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INVITO Crisi del progetto Europa? Democrazia, istituzioni e cittadini nell’Unione Europea #partecipareleuropa #Treviso #13marzo

Nell’ambito del ciclo organizzato dall’Associazione Partecipare il Presente:
“Incontri di formazione socio-politica sull’Unione Europea

Mercoledì 13 marzo 2019 ore 20.30
Sala Conferenze Camera di Commercio di Treviso e Belluno
Piazza Borsa, Treviso

Gianfranco Pasquino

Crisi del progetto Europa?
Democrazia, istituzioni e cittadini nell’Unione Europea

 

 

La politica domani. A latere della discussione

 

 

 

A latere della discussione/confronto con Enrico Letta su La politica domani, mi fa piacere aggiungere alcune, poche, ma precise considerazioni. Senza scherzare, anzi, con non poca preoccupazione, ripeto che, purtroppo, la politica ‘domani’ è già largamente pregiudicata dall’oggi. Sarà, e mi rivelo seguace di von Clausewitz, la politica di oggi perseguita con altri mezzi. Enrico Letta ha dichiarato che almeno uno di quegli altri mezzi lo sta già utilizzando: Instagram. Lo ha imparato insieme ad altre cose di cui ha scritto nel suo libro. Non mi chiedo che cosa ci sarà ancora nella politica di dopodomani che è il mio orizzonte (anche se probabilmente non arriverò a vederla!). Sono preoccupato da quello che non ci sarà (mai) più: contenuti e stile. Per capire e prevedere dovremmo interrogarci ancora più a fondo su come cambia la comunicazione politica e su come le persone si rapportano fra loro, socialmente e politicamente. Esiste ancora questa distinzione? C’è molto da imparare.

Di frequente viene ripetuta una frase famosa: «un politico guarda alle prossime elezioni; uno statista guarda alla prossima generazione. Un politico pensa al successo del suo partito; lo statista a quello del suo paese» (attribuita al teologo americano James Freeman Clarke 1810-1888). Quando guardo la politica italiana e lo faccio, inevitabilmente, tutti i giorni, pur tenendola a distanza, mi rendo immediatamente conto, ma non è una grande scoperta, che gli statisti non abitano qui. Né mi sembra di scorgere fra le leve emergenti alcuni statisti in the makingin fieri. Per questa ragione parlo della politica di dopodomani.

Il declino dei partiti, avvenuto e certificato, anche se i Cinque Stelle stanno cercando di ri-organizzarsi, senza dirlo, come, fra enormi contraddizioni e inadeguatezze, partito, rende difficilissima, anzi improbabile, la comparsa di statisti. Nessuna preparazione politica nessuna competenza nessuna pazienza (virtù rivoluzionaria secondo Gramsci): nessuna possibilità che uomini e donne interessati alla prossima generazione e al sistema politico (qui aggiungerei all’Europa) siano espressi dall’Italia, in Italia.

Sempre ci diciamo che è un problema che trova il suo inizio di soluzione nella scuola – dove, però, scopriamo che la storia è oramai un insegnamento residuale e troppi pensano che la Costituzione debba essere inquadrata sotto Diritto, mentre è Storia più Politica (dirò, più precisamente, ‘scienza politica’). Gettiamo quindi la responsabilità di migliorare la politica sui giovani che non sono responsabili della mala politica e che possono difendersi dicendo che nella mala politica proprio non ci vogliono entrare. Il fascicolo di «Paradoxa» dedicato ai millennials (Giovani e futuro della politica. Oltre il disincanto, 4, 2018), non li colpevolizza, ma neppure li blandisce né chiede loro, ipocritamente, di farsi carico del futuro, quel futuro preparato colpevolmente dai loro genitori dall’inizio degli anni Ottanta. Comunque, il futuro arriverà per loro. Meglio che si attrezzino con tutti gli strumenti che capitano loro per le mani, A politici come Letta, rarissimi di questi tempi in Italia, e a chi se la sente (sugli intellettuali il video già contiene quel che penso) è inesorabilmente affidato il compito prima di disboscare la giungla politica italiana, poi di piantare e fare crescere gli esili steli della buona politica. Una cosa è certa: sarà necessario l’impegno di molti comunicatori, di molti insegnanti, di molti predicatori (non saprei dove collocare il mio maestro Norberto Bobbio, ma so interpretarne il rammarico per l’Italia incivile, degli incivili) per alimentare e sostenere la buona politica. E per sapere quale direzione intraprendere consiglio di guardare sempre, anche criticamente, a quello che succede in Europa. Where else?

Pubblicato il 28 febbraio 2019 su PARADOXAforum

Dialogo “La politica domani. Vai alla voce formazione” #hoimparato #GiovanieFuturo @EnricoLetta

Enrico Letta e Gianfranco Pasquino dialogano su giovani e formazione politica prendendo le mosse dal libro di Enrico Letta “Ho imparato” (Il Mulino, 2018) e dal fascicolo “Giovani e futuro della politica. Oltre il disincanto” (Paradoxa 4, 2018) curato da Gianfranco Pasquino.

