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Forza Nuova va sciolta qui e ora. E se rinasce la sciogliamo ancora @DomaniGiornale

Quando si tratta di leggere e interpretare la Costituzione, non possono e non debbono mai essere invocate valutazioni di opportunità politica. Le disposizioni della Costituzione vanno applicate con riferimento assoluto e coerente alla loro lettera e al loro spirito. Questa coerenza si estende anche alla lettera della XII disposizione: “è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. Scritta da Costituenti che avevano sperimentato in una pluralità di forme il regime fascista, la sua nascita, le sue modalità di governo, lo spirito è lampante. Bisogna bloccare sul nascere tutte le manifestazioni, massime la violenza, che si richiamino al fascismo e che configurino tentativi di ricomparsa. Qui e adesso, in particolare dopo l’assalto alla sede della CGIL e al pronto soccorso del Policlinico Umberto I, nonché il progettato attacco a Palazzo Chigi, è corretto ritenere che Forza Nuova miri alla ricostituzione di un’organizzazione fascista? Dunque, se ricade nella fattispecie delineata dalla XII disposizione va sciolta. All’eventuale scioglimento non si possono contrapporre argomentazioni di errori e inadeguatezze del passato e neppure più o meno fondati timori di ripercussioni future.

   Il Movimento politico “Ordine Nuovo” fondato e guidato da Pino Rauti fu sciolto con sentenza della magistratura nel novembre 1973 e i suoi beni furono confiscati. Lo scioglimento avvenne nella fase già iniziata degli anni di piombo. Non ricordo opposizioni alla sentenza che applicava la legge Scelba (Ministro degli Interni) del 1952 di attuazione della XII disposizione che sollevassero il problema dell’eventuale esacerbarsi del terrorismo di destra, al quale Ordine Nuovo contribuiva significativamente. Non ricordo neppure che venisse posto il problema delle prospettive occupazionali di dirigenti e dei militanti, dove sarebbero andati, che cosa avrebbero fatto. Nessuno si chiese se quei terroristi che operavano in nome del fascismo sarebbero diventati ancora più violenti e pericolosi una volta disciolta e bandita la loro organizzazione. Le democrazie si difendono applicando la Costituzione e le leggi (d’obbligo è il rimando alla bella ricerca di Giovanni Capoccia, “cervello” fuggito e meritatamente e felicemente approdato a Oxford: Defending Democracy: Reactions to Extremism in Interwar Europe, Johns Hopkins University Press, 2005) , non misurando con bilancini opportunistici i pro e i contro delle decisioni che trovano il loro fondamento nella Costituzione e nelle leggi che ne traducono concretamente i dispositivi.

   Atteggiamenti di mal posta comprensione di un presunto “disagio” che non può comunque mai sfociare in violenza politica mirata, comportamenti incoerenti e al di sotto della sfida rivelano la debolezza di uno Stato e dei suoi apparati, delusi e umiliati. Aprono ulteriori spazi psicologici, sociali e politici a chi intende fare uso della simbologia e della strumentazione verbale e fisica del fascismo, e sa come farlo. Una volta sciolta Forza Nuova i suoi dirigenti non finiti in carcere oppure uscitine si adopereranno per costituire un’altra organizzazione il più simile possibile? Non è da escludersi nella consapevolezza, da un lato, che nessun fascismo si batte soltanto con l’istruzione e la cultura (non una buona ragione per tralasciare una intensa opera di educazione civica e storica), dall’altro, che il fascismo è parte della nostra storia e può ripresentarsi con una pluralità di volti. Bisognerà, allora, ricorrere nuovamente alla Costituzione, alla sua applicazione e alle conseguenze che ne derivano. Però, nessuno potrà più sollevare la obiezione/giustificazione della colpevole sottovalutazione e degli errori gravi commessi nel passato più o meno recente.

