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Il voto segreto andrebbe abolito, tranne che … Scrive Pasquino @formichenews #LeggeZan

Sono convinto che il voto segreto abbia un senso e debba essere mantenuto, ma per una sola ristrettissima casistica: quando oggetto del voto è una persona. Il voto segreto di ieri al Senato, sia oppure no concesso dal Regolamento, mi è parso del tutto improprio. Il commento di Gianfranco Pasquino, accademico dei Lincei e professore emerito di Scienza Politica
Nella seconda metà degli anni Ottanta del secolo scorso, Bettino Craxi lanciò con grande determinazione la battaglia per l’abolizione del voto segreto. Voleva, giustamente, eliminare ovvero quantomeno fortemente ridurre il potere dei franchi tiratori, una specialità nella quale si impegnavano con notevole successo le correnti democristiane. In subordine, naturalmente, con il voto palese avrebbe anche potuto vedere come votavano i suoi parlamentari. Buona parte della sinistra di allora, comunisti e, ahiloro, alcuni deputati e senatori della Sinistra Indipendente si opponevano pensando di continuare a lucrare sui comportamenti devianti dei democristiani. Sostenni allora e ribadisco adesso che il voto palese deve essere la norma nel Parlamento italiano come lo è in quasi tutti i parlamenti democratici a cominciare da Westminster, la madre di tutti Parlamenti. Da un lato, ritengo che gli elettori abbiano diritto a sapere come votano i rappresentanti che hanno eletto, conoscerne le motivazioni, valutare la loro disciplina di partito e, eventualmente, la loro “ribellione” al capogruppo. Rebels sono chiamati i parlamentari dissidenti a Westminster, dove ce ne sono sempre, che si esprimono in modo palese. Dall’altro, credo che i parlamentari stessi dovrebbero manifestare l’orgoglio di essere trasparenti e di trasmettere con il loro comportamento e con le loro dichiarazione quanto serva agli elettori tutti per farsi un’opinione, per imparare politica, per continuare nella loro preferenza di voto o cambiarla. Prossimamente, a richieste di Formiche, spiegherò meglio tutto questo.
Tuttavia, sono convinto che il voto segreto abbia un senso e debba essere mantenuto, ma per una sola ristrettissima casistica: quando oggetto del voto è una persona. Né il Presidente della Repubblica né i parlamentari indagati debbono avere la possibilità di sapere chi ha votato per o contro di loro. Da un lato, non bisogna consentire ai parlamentari di acquisire con il loro voto i favori dell’eligendo a una carica o di chi vuole evitare un processo. Dall’altro, è imperativo che il parlamentare si senta tutelato dal segreto e non tema rappresaglie ad opera di chi non ha eletto o di chi ha mandato a processo.
Il voto segreto di ieri al Senato, sia oppure no concesso dal Regolamento, mi è parso del tutto improprio. Decidere se passare o no all’analisi di un disegno di legge non riguarda la coscienza di nessuno. Non è una tagliola. È un trucco. È una frode perpetrata ai danni degli elettori. I senatori contrari al passaggio all’esame del testo dovevano opporsi al voto segreto e “palesare” le loro opinioni e preferenze. Era anche il modo migliore per migliorare, o addirittura bocciare, in seguito il ddl Zan con emendamenti e visioni alternative. Una brutta paginetta dalla quale bisognerebbe imparare che una importante qualità della democrazia, da perseguire con costanza e tenacia, è la trasparenza. E una altrettanto importante qualità dei rappresentanti è l’assunzione piena in maniera trasparente della responsabilità dei propri voti e la rivendicazione palese e inequivocabile. Chi cerca e trova i modi per sfuggire dalle proprie responsabilità di rappresentanza elettorale e politica non deve essere lodato, ma fortemente biasimato.
Scritto nel 99esimo anniversario della marcia fascista su Roma.
Pubblicato il 28 ottobre 2021 su formiche.net
“Rassegnatevi, i governi li fa il Parlamento”
Intervista raccolta da Luca De Carolis
Il risultato in Gran Bretagna conferma che le maggioranze di governo le formano i parlamenti, non il voto. Avviene così in tutte le democrazie parlamentari occidentali. Dovrebbero saperlo, quelli che volevano l’Italicum …”. Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica a Bologna, risponde da un aeroporto estero. E infila la battuta:”Certo che da voi in Italia non succede nulla…”.
