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Senza una pace decente saremo noi a pagarne le conseguenze @DomaniGiornale

Per condurre a termine “l’operazione militare speciale” lanciata il 24 febbraio 2022 dall’autocrate Vladimir Putin contro lo stato sovrano e democratico dell’Ucraina, molti commentatori e politici occidentali affermano che è necessaria una “pace giusta e duratura”. Divenuta una sorta di mantra, anche nel lessico del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, l’affermazione, altamente problematica, esige, per non rimanere un neppure abbastanza pio desiderio, approfondimenti e chiarimenti. La pace, parola di cui troppi si riempiono la bocca, sarà soltanto una parentesi di silenzio delle armi e di volo dei droni prima di un’altra guerra, mi correggo, di una nuova “operazione militare speciale”? Più concretamente, quale significato ha pace nel linguaggio di Putin e del Cremlino? Saranno forse i due aggettivi, giusta e duratura, a definire in qualche misura il sostantivo?

   Definizioni accettabili condivise/ibili sono molto di più che “operazioni lessicali speciali”. Non solo in guerra, la propaganda definisce la situazione, (la bontà de-)gli obiettivi, i risultati conseguiti e, naturalmente, le modalità accettabili di conclusione. Per ragioni poi non del tutto differenti, Trump e Putin intendono esibire la loro capacità di porre fine all’uso delle armi in Ucraina. Trump dimostrerebbe che la sua America è già tornata grande sullo scacchiere internazionale, mentre gli europei si sarebbero, a suo parere, dimostrati inadeguati a mettere ordine sul loro stesso territorio. La Russia può ben rimanere un avversario, ma viene da Trump portata al tavolo delle trattative stabilendo una sorta di duopolio di potere nel contesto europeo. Naturalmente, Trump non dimentica che un bravo tycoon si cura anche e molto dei suoi affari. Insomma, ai russi verranno concesse la Crimea e altre zone già occupate, mentre all’America sarà garantito accesso alle terre rare e al loro sfruttamento. Giusto così? sarebbe questa una pace giusta?

   Senza la partecipazione di ZeIensky ai negoziati e senza il suo, per quanto doloroso, assenso, nessuna pace di questo genere può essere definita giusta. A maggior ragione non può esserla se contempla il quasi totale conseguimento degli obiettivi militari e imperiali di Putin. Finire la guerra in questo modo non significa affatto pace giusta, ma pace imposta e tutta a carico e a spese del paese aggredito, dei cittadini dell’Ucraina democratica. Sarebbe il riconoscimento della sconfitta sul campo, tuttora non avvenuta, e addirittura una sorta di pagamento con territori e terre rare per una responsabilità sostanzialmente inesistente.

   Non è detto che automaticamente le paci ingiuste siano destinate a non durare, essere precarie e effimere. Tuttavia, il disonore di una pace ingiustamente imposta all’Ucraina avrebbe conseguenze molto gravi sull’Unione europea, su come si è storicamente concepita: spazio di libertà, di diritti, di abolizione del ricorso alle armi, di apertura, e su come si è evoluta ed è diventata attrattiva per i molti Stati che hanno fatto e continuano a fare domanda di adesione. L’Unione europea deve difendere i suoi principi e i suoi valori fondanti, a maggior ragione a fronte di mire imperialiste di qualsiasi tipo e impronta. Defend Europe contiene tutte queste implicazioni. Non è solo una questione territoriale. Riguarda stili di vita, valori, cultura politica e democratica. Nessuna pace che voglia essere giusta e quindi possa diventare duratura può prescindere da questi valori, meno che mai contraddirli e sbarazzarsene. In attesa di conoscere come Trump e Putin intendono declinare gli aggettivi “giusta” e “duratura”, è opportuno ricorrere ai valori europei e usarli per intraprendere e tenere aperta la strada di una pace decente.

Pubblicato il 30 aprile 2025 su Domani

Non serve solo la pace, ma una pace che sia giusta @DomaniGiornale

Qualche volta, sull’obiettivo finale, la pace, si può essere d’accordo quasi, sottolineo quasi, tutti. Però, molti, nient’affatto tutti, ritengono che la pace intesa esclusivamente come cessazione del tintinnar di sciabole e dell’agitar di atomiche sia tutt’altro che soddisfacente.L’obiettivo è una (nel senso che ce ne possono essere diverse) pace giusta, e la giustezza della pace è definita dalla libera e consapevole accettazione di entrambi i contendenti e dal loro impegno a riconoscerla e mantenerla.Qualunque pace che segua dall’imposizione armata di uno dei contendenti sull’altro, in particolare se ne esce vittorioso l’aggressore, non deve essere considerata giusta da nessun pacifista e meno che mai dall’aggredito.Che si sia d’accordo oppure no con il conseguimento di quale pace si apre inevitabilmente il problema dei mezzi.
Non credo che sia accettabile la risposta “conseguire la pace con qualsiasi mezzo”. Meno che mai se quel mezzo è l’imposizione, quasi certamente con le armi, della volontà di una parte sull’altra, la legge del più forte.Meno che mai se quell’imposizione viene da un sistema politico autoritario e lo privilegia nei confronti di un sistema politico democratico, quale che sia.Nessun pacifista è legittimato a rispondere di non essere tenuto a valutare con criteri adeguati quello sta succedendo.Nessuno deve necessariamente essere considerato pacifista da tenere in considerazione solo se ha qualche conoscenza strategica di base.Tuttavia, è sempre opportuno chiedere ai pacifisti che acquisiscano il massimo di informazioni possibili.Dopodiché è loro facoltà sostenere che la guerra deve essere sempre e comunque respinta (anche una guerra di difesa contro un’aggressione all’Italia?) e che la pace deve altrettanto sempre e comunque, a tutti i costi, essere perseguita.
Semmai, vorrei che i pacifisti riconoscessero anche a coloro che pacifisti non sono, di non essere biechi guerrafondai a libro paga degli americani, ma uomini e donne che hanno idee diverse con lunga e solida storia nel pensiero politico occidentale.I non-pacifisti irriducibili, nei quali mi colloco, avrebbero scelto di manifestare cominciando davanti all’Ambasciata della Russia a Roma. Vorrebbero anche discutere delle modalità con le quali giungere, prima e soprattutto, alla cessazione del fuoco e del ferro.Rifacendosi opportunamente al grande filosofo illuminista tedesco Immanuel Kant, oggi rinchiuso nell’enclave russa di Kaliningrad, i non-pacifisti sentono di dovere affermare che la pace perpetua arriverà e s’instaurerà fra repubbliche libere e federate.La battaglia giusta del pacifismo deve sapere operare distinguendo fra repubbliche democratiche e regimi non-democratici. Altrimenti, non solo è una battaglia persa, ma è anche gravemente controproducente.

Pubblicato il 12 ottobre 2022 su Domani