Home » Posts tagged 'oligarchi'
Tag Archives: oligarchi
Il regime change in Russia è realistico @DomaniGiornale


Fra gli obiettivi della aggressione di Putin all’Ucraina probabilmente il più importante era, e sicuramente rimane, quello di fare cadere il Presidente democraticamente eletto Zelenski e di sostituirlo con un Presidente fantoccio. Questo obiettivo si chiama tecnicamente regime change. Lascio l’arduo compito di discettare sui precedenti recenti di cambiamenti di regime, quantomeno di leadership, soprattutto quello relativo a Saddam Hussein, ai commentatori prezzolati dei talk show. Rilevo che anche soltanto un minimo di conoscenze storiche suggerisce che le guerre finiscono sostanzialmente con l’esclusione dal potere politico di coloro che, avendole scatenate, le hanno perse inevitabilmente trascinando nella loro sconfitta, non soltanto il paese, ma soprattutto la cerchia dei loro sostenitori, profittatori e furfanti. Poi, naturalmente, il nuovo regime, che non è affatto detto che diventi immediatamente una democrazia, avrà bisogno di una qualche legittimità politica e sociale. Potrebbe essere quella derivante da coloro che, facendo cadere il dittatore, sono in grado di vantarsi di avere evitato morti e distruzioni. Rimanendo alla storia che, magari anche se non riesce a essere magistra vitae, qualcosa a chi la studia e la ricorda è sempre in grado di insegnare, evoco un esempio di straordinario successo. Fu grazie alla moglie giapponese del loro ambasciatore a Tokyo che gli americani si lasciarono convincere che la figura dell’imperatore era indispensabile per guidare la transizione dal militarismo alla democrazia. Ben gliene incolse.
La Russia di Putin non è necessariamente tutta un’altra storia. Certo esistono molte differenze, ma alcune non riguardano affatto le modalità dittatoriali e ricattatorie nei confronti degli oligarchi e dei siloviki che Putin ha in parte creato in parte agevolato e la cui esistenza, userò una gamma di parole forti: fedeltà e lealtà, forse anche connivenza, vengono messe a durissima prova. “Provati” sono anche i generali che combattono una guerra, forse da loro non voluta, con armamenti inadeguati e con reti di sostegno evidentemente malstrutturate e insufficienti. Gli oligarchi ci rimettono le ricchezze, i fasti e gli agi, per loro stessi e per le loro famiglie alquanto allargate. Molto probabile è che i generali non vogliano rimetterci, più che la carriera, la faccia, la reputazione. Sembra, dunque, logico pensare e, per quel che mi riguarda, auspicare che a Mosca e dintorni vi sia chi si sta interrogando sulle modalità con le quali uscire da una situazione che non promette vittoria. Qualcuno può essere già giunto alla convinzione che sia assolutamente indispensabile sostituire Putin: cambio di regime. Insisto: è un obiettivo più che legittimo, meno costoso in termini di vite umane della prosecuzione della guerra, più promettente anche per tutti coloro, a cominciare dal Papa, che desiderino una situazione di fuoruscita dal conflitto che riesca a sfociare in qualcosa di non umiliante per i russi e per quella parte di leadership politica che si orienti alla sostituzione di Putin. Sicuramente, questo obiettivo non può essere apertamente dichiarato da chi sostiene gli ucraini. Molto più di altri i dittatori non debbono mai essere messi con le spalle al muro. Pertanto, tocca a coloro che ne furono/sono sostenitori procedere al cambiamento anche per vantare meriti che serviranno loro a stabilizzare il regime che seguirà. Si vis pacem para transitionem.
Pubblicato il 3 maggio 2022 su Domani
Blandire i dittatori non porta mai niente di buono @DomaniGiornale


Può un leader politico democratico, sincero e conseguente, avere un dittatore come amico? Può elogiarlo e additarlo come esempio, seppur soltanto sostenendo che, però, ha anche fatto qualcosa di buono? Fermo restando che nessun leader autoritario intraprenderà mai una rivoluzione liberale e garantista, il problema di come porsi nei confronti dei molti leader autoritari esistenti nel mondo, a cominciare da Putin, Xi Jinping, Erdogan, si pone in maniera lampante e urgente. A lungo, molti politici e la maggioranza degli studiosi hanno sostenuto che il libero commercio costituisce uno strumento importante per ridurre e contenere la conflittualità e persino per fare circolare idee e migliorare i rapporti. Le grandi potenze democratiche, in special modo, gli USA debbono, ha sostenuto l’influente studioso di Relazioni Internazionali, Joseph Nye, limitare il ricorso allo hard power, in sostanza, le armi e le minacce e pressioni politiche che le precedono, e affidarsi al soft power, non solo commercio, ma cultura in senso lato, anche quella, importantissima, pop, con ambasciatori come cantanti, attori, scrittori diventati famosi. Non è ancora stato stilato un bilancio approfondito del grado di successo del soft power, forse non adeguatamente e coerentemente utilizzato dagli USA e molto poco dalle democrazie europee, ma non sembra probabile che la popolarità degli USA e, più, in generale, delle democrazie abbia fatto breccia nella grande maggioranza dei regimi autoritari, in Medio-Oriente e in Africa e neppure in alcune repubbliche ex-sovietiche. Dunque, sembrerebbe opportuno riflettere su cosa è mancato/fallito e cercare altre strade.
Blandire i leader autoritari non produce nessuna conseguenza positiva. Bandirli impedisce in partenza qualsiasi interlocuzione e potrebbe addirittura essere controproducente consolidando il loro sostegno interno, credo che non si debba mai parlare di consenso, semmai accettazione, indifferenza, rassegnazione, di cui godono soprattutto fra coloro che da quei leader e da quel modo di governare (e reprimere e opprimere) traggono privilegi e vantaggi. Se colpiscono quei vantaggi e ridimensionano quei privilegi dei gruppi dirigenti, oligarchi et al, che circondano il leader autoritario, le sanzioni possono produrre conseguenze importanti. Molto, però, dipende dalla compattezza dei regimi democratici nell’attuare quelle sanzioni e nel mantenerle senza scappatoie per un periodo di tempo che non può essere breve. I leader autoritari si riconoscono fra loro, non si criticano, non cercano di indebolirsi reciprocamente, ma certamente non sono in grado di fare fronte comune. Non esiste e non può essere costruita una Internazionale degli autoritarismi. Tuttavia, opposizioni tattiche comuni sono frequenti contro, ad esempio, le condanne occidentali e non solo per la violazione dei diritti umani, della libertà di stampa, dell’autonomia della magistratura. Queste condanne sono sacrosante. Coerenza politica e civile implica che le democrazie concordino sulla difese a e anche sulla promozione dei loro principi fondativi. Alzare la voce e ottenere qualche votazione di condanna alle Nazioni Unite e negli organismi europei non sarà mai sufficiente, ma sempre doveroso. Il resto deve essere attivamente affidato ad una interlocuzione con i leader autoritari. Amici, no; ma interlocutori, sì, nella misura del possibile in maniera costante e continua, sempre il più trasparente possibile. Finora, non solo non è stato fatto abbastanza, ma è stato fatto in maniera sparsa, episodica, disgiunta, talvolta persino contraddittoria. Cambiare
Pubblicato il 27 aprile 2022 su Domani