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Il Ministro straripante e l’opposizione afona
I risultati dei ballottaggi “amministrativi” del 24 giugno sono ancora più netti e più incisivi di quelli delle elezioni politiche del 4 marzo. Sull’onda del governo in carica, delle prime prove di alcuni ministri, a cominciare, ovviamente, dallo straripante Ministro degli Interni Matteo Salvini, e delle esitazioni dei neo-ministri delle Cinque Stelle nonché della pratica scomparsa del Partito Democratico dalla scena dell’azione e della comunicazione, un po’ dappertutto i candidati dei “verdi” (la Lega) e dei “gialli” (il Movimento Cinque Stelle) ottengono, rispettivamente, ottimi e buoni risultati. Lo sappiamo che quando votano per i sindaci gli elettori sono consapevoli che la posta in gioco è il governo della loro città nei prossimi cinque anni. Sanno anche, però, che quel governo e quel sindaco saranno comunque influenzati e condizionati da quello che succede a livello nazionale. Per esempio, il numero di immigrati che si troverà nei loro comuni dipende, in buona parte, dalla capacità di controllo all’ingresso fatta valere a livello nazionale. Sanno che la crescita dei posti di lavoro a livello locale è un fenomeno che un buon governo, un buon ministro e buone politiche può agevolare. Quegli elettori hanno anche visto e sentito che il Partito Democratico rivendica successi passati, che per molti di loro non sono affatto stati tali, ma non ha nessuna proposta innovativa, solo critiche, per quanto fa, peraltro finora poco, il governo debuttante. Hanno, poi, quegli elettori deciso di convalidare, anche a livello locale, la decisione presa da Renzi , collocando il PD all’opposizione.
Sono così cadute tre città toscane: Massa, Pisa, Siena, e una città della Romagna, Imola, dove nel 1882 fu eletto al Parlamento il primo socialista Andrea Costa e che è stata governata dalla sinistra ininterrottamente dal 1945 a ieri. Questi sono i casi più clamorosi delle sconfitte del PD a fronte qualche volta della Lega, qualche volta del centro-destra, qualche volta del Movimento Cinque Stelle. Mi limito a due casi emblematici (ricor)dando i numeri che spesso sono più significativi delle percentuali. A Pisa il candidato della Lega sconfigge il candidato del PD guadagnando fra il primo turno e il ballottaggio quasi sette mila voti , dei quali, con tutta probabilità, tre mila provengono da elettori delle Cinque Stelle. A fatica cresce il voto anche del candidato del PD che raccoglie le membra sparse di parte della sinistra, ma rimane sotto di duemila voti. A Imola, mentre la candidata delle Cinque Stelle, in svantaggio di più di tremila voti al primo turno rispetto alla candidata del PD, riesce a fare praticamente il pieno dei voti espressi dai leghisti passando da nove mila a quasi sedici mila voti, la candidata del PD addirittura perde quasi trecento voti non scollandosi dai dodici mila e settecento raccolti al primo turno. Qui sta la considerazione generale: il PD non trova alleati, non vuole e forse non sa fare coalizioni. Ricorrendo al titolo di un famoso romanzo di Osvaldo Soriano, il PD è triste, solitario, y final, probabilmente giunto al termine della sua travagliata traiettoria poco più che decennale.
Anche le Cinque Stelle debbono sentirsi un po’ tristi, appena rallegrate dalla conquista, oltre che di Imola, del feudo già democristianissimo di Avellino. Solitarie non possono più essere con la loro esperienza di governo con la Lega oramai iniziata, ma, certo, i primi frutti ancora non si vedono. Stanno andando quasi tutti alla Lega che, per ricorrere al politichese, può tenere aperti due forni: quello attuale con le Cinque Stelle, quello di riserva, con il resto del centro-destra, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Dal voto dei ballottaggi, in effetti, esce rafforzato il polo leghista del governo giallo-verde. Lasciando che molti analisti si affannino a cercare contraddizioni e controversie nel governo, gli elettori hanno premiato il molto loquace Salvini, dato qualche premio di incoraggiamento al Movimento Cinque Stelle e detto che l’opposizione del PD è molto, troppo afona.
Pubblicato AGL il 27 giugno 2018
Una lustratina alle stelle
Tutto (o quasi) cominciò, nel bene e nel male, qui: ingresso nel 2009 nel Consiglio Comunale di Bologna, affermazione imprevista e consistente nelle elezioni regionali del 2010, persino l’elezione al ballottaggio (meccanismo elettorale che dispensa notevoli opportunità politiche a candidati e soprattutto elettori) del sindaco di Parma. Anche il male, però, si manifestò presto: le prime, le seconde e anche le terze espulsioni di chi un po’ voleva troppa autonomia, ma anche di chi non aveva capito che Movimento fossero le 5 Stelle. D’altronde, un movimento con un non statuto, con un programma di protesta con poche proposte, tutte di critica della politica, aperto soltanto a chi non avesse precedenti esperienze politiche e ottenesse qualche decina di voti in selezioni “parlamentarie” in grado di mobilitare parenti e condomini, non garantiva affatto qualche omogeneità di vedute. Troppo occupati a vietare (anche le apparizioni televisive), sanzionare ed espellere, misure forse necessarie per tenere insieme gli eletti, Grillo e Casaleggio ci hanno messo un po’ di tempo a capire che sono necessari alcuni aggiustamenti. Nel frattempo, nonostante gli errori della leadership e le ingenuità e gli eccessi degli eletti, le persistenti inadeguatezze della politica italiana e dei suoi protagonisti continuano ad alimentare in tutta Italia, Emilia-Romagna compresa, quella striscia di antipolitica sulla quale il grillismo ha costruito la sua fortuna. Nella miseria del centro-destra e nell’irrequietezza di ampie fasce di elettorato non solo giovanile, si trova il terreno di coltura dei voti aggiuntivi che incrementano le percentuali delle disponibilità registrate nei sondaggi ad appoggiare le 5 Stelle. Adesso, però, Grillo e Casaleggio hanno deciso che: non vogliono correre il rischio di un reclutamento indiscriminato e di una selezione affidata a un pugno di votanti e non intendono essere costretti a perdere tempo cacciando chi è salito sul carro senza conoscere e senza condividere il percorso annunciato. Insomma, una restrizione ai procedimenti (neppure tanto democratici) di selezione attraverso la rete. Hai visto mai che, grazie al mal congegnato Italicum, le 5 Stelle approdassero al governo? Che un filtro preventivo garantisca il reclutamento di persone con qualche competenza nota e riconoscibile, con qualche esperienza politica che, come confermerebbero tutti i “cittadini” in parlamento, risulta utile anche come garanzia di tradurre le priorità in azioni parlamentari. Che la democrazia abbia insegnato qualcosa a Grillo e Casaleggio è un’ottima notizia. Il resto lo racconterà la, presumibilmente spumeggiante, “Oktoberfest” organizzata sotto il cielo di Imola.
Pubblicato il 3 settembre 2015