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Il Conte 2 tra pulsioni suicide (M5S) e insofferenza (Pd). La versione di Pasquino @formichenews

Oltre le tendenze suicide del Movimento 5 Stelle e oltre l’insofferenza del Pd nei confronti dell’improvvisazione pentastellata, ci sono degli elementi strutturali non secondari da valutare, prima di far cadere l’esecutivo giallorosso. Il commento del politologo Gianfranco Pasquino, in libreria con “Italian Democracy: How It Works” (Routledge)

Sul lungo periodo saremo tutti morti (Keynes il saggio), ma sul breve periodo continueremo ad annoiarci moltissimo a discutere di quanto dura il governo italiano. Vero è che ci sono pulsioni suicide nei ranghi del Movimento Cinque Stelle e, infatti, hanno già portato alla riduzione quantitativamente significativa di quei ranghi. Vero è che cresce l’insofferenza del Partito Democratico nei confronti dell’improvvisazione, dell’ignoranza, dell’impertinenza dei Cinque Stelle. Più vero di tutto, però, è che molte delle scelte che il governo dovrà fare sono sostanzialmente obbligate (le farebbe, farà, certo dopo molto strepitare, anche un qualsiasi molto eventuale governo sovranista Salvini/Meloni) e che, soprattutto, ci sono due nobili obiettivi da perseguire: durare fino all’elezione del prossimo Presidente della Repubblica, gennaio 2022, e fare sbollire la crescita di consensi per la Lega. Le elezioni regionali in Emilia-Romagna saranno un ottimo indicatore per capire l’umore politico di quegli elettori, che, peraltro, non sono affatto rappresentativi del resto del paese.

Dopodiché, ovvero, forse, prima di tutto e soprattutto, ci sono gli elementi strutturali. Per l’economia italiana la insostenibile pesantezza del debito pubblico che rende complicatissima qualsiasi “manovra” e qualsiasi rilancio della crescita che, a questo punto, non potrà che passare per un’impennata di produttività. Questo rende lecito anche interrogare i sindacati sulla loro disponibilità e sul loro impegno. Il secondo elemento strutturale è rappresentato dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea e quindi dalla necessità/capacità di convincere gli altri Stati-membri che siamo credibili e affidabili come “sistema-paese” e non soltanto come governi transeunti che assumono impegni, leggi MES, che i loro successori metteranno in questione.

Quando si passa agli elementi congiunturali, vale a dire a problemi da risolvere perché emergenti e urgenti, dall’Ilva ad Alitalia (sì, lo so che è quasi strutturale), dalla messa in sicurezza del territorio nazionale alle opere pubbliche, dalla giustizia alla scuola, allora fanno la loro inevitabile comparsa le distanze fra Movimento Cinque Stelle e Partito Democratico, con il Presidente del Consiglio che si dimostra provetto navigatore e galleggiatore. Parte, ancora probabilmente maggioritaria del Movimento, si fa guidare da due etiche, quella di convinzioni, molto discutibili che derivano da una quasi totale misconoscenza delle modalità di funzionamento di una democrazia parlamentare, e quella delle convenienze: meglio stare al governo che piombare in una campagna elettorale ravvicinata che li dimezzerebbe e forse più. Nel frattempo, i Democratici non hanno risolto, perché non ne hanno neppure discusso, le loro differenze di opinione sulla valutazione dell’alleanza con i Cinque Stelle: oggi, per sopravvivere e non consegnare l’Italia al centro-destra; domani, per attrezzarsi ad un difficilissimo bipolarismo architettando, come si dice desideri Dario Franceschini, un rapporto più stretto con i Cinque Stelle (senza che costoro imparino nulla?).

Il futuro del governo Conte 2 è incerto, come è stato il futuro di praticamente tutti i governi italiani dell’unica Repubblica che abbiamo avuto. La durata media che, certo, nasconde qualche esito più lunghetto, è di circa quindici mesi e mezzo. Allora, senza allarmismi, riparliamone fra un po’.

