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Giustizia e verità

Corriere di Bologna

C’è qualcosa di sbagliato e molto di diseducativo nell’affermazione che, a trentacinque anni dalla strage della stazione, ancora si cercano verità e giustizia. Filosoficamente si potrebbe rispondere che non è mai dato agli umani di conoscere la verità e di praticare la giustizia. Più mondanamente, la risposta è che esiste una verità giudiziaria molto faticosamente conseguita attraverso numerosi processi e consegnata a migliaia di pagine. Per quanto periodicamente messa in discussione da qualcuno alla ricerca di pubblicità o desideroso di discolpare i neo-fascisti condannati in via definitiva (e già liberi) e di buttare la colpa su disparati elementi di sinistra, fino a convincenti prove contrarie quella verità tiene. Dunque, è del tutto ingeneroso non riconoscere ai magistrati di avere in condizioni difficilissime prodotto una verità giudiziaria. Conosciamo gli esecutori materiali della strage e non ci stupiamo se, data l’efferatezza del crimine, quegli esecutori accettino di dichiararsi responsabili di numerosi assassini, ma rifiutino la responsabilità della strage a Bologna. Sarà anche utile avere una legge che punisca il reato di depistaggi, ma le sentenze sulla strage di Bologna hanno già emesso condanne per numerosi depistatori dal capo della P2 Lucio Gelli a diversi agenti dei servizi segreti e ad altri esponenti dell’estrema destra. Anche in questo caso, esiste, pertanto, una verità giudiziaria. Chiunque abbia effettuato la strage (se non si crede che siano stati Mambro, Fioravanti e Ciavardini) è stato “coperto” da personaggi del mondo della destra eversiva di quegli anni. Certamente, rimane aperto il problema dei mandanti. E’ giusto chiedere chi siano. E’ anche lecito pensare che ci fossero effettivamente dei mandanti. E’, infine, opportuno continuare a cercare. Ma è troppo azzardato pensare che l’idea di mettere una bomba nella stazione della città simbolo del buongoverno della sinistra sia nata nell’ambiente della estrema destra, che aveva già provato a colpire la città con le bombe sui treni e continuerà a farlo anche dopo, senza che sia esistito un vero e proprio mandante? Non un uomo, il famigerato Grande Vecchio, non alcuni personaggi che reclutano giovani esaltati e ideologicamente motivati, ma l’ambiente della destra, dei servizi, della P2 che, in qualche modo, motivano e legittimano un’azione di tale gravità, è il mandante. Tutte le ricerche fatte sui terrorismi, anche a Bologna, pongono l’accento sull’importanza degli ambienti –famiglie, scuole, luoghi di lavoro, associazioni politiche– nel condurre verso pratiche di lotta armata. E’ diseducativo, soprattutto per i troppi giovani che della strage di Bologna (e di quella alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano, 1969 e di Piazza della Loggia a Brescia, 1974) non hanno nessuna conoscenza, sostenere che non sappiamo nulla. Il messaggio corretto è che molto è stato fatto, molto è noto, molto merita di essere studiato, insegnato e imparato. Sia la verità sia la giustizia sono difficili da conseguire, ma non partiamo affatto da zero.

Pubblicato il 4 agosto 2015