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Imparare l’arte delle primarie per usarle quando servono @DomaniGiornale

Quella di Torino è stata bruttina, ma i commenti alle due primarie del Partito Democratico, a Roma e a Bologna, grondano di soddisfazione e autocompiacimento. Cercano di fare dimenticare previsioni buie e tempestose, sostanzialmente infondate e la sostanziale incomprensione di che cosa sono e possono essere le primarie. Anche in questo caso sarebbe utile il mio test d’accesso per chi vuole esprimere valutazioni: quale articolo scientifico, quale libro di analisi delle elezioni primarie, che, incidentalmente, si fanno in molti altri luoghi, ad esempio, in Argentina e in Cile, oltre agli USA, hanno letto gli spericolati commentatori/trici? Certo, le primarie sono un esercizio di democrazia, meglio quando sono impostate, organizzate, condotte in maniera effettivamente democratica. A Roma il PD non è abbastanza forte da condizionarle, ma qualche scoraggiamento a altre potenziali candidature era stato mandato. A Bologna il PD ha prima fatto quasi tutto il possibile per trovare un mitico “candidato unitario” ovvero designato dai potenti. Poi si è buttato a sostegno del candidato preferito dai “maggiorenti” (il piuttosto loquace Romano Prodi incluso) cercando di squalificare l’oppositrice perché “renziana”. Come se il Presidente della Regione Bonaccini non fosse stato renziano e lo stesso sindaco Merola, “ideologicamente” assai volubile, non avesse avuto la sua sbandata renziana. Adesso, il vincente annuncia la sua apertura alla renziana Conti la quale, opportunamente e nobilmente, ha dichiarato lealtà di voto, ma non vuole farsi fagocitare. Ci si chiede (notate come pongo la questione) che fine farà il ricorso promosso da tre ex-segretari del Partito di Bologna ai probiviri contro gli iscritti del PD che hanno annunciato il loro voto alla Conti. Lana caprina.

   Nelle primarie, naturalmente, conta soprattutto vincere, ma il modo come si vince ammonta a una più o meno bella lezione di politica. La campagna elettorale comunica non soltanto chi sono i candidati, le loro biografie personali, professionali e politiche (quella di Roberto Gualtieri è assolutamente lusinghiera), ma anche che cosa li distingue e che cosa propongono anzitutto all’elettorato della loro aerea politica. Le primarie diffondono informazioni di stile e di sostanza. Dovrebbero anche, se non si sono manifestate come attacchi personali, in effetti a Bologna c’è stato anche questo (non stendo nessun pietoso velo di silenzio), servire come slancio per la corsa alla (ri)conquista del Palazzo comunale. Vedo, invece, che, per il momento, il tempo viene impegnato per tirare sospiri di sollievo e per esibirsi sulle vette dell’ipocrisia e della retorica più melensa. Fermo restando che, in generale, le primarie sono un optional, per il PD sono uno degli elementi fondanti la sua (peraltro pallida) identità di partito. Di tanto in tanto qualche revenant di “intellettuale” organico ottiene il suo momento di esposizione mediatica con critiche severissime (“masturbazione intellettuale”), spesso infondatissime, alle primarie. Molto meglio farebbe il Partito Democratico a valorizzarle come un procedimento che ha la potenzialità di migliorare la politica del partito e, in senso più lato, italiana ponendo le premesse per l’allargamento del campo del centro-sinistra. Non soltanto l’allargamento è indispensabile per chi voglia superare il centro-destra, ma consente la mobilitazione delle energie esistenti e l’attrazione di quelle disponibili purché non si sentano manipolate. In sintesi: c’è più di una candidatura? Oportet ut primariae eveniant. Primarie competitive. Il resto è fuffa.

