potere del popolo, il popolo ha il dovere civico di prepararsi per esercitarlo in maniera appropriata riducendo al massimo i suoi deficit cognitivi e partecipativi. Yes, we can.
Pubblicato il 3 settembre 2018
La democrazia è viva #vivalaLettura
“Crisi della democrazia?” Non la pensa così il candidato Chamisa che ha appena perso le elezioni presidenziali in Zimbabwe. Anzi, sostiene che il vincitore ha manipolato le regole democratico-elettorali e che in un quadro effettivamente democratico non sarebbe riuscito a vincere. L’opposizione venezuelana combatte contro il Presidente Maduro proprio per (re-)instaurare uno Stato di diritto e la democrazia politica con la rigorosa osservanza della separazione dei poteri e il ritorno dei militari nelle caserme. Un po’ dovunque nel mondo, dalla Russia alla Turchia, dall’Africa all’Asia, persino in Italia, ci sono uomini e donne che combattono ostinatamente per e in nome della democrazia, sì, proprio quella definita “occidentale”. Sono spesso arrestati e condannati, ma non cessano la loro battaglia. No, per loro non c’è “crisi della democrazia”. Al contrario. Ci sono leader e movimenti autoritari, teocratici, sultanisti, populisti che comprimono e soffocano la democrazia. Tutti i dati disponibili segnalano che mai nel passato sono esistiti tanti sistemi politici che possono essere legittimamente e rigorosamente definiti democratici, nei quali la competizione politico-elettorale è libera e periodicamente conduce all’alternanza al governo, nei quali i diritti dei cittadini sono protetti e promossi, nei quali l’aspettativa di vita è superiore a quella di qualsivoglia regime autoritario.
Nel 2018 è stato conseguito un risultato storico, quello del più alto numero di sempre di persone che vivono in paesi liberi. Con il suo regime chiaramente e totalmente dominato da un partito e da una nomenklatura, è la Cina che fa da massimo contrappeso alle democrazie realmente esistenti. Nessuno dei paesi divenuti democratici dopo quella che Samuel Huntington definì la terza ondata di democratizzazione, dalla metà degli anni settanta dello scorso secolo al post-1989, ha perso le caratteristiche democratiche iniziali fondanti. Certo, dobbiamo preoccuparci dell’involuzione dell’Ungheria e della Polonia. Dobbiamo ritenere l’avanzata e la sfida dei variegati populismi pericolose per la vita democratica di un sistema politico, ma finora di regressi e crolli dovuti a populismi vittoriosi non se ne sono visti (in Venezuela è stata l’implosione del bipartitismo inaridito a aprire la strada a Chavez). Le democrazie “illiberali” sono una ferita all’ideale di democrazia, ma conservano potenzialità di trasformazione positiva. Ciononostante, la cosiddetta crisi della democrazia, non solo disagio e disincanto, è oggetto di seriose conversazioni fra intellettuali, meglio se in qualche ridente località sede di convegni accademici, e di allarmate discussioni nelle redazioni dei giornali.
In generale, la maggioranza dei cittadini sembra pensarla alquanto diversamente, soprattutto nelle democrazie europee, in particolare quelle di più lunga durata. In Italia, la percentuale di insoddisfatti è superiore a quella dei soddisfatti, ma il punto da sottolineare è che le critiche riguardano il “funzionamento”, non la “natura”, della democrazia. Già trent’anni fa Giovanni Sartori tracciò una linea distintiva chiara e netta fra la democrazia ideale e le democrazie reali, quelle realmente esistenti. Ciascuno di noi ha una visione di come vorrebbe che fosse la sua democrazia ideale e ciascuno di noi (e dei nostri concittadini) valuta il rendimento, le prestazioni della democrazia italiana anche alla luce della sua democrazia ideale. Le valutazioni negative non coinvolgono affatto automaticamente la democrazia in quanto insieme di regole, di istituzioni, di comportamenti. Anzi, proprio perché siamo esigenti nei confronti della democrazia diventiamo molto critici delle sue carenze, delle sue inadeguatezze, dei suoi deficit. Allora, meglio sarebbe se, seguendo le indicazioni di Sartori, da un lato, prendessimo atto che la democrazia ideale non è conseguibile, ma merita di continuare a essere l’insieme di criteri con i quali valutare le democrazie realmente esistenti, e, dall’altro, non negassimo che, sì, in effetti, non c’è “crisi della democrazia”, ma nelle democrazie esistono molti problemi di funzionamento che devono essere affrontati e risolti, mentre nuove sfide sorgono proprio perché le democrazie sono società vivaci e aperte.