Pubblicato il 2 dicembre 2019 su formiche.net

«Salvini è l’unico leader, al centrosinistra servirebbe un nuovo Willy Brandt #intervista @ildubbionews

Intervista al politologo Gianfranco Pasquino: «il governo è fragile ma farà di tutto per campare in attesa di un miracolo: se risolvesse il pasticcio Ilva o facesse aumentare la crescita, pd e 5 stelle potrebbero risollevarsi. Ma serve tempo» di Giulia Merlo

Il governo è fragile, il centrosinistra fragilissimo «e soprattutto senza un leader», commenta il politologo Gianfranco Pasquino, che per sfidare Matteo Salvini sognerebbe «di importare un politico alla Willy Brandt».

Professore, il premier Conte ha chiesto proposte dai ministri per risolvere il caso Ilva. Passo falso o giusta apertura?

Chiedere aiuto ai ministri mi sembra una cosa utile, ma Conte dovrebbe sapere che la decisione spetta a lui. Quindi, sarebbe meglio che fissasse le sue condizioni e la sua linea di preferenza e solo dopo chiedesse proposte alternative da esaminare in Cdm. Detto questo, noi che abbiamo visto il mondo sappiamo che non decidono solo i ministri…

Chi altro andrebbe interpellato?

Mi sembra che nè il segretario del Pd Nicola Zingaretti nè quello con la briscola in mano, alias Matteo Renzi, siedano al Cdm.

In realtà, l’unica condizione fino ad ora l’ha posta il Movimento 5 Stelle che, con i parlamentari pugliesi, pone il veto sul ripristino dello scudo penale.

I 5 Stelle continuano a dimostrarsi alleati inaffidabili e mi chiedo se pensino alle conseguenze di ciò che dicono. Inoltre, partendo dall’assunto che se si rompe l’Ilva si rompe anche il governo, allora significa che spingono per la rottura.

Non vale più la logica iniziare del “purchè non vinca Salvini”?

Vale fino a quando Salvini non vince davvero. Impedirglielo è l’imperativo del Pd ma anche dei 5 Stelle, anche perchè Salvini non farà prigionieri. Insieme alla logica politica, però, andrebbe messa anche un po’ di materia: questo governo ha la capacità di durare ancora?

E ce l’ha?

A me sembra che abbia già perso la spinta propulsiva, che del resto era debole sin dall’inizio e Luigi Di Maio per primo non è mai stato convinto dell’alleanza. Dunque, come vede, i fenomeni della politica italiana possono infrangere anche la logica. Anche se escludo che la crisi arrivi prima di Natale.

Quindi l’ago sarà l’Emilia Romagna?

L’esito emiliano è legato alle decisioni dei 5 Stelle. Se non appoggeranno il candidato dem Stefano Bonaccini significa che hanno definitivamente preso le distanze dal Pd. Se Bonaccini perde, però, è inevitabile che il centrodestra spinga per le elezioni.

A quel punto le urne sarebbero una richiesta legittima, secondo lei?

Guardi, io credo che gli elettori sappiano che stanno votando per le regionali emiliane e non per il governo. Il centrodestra, tuttavia, dice una cosa diversa: che esiste una maggioranza politica in Parlamento e una maggioranza numerica nel Paese. Se questa tesi del paese reale venisse confermata sia dai sondaggi che dal voto regionale, la richiesta del centrodestra sarebbe legittima ma contrasterebbe con un’altra legittimità, quella del paese legale che ha la maggioranza nelle Camere.

Davvero questa maggioranza potrebbe spingere per il voto?

Già a ottobre in molti chiedevano le elezioni, con un unico obiettivo: far fuori i renziani. Con le elezioni, secondo loro, si sarebbe fatta chiarezza: Salvini avrebbe vinto, Renzi starebbe sparito perchè aveva tirato troppo la corda e tutto avrebbe poi ripreso il suo corso. A me sembra una visione assurda, perchè in questo modo sarebbe rimasto in piedi solo un Pd sgangherato e un Salvini trionfante e con pieni poteri.