Pubblicato il 23 giugno 2021 su Domani “Impara le primarie e mettile da parte: cosa resta dopo i risultati”

VIDEO Un’altra Bologna è possibile con Isabella Conti #primarieBologna

Verdi – Europa Verde Emilia-Romagna

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Un’altra Bologna è possibile con Isabella Conti

Pasquino: “Virginio Merola a Bologna: dieci anni da sindaco mediocre” #intervista @Spraynews1

Intervista esclusiva (di Antonello Sette) SprayNews a Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica

“Virginio Merola a Bologna: dieci anni da Sindaco mediocre”
“Letta? Competente, ma ci vorrebbe la mossa del cavallo e lui non ne è capace”
“Primarie a Bologna? Da Cofferati in poi il Pd ne ha fatte di tutti i colori”

Professor Pasquino, il Pd cerca una sua identità fra tante, come stanno dimostrando le primarie di Bologna con la sfida fra il rappresentante ufficiale del partito Matteo Lepore, sostenuto anche dai Cinquestelle e da Leu, e la renziana, più o meno ex, Isabella Conti, che strizza l’occhio all’ala riformista e moderata del partito…

“Il Pd è un essere abbastanza indefinito. Si colloca in un’area grossomodo di centrosinistra con qualche idea non molto brillante e nessuna elaborazione culturale più ampia. In questo senso potremmo dire che quello che di sbagliato c’è oggi nel Pd risale alla sua origine, a quelle famose culture riformiste, che venivano messe insieme e già all’origine erano deboli e fatiscenti e che ora sono sostanzialmente scomparse”.

E, quindi, che ne sarà di lui?

“Il Pd mantiene quel venti per cento di elettori che vuole una politica seria e di cambiamento, moderato, ma pur sempre di cambiamento. Una politica fatta da uomini e donne che hanno qualche competenza maturata nell’organizzazione e nelle cariche locali. Un venti per cento di consensi che rimarrà, ma non sarà, però, mai sufficiente a dare da solo un governo al Paese”.

Enrico Letta non può, quindi, fare miracoli?

“Il Segretario è un uomo competente, che conosce la storia del partito e in parte l’ha fatta. Ricordo che era candidato alle primarie per l’elezione alla segreteria nel 2007 quando ci fu la cavalcata dirompente di Valter Veltroni. Ha, quindi, una storia molto lunga nel partito e ha anche una storia di governo e spero che abbia imparato da quella esperienza molto dolorosa, ma anche molto importante. Non lo vedo, però, sufficientemente dinamico e in grado di fare delle scelte dirompenti e qui, invece, come dicono tutti, di tanto in tanto sarebbe necessaria la famosa mossa del cavallo. Ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera in cui dice che il Pd al governo cresce. Cresce sì, ma di pochissimo e, se non trova alleati, non va da nessuna parte”.

Nella storica roccaforte di Bologna regna nel frattempo la confusione…

“A Bologna la situazione è più delicata anche perché ci abito ormai da troppi anni. Io, torinese, sono a Bologna dal 1969. Il Pd non è mai riuscito a fare delle primarie competitive. C’è un nucleo del partito che si riproduce e vuole controllare la scelta del candidato sindaco. Ne hanno fatte di tutti i colori. Il Pd ha fatto delle brutte primarie nel 1999 quando poi persero le elezioni contro Guazzaloca. Nel 2004 con Cofferati accettarono il paracadutato di uno che neanche era mai stato in città e che li lasciò con il sedere per terra e loro subito candidarono Flavio Delbono che poi dovette lasciare perché aveva fatto qualcosa di molto scorretto con le finanze regionali. Subirono poi un commissariamento che governò la città rossa per quasi un anno e mezzo. Virginio Merola ha governato Bologna per dieci anni. Era una candidatura accettabile proprio perché non era dirompente. Lui dice che ha fatto dieci anni da mediano. Io dico che ha fatto dieci anni da mediocre. Ora ha preteso di designare il suo successore e, nel momento in cui Isabella Conti ha deciso si sfidarlo, vengono fuori tutte le magagne. Il partito si chiude a riccio e addirittura arriva a minacciare espulsioni. Sono primarie, tanto per cambiare, brutte e Letta, appoggiando Lepore come candidato del Partito, secondo me non ha compiuto un’operazione brillante”.

Mancano solo tre giorni. Domenica finalmente si vota. Chi la spunterà?