Chi sceglie questa strada che, a mio parere, non soltanto è quella giusta, ma è anche quella più produttiva, vedrà probabilmente che i problemi di funzionamento, da un lato, affondano le loro radici nelle istituzioni e nelle regole e, per quel che riguarda il caso italiano, clamorosamente nelle leggi elettorali e nei rapporti Parlamento/ governo, ma, dall’altro, dipendono moltissimo dai cittadini stessi. Norberto Bobbio ha scritto che questa è la promessa che la democrazia non ha mantenuto: non è riuscita a educare politicamente i cittadini. I problemi della democrazia, se si preferisce le “crisi nelle democrazie”, sono la conseguenza dell’esistenza di cittadini che non s’interessano di politica, non sono informati sulla politica, partecipano poco alla politica (per i quali il voto è spesso l’unica modalità di partecipazione in tutta la vita) e, magari, se ne vantano, pur godendo di tutte le cose buone, a cominciare dal cambiare idee e preferenze, che solo la democrazia garantisce. Questi cittadini, disinformati e apatici, non sono in grado di innescare e fare funzionare il circolo virtuoso della responsabilizzazione di coloro che ottengono il potere di rappresentarli e di governarli. Non sapranno valutarne qualità e operato. Non manderanno a casa i peggiori. Non riusciranno a imporre la selezione dei migliori fra loro – meno che mai, naturalmente, se esistesse quello tremendamente semplificatrice mannaia burocratica che si chiama “limite ai mandati”. Fuori dalle carenze istituzionali e elettorali , che pure esistono, ma sono riformabili, i problemi delle democrazie contemporanee derivano dall’incompetenza, dalla disinformazione, dal mancato impegno, dal conformismo e dalla bassa qualità dei cittadini. Crisi dei cittadini “democratici”?
Pubblicato il 19 agosto 2018
INVITO Deficit democratici alla 15ª Festa del libro di Montereggio #22agosto #Mulazzo #MassaCarrara
mercoledì 22 agosto ore 21.30
incontro con l’AutoreDEFICIT DEMOCRATICI
Cosa manca ai sistemi politici, alle istituzioni e ai leader
Università Bocconi Editore
Il rischio totalitarismo dietro un’idea sbagliata
Intervista raccolta da Francesco Grignetti
Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienze politiche a Bologna, ha sentito che Davide Casaleggio dà ormai per boccheggiante la democrazia rappresentativa?
Guardi, tutte le democrazie del mondo sono rappresentative. Il giovane Casaleggio intende forse dirci che è morta la democrazia?
Casaleggio immagina un mondo di un futuro prossimo dove il Parlamento sia sostituito da un continuo ricorso al voto elettronico.
Pensare che il Parlamento sia inutile, può venire in mente solo a chi pensa che sia il luogo dove si fanno le leggi. Errore. I parlamenti servono per sostenere i propri governi, ma anche a controllarli. Consentono il confronto tra maggioranza e opposizione. Sprigionano informazioni utilissime ai cittadini. Fanno emergere le pluralità e le differenze. Affrontano emergenze come i terremoti o le guerre. Tutte azioni che non si possono sostituire con un click.
Il suo ultimo libro s’intitola «Deficit democratici». Le nostre democrazie arrancano nella sfida con la modernità.
Ma la ricetta non può essere l’abolizione dei parlamenti. Anche a voler prendere sul serio la suggestione di Casaleggio, è mai possibile immaginare di convocare in seduta telematica permanente i cittadini per sentire la loro opinione quando c’è da fronteggiare un’emergenza? Da un lato è un’illusione. Dall’altro, una minaccia. Indica un percorso in direzione totalitaria. E ricordo a tutti che i sistemi totalitari sembrano tanto efficienti e veloci, ma sono terribilmente rigidi. Funzionano finché non crollano di colpo. In genere sulla testa di chi li ha creati
Pubblicato il 24 luglio 2018
Deficit democratici e ruolo dei sindaci INVITO #Pesaro #4luglio @egeaonline
INCONTRO DI PENSIERI
Deficit democratici ed il ruolo dei sindaci
Dalla politica della forma partito alla politica sui social
introduce Maria Rosa Conti, Associazione Viatico
intervengono
Gianfranco Pasquino
Matteo Ricci, Sindaco di Pesaro
modera Gioacchino Guastamacchia, Associazione Viatico
4 luglio, alle ore 17.30
Sala Rossa del Palazzo Comunale
piazza del Popolo 1, Pesaro
DEFICIT DEMOCRATICI COSA MANCA AI SISTEMI POLITICI, ALLE ISTITUZIONI E AI LEADER (EGEA 2018)
INVITO Deficit democratici. Cosa manca ai sistemi politici, alle istituzioni e ai leader #Rimini #5giugno
Cosa accomuna le democrazie? E quali sono gli obblighi di un leader e quali quelli del popolo? Tutte le democrazie si dotano di istituzioni per consentire la partecipazione del popolo al potere, cercando un equilibrio fra la rappresentanza delle preferenze, delle identità, degli interessi dei cittadini e la capacità dei governi di prendere decisioni coerenti con tale rappresentanza. Nessuna democrazia è in grado di evitare momentanei deficit di rappresentanza e di decisionalità, ma tutte, anche quelle deficitarie, dispongono di possibilità di apprendimento e di (auto)correzione.
5 giugno ore 17
Roof Garden del Quartopiano Suite Restaurant
Via Chiabrera 34/c- RiminiDeficit democratici. Cosa manca ai sistemi politici, alle istituzioni e ai leader
Saluti
Alessandro Pesaresi
Vicepresidente Confindustria RomagnaGianni Del Vecchio
condirettore Huffington Postdialoga con
Gianfranco Pasquino