Meglio la situazione attuale, quindi?

Per le parti in causa, certo. Renzi ha bisogno di tempo per organizzarsi, anche se credo che il suo movimento non supererà il 5%. Il Pd e i 5 Stelle sanno che, se si vota, perderanno dunque per loro è meglio rimanere in sella e sperare in un evento improvviso.

Che evento improvviso?

Pensi se questo governo riesce a risolvere il pasticcio dell’Ilva, oppure la vicenda Alitalia, oppure ancora a portare la crescita all’ 1%. Se questo succedesse le elezioni potrebbero non essere un’ecatombe, ma perchè una cosa del genere succeda serve tempo.

Conte avrà un futuro dopo questo governo?

No, finito il Conte bis lui sarà fuori, e anche senza particolare gloria. Un governo Conte ter è inimmaginabile e, se questo Esecutivo finirà presto, anche Conte verrà investito dalla sua impopolarità. Del resto, nei fatti Conte non ha combinato un gran che. Per questo fa bene a tirare avanti, sperando nel miracolo che dicevo prima.

A destra una leadership c’è, ma esiste già un competitor vero per Salvini?

Le rispondo così: mi piacerebbe importare un politico dall’estero e sceglierei probabilmente Willy Brandt. Ecco, vorrei che il leader dell’opposizione fosse lui: un socialdemocratico con esperienza di amministrazione ma anche di governo. Uno capace non solo di ascoltare, ma anche e soprattutto di capire gli elettori. Invece, ora come ora l’opposizione non ha nessuno in grado di contrastare Salvini sul piano della personalità.

Cosa ha Salvini che gli altri non hanno?

Salvini sente il suo elettorato, ha con esso un rapporto fisico. Pensi al Papeete: Zingaretti non avrebbe mai potuto andare in giro a petto nudo, Salvini sì. Inoltre, al leader leghista piace visibilmente fare campagna elettorale, lo gratifica farsi i selfie per strada e bere il mojito in pubblico. I politici del Pd e dei 5 Stelle, invece, quando sono in mezzo alla gente hanno l’aria triste. Si vede che, se potessero, andrebbero al cinema o in giro in barca piuttosto che stare lì. Quando dico che serve un leader che sappia capire gli elettori e non solo ascoltarli, intendo esattamente questo. Bisogna imparare a parlare anche alla pancia dell’elettorato, ma per farlo bisogna prima sapere dove sta questa pancia. Altrimenti si rischia di dire cose banali e sbagliate.

Di Maio e Renzi non sono capaci?

Di Maio ormai è un leader in via di sparizione, prima viene sostituito e meglio è. Renzi è tutto preso dal suo bisogno di dimostrare che è potente e per farlo usa il ricatto di governo. L’unico che saprebbe fare quello che fa Salvini è Beppe Grillo, ma ormai ha fatto un passo indietro e il tempo passa anche per lui. Non creda, però, che Salvini sia infallibile.

Anche il centrodestra oggi ha un punto debole?

Cova un dramma esistenziale enorme: Salvini e Meloni sono convintamente sovranisti, mentre Berlusconi non se lo può permettere e, se andrà al governo con il suo 8% ad essere buoni, non potrà condividere la politica antieuropeista. Per contro, la Commissione europea sarà ostile a un governo sovranista e ci metterà di nuovo sotto osservazione e questo, alla fine, sarà penalizzante solo per l’Italia. Per questo Salvini deve stare attento: prima capirà che la sovranità oggi è condivisa e va esercitata dentro e non contro la Commssione europea, meglio sarà per tutti.