“Questa è una domanda da rivolgere agli astrologi. Io sono un politologo. Certo è che, se non vincesse Lepore, saremmo di fronte a un cambiamento molto significativo. Lepore parte avvantaggiato, ma per sostenerlo arrivano a dire delle cose molto contradditorie. Parte avvantaggiato, spiegano, se non votano in tanti. Io, seguendo il loro ragionamento, penso che, se votano in tanti, vuol che dire che la Conti ha avuto un grande potere attrattivo. Questo dei tanti e dei pochi votanti è il paradosso di un partito, che dovrebbe puntare ad ampliare la partecipazione ed è, invece, contento se alle primarie votano in pochi”.

A un politologo del suo prestigio non posso non fare una domanda. Quale è lo stato di salute dell’Italia politica alla soglia dell’estate 2021?

“Prima che le risponda, dobbiamo decidere che cosa è la politica. Se la politica è quelle cose che devono fare i cittadini, parlando fra di loro, incoraggiandosi e vivendo in modo solidale, non va benissimo. Le categorie continuano a essere corporative ed egoiste e i loro comportamenti che non garantiscono una crescita vera. Sociale e civile. Se la politica è, invece, le cose che fa il Governo, sta bene in salute. Mario Draghi ha dimostrato non solo di avere un enorme prestigio internazionale, ben al di sopra di quello che io stesso pensavo avesse, ma anche di possedere la capacità di fare delle scelte precise, di sapere dire con chiarezza a Salvini, ma anche a Letta, di non rincorrere singolarmente determinate tematiche. Draghi ha anche dimostrato di saper comunicare in maniera chiara, senza tralasciare neppure qualche nota di humor. I risultati sono clamorosi. Ha raggiunto percentuali altissime di consenso sia come Governo sia come premier”.

A proposito di politica intesa come cittadini sprovveduti e maldestri, lei ha da poco pubblicato un libro emblematicamente intitolato “Libertà inutile. Profilo ideologico dell’Italia repubblicana”. Quale è la tesi di fondo?

“E’ il seguito di un libro famoso di Norberto Bobbio. Gli italiani non hanno usato bene la loro libertà. Non l’hanno usata per interessarsi alla politica, per informarsi, per partecipare, per creare associazioni dinamiche, per cercare di cambiare effettivamente il Paese. Nel 1990 avevamo raggiunto il massimo. Eravamo la quinta potenza industriale del mondo. Gli italiani, anziché festeggiare, cominciarono a disperdersi, senza sapere che un sistema è quello che compongono gli abitanti di quel sistema. E siamo al punto in cui siamo perché abbiamo usato male la nostra libertà”.

Tornado, per concludere, alla politica propriamente detta, mi pare di aver capito che per lei è meglio Draghi dei dirigenti bolognesi del Pd…

“Su questo non c’è dubbio alcuno. E’ come se lei mi chiedesse se gioca meglio una squadra che è in Champions o una che è in serie C”.

Pubblicata il 17 giugno 2021 su SprayNews

Un’altra Bologna è possibile con Isabella Conti #16giugno #direttafacebook #primarieBologna

Diretta Facebook mercoledì 16 giugno ore 18.30

Verdi – Europa Verde Emilia-Romagna https://www.facebook.com/federazioneverdiemiliaromagna

Dietro i civici, le sorprese

Succede un po’ di tutto nella ricerca spasmodica delle candidature alla carica di sindaco nelle maggiori città italiane. C’è Sala, il sindaco uscente di Milano, che incoraggia a suo sostegno la proliferazione di liste e listine, specchietti per le allodole, mentre il centro-destra oscilla tra la ricerca di un civico e la promozione di un politico. Ė davvero curioso come lo schieramento di centro-destra, in ordine casuale: Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, che tutti i sondaggi danno oramai da molti messi maggioritario nel paese e destinato a vincere le elezioni e quindi a governare, desideri porre ai vertici delle città personalità non politiche. Sta mandando all’elettorato un messaggio confuso e contraddittorio: “dimenticate i politici, meglio la società civile” che, però, il PD non può sfruttare avendo già scelto un non-politico per Napoli, affidandosi a Beppe Sala a Milano, neppure lui un politico, e dando il peggio di sé a Bologna. Il Partito Democratico ne ha già fatte di tutti i colori, pretendendo il sindaco di imporre il suo successore, esitando il partito a promuovere le primarie quando gli assessori in corsa erano tre, trovandosi sfidato da Isabella Conti, sindaco di successo nel non piccolo comune di San Lazzaro, ma esponente di Italia Viva. Stanno per entrare in campo i probiviri e si preparano, forse, anche gli avvocati.