Partiamo da Oltremanica: neanche con il loro sistema maggioritario si hanno garanzie certe.
Ma non è certo una sorpresa, lì funziona così da oltre cento anni. Quello britannico è un sistema maggioritario a turno unico con collegi uninominali, il cosiddetto first past the post: ossia, quello che rende un voto in più ottiene il seggio. Poi però per la maggioranza servono accordi. D’altronde Theresa May ha sostituito Cameron come premier in base a intese in Parlamento.
La traduzione è che la legge elettorale perfetta non esiste?
Non può esistere. Ma il bello della politica è questo, la capacità di fare coalizioni.
Il maggioritario è comunque meglio del proporzionale?
Le più antiche democrazie del mondo usano il maggioritario, dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti. E 900 milioni di indiani votano così.
Tutti Paesi dove sono passati gli inglesi, che ora dovranno tenersi una May fragile.
Prima delle elezioni il suo bicchiere era piuttosto pieno: ora invece è vuoto per lo più a metà.
Anche per colpa del sistema elettorale, lo ammetta: con un premio di maggioranza sarebbe più forte.
Per vincere bisogna prendere i voti. E poi bisogna costruire maggioranze.
In Italia le Camere non riescono a varare neanche una legge elettorale. Perché?
Semplice, non ne sono capaci. Ma dovrebbero ricordarsi che i collegi uninominali sono previsti in tutti I maggiori Paesi, comprese Germania e Francia. E servirebbero anche a noi: per tornare a partecipare, i cittadini chiedono un volto e un corpo da votare, una persona che spieghi cosa fa e perché.
Nel Tedeschellum erano previsti, seppure in maniera minoritaria rispetto alla quota proporzionale.
Se volessero davvero riprovare ad adottare il sistema tedesco, dovrebbero prenderlo così com’è: ovvero con il voto disgiunto.
Difficile, non crede?
Anche secondo me.
E allora che si fa?
La soluzione può essere quella di leggere bene le sentenze della Consulta e di capirle, per ricavarne una legge elettorale.
Attualmente di leggi ce ne sono due, il Legalicum, frutto della sentenza che ha demolito l’Italicum, e il Consultellum, che riscrisse il Porcellum.
Vanno armonizzate, innanzitutto uniformando le soglie di sbarramento. Non vedo altre alternative, ad oggi.
E il voto anticipato?
Sono assolutamente contrario. Del resto il grande errore di Matteo Renzi è stato proprio quello di legarlo all’approvazione della legge elettorale.
Perché ha stimolato il franchi tiratori nel PD?
È evidente. Anche se il grande franco tiratore è stato Giorgio Napolitano.
Quattro giorni fa li aveva avvisati con quell’attacco alle urne anticipate e alla legge (“patto abnorme”)?
Diciamo che la sua cultura politica è molto superiore a quella di Renzi e di Rosato.
Pubblicata il 10 giugno 2017
«Voto anticipato? Renzi vuole uno stipendio da parlamentare» INTERVISTA @Lettera43
Il politologo a L43 attacca l’ex premier. Vede Mattarella dietro il richiamo di Napolitano. E sui franchi tiratori del Tedeschellum dice: «Sono almeno 100 i dem che sanno che non saranno ricandidati…». Intervista raccolta da Alessandro Da Rold
Per come li conosco io, magari il presidente Sergio Mattarella ha detto a Giorgio Napolitano di farsi avanti, spiegando che le elezioni anticipate sarebbero un colpo alla credibilità del Paese….». Sorride, ma neppure troppo, Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica all’Università di Bologna, politologo, tra i più strenui sostenitore del “No” all’ultimo referendum sulle riforme costituzionali del 4 dicembre scorso. È da poco passato mezzogiorno a Montecitorio. In Aula il Movimento 5 Stelle e il Partito democratico si accusano a vicenda di aver affossato la legge elettorale. Volano stracci. Compaiono tabelloni luminosi con il voto segreto. Di tutto di più.
