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Prima Bugani viene sostituito, meglio sarà per il Movimento #InCronaca #UniBo

Intervista raccolta da Albachiara Re per InCronaca, testata a cura del Master in Giornalismo dell’Università di Bologna

Sono trascorsi dieci anni dal VDay di Beppe Grillo in Piazza Maggiore. In questo decennio il blog è cambiato, è diventato un movimento e, quindi, il secondo partito italiano. A Bologna, che ha inaugurato questo percorso, il M5s fa fatica a convincere l’elettorato e rimane sempre ben lontano dall’essere un partito di maggioranza. Ne abbiamo parlato con Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica all’Università di Bologna.

Professore, a 10 anni dal VDay come si è evoluto il M5s? Ritiene fondata l’accusa per cui la svolta autoritaria al suo interno possa nuocere alla sua diffusione?
Non vedo nessuna “svolta” autoritaria. Continua a esserci la preminenza di Grillo e di Casaleggio – questa volta figlio – ma non sappiamo quanto sia più incisivo del padre. Persistono, inoltre, difficoltà a praticare una complicata democrazia della rete: molta rete e, a mio parere, poca democrazia. Infatti, democrazia non è mai decidere con qualche clic, ma giungere alla decisione dopo una conversazione molto ampia e approfondita. La “svolta”, se volessero e sapessero farla, dovrebbe proprio consistere in come costruire, a cominciare dal loro interno, modalità di democrazia deliberativa.

Quali sono, quindi, adesso gli elementi caratterizzanti del Movimento, a differenza degli inizi?
Il vero elemento differenziante, mi limito alle “personalità”, è che è emerso un gruppo dirigente fatto da Di Maio, Di Battista, Fico e Toninelli che hanno avuto maggiore visibilità e che si occupano di materie importanti. Insomma, “uno non vale uno”, ma ci sono dei “qualcuno” che valgono di più. Inevitabile e, in una (in)certa misura positivo. Aggiungo che mi piacerebbe vedere i “magnifici” quattro discutere apertamente di politica, magari insieme a Barbara Lezzi, delineare alternative e proporre soluzioni.

Tra questi magnifici quattro, il premier in pectore è Luigi di Maio. Nel caso dovesse diventare presidente del Consiglio, ne avremmo uno eterodiretto da Grillo e Casaleggio?
Eterodiretto mi pare una parola troppo forte. Certamente, Di Maio, come qualunque altro pentastellato, sarà condizionato da Grillo e Casaleggio, senza i quali non esisterebbero né lui né gli altri. Però, il grado di condizionamento dipenderà dalla sua volontà, dalle sue capacità, dal consenso che le sue scelte politiche sapranno suscitare e mobilitare. Presumo che Di Maio non sia una Raggi al maschile.

Uno dei cavalli di battaglia dei grillini era l’uscita dall’euro. Adesso non ne parlano più. Hanno capito che il vento è cambiato?
Non è cambiato il vento. Soffia regolarmente il vento dell’Euro senza il quale la barca dell’Italia entrerebbe in una bonaccia insopportabile. Sono cambiate le circostanze. Chi andrà al governo in Italia deve sapere che l’accettazione dell’Euro è il biglietto da visita richiesto. Penso che non pochi pentastellati lo sapessero già. Di Maio ha ratificato, ma se si rivelerà un espediente opportunistico ne pagherà un prezzo molto elevato.

Tornando a quel primo Vday, perché Grillo scelse proprio Bologna? Che contesto politico c’era?
Bologna ha una delle più belle piazze d’Italia. E’ uno dei luoghi più attenti alla politica. Ha uno dei partiti più immobilisti d’Italia che nasconde grande insoddisfazione sotto il conformismo. “Buona scelta, Beppe, ha funzionato”, ma, forse si poteva e si potrebbe ancora fare meglio.

In virtù di questa insoddisfazione di cui parla, il M5s potrà mai diventare la prima forza politica a Bologna?
Certo che potrebbe, ma non con l’attuale capetto privo di doti e di autonomia, non con le espulsioni, non con il populismo di bassa lega contro gli intellettuali, né vantando inutili purezze, ma facendo una politica che accompagni una proposta concreta. C’è molto da criticare a Bologna, ad esempio, con un’altra idea di città, che manca a quasi tutti partiti.

Le ultime elezioni comunali, però, hanno punito, in termini di voto, il Movimento. Per quali motivi s’è spento quell’entusiasmo iniziale che raccoglieva 50mila persone in piazza?
Se la punizione riguarda Bologna, allora se l’è cercata e meritata tutta il capetto locale. Prima Bugani viene sostituito meglio sarà per il Movimento. In generale, anche se molti dicono che è il brand “Cinque Stelle” che conquista voti, ci sono alcune aree – Bologna e l’Emilia-Romagna sono fra queste – dove le persone contano. Ecco, Bugani ha contato in negativo proprio come, agli inizi, Giovanni Favia, autore di un vero e proprio sfondamento, aveva contato in positivo.

