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Quer pasticciaccio brutto sul MES

Nei pre-annunci di voto sulla riforma del Meccanismo Economico di Stabilità, gli attori (sì, uso proprio questa parola per dare il senso di uno spettacolo) politici italiani stanno, con qualche eccezione, dando il peggio di sé. In alcuni, a cominciare da Berlusconi e da diversi parlamentari pentastellati, c’è tattica: dimostrare che esistono. Ottenuto quel che voleva per Mediaset, mai convintamente europeista, Berlusconi ha preferito ricongiungersi ai sovranisti coerenti Salvini e Meloni dicendo no al MES riformato. Poiché è (im)pura tattica, probabilmente Berlusconi riluciderà la sua immagine ribadendo il suo sostegno al MES solo per spese sanitarie dirette e indirette. La tattica dei dissidenti pentastellati serve a evidenziare che, pur non essendo pochi, non hanno ottenuto cariche significative nel Movimento. Oltre, verso una strategia non sanno e non possono andare. L’unico che ha una strategia è il Presidente del Consiglio che gode anche del sostegno delle riconosciute qualità di autorevolezza e credibilità in Europa del Ministro dell’Economia Gualtieri. La rotta è quella dell’Europa. Bisogna tenere la barra diritta. Lasciare che gli oltranzisti si sfoghino tanto non hanno nessuna alternativa praticabile. Una rottura sull’Europa non sarebbe affatto apprezzata dal Presidente della Repubblica. Dietro l’angolo, piuttosto spigoloso, non c’è nessuna maggioranza, nessuna prospettiva. Le posizioni ideologiche pentastellate non contengono una visione strategica. Sono imbarazzanti e paralizzanti.

   Infine, c’è la drammatica perdita di memoria persino riguardo ad avvenimenti recentissimi. Qualcuno, anzi, molti, nell’Amministrazione pubblica e nelle numerose, forse troppo, squadre apposite messe al lavoro da Conte (e sperabilmente coordinate da lui e da pochissimi collaboratori) è al difficile lavoro di preparare piani operativi per investire gli ingenti fondi, 209 miliardi di Euro, più di qualsiasi altro Stato-membro dell’Unione Europea, in parte prestiti, in parte molto consistente sussidi, assegnati all’Italia. Sembra assurdo che nessuno dei contendenti italiani che obietta alla riforma del MES si renda conto che tanto la posizione di rifiuto quanto le motivazioni, a mio parere, molto peregrine (che l’UE voglia asservire la nostra economia, mentre, al contrario, cerca di salvarla e di rivitalizzarla) sono destinate a essere viste con grande preoccupazione. Per di più sono proprio i due attori, Berlusconi e il Movimento 5 Stelle, nei quali già in partenza le autorità europee hanno fiducia molto relativa, a mettersi di traverso. In questo modo, però, più o meno consapevolmente viene danneggiata la credibilità, non tanto del governo Conte, ma, usando il politichese, del “sistema paese”. Al momento della valutazione dei progetti italiani non saranno soltanto i paesi autodefinitisi frugali a esercitare un surplus di attenzione e di rigore, ma un po’ tutti coloro che udendo lo strepito italiano penseranno che l’Italia non riuscirà a fare quello che ha promesso. Tristemente.

Pubblicato AGL 4 dicembre 2020

Non lasciamo al governo la scelta di come spendere i fondi europei @domanigiornale

Leggo con non poca preoccupazione che il Ministro dell’Economia e forse anche il Presidente del Consiglio sono inquieti poiché al momento i progetti per l’utilizzazione dei fondi NextGenerationEU disponibili per l’Italia riuscirebbero a spendere soltanto poco più di 100 miliardi di Euro sui 209 assegnati. All’uopo il governo italiano ha indicato nove direttrici intese a conseguire i seguenti obiettivi:

1) Un Paese completamente digitale.

2) Un Paese con infrastrutture sicure ed efficienti.

3) Un Paese più verde e sostenibile.

4) Un tessuto economico più competitivo e resiliente.

5) Un piano integrato di sostegno alle fìliere produttive.