Pubblicato il 16 ottobre 2021 su Domani

I no Green Pass non sono una nuova marcia su Roma, ma … @formichenews

Che gli italiani non abbiano davvero mai fatto i conti non solo con il fascismo, ma con i fascisti, è lapalissiano. Non concluderò affermando solennemente che bisogna insegnare la storia. Dirò, invece, che bisogna prevenire, reprimere e punire in maniera selettiva, puntuale, senza attenuanti. Il commento di Gianfranco Pasquino, accademico dei Lincei e professore emerito di Scienza politica

Se siamo oppressi e schiacciati da una dittatura sanitaria voluta congiuntamente da Draghi e da Speranza (nonché da qualche oscuro potere straniero: il Forum di Davos?) e non casualmente imposta dai mezzi affidati al Generale Figliuolo, allora non resta che solidarizzare con gli eroici combattenti (No Vax) No Green Pass. Dalle loro torri d’avorio ( o forse sono trasmettitori televisivi) intellettuali, filosofi, critici d’arte e giornalisti affermano che a essere violata dalle decisioni del Führer Draghi (faccio più fatica a vedere Speranza nel phisique du rôle del dittatore) è la nostra libertà personale che loro, con grande sprezzo del pericolo, si dannano per difendere, anzi, per non sacrificare neppure minimamente. Poi, magari, citano a sproposito e sbagliando la Costituzione, ricorrono a concezioni della libertà più simili a quelle di un anarchismo mal interpretato, si arrampicano in fantasiose analisi comparate.

   Credo che, sempre, le parole abbiano/hanno conseguenze, ma dubito che i facinorosi di Forza Nuova, i loro sostenitori e i dimostranti di ieri a Roma, dell’altro ieri e di domani, si facciano influenzare dai professoroni. Semmai, usano quelle parole come giustificazioni di comportamenti che stanno tutti nelle loro corde. Disordini e distruzioni vanno, comunque, sempre condannati e puniti. Il rispetto delle idee altrui, qualche volta, peraltro, espressione ipocrita che equivale a lavarsi le mani, non ha nulla a che vedere con l’accettazione supina di aggressioni selvagge. Certo, non tutta la violenza politica è automaticamente fascismo. Però, quando è accompagnata da slogan, simboli, gestualità che si richiamano deliberatamente e inequivocabilmente alle modalità praticate dallo squadrismo merita di essere definita quantomeno di stampo fascista.

   Saranno i magistrati, quando, finalmente, investiti della questione, a decidere se Forza Nuova si configura come tentativo di riorganizzazione del disciolto partito fascista. La apposita Dodicesima Disposizione transitoria e finale è già stata applicata nel novembre 1973 a Ordine Nuovo fondato da Pino Rauti, con chiusura delle sedi e confisca di beni. Che il fascismo sia eterno oppure no non è un tema che, lo dirò con il verbo spesso usato dai politici, mi appassiona. Vedo che esistono diverse generazioni che si alimentano di fascismo. Che il fascismo in questo paese mantenga propaggini numerose, delle quali è, però, sbagliato esagerare la pericolosità, è evidente. Che si riproduca anche grazie alla connivenza e benevolenza di ambienti politici e economici (che ne finanziano le attività), è un segreto di Arlecchino. Che gli italiani non abbiano davvero mai fatto i conti non solo con il fascismo, ma con i fascisti, è lapalissiano. Non concluderò affermando solennemente che bisogna insegnare la storia. Dirò, invece, che bisogna prevenire, reprimere e punire in maniera selettiva, puntuale, senza attenuanti. Scriverò un commento simile fra una decina di mesi?