   A Bologna è questione di potere, quel potere diffuso che il PD non vuole neppure vedere scalfito. Altrove, invece, quel che sta succedendo è un brutto segnale non per vagamente “la politica”, ma per i politici e i loro veicoli che non hanno neppure il coraggio di chiamare partiti. Quei veicoli non sono strutture che reclutino iscritti, li facciano diventare militanti, li selezionino per le cariche elettive, promuovendo i migliori che hanno maturato esperienze e acquisito competenze. Sono mezzi di trasporto per il/la leader. Talvolta il PD deve soddisfare le esigenze di carriera dei suoi dirigenti, come avverrà a Roma e forse anche a Bologna, ma nel centro-destra da Meloni a Salvini evidentemente non si fidano della capacità dei loro esponenti a livello locale. Non saprebbero vincere. Dunque, bisogna andare a scovare il mitico candidato “civico” che porti la sua più o meno grande popolarità acquisita nel suo settore specifico, che abbia visibilità mediatica, che nella campagna elettorale faccia notizia e rumore, magari addirittura con qualche gaffe non micidiale.

   Poi, la situazione sarà più dura se vincesse poiché governare Torino, Milano, Napoli e soprattutto Roma non è mai né una passeggiata né un pic-nic. Qui, però, si colloca il retropensiero dei dirigenti del centro-destra. Il loro candidato civico risultato vittorioso dovrà inevitabilmente fare riferimento ai consiglieri comunali delle liste che l’hanno sostenuto. Lì Fratelli d’Italia, Lega e, in misura minore, Forza Italia hanno piazzato le loro donne e uomini in carriera. Certo, aiuteranno il sindaco/a, ma lo condizioneranno notevolmente. Dietro la candidatura civica stanno i dirigenti politici. Meglio saperlo.

Pubblicato AGL 11 giugno 2021

Il caso Bologna: solo Renzi costringe il Pd a fare vere primarie per il sindaco @DomaniGiornale

La notizia è che, dopo circa sei mesi di acrimoniose discussioni, l’audacissimo Partito Democratico di Bologna organizzerà le primarie per la scelta della candidatura a sindaco di Bologna. L’altra importante notizia è che saranno primarie competitive con un esito non predeterminato. Le precedenti primarie bolognesi, 1999, 2009 e 2011, erano state ampiamente controllate (la tentazione di scrivere “manipolate” mi rimane) dal gruppo dirigente. Anche questa volta, ha cominciato il sindaco Merola, non rieleggibile dopo due mandati senza troppa gloria, a battezzare come successore il suo assessore alla Cultura Matteo Lepore. Poi, candidatosi anche l’assessore alla Sicurezza, Alberto Aitini, invece di prenderne atto e prepararsi alle primarie, il gruppo dirigente del PD ha traccheggiato all’insegna della ricerca di una candidatura unitaria, un modo per fare sapere a Aitini che doveva ritirarsi. La situazione si è sbloccata rumorosamente quando, incoraggiata da Matteo Renzi, ha fatto irruzione la candidatura di Isabella Conti, esponente di Italia Viva (ma, prima, PD), rieletta sindaco di San Lazzaro con quella che chi non conosce la Bulgaria post-1989, continua a chiamare “maggioranza bulgara”: 80 per cento dei voti. Inevitabilmente, molto contrariati, gli esponenti del vertice (mi veniva la parola “cupola”) del PD hanno preso atto e annunciato che si terranno primarie di coalizione il 13 oppure il 20 giugno.

Fin dall’inizio lo svolgimento di elezioni primarie doveva essere considerato l’esito naturale, previsto nello Statuto del partito (art. 24 Elezioni primarie per la cariche monocratiche istituzionali). Con buona pace di Beppe Provenzano, vicesegretario del PD nazionale, non sbaglia affatto “chi dice che le primarie sono l’identità del Pd”. Al contrario sono un elemento costitutivo della, pur pallida, identità del partito. Bologna ci dice, però, che questa pratica, a determinate condizioni, sicuramente democratica, cozza frontalmente con le preferenze di chi continua a preferire le cooptazioni e altre oscure attività.