Pubblicato il 12 settembre 2017

Astensionismo incubo ipocrita

Corriere di Bologna

Almeno per qualche settimana i vertici del Partito Democratico di Bologna (quelli delle altre città che vanno al voto, no?) affermeranno, pensosi e preoccupati, che l’astensione è il nemico da battere. E’ un’affermazione che contiene parecchie dosi d’ipocrisia. Dovrebbero esserne più convinti i dirigenti del centro-destra poiché, un po’ dappertutto, sono proprio i potenziali elettori dei loro candidati e delle loro liste che manifestano grande propensione all’astensione. Di Berlusconi si possono, e qualche volta si debbono, dire molte cose, ma, nel passato, le sue campagne elettorali erano trascinanti e i suoi effetti, sul contenimento e sulla riduzione dell’astensionismo, notevoli. Da quel che sappiamo delle elezioni politiche del febbraio 2013, il ruolo di riduttore della percentuale di astenuti è stato efficacemente svolto dal Movimento 5 Stelle. Invece di restarsene a casa, insoddisfatti e ingrugnati, molti elettori preferirono andare a scaricare il loro malcontento nelle urne votando il Movimento che prometteva sfracelli contro il sistema. Questo effetto nelle elezioni regionali del novembre 2014 in Emilia-Romagna non s’è visto. Le candidature a cinque stelle non erano granché. La loro campagna elettorale non è stata memorabile, e dire che sui balordi rimborsi un po’ di leva la si poteva fare. Forse, c’è stato un “rimbalzo” dello scontento anche nei loro confronti: un anno e mezzo di parlamento caratterizzato più da conflitti, tensioni e espulsioni che da realizzazioni concerete. Almeno finora, non sembra che né il candidato sindaco Bugani né il Movimento siano in grado di lanciare una sfida credibile e di trovare slogan entusiasmanti e parole d’ordine mobilitanti. Tuttavia, proprio perché l’altissimo tasso di astensione delle regionali è stato sicuramente prodotto da grande parte di un elettorato potenzialmente di sinistra, disgustato dai comportamenti scandalosi del gruppo consigliare del Partito democratico, è a quegli elettori in Bologna che bisogna guardare. Ad oggi il PD non ha fatto proprio nulla per andarli a cercare e per riconquistarli al voto. Le differenziazioni interne al partito non giovano alla causa del voto. Il candidato sindaco non ha mostrato nessuna capacità di accendere gli animi. Le perplessità ripetutamente manifestate nei suoi confronti da quasi tutti dirigenti non gli hanno certamente dato la carica. Invece di fare una vera attività promozionale nelle sedi di partito e in città, il PD ha deciso di affidare la sua comunicazione politica a una ditta (no, non alla “ditta”) di specialisti. Però, chi vuole ridimensionare l’astensione, in particolare in una regione e in una città dotate di senso civico e inclinazione alla partecipazione, dovrebbe cominciare una difficile opera di ricostruzione, non effimera, della politica. I dirigenti dei partiti locali rivelano una certa miopia e di non sapere neanche dove guardare.
Pubblicato il 9 marzo 2016

Sogni di ballottaggio

Corriere di Bologna

Ringalluzzito dal successo della manifestazione congiunta con Berlusconi e Meloni, organizzata qui due settimane fa dalla Lega, è comprensibile che Matteo Salvini si proponga l’obiettivo più ambizioso: la conquista della carica di sindaco di Bologna. E’ anche un buon obiettivo propagandistico. Concretamente, comunque vada, servirà ad aumentare i voti e a evidenziare ulteriormente che la sua leadership ha più che rivitalizzato la Lega. A fronte delle non giovanili incertezze del leader di Forza Italia e del suo gruppo molto poco dirigente, sia in Emilia sia a Bologna, Salvini può addirittura mostrarsi molto generoso. Se emergerà una candidatura più convincente della leghista Lucia Borgonzoni, lui (un po’ meno lei) è disposto a prenderla in seria considerazione. Salterebbe così anche la candidatura del consigliere regionale di Forza Italia Galeazzo Bignami, più disponibile a rinunciarvi poiché saggiamente consapevole che le probabilità di vittoria per chi corre diviso sono ridotte al lumicino. Salvini che, nonostante le sue frequenti incursioni cittadine, non sembra conoscere adeguatamente i rapporti di forza politici, snobba il Movimento 5 Stelle e il suo candidato ufficializzato, Massimo Bugani. Di più, sembra convinto, contro i sondaggi finora noti, che una candidatura del centro-destra, unitario, ma non troppo, dato che permane il suo veto contro NCD, riuscirebbe a costringere Merola (se sarà lui il candidato del PD), al ballottaggio.

La campagna elettorale dei Cinque Stelle è già cominciata e sbaglia alla grande chi pensa che la selezione dall’alto di Bugani, in verità, piuttosto la ratifica di una candidatura naturale, sia qualcosa di scoraggiante per i cultori pentastellati della democrazia attraverso la rete. Attivisti e elettori del Movimento hanno imparato, oramai da qualche tempo, che fare politica richiede anche parecchia flessibilità (e qualche volta anche contraddittorietà). Per le Cinque Stelle, Bologna, pur non essendo un obiettivo a portata di mano tanto quanto sembra Roma, ha già dato non poche soddisfazioni al Movimento. In più, rispetto a qualsiasi candidato/a del centro-destra che dovrebbe fare il pieno dei suoi voti con un’opera di mobilitazione della quale non s’è mai mostrato capace, se fosse Bugani ad andare al ballottaggio, i giochi sarebbero apertissimi. Difficile che gli elettori delle Cinque Stelle votino candidature berlusconiane o salviniane (e il “civico” di centro-destra non è ancora apparso all’orizzonte). Più probabile, lo dicono alcune esperienze recenti, che una parte di elettorato del centro-destra, a cominciare dai leghisti, sia disposta a convergere sul candidato del Movimento 5 Stelle. A Parma quell’elettorato si è espresso con successo. Insomma, i giochi sono tutt’altro che fatti, ma la strada del centro-destra bolognese, persino per arrivare al ballottaggio, è lunga e accidentata.

Pubblicato il 22 novembre 2015