Home » Posts tagged 'Fernando Pellerano'
Tag Archives: Fernando Pellerano
Gianfranco Pasquino: «Bobbio e Sartori veri maestri. Destra e sinistra superate? Dicono che persone siamo» #intervista @corrierebologna

Intervista raccolta da Fernando Pellerano
Il politologo: «Che orgoglio la missione da osservatore nel Cile di Pinochet. Avrei voluto vedere la Grecia di Pericle e la Francia degli illuministi»

1 Partiamo dolcemente: il suo primo bacio (alla francese).
Gabriella (Gaby), compagna di classe al Ginnasio, generosa distributrice di baci francesissimi.
2 Proseguiamo pericolosamente: ha capito qual è il senso della vita?
Scopo e senso: diventare e rimanere persone decenti.
3 Qual è la sua Madeleine?
L’odore e il rumore del mare a Zoagli.
4 Che infanzia ha vissuto, che bambino è stato?
Bambino tranquillo, giudizioso, mai primo della classe, capace di stare da solo, infanzia serena, mamma dolcissima.
5 Quando ha capito qual era la sua strada (professionale) e se è soddisfatto?
La laurea con Norberto Bobbio e il post laurea con Giovanni Sartori sono stati incontri decisivi. Ne sono molto soddisfatto personalmente. E anche loro, me l’hanno detto, sono stati contenti di avermi avuto come allievo.
6 Bologna.
La città che ho scelto per insegnare e nella quale sono nati i miei figli. Oggi la sento «stretta», un po’ provinciale.
7 Un (altro) luogo del cuore.
Lo stadio Filadelfia a Torino. Non solo calcio, ricordi, speranze, una stagione, almeno dieci anni, della mia vita. Andavo con il tram tornavo dalla mia mamma che era in attesa del racconto della partita e dintorni.
8 Un libro, un film, una canzone, un’opera d’arte.
Canetti, Auto da fé; Una giornata particolare; Azzurro; il quadro Guernica; ma debbo assolutamente aggiungere Beethoven, La nona sinfonia.
9 Il suo piatto e il suo frutto preferito?
Spaghetti aglio, olio e peperoncino. Arancia rossa di Sicilia.
10 Il suo passatempo/hobby preferito.
La musica sinfonica, il cinema.
11 Una cosa che la fa arrabbiare o che detesta?
La superficialità e le prepotenze.
12 La gioia e la delusione più grande che ha vissuto?
Grande gioia pubblica: osservatore parlamentare in Cile nel 1988 quando gli elettori bocciarono il plebiscito di Pinochet e aprirono la strada al ritorno della democrazia. Delusioni personali tutte dimenticate, ma le persone che mentono e non rispettano gli impegni presi sono sempre grandi delusori.
13 C’è stata un’occasione in cui un «angelo» le ha salvato la vita?
Più di vent’anni fa, il prof. Claudio Rapezzi, recentemente scomparso, mi ha tirato fuori da una brutta embolia polmonare.
14 Il viaggio che non ha mai fatto?
Avrei voluto andare nella Grecia di Pericle. Poi visitare la Francia degli illuministi.
15 L’opera/lavoro che non ha realizzato e quella di cui è più fiero?
Sono molto affezionato ad alcuni libri che ho scritto, ad esempio, Libertà inutile. Profilo ideologico dell’Italia repubblicana (2021) e Tra scienza e politica. Una autobiografia (2022) oltre che alle lezioni e conferenze di Scienza politica che ho tenuto in Italia e fuori. Vorrei scrivere un’analisi comparata delle democrazie, ma con grande tristezza sento che mi manca l’energia.
16 Un pregio e un difetto del suo carattere.
Intransigente con me e con gli altri, e non riuscire a fare finta del contrario.
17 Un talento che le sarebbe piaciuto avere?
Essere un grande pianista, un virtuoso applauditissimo in giro per il mondo.
18 Il suo eroe/eroina?
Tutti/e coloro che combattono per la libertà anche degli altri e per la giustizia sociale. Gli antifascisti.
19 Crescendo si tende a ripetere «era meglio ai miei tempi»: la pensa così anche lei?
Non faccio comparazioni che non siano puntuali e precise. Ci sono (stati) alti e bassi. È cresciuto il divario tra quello che vorremmo e l’impegno che ci mettiamo nel perseguirlo. Ero più giovane e in salute.
20 Cosa le piace e cosa non le piace della società del 2023?
Non mi piacciono egoismi, corporativismi, discriminazioni. Mi piacciono quelli che pagano di persona e non lo esibiscono (vale anche per le società prima e dopo il 2023).
21 Il nuovo mondo digitale: lo rifiuta o cerca di comprenderlo e utilizzarlo?
Una sfida quotidiana che mi ha migliorato la vita, ma che vinco soltanto con l’aiuto, e qualche sbuffo, di mio figlio Emanuele.
22 L’evento storico (a cui ha assistito) che l’ha colpita di più?
La caduta del Muro di Berlino 8-9 novembre 1989, anche perché ricordavo nitidamente la commozione e la tristezza dei miei coetanei di molti Paesi europei che studiavano il francese a La Rochelle quel 13 agosto 1961, quando il muro venne innalzato.
23 Quale consiglio darebbe a un giovane che ha concluso la scuola dell’obbligo?
Continuare a studiare, studiare, studiare.
24 E a una coppia che sta per avere un/a figlio/a?
Congratulazioni, che non sia l’unico.
25 Cosa ama e detesta negli uomini e cosa nelle donne?
In entrambi detesto l’ipocrisia. Di entrambi apprezzo il sense of humor e la sincerità.
26 Il suo rapporto con la/e religione/i.
Agnostico, senza inquietudine e senza vanto.
27 Destra e sinistra sono categorie politiche superate?
Neanche per sogno. Dicono molto anche su che tipo di persone siamo e che società vorremmo.
28 Una riflessione sul sesso a partire dal ricordo della sua «prima volta».
Allegria, compagna sorridente e divertita, che aveva iniziative. Il sesso serve a conoscersi meglio. È un’esperienza gratificante, gradevolissima, mai del tutto priva di affetto.
29 Dall’alto dei suoi anni: come trattare il tempo che inesorabilmente passa?
Capire che ci sono attività che non possiamo più né progettare, né fare. Nutrire una sana nostalgia per quello che non siamo riusciti a completare.
30 Il motto della sua vita.
Gutta cavat lapidem.
Pubblicato il 24 settembre su Corriere di Bologna
Il vuoto di memoria