Ovviamente, le primarie, tutte le primarie in tutti i luoghi nei quali si svolgono (il PD ne ha fatte più di mille) sono anche un confronto/scontro fra persone le quali, nel caso di Bologna e in quasi tutti gli altri, hanno una biografia politica e professionale che le rende più o meno qualificate per aspirare ad una carica importante. I due assessori vantano per l’appunto la loro esperienza di governo della città, ma Isabella Conti può molto facilmente replicare con il buongoverno che ha garantito come sindaca di San Lazzaro, comune con più di 30 mila abitanti. L’ostacolo che le hanno subito frapposto è quello di essere “una renziana”, ma se le primarie di Bologna hanno da essere primarie di coalizione quest’ostacolo non ha da essere. Anzi, il PD dovrebbe rallegrarsi che fondamentalmente Italia Viva abbia deciso di fare parte della coalizione di centro-sinistra. Nel regolamento, il più garantista possibile per tutt’e tre i concorrenti, dovrà essere limpidamente statuito che i perdenti si impegnano a sostenere la vincente.    Proprio il regolamento potrebbe essere il prossimo punctum dolens: quante iniziative, quanti confronti, in quali spazio, con quali impegni di risorse sono tutti elementi che debbono essere sanciti per non dare vantaggi e non procurare svantaggi a nessuno. Le esperienze passate non sono del tutto rassicuranti con pezzi di partito che non solo si adoperarono palesemente a favore di uno specifico candidato, ma premettero sulla CGIL, sulle cooperative, su altre associazioni vicine per conseguire l’esito voluto. Divenuta famosa anche per avere resistito con successo alle mire poco ecologiche (sic) delle cooperative costruzioni, Isabella Conti sa di partire in salita nel mondo (che qualche commentatore bolognese ha infelicemente definito “di mezzo”) del PD. Proprio per questo la campagna elettorale bolognese si annuncia molto interessante. Le primarie servono anche a mobilitare gli elettori e i simpatizzanti, a comunicare politica e politiche, ad allargare la sfera del consenso. A Bologna, forse, potranno fare circolare un po’ d’aria nuova in un partito che troppo spesso risulta essere una struttura cementata e appesantita dal troppo potere che ha (talvolta neppure sapendolo esercitare).

Pubblicato il 23 aprile 2021 su Domani

Non fate girare le porte Coop

Non sono perfettamente girevoli le porte (o dovrei scrivere revolving doors visti i toni di scambio fra gentiluomini anglosassoni in corsa per la segreteria del PD di Bologna) fra partito e cooperazione. Storicamente, hanno girato molto di più nel senso della cooperazione la quale, molto accogliente, offriva posizioni di ricaduta a chi avesse oramai perso qualsiasi chance di carriera nel partito. Ovviamente, le coop avevano comunque qualcosa che girava a loro favore. No, non siate sospettosi, non di soli appalti si trattava, anche se, naturalmente, un occhio di riguardo per quel che poteva servire alle coop gli amministratori del partito l’hanno sempre avuto. Un po’ meno, l’ha avuto di recente il sindaco di San Lazzaro, Isabella Conti. Eh sì, questa volta il nome va fatto e, forse, il suo gran rifiuto alla “colata di Idice” non è ancora stato del tutto digerito. I tornaconti delle coop sono probabilmente anche consistiti in qualche informazione strategica al momento giusto, o un attimo prima, per l’investimento “più” giusto. E, certamente, qualche candidato alle cariche elettive, persino, per esempio, a sindaco di Bologna, partiva avvantaggiato se godeva dell’appoggio delle coop. Insomma, giravano le porte, si aprivano impieghi, partivano candidature e si manteneva vivo e vitale quell’insieme di rapporti che, includendo anche altri attori, in primis, il sindacato aveva prodotto il blocco sociale (ed economico) del modello emiliano nonché bolognese. Sicuramente, non c’erano né fra i dirigenti delle Coop né fra gli uomini (e le donne) di partito tensioni speciali. È curioso che qualcuno, passato alle Coop, dopo una buona carriera nel partito, paventi di essere diventato cittadino (o iscritto) di serie B. Forse, permettendo di interpretare il non-detto del segretario Critelli, quello che si sente soffiare è un sostegno improprio da alcuni dirigenti delle Coop al suo sfidante, un sostegno organizzato. Tutto da provare, certo. Per una compagna elettorale che non passerà alla storia, ma che alcuni di noi ricorderanno come quella nella quale le insolenze hanno preso il posto dei contenuti (che, a mio avviso, dovevano riguardare le modalità con le quali guidare il PD locale), sarebbe meglio non parlare di porte girevoli, ma di porte sbattute in faccia. Alla faccia della buona politica. Another time another place.