Roma 25 febbraio 2019 Istituto Luigi Sturzo
Evento organizzato dalla Fondazione Nova Spes
Riprese video a cura di Radio Radicale

INVITO La politica domani. Vai alla voce formazione #Roma #25febbraio #hoimparato #GiovanieFuturo

Enrico Letta

Gianfranco Pasquino

modera Andrea Bixio

ROMA, 25 febbraio – ore 14,30
Istituto Luigi Sturzo – via delle Coppelle 35

Post-millennials e futuro della politica #Introduzione a “Giovani e futuro della politica. Oltre il disincanto”

A cura di Gianfranco Pasquino

Paradoxa, ANNO XII – Numero 4 – Ottobre/Dicembre 2018

 

indice del fascicolo

Post-millennials e futuro della politica

Introduzione  di Gianfranco Pasquino

Interrogarsi sui giovani è, logicamente e inevitabilmente, interrogarsi sul futuro: sul loro, ma anche su quello che rimane del nostro. È cercare di capire che cosa diventerà l’Italia e che cosa ne sarà dell’Europa. È cercare di capire quali modelli hanno i giovani, quali prospettive perseguono, quali valori ispirano i loro comportamenti. Gli articoli di questo fascicolo cercano in particolare di capire, dall’angolo visuale della “formazione”, come i giovani, spesso criticati per le loro mancanze e il loro distacco, si rapportano alla politica. Come vi sono arrivati, se vi pervengono effettivamente, quali novità è possibile riscontrare nel loro percorso, se tale può essere definito il tragitto attraverso il quale acquisiscono la consapevolezza che la politica conta per loro anche contro di loro, le loro preferenze, la loro disponibilità, se qualcosa si è rotto nella trasmissione di interesse e di informazione dalle “vecchie” generazioni a quelle attuali.

È opinione diffusa, e non intendiamo smentirla, che, almeno superficialmente, ma per percentuali molto elevate di giovani, la politica, passiva (quella che si riceve) e attiva (quella che si fa) riscuota un’attrattività decisamente scarsa, comunque inferiore a quella della media della Repubblica. Chi scrive pensa che, anche per lui, la politica com’è fatta in Italia da qualche decennio, meriti di essere tenuta a distanza, ma, qui sta una differenza verticale, per osservarla, studiarla e valutarla meglio. Forse, però, la distanza dei giovani dalla politica non dipende soltanto e neppure principalmente dalla sua scarsa attrattività, ma essenzialmente da qualcosa che, persino in Italia, è andato perduto, vale a dire dalla mancanza di sedi e di luoghi di discussione e di formazione politica. Per quanto giustamente criticati, i partiti italiani avevano in modalità diverse offerto notevoli occasioni di incontri e di formazione politica a centinaia di migliaia di giovani (anche a quelli del Sessantotto). Potremmo discutere della qualità di quella formazione politica, ma non della sua esistenza, non della sua diffusione, non, aggiungo, del fatto che conteneva anche aspetti positivi fra i quali includerei quello di interazioni non banali e non sterili fra giovani di estrazione e di status diversi.

Non intendo idealizzare nessun passato, meno che mai il Sessantotto, che merita di essere richiamato esclusivamente perché per molti giovani rappresentò un’esperienza politica formativa, ma certamente criticabile, l’ho fatto altrove, da molti altri punti di vista. Anzi, sono giunto a pensare che il surplus di politica di quegli anni ha avuto come conseguenza un surplus di riflusso per molti di quei giovani diventati padri e madri, nonne e nonni dei millennials, i quali non hanno poi sentito parlare di politica dai loro parenti più stretti. Il rapporto surplus/exit è una chiave interpretativa plausibile. Altra chiave, forse in grado di aprire una porta teorica e conoscitiva più ampia, è quella della trasformazione della società e della democrazia prima e più che della trasformazione, che c’è stata e continua, della politica.

Se fossi un giovane oggi da quali canali di informazione e di “formazione” trarrei lo stimolo a interessarmi alla politica, a partecipare ad attività politiche, addirittura a impegnarmi politicamente? Rivolgo grato la memoria, prima, al mio professore di Storia e Filosofia del Liceo Cavour di Torino, poi a quello straordinario corpo di docenti dell’allora Corso di Laurea in Scienze Politiche di Torino, irripetibile nelle qualità dei singoli, delle loro esperienze di vita, del loro insegnamento (anche con lo stile), della cultura politica diffusa nella città di Gobetti e Gramsci. Poi torno, non con i piedi, ma con la testa in terra, per riflettere. Lo fanno, anche loro sulla base di esperienze personali e competenze scientifiche, i collaboratori di questo fascicolo. Ne concludo drasticamente, perché troppi distinguo (in molti casi dalla indubbia valenza ipocrita che credo scoraggiante per i giovani) non giovano né alla diagnosi né alla prognosi, che purtroppo, la politica di oggi, non solo, ma soprattutto in Italia, è proprio la logica conseguenza di una cattiva, se non sostanzialmente inesistente, formazione in termini di conoscenze, di atteggiamenti, di (non evasione delle) responsabilità. Non intendo assumermi nessuna responsabilità personale né addossarla a tutta la mia generazione. Semmai responsabili sono le generazioni successive che hanno distrutto la “vecchia” politica senza sapere costruirne una nuova e migliore. Ho fatto (e continuo a fare) tutto il possibile per spiegare la politica, per praticarla (a molti livelli), per predicarla. Più il tempo passa più mi rendo conto che rimane molto da fare, ma per riuscire a tras/formare la politica mi sembra indispensabile conoscere chi avrà, se lo vorrà, il compito di pensare al suo ruolo e alla trasformazione che desidera, per l’appunto, i giovani.