Pubblicato il 10 ottobre 2021 su formiche.net

Perché Giorgia Meloni piace tanto e non solo a destra @DomaniGiornale

Cedo subito alla tentazione di un paragone significativo. Mentre noi italiani guardiamo con interesse e maggiore o minore preoccupazione all’ascesa di Giorgia Meloni, a fare notizia in Germania è la crescita di consensi per la verde Annalena Baerbock. Fratelli d’Italia, guidata da Meloni, si avvia al 18 per cento; i Verdi di Baerbock sono arrivati al 28 per cento e sembrano destinati ad essere il partito che deciderà il prossimo governo della Germania. Quel governo, sicuramente e fortemente europeista, non piacerà a Meloni che, tutte le volte che può, dichiara la sua preferenza per la variante ungherese rappresentata da Orbán. Saldamente insediata alla guida dei Conservatori e Riformisti Europei, in larga misura contrari all’Europa che c’è, ma anche sostanzialmente irrilevanti, Meloni afferma di essere “per un’Europa confederale, che decide le grandi cose, e sulle altre lascia libertà agli Stati”. Iniziata la Conferenza sul Futuro dell’Unione Europea, la leader di Fratelli d’Italia ha un’occasione propizia di fare valere le sue idee in maniera del tutto trasparente e di sottoporre a critica quanto quegli europei, che desiderano un’Unione ancora più stretta, sapranno proporre.

Ciò detto, il consenso italiano per Fratelli d’Italia dipende solo in piccola parte dalle posizioni anti-europee: l’elettorato non è tenuto a cogliere le sottili distinzioni fra l’UE com’è e l’Europa eventualmente confederale. L’ascesa di Giorgia Meloni è una storia tutta italiana. Nel degrado e nel declino complessivo dei partiti, Fratelli d’Italia ha comunque saputo mantenere un prezioso aggancio con quello che era stato un partito piccolo, ma con radicamento: il Movimento Sociale Italiano. Meloni lì nasce e lì cresce meritandosi i complimenti per avere conquistato spazio personale e agibilità politica in un organismo di uomini (tuttora) maschilisti. Il resto sembra in misura quasi eguale un misto fra doti di carattere e intelligente sfruttamento delle opportunità. Il carattere è quell’elemento, importante e nella politica italiana abbastanza poco frequente, che spiega la coerenza finora espressa da Meloni. Nessuna impennata nessuna giravolta nessun inseguimento di novità: Meloni è rimasta fedele alle sue idee, destra nazionale e, in fondo, tradizionale (che ha troppa contiguità con Casa Pound e Forza Nuova). Un po’ di sovranismo, che è il nazionalismo trasferito a Bruxelles, ma quasi niente populismo, consegnato largamente a Salvini (ma che, talvolta, fa capolino nei berluscones).    In una certa misura, è lo stesso Salvini che, con il suo marcato opportunismo e esibizionismo, continua ad offrire opportunità di crescita a Giorgia Meloni. Le critiche salviniane al governo di cui fa parte sono tanto frequenti e tanto simili a quelle di Meloni che una parte dell’elettorato pensa che allora è meglio confluire su Fratelli d’Italia. Altri elettori in uscita dal Movimento 5 Stelle trovano nei Fratelli d’Italia l’organizzazione più credibile per esprimere sia l’insoddisfazione per la politica italiana sia il dissenso nei confronti del governo Draghi. Poiché, coerentemente, Giorgia Meloni non è entrata nella fin troppa ampia coalizione di governo, gode adesso di quella che chiamo “rendita d’opposizione”. Ė una rendita che si sta rivelando cospicua e che è destinata a durare. So che dovrei concludere mettendo in guardia dai rischi di un governo prossimo venturo guidato dalla non europeista Giorgia Meloni. Sarebbe inevitabilmente e preoccupantemente un governo di centro-destra i cui guai, a mio parere, verrebbero dalle ambiguità e dalle ambizioni di Salvini, anche e soprattutto se la competizione per la leadership fosse vinta, seppur risicatamente, proprio da chi guida Fratelli d’Italia. 