Pubblicato il 30 settembre 2017

Nella città di Don Abbondio

Corriere di Bologna

Non mi pare una buona idea sprecare tempo, che sarebbe utile per governare (magari meglio) la città, in una tanto prematura quanto aspra discussione sulla (ri-)candidatura del sindaco e sulla “discesa in campo” di eventuali sfidanti. Ce n’è già uno, ufficialmente dichiaratosi: il sindaco di Castenaso, Vittorio Sermenghi, che dovrà convincere il 35 per cento dei componenti dell’Assemblea del Partito Democratico. C’è un’altra candidatura possibile,informale, sussurrata, forse auspicata anche contro i suoi desideri, quella della sindaca di San Lazzaro, Isabella Conti, certo non amata dalle Coop. Sarebbe, però, preferibile che entrambi i sindaci concludessero il mandato conferito dagli elettori.

La responsabilità della brutta situazione bolognese è da attribuire al sindaco Merola perché è stato lui a esigere una riconferma fin troppo tempo fa. Sbaglia anche adesso quando, nella densa intervista data al Direttore Nanni, oscilla fra la richiesta che sia il suo partito a esprimersi e la dichiarazione che il giudizio sul suo operato lo daranno gli elettori. Infatti, il partito deve applicare lo Statuto e se ci saranno le firme deve affidare il giudizio sul sindaco ai votanti nelle primarie. Dopodiché, nulla impedirà a Merola di “alzarsi in piedi” e di fare vedere tutta la sua “statura” costruendo una lista civica che si vanti del suo operato. Se, contro molti indicatori, è convinto di avere fatto molto bene e, persino, di avere un progetto per il futuro, “un’idea forte di Bologna”, e di sapere “dove portare questa città”, è un suo dovere politico e, direi, persino etico non lasciare il campo a sfidanti ambiziosi che vedono la carica di sindaco di Bologna come una tappa o un punto d’arrivo nella loro carriera politica.

Infelicemente, molti cittadini bolognesi si aspettano cambiamenti, innovazioni, persino di “cambiare verso” a un degrado al quale sembrano essersi quasi assuefatti. Merola sostiene che nei prossimi cinque anni porrà rimedio a quanto non ha finora fatto. Molte associazioni bolognesi, compreso il suo partito, hanno già manifestato non poche perplessità. L’unico che è venuto allo scoperto esprimendo il suo favore a un secondo mandato per Merola è stato Gianluca Vacchi, Presidente degli Industriali bolognesi. Comprensibile. Seriamente direi che gli industriali, costretti continuamente a innovare, hanno bisogno di un quadro politico stabile nel quale operare senza timori di brutte sorprese. Scherzosamente aggiungerei che, forse, gli industriali ovvero, quantomeno, il loro Presidente temono che dopo Merola venga qualcuno capace di fare anche peggio. Insomma, poiché credo nel primato della politica, concluderò che il sindaco, il suo partito, buona parte delle associazioni collaterali hanno creato una brutta situazione. Purtroppo, non c’è una soluzione né facile né immediata. Nessun prêt à porter. Allora, che il conflitto di idee e di persone esploda, in maniera trasparente affinché gli elettori riescano a farsi un’idea ed eventuali candidati alternativi, smentendo Don Abbondio, si facciano coraggio.

Pubblicato il 25 aprile 2015