6) Una Pubblica Amministrazione al servizio dei cittadini e delle imprese.

7) Maggiori investimenti in istruzione, formazione e ricerca.

8) Un’Italia più equa e inclusiva, a livello sociale, territoriale e di genere.

9) Un ordinamento giuridico più moderno ed efficiente.

Per ciascuno degli obiettivi i singoli progetti dovrebbero essere inseriti in un pacchetto coerente di investimenti e riforme correlate. I costi debbono essere quantificati, ragionevoli e commisurati all’impatto economico, ambientale e sociale. La tempistica deve contenere le modalità di attuazione, indicare i target intermedi e finali, segnalare quali soggetti saranno responsabili dell’attuazione. Sento parlare di assalto alla diligenza che, però, pare smentito dalle cifre che ho riportato sopra. Peraltro, la scadenza per sottoporre i progetti non è imminente, ma, naturalmente, formulare progetti adeguati e convincenti richiede, oltre che significative competenze, molto tempo.

   Mi sarei aspettato dalla recente riunione/confronto organizzata dalla Confindustria che il suo Presidente Carlo Bonomi annunciasse pubblicamente che le imprese da lui rappresentate non soltanto sono impegnate pancia a terra almeno sui punti 3 e 4, nonché 1 e 7, ma che hanno già elaborato o stanno elaborando quantomeno i feasibility projects. Sono sorpreso anche dal silenzio delle Università italiane dove, pure, esistono isole di eccellenza, di sperimentata capacità nella formulazione di progetti, con la presenza di ricercatori che sanno guardare lontano e che hanno più di un progetto nei loro cassetti. Senza nessuna (o poca) intenzione provocatoria mi attenderei che l’Associazione Nazionale Magistrati incarichi un gruppo di lavoro misto, composto, per l’appunto, da magistrati di grande esperienza, anche in pensione, da docenti di materie giuridiche e da avvocati per formulare un piano che finalmente modernizzi il funzionamento della giustizia, le cui lentezze e ritardi sono scoraggianti per gli investitori stranieri e esasperanti per i cittadini italiani.

Potrei proseguire punto per punto, nei limiti delle mie conoscenze, ma ritengo che stia per scoccare l’ora per aprire un grande dibattito pubblico trasparente e coinvolgente (con la partecipazione costruttiva dell’opposizione) dal quale scaturirebbero proposte buone (e cattive) da valutare, scremare, meglio focalizzare. C’è un elemento di metodo che merita ulteriore massima attenzione. I progetti debbono avere grande respiro sia per gli ambiti che andranno a coprire sia per la visione proiettata nel tempo per costruire un futuro migliore. Di conseguenza, suggerirei che tanto coloro che lavorano ai progetti quanto coloro che saranno preposti alla loro valutazione prima di accettarli e per indicare revisioni opportune, sfuggano alla tentazione di confinarsi in una unica esclusiva direttrice. Per esempio, la digitalizzazione è utile sicuramente alla predisposizione di una rete infrastrutturale estesa, ma anche a facilitare l’integrazione e l’efficienza delle filiere produttive e a riorganizzazione la Pubblica amministrazione, una delle più pesanti palle al piede del sistema politico e socio-economico italiano.

Mi piacerebbe potere sostenere che l’integrazione fra loro delle nove direttrici di interventi è operazione semplice. Invece, ne colgo tutta la complessità, ma anche la fecondità poiché, oltre ad essere utile in sé, garantisce sinergie e si estende ad una pluralità di prospettive a loro volta in grado di offrire approfondimenti e di stimolare riflessioni, ricerche e proposte aggiuntive. Dovremmo tutti essere consapevoli che le opportunità aperte dai fondi NextGenerationEU sono enormi e, senza nessuna esagerazione, si presentano una sola volta in our lifetime. Sono convinto che i mass media dovrebbero fornire il massimo di informazioni e che, a sua volta, il governo ha la responsabilità, più volte segnalata da Conte, di impegnarsi con tutte le sue capacità. Alla creatività degli italiani spetta di fare il resto.  

Pubblicato il 2 ottobre 2020 su Domani