Pubblicato il 12 maggio 2021 su Domani

Auguri, Repubblica non sovranista #2giugno #FestadellaRepubblica

Quest’anno la Festa della Repubblica è stata celebrata in un’Italia scopertasi sovranista. Alle elezioni del 26 maggio per il Parlamento europeo i partiti italiani dichiaratamente sovranisti (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Nuova e Casa Pound) hanno superato di non poco il 40 per cento dei voti. Se aggiungiamo i sovranisti dentro le Cinque Stelle, alcuni sovranisti di sinistra, espliciti e camuffati, più Berlusconi che vorrebbe fare una coalizione in Europa con i sovranisti che lui, che vede nel profondo, chiama “illuminati”, è probabile che il sovranismo sia maggioritario in Italia. A fronte stanno gli europeisti non tutti molto convinti, non tutti capace di argomentare un discorso convincente su quello che l’Unione Europea può essere e non soltanto su quello che può dare di concreto al paese e ai suoi cittadini.

I nove decimi dei Costituenti, che avevano visto e sofferto la tragedia dei nazionalismi, i sovranisti di allora, da un lato, inorridirebbero ad ascoltare coloro che dicono “Prima gli italiani”, dall’altro, rimanderebbero tutti a leggere l’art. 11 della Costituzione. Lì si trova la vera risposta preventiva al sovranismo con l’indicazione che limitazioni alla sovranità nazionale sono non solo possibili, ma auspicabili per il perseguimento di obiettivi: “la pace e la giustizia fra le Nazioni” che vanno molto oltre quanto qualsiasi stato democratico potrebbe da solo ottenere. Avendo molti di loro subito la triste sorte dell’esilio in paesi stranieri a causa delle loro opinioni politiche, i Costituenti si premurarono di regolamentare “la condizione giuridica dello straniero” (art. 10) sottolineando, in special modo, che colui “al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo diritto dell’esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge”. Non resisto a sottolineare che i Costituenti fecero riferimento alla necessità di una legge apposita e non alla discrezionalità di qualsivoglia autorità di governo. Aggiungo che mi pare corretto interpretare estensivamente il diritto all’esercizio delle libertà democratiche con riferimento a tutti coloro ai quali i dittatori negano deliberatamente qualsiasi opportunità di lavoro e di vita, affamandoli.

Come sempre, il modo migliore di festeggiare la Repubblica consiste nell’interpretare gli articoli della sua Costituzione che Piero Calamandrei, uno dei più autorevoli Costituenti, giustamente definì “presbite”. Ecco, i sovranisti che guardano soltanto qui e ora, anzi, guardano addirittura all’indietro, stanno con le loro azioni disapplicando e violando la Costituzione italiana. Gli italiani non potranno più e non riusciranno mai a essere “primi”. La loro prosperità e persino quella pace che diamo per scontata, ma che è anche un risultato ottenuto grazie all’Unione Europea, non sono affatto assicurabili con un’Italia che si ripiega su se stessa.

Pubblicato AGL il 3 giugno 2019

Italians are not flirting with fascism @khaleejtimes United Arab Emirates

Italians, on the contrary, endorsed sovereignty from the North and attempted to meet the needs of the impoverished in the South.

Despite a range of stories in the overseas Press, Italy did not take a hard right turn in its March 4 national election. Sure, it voted for change but the result was far from flirting with fascism. In the country that gave the world this term, fascism remains an anathema.

Italians, on the contrary, endorsed sovereignty from the North and attempted to meet the needs of the impoverished in the South.

What exactly do we mean by the right, the far-right and populist? Certainly Silvio Berlusconi, whose Forza Italia party received 14 per cent of the vote, is not on the far-right. It would be seen as centrist in most countries.

In fact the Forza Italia now belongs to the European People’s Party, a political family on the centre-right whose roots run deep, traced all the way back to Europe’s founding fathers Robert Schuman, Alcide De Gasperi and Konrad Adenauer.

Even Matteo Salvini’s party, The League, which claimed 17 per cent of the vote, falls short of the far-right designation. Started as a separatist party to protect the interests of northern Italy, it attempted to go national but its support remains limited to the wealthier North. Salvini has an anti-immigration, Euroskeptic stance but does that really equate it with “extreme rightwing”?

