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Viva la contesa. Ma si pensi agli elettori perduti @DomaniGiornale

La contendibilità (del governo) sta, in maniera non dissimile dalla bellezza, negli occhi di chi guarda. Vedere che i voti del proprio schieramento sono cresciuti è confortante. Constatare che i concorrenti si sono trovati in un sostanziale stallo è quasi altrettanto incoraggiante. Ma il futuro non è mai la semplice prosecuzione dell’oggi poiché numerosi altri fattori sono destinati a fare la loro comparsa. Votando (o no) nelle elezioni regionali, gli elettori erano ampiamente consapevoli della posta in gioco e anche delle problematiche alle quali i candidati presidenti, i loro partiti e, ancor più, le loro coalizioni avevano formulato le loro risposte programmatiche. In Veneto, in Campania e in Puglia non c’era nessun Presidente ricandidato che potesse trarre vantaggio dalle sue prestazioni di governante mettendole in contrapposizioni con le inevitabilmente meno solide promesse degli sfidanti. Peraltro, qualche vantaggio esiste quasi sempre, in termini di visibilità e di relazioni, per le coalizioni governanti. In tutt’e tre i casi, quei governi regionali potevano vantare una lunga storia, quantomeno decennale. Non ne è venuta nessuna sorpresa, ma soltanto una lezione di cui peraltro politici e commentatori attenti non dovrebbero avere necessità: se le sparse membra del centro-sinistra riescono a (ri)comporsi la loro somma può superare il numero di voti che raggranellati dal centro-destra.
Proiettare gli esiti delle elezioni regionali sulle nient’affatto imminenti elezioni politiche del 2027 (a proposito i partiti di governo ci risparmino il brutto gioco di scegliere la data solo in base alle loro convenienze e comunque decidano con un congruo anticipo), non è operazione facile. Chi la fa come, non da sola, la giustamente soddisfatta segretaria del Partito Democratico, deve essere consapevole che il “suo” campo non potrà permettersi nessuna defezione a livello nazionale, anche la più piccola potendo risultare decisiva. Quello che a livello regionale, gli elettori giustamente trascurano, vale a dire la politica estera, non potrà essere eluso a livello nazionale. Oggi come oggi e probabilmente anche domani, le differenze fra i protagonisti del campo largo, sono notevoli e non facili da spingere sotto il tappeto. Vero che la politica estera non è una priorità per l’elettorato italiano, ma basterebbero due o tre per cento di elettori che, particolarmente preoccupati, facessero mancare i loro voti perché l’ago della bilancia pendesse a destra.
Anche se sarebbe sempre preferibile che le elezioni venissero vinte da chi ha le proposte migliori e offre garanzie credibili di saperle attuare, da tempo i dirigenti dei partiti si dedicano alla manipolazione opportunistica delle leggi elettorali. Sbagliano quasi sempre; sbagliano male, e insistono rivelando di conoscere poco la materia (non sono i giuristi gli esperti dei sistemi elettorali). Qui mi limito a sottolineare che una disposizione europea ha sancito da tempo che le leggi elettorali non debbono essere cambiate nell’anno in cui si tengono le elezioni. Aggiungerei anche che è ora di smetterla con la ricerca spasmodica di stampelle sotto forma di premi in seggi per evitare pareggi immaginari. Negli occhi di chi guarda non dovrebbe trovarsi soltanto la bellezza della contendibilità del governo, fenomeno da valutare sempre in maniera positiva. Dovrebbero trovarsi le tracce anche di quei tanti, ad un certo punto sarò costretto a scrivere troppi, elettori e elettrici che alle urne, per molteplici ragioni, comprensibili, ma da me quasi mai ritenute assolutorie, non ci vanno (più). Allora, una buona contesa per il governo del paese sarà quella che sospinge dirigenti, partiti e candidati a cercare gli astensionisti e a incentivarli a tornare con noi. L’interesse di partito e di coalizione coinciderebbe con l’interesse del sistema per una crescita dei votanti. Apprezzabile effetto della ben tornata contendibilità che sarà sotto gli occhi di tutti.
Pubblicato il 26 novembre 2025 su Domani