L’ignoranza di massa sulla strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna m’inquieta, ma non mi sorprende. Al contrario, sarei sorpresissimo se, come Fernando Pellerano ha scritto sul Corriere di ieri (29 luglio), esistesse una maggioranza anche risicata in grado di rispondere correttamente alle “classiche cinque domande”: dove, quando, come, chi, perché? Troppo spesso qualcuno si diletta in dibattiti di alto livello concernenti l’assenza di una memoria condivisa della storia del paese, dei suoi principali, talvolta drammatici, avvenimenti. Però, il problema non è la “condivisione” della memoria. E’ possibile vivere insieme senza condividere le memorie degli altri purché le si rispetti. Più ambiziosamente, purché si desideri e si sappia confrontare civilmente le proprie memorie. Il problema è, invece, che non abbiamo praticamente nessuna memoria seria e approfondita della storia di questo paese (e di questa città).
Molti hanno ricordi vaghi, confusi, parziali che non fanno né conoscenza né memoria. Troppo facile sostenere che la colpa è dei programmi scolastici che si fermano alla Seconda Guerra mondiale, quasi mai sconfinando nelle pericolose pagine della Resistenza, magari evidenziando anche gli aspetti di guerra civile che indubbiamente ebbe. Dunque, si diano una mossa i Ministri dell’Istruzione che si susseguono vorticosamente: tre negli ultimi tre anni. Oppure siano i presidi a suggerire, invitare, chiedere ai loro docenti di storia e filosofia (ah, s’insegnasse anche la Costituzione come parte integrante della storia d’Italia, “come, quando, chi”) di colmare la vergognosa lacuna. So per certo che molti docenti ci provano e so altrettanto per certo che, come nel caso di coloro che “insegnano” la Resistenza, molti si sono trovati sotto attacco dai genitori dei loro alunni. Poiché il coraggio, neppure quello civile, non se lo può dare chi non ce l’ha, in assenza di un contesto che li sostenga, anche gli insegnanti più motivati hanno fatto un passo indietro. All’assenza di memoria non possono neppure supplire le famiglie, meno che mai quelle che obiettano all’insegnamento della storia contemporanea in base ai loro confusi ricordi, alle loro preferenze politiche, alle loro idiosincrasie. Resterebbero gli operatori dei media e i politici.
Le persone della mia età ricordano (probabilmente in maniera condivisa) quanto significativa, rilevante, istruttiva, mi avventurerei persino a scrivere “bella”, fu la serie di trasmissioni televisive “La notte della Repubblica”, curate da Sergio Zavoli. Oserei proporne un aggiornamento. Credo che sarebbe cosa buona ritrasmetterle, magari aggiungendovi il materiale emerso negli ultimi vent’anni. Il resto spetta alla città di Bologna, alle sue autorità, alle sue scuole e all’Università (che dovrebbe utilizzare al meglio le sue competenze), persino alla Cineteca che è in grado di svolgere un’effettiva attività didattica. Non ho nessuna illusione. Un paese di balocchi, di fumetti, di fiction non riuscirà a darsi nessuna memoria, se davvero non cambia verso. Questa è un’opera da grandi politici e da grandi intellettuali. Nel suo piccolo, una città come Bologna, se dedica le sue energie meno a rievocazioni che ottengono pubblicità a misura di fischi e più all’insegnamento diffuso, riuscirebbe a fare parecchio.
Pubblicato sul Corriere di Bologna il 30 luglio 2014