 Pubblicato il 13 novembre 2019  su ildubbionews

 

 

 

I primi 100 giorni del governo Conte analizzati da Gianfranco Pasquino

Il professore emerito di Scienza politica nell’Università di Bologna percorre le prime tappe del governo gialloverde e guarda al futuro: l’attesa è grande per la legge di bilancio

Cento giorni di un “normale” governo di coalizione fra due partecipanti che non si conoscevano e che sanno di essere in competizione: questa è la premessa di qualsiasi valutazione. Un minimo di comparazione con i cento giorni di alcuni governi precedenti indica che Cinque Stelle e Lega hanno fatto meno decreti e iniziato meno leggi. Questo attivismo inferiore al passato potrebbe essere un aspetto positivo dato che, da un lato, è giusto criticare l’eccesso di decretazione d’urgenza (peraltro, il decreto Dignità merita la critica relativa alla sua disomogeneità), dall’altro, è opportuno ricordare che molte leggi non significa mai necessariamente buone leggi.

In cento giorni il governo giallo-verde ha impostato, senza nessun disturbo proveniente da due opposizioni diversamente irrilevanti, il lavoro futuro che, per l’appunto, sarà poi il vero oggetto della valutazione. Propongo due prospettive. La prima riguarda lo stile, in questo caso, non del governo, ma dei leader dei due partiti contraenti. Salvini è partito all’arrembaggio, favorito anche dalla problematica che sembra preoccupare di più gli italiani: l’immigrazione. Ha ottenuto qualche risultato in quanto a riduzione degli sbarchi, ma nessuno per quel che riguarda la redistribuzione degli arrivi. Di Maio sembra giocare di rimessa, cercando qualche vittoria nel comunicare la sua azione, i cui effetti, però, a cominciare dal decreto dignità non possono essere immediati. La chiusura della faccenda Ilva non produce comunque il consenso trasversale che l’immigrazione ha dato a Salvini.

L’attesa è grande per la legge di bilancio sulla quale i due leader si giocano parte della loro credibilità agli occhi quantomeno dei rispettivi elettorati. Assente in tutte queste operazioni è il professor Giuseppe Conte, non eletto dal popolo, facente funzione di Presidente del Consiglio. Molto presente, invece, è il Ministro dell’Economia Giovanni Tria. Toccherà a lui cercare di combinare quel che si può del reddito di cittadinanza con quel che si può della flat tax. La somma complessiva deve al massimo “sfiorare” e non “sforare” il 3 per cento. Qui sta l’elemento più interessante del bilancio dei cento giorni di Di Maio e Salvini. Entrambi sembrano avere compreso che, da un lato, esistono dei freni all’azione del governo, dall’altro, si manifestano dei contrappesi. Non sono le oligarchie e i poteri forti, ma l’Unione Europea e i mercati a mettere il freno a scelte sconsiderate. Alcune dichiarazioni e alcuni comportamenti, ad esempio, nella critica ai magistrati e in improvvide richieste di intervento del Presidente Mattarella, vengono bloccate sul nascere dall’esistenza di contrappesi istituzionali e politici. La spinta populista di Salvini, “gli italiani stanno con me” e “i magistrati non li ha eletti nessuno”, va a sbattere, in parte, contro alcuni principi che le Cinque Stelle non possono abbandonare, in parte, contro i poteri separati che la Costituzione attribuisce alle istituzioni.

Senza nessuna illusione che i populisti/sovranisti limiteranno le loro esternazioni, leggere i cento giorni di governo anche come un processo di apprendimento serve a capire quale potrà essere il seguito. Finora il sistema politico ha retto l’urto. Il Governo del Cambiamento è stato obbligato a tenere conto delle forme e dei limiti nei quali esercitare il suo potere anche se gratificato da un consenso popolare al di sopra della maggioranza assoluta. Il pluralismo democratico, per quanto non rigoglioso, dà insegnamenti anche a chi è inesperto, impreparato, incompetente. Per fortuna, in democrazia (i bilanci e) gli esami non finiscono mai.

Pubblicato il 9 settembre 2018 su formiche.net