AL VOTO COL CONSULTELLUM? Nel frattempo sui quotidiani i retroscena dicono che, se il patto a quattro di cui si è parlato in questi giorni saltasse, si potrebbe andare lo stesso a elezioni anticipate con il Consultellum. Il capo dello Stato tace, mentre i quirinalisti spiegano che sarebbe disponibile in caso di approvazione di una legge elettorale a sciogliere le Camere. «Ma l’unico motivo valido per sciogliere il parlamento prima della sua scadenza naturale, alla fine di febbraio del 2018, è che non esista più un governo sostenuto da una maggioranza in grado di funzionare. Non pare la situazione del governo Gentiloni», spiega Pasquino.
«LA LEGGE? BASTANDO DUE MODIFICHE…». Quindi perché Matteo Renzi e i renziani vogliono andare a elezioni anticipate? «Semplice, perché Renzi vuole uno stipendio da parlamentare», chiosa il professore. La situazione è fluida. Per di più a diversi analisti appare improbabile che Renzi faccia cadere un governo di centrosinistra per la terza volta, dopo quello di Enrico Letta e il suo. E poi, appunto, c’è la discussione sulla legge elettorale: «Basterebbero due modifiche, quella sul voto disgiunto e sulle preferenze, per ottenere i voti anche dei Cinque Stelle. Bisogna dirlo, perché c’è chi racconta falsità».
DOMANDA. Anche lei, dunque, è favorevole al sistema tedesco.
RISPOSTA. Ripeto, basterebbe davvero poco per avere una legge elettorale simile a quella della Germania, dove si governa con grande tranquillità da anni.
D. Il 5% è un buon punto di partenza.
R. Assolutamente, ma poi servirebbe la possibilità di voto disgiunto, vale a dire che l’elettore può votare il candidato di un partito per il collegio uninominale e scegliere la lista di un partito diverso con il suo secondo voto.
D. Ora il Pd sostiene che la legge è morta, mentre il M5s accusa Renzi. Solo un gioco delle parti?
R. Matteo Renzi e Beppe Grillo vogliono decidere i parlamentari da inserire nelle liste. Solo su questo si trovano d’accordo.
D. A quanto pare diversi franchi tiratori arrivavano anche dal Partito democratico.
R. Mi pare evidente che sui 300 parlamentari eletti nel 2013 con il premio di maggioranza ce ne siano almeno 100 che sanno di non essere ricandidati. E quindi possono votare contro.
D. Eppure ora tra i renziani sta balenando l’ipotesi di andare lo stesso a elezioni anticipate con il Consultellum.
R. I tempi tecnici per andare al voto a settembre si assottigliano sempre di più. Basta che la legge arrivi al Senato ma poi sia rinviata di nuovo alla Camera. E poi non esiste nessuna relazione pericolosa fra l’approvazione di una nuova e indispensabile legge elettorale e l’indizione di elezioni anticipate.
D. Il presidente emerito Napolitano si è detto contrario alle urne a settembre.
R. Napolitano è consapevole che qualsiasi campagna elettorale anticipata avrebbe un rischio per l’Italia in termini economici e di credibilità.
D. Emanuele Macaluso, storico direttore de L’Unità da sempre vicino al presidente emerito, insiste su un punto: Renzi e i renziani non hanno ancora spiegato perché bisogna andare al voto a settembre.
R. Lo dico io perché: Renzi ha bisogno in fretta di un posto da deputato o da senatore per avere uno stipendio, dal momento che non credo sia stipendiato dal Partito democratico. Su questo vorrei aggiungere un’altra cosa.
D. Prego.
R. Renzi pensa di andare a elezioni anticipate e poi, dopo un accordo con Silvio Berlusconi, farsi nominare premier. È un idea che non sta né in cielo né in terra, perché Berlusconi potrebbe preferirgli tranquillamente qualcun altro. Anzi, di sicuro sarà così.
D. Perché Mattarella continua a non intervenire nel dibattito?
R. Sta aspettando di capire l’evolversi della situazione. È un arbitro e non vuole intervenire: è il suo carattere. Ma guardi, come le ho già detto, se io conosco bene Mattarella e Napolitano, il primo ha detto al secondo di farsi avanti. E il secondo si è fatto sentire.
Pubblicato 8 giugno 2017 su LETTERA 43