Some foreign political commentators do not have a clear understanding of our country, history and reality,” says Gianfranco Pasquino, Professor Emeritus of Political Science at the University of Bologna.

Truly far-right parties, Casa Pound and Forza Nuova, each received less than one per cent of the vote, far short of the three per cent threshold needed for entry into the Italian parliament. “Casa Pound and Forza Nuova consider themselves heirs to Mussolini but they clearly flopped,” notes Pasquino.

The Five Star Movement (M5S), characterised as populist, has emerged as the single largest party in the elections. But that label might be misleading. Pasquino says, “There is only a streak of populism in them.

Overall, the M5S is an anti-establishment party. It is very critical of Italian politics and politicians, both of which are very condemnable. So there is no slide to populism in Italy,” says Pasquino. “The Italian electorate didn’t choose a populist way. Populist parties don’t form political alliances and coalition governments. They don’t make agreements in parliament. Both Salvini and Luigi Di Maio (M5S leader) will play the ordinary parliamentary game.”

The term populist in Latin means supporting the commoners – the “populus” or people, a very Rousseauian view of democracy.

Italy does not ride the far-right wave that exists in Hungary, Austria, Poland and even the Netherlands,” says Pasquino. “Italy is not Hungary where the Press faces censorship or the judicial system manipulation.

By comparison Italy’s far-right parties continue to be opposed, sometimes violently. The big question now facing the country and President Sergio Mattarella, who must mediate efforts to form a coalition, is whether the three main blocs can somehow find common ground to reach the 40 per cent majority needed to govern.

Pasquino thinks the next prime minister will not be a firebrand. “Salvini has no chance of becoming Italy’s next prime minister,” he says. The conservative bloc did not win enough votes to form a government.

The League leader “robustly and vigorously represents a specific part of the country, the interests of the people of the North“, he says, but for the first time The League left a mark in Central Italy, especially in Macerata. The brutal murder of Pamela Mastropietro in Macerata, allegedly by illegal immigrants, affected Salvini’s results in the region.

Whether the strange bedfellows of Italian politics can find common ground remains to be seen, but anything seems possible in a country whose capital is known as the Eternal City. Fractious, with regional animosities that date back centuries, the country’s politics are as labyrinthine as its winding medieval lanes. The country has had 64 governments in 72 years following WWII, and another is coming soon. But in their usual way, Italians will find a way out.

Compared to the 2,000 years ago, it is just another curve in the road.

What is certain is that Italy will never be on its way to legitimising fascism. Italian Constitution bans it.

Mariella Radaelli and Jon Van Housen

March 11, 2018  Khaleej Times

Quien vota cuenta y da a luz a un gobierno

También será fea, como decían, sin mucha imaginación, casi todos los periodistas y los comentaristas italianos (y extranjeros), pero, teniendo en cuenta que las campañas electorales no deben ser evaluadas de acuerdo con criterios estéticos, muchos elementos sugieren que fue una campaña electoral muy útil. Comunicó mucha información a los votantes, sobre el tema de la inmigración y su posible y difícil control; de impuestos, con una pluralidad de propuestas; de mercado de trabajo y cómo hacerlo no tanto más flexible sino más acogedor; de liderazgo, incluso con la indicación, no solamente de propaganda, de algunos futuros ministros; finalmente, con referencia a las posibles (e imposibles) coaliciones de gobierno y al importante papel e incluso decisivo que desempeñará el Presidente de la República.

Por supuesto, a pesar de toda esta información innegablemente importante, los votantes se encontraron con un instrumento, la boleta electoral, muy desgastado. Sin embargo, comprendieron la importancia de lo que estaba en juego y no se desanimaron por los comentaristas que seguían temiendo la fuga de las urnas o las complejidades de la ley electoral. Es concebible que haya sido la incertidumbre del resultado lo que funcionó como un factor de movilización, que alejó el temido fenómeno de la abstención. Más del 73% de los votantes italianos ha decidido conscientemente que quiere ser tenido en cuenta. El resultado fue sorprendente solo para aquellos que saben poco y nada quieren aprender.

La insatisfacción de los italianos hacia la mala política, la corrupción y la gestión inadecuada del fenómeno de la inmigración ha incrementado tanto el consenso electoral del Movimiento Cinco Estrellas, que alcanzó más del 32%, así como de la Lega, guiado con gran habilidad por Matteo Salvini, quien, con un 18%, excedió a Silvio Berlusconi y definitivamente lo relegó al pasado.

La derrota más seria fue la sufrida por el Partido Demócrata de Matteo Renzi y su corte de colaboradores, siempre obediente, nunca capaz de contradecirlo y sugerir caminos diferentes. Todos ellos han perdido y deben pensar en dar un paso al costado para iniciar un proceso de construcción de una nueva izquierda plural, no arrogante, reorganizada a nivel del territorio y culturalmente mejor equipada, que es casi lo contrario del partido de Renzi.

Finalmente, señalo que las listas supuestamente fascistas, concretamente CasaPound y Forza Nuova, han tenido un gran fracaso. Profundizando el análisis y trazando las probables motivaciones de los votantes, parece plausible argumentar que el voto por las Cinco Estrellas es el producto de la combinación entre la persistente insatisfacción con la política italiana de un gran número de votantes y la voluntad de seguir el camino indicado por Di Maio y otros para un gobierno nunca experimentado, pero que ahora es posible, siguiendo una evolución visible en los últimos tiempos y que no sea anti Unión Europea.

Por otro lado, es realmente incorrecto afirmar que las Cinco Estrellas son un movimiento populista. Un componente populista, el que usualmente llamo una “franja”, ciertamente existe, pero las Cinco Estrellas son mucho más que ese sector. Hay también un reclamo de mayor transparencia política y la no participación en la corrupción y la malversación.

La centroderecha en general tuvo un buen resultado, pero permanece lejos de la mayoría absoluta de escaños que Berlusconi había anunciado como prácticamente logrados. No será suficiente encontrar un puñado de parlamentarios disponibles, los llamados “responsables”. Ni siquiera será capaz de lanzarse por el camino que podría haber preferido, es decir, el de un acuerdo no amplio o incluyente de numerosos partidos, sino limitado en lo posible al Partido Demócrata de Renzi. Al menos cien asientos faltarían para que ello fuese viable.

En este punto, la pelota está en el campo constitucional encabezado por el Presidente de la República, Sergio Mattarella. Usando sus poderes, para nada desdeñables, el Presidente trabajará para que ambas Cámaras produzcan una solución estable y operativa. De lo contrario, procederá a dar vida a un gobierno del Presidente, o sea, indicado por él, incluso seleccionando los nombres de los ministros. Sin embargo, será un gobierno político y el Parlamento tendrá que confiar en él, ya que los ciudadanos italianos lo han elegido. El gran valor de las democracias parlamentarias es su flexibilidad y durante décadas los italianos han podido usarlo de manera efectiva. Esta vez será así, nuevamente.

El autor es profesor de la Università di Bologna y SAIS.

6 de marzo de 2018

Non sottovalutiamo la marcetta fascista

Per quanto opportuno, è inadeguato limitarsi, facendo sfoggio di cultura, a citare Hegel e Marx secondo i quali la storia si presenta due volte, la prima volta come tragedia, la seconda come farsa. La Marcia su Roma prospettata da Forza Nuova per il novantacinquesimo anniversario del 28 ottobre 1922 non è neppure una farsa. È una sceneggiata. Potremmo pensare di “seppellirla con una risata”, magari dopo avere rivisto l’ottimo film di Dino Risi, La marcia su Roma (1962), interpretato da Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi. Invece, no: farsetta o provocazione, la marcia di Forza Nuova ci obbliga a riflettere non soltanto sul nostro passato, ma anche sul presente e su quello che vorremmo fosse il futuro. Naturalmente, li vediamo quelli che, temo con qualche sottovalutazione, chiamiamo “rigurgiti” di fascismo e di nazismo anche in altri paesi europei e nell’America di Trump e dei biechi suprematisti bianchi. Di nuovo, troppo facile sostenere come spiegazione che gli italiani non hanno davvero fatto i conti con il loro passato fascista. È vero, ma bisogna andare oltre prendendo ancora una volta atto che nelle scuole italiane l’insegnamento della storia (che, a mio modo di vedere, dovrebbe sempre accompagnare quello della Costituzione, altrimenti non del tutto comprensibile e apprezzabile) raramente approfondisce il ventennio fascista e quasi mai giunge ai giorni nostri. Non basteranno le assunzioni di migliaia di docenti precari a porre rimedio a una inadeguatezza strutturale.

Farò ancora una citazione colta: “Chi non conosce la storia è destinato a riviverla”. Tuttavia, non credo che ripeteremo la nostra storia, ma dobbiamo confrontarci fin d’ora con due reali problemi. Il primo, che non considero affatto marginale, riguarda la legittimità di manifestazioni come quella progettata da Forza Nuova. Il secondo concerne il tipo di società, prima ancora del sistema politico, nel quale desideriamo vivere. I liberali e i democratici non possono che essere, in linea di principio, contrari a impedire l’espressione di qualsiasi tesi e, persino, di ideologie (che, però, è un complimento troppo grande alle misere elucubrazioni di Forza Nuova) sicuramente non democratiche. D’altronde, l’art. 21 della Costituzione italiana: “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” (nel quale possono rientrare cortei, sfilate, marce su Roma e dintorni) è chiarissimo e molti Costituenti avevano sperimentato anche sulla propria pelle la repressione sistematica fatta dal fascismo di quella libertà.

Pure prevista come reato da una legge del 1952, l’apologia del fascismo intesa come esaltazione di esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo e delle sue finalità antidemocratiche è considerata dai liberali più intransigenti in contrasto con la libertà di pensiero. Per essere punita dovrebbe tradursi in incitamento ad azioni violente e degenerare nel ricorso della forza. Ovviamente, sono i prefetti e i questori nonché il Ministro degli Interni a decidere se esiste un rischio imminente di questo genere. Certo, il divieto di quella marcia per ragioni di ordine pubblico consentirà agli organizzatori di esibirsi nel vittimismo e di accusare lo Stato, democratico, di mostrare il suo vero volto repressivo. D’altronde, è molto probabile che, proprio come hanno fatto a Charlottesville i suprematisti bianchi e i loro amici del Ku Klux Klan, l’esito ricercato da Forza Nuova sia proprio lo scontro fisico. Allora, è giusto fermarli preventivamente.

Ciò detto, il problema più importante a mio modo di vedere è la crescita e la diffusione di tutti quei grumi che hanno costituito la mentalità fascista in Italia e altrove (dovrebbero fischiare le orecchie a quei governanti dei paesi dell’Europa orientale che, per fare i conti con il comunismo, recuperano e lucidano brandelli dei loro rispettivi nazional-fascismi): risentimenti e rancori, la violenza, in special modo contro le donne, e l’ intolleranza, specialmente contro i diversi, oggi facilmente identificabili dal coloro della pelle, persino una malposta identità nazionale. Allora, dobbiamo chiederci non soltanto se le scuole sanno diffondere l’indispensabile educazione democratica, ma anche qual è la responsabilità della stessa società civile, troppo ripiegata su se stessa e qualche volta addirittura incivile. La marcetta di Forza Nuova è soltanto una brutta escrescenza. Interroghiamoci sulle nostre carenze di conoscenze, di adempimenti, di comportamenti.

Pubblicato 8 settembre 2017