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Come usare anche la crisi di governo per il Recovery plan @DomaniGiornale
Non c’è nessuno né nella attuale maggioranza di governo né nelle opposizioni che abbia una visione dell’Italia da (ri)costruire. Né si intravvede come e quando arriverà il tempo dei “costruttori” auspicati da Mattarella. Tuttavia, la crisi di governo, più o meno conclamata che sia, offre qualche opportunità per formulare quella visione e le modalità con le quali si concluderà potranno condurre gli uomini e le donne di buona volontà e di qualche capacità a mettersi all’opera. Non ho nulla da obiettare a chi cerca di mantenere e di conquistare le poltrone, se non che, ad evitare il lessico populista, è preferibile parlare di seggi parlamentari e di cariche ministeriali. Quei seggi e soprattutto quelle cariche sono spesso la premessa indispensabile, ancorché non l’unica, per tentare di perseguire gli obiettivi che sono la sostanza di una visione. La richiesta da parte della Commissione Europea di fare richieste per gli ingenti fondi messi a disposizione dell’Italia lungo sei direttive, fra le quali, digitalizzazione e innovazione, rivoluzione verde, infrastrutture, istruzione e ricerca, parità di genere e coesione sociale, costituisce la base per formulare qualsiasi accettabile visione. In una certa misura, la bozza ministeriale che circola si esercita nella direzione giusta, Sta a chi sfida il governo, dentro e fuori della maggioranza, chiedere modifiche precise, suggerire spostamenti dei finanziamenti, cercare di creare circoli virtuosi. Dopodiché appare giusto e opportuno che si indichino i nomi dei ministri, uomini e donne che sembrano inadeguati/ e di coloro che hanno maggiori provate capacità. Questa operazione straordinariamente complessa non può essere effettuata nello spazio di pochi giorni né la crisi di governo può essere prolungata nel tempo perché, mai come in questo caso, il tempo è denaro. Non è vero che l’Italia è già in ritardo. Infatti, la scadenza per presentare i Recovery plans è la metà di aprile. Tuttavia, i piani presentati in anticipo prima di allora beneficeranno delle osservazioni e dei suggerimenti della Commissione (e del suo staff notoriamente molto preparato, forse meritevole dell’appellativo in questo caso nettamente positivo: “tecnocrati”).
Quello che i generosi fondi del programma NextGenerationEU consentono all’Italia consiste in un sostanziale e sostanzioso miglioramento del sistema socio-economico italiano. Al proposito, vale la critica che non bisogna dedicare quei fondi al completamento di opere già iniziate, ma ad opere nuove, ambiziose, proiettate nel futuro. Naturalmente è improbabile che un operatore singolo, neanche un grande scienziato, abbia soluzioni ready made, immediatamente proponibili, rapidamente applicabili. Sono convinto che le soluzioni emergerebbero da un confronto/scontro fra cervelli nel quale, certo, ci saranno vincitori e vinti, ma al quale avranno potuto e saputo partecipare tutti senza vantaggi di posizione e senza ricatti.
Nell’ottica della soluzione della crisi di governo, gli apporti di ciascuno e di tutti debbono esser benvenuti purché lungo le direttive sopra esplicitate. Una volta scelti i progetti la maggioranza ha l’obbligo politico e morale di impegnarsi solidalmente alla loro realizzazione. Anche se sarà necessario più tempo di quello che conduce alla fine della legislatura, è assolutamente opportuno che sia subito concordato un patto di legislatura fra le componenti che costituiscono il governo. Quel patto conterrà anche i criteri con i quali valutare l’avanzamento dei lavori, la loro qualità e eventualmente procedere alle necessarie correzioni in corso d’opera.
Come spesso accade nei compositi governi di coalizione, le diverse componenti hanno obiettivi propri, priorità specifiche, idiosincrasie. Da un lato, stanno i Cinque Stelle tuttora alle prese con le dure lezioni della storia (e della politica in una democrazia parlamentare). Dall’altro, stanno il Partito Democratico con i suoi fuorusciti, semplificando drasticamente, a sinistra Liberi e Uguali, a destra, Italia Viva. Purtroppo, il PD non ha saputo fin dal suo primo incedere a dare vita a quella (grande) auspicata casa delle migliori culture politiche progressiste del paese. L’attuale tripartizione è il segno del fallimento di quel progetto. Il recupero, almeno parziale, potrebbe estrinsecarsi nella formulazione di una visione condivisa del paese che vorrebbero e che costruirebbero usando al meglio i fondi disponibili. Certamente, questa condivisione dinamica sarebbe il modo migliore di dimostrare che era utile aprire la crisi di governo e farne una grande opportunità di trasformazione positiva. Non è un sogno, ma una possibilità.
Pubblicato il 6 gennaio 2021 su Domani
Meritarsi gli aiuti per crescere economicamente e culturalmente
Facciamo un po’ di chiarezza nella situazione italiana che commentatori e politici talvolta ignorano spesso manipolano. Grazie ai fondi del programma NextGenerationEU l’Italia avrà 209 miliardi di Euro, 129 sotto forma di prestiti, 80 di sussidi, da spendere nei prossimi anni. Entro giugno 2021 potrà ottenerne in anticipo circa 20 miliardi. Al fine di accedere a quella notevole massa di denaro per la “Ripresa e la Resilienza” vi sono due condizioni molto importanti. La prima consiste nel presentare progetti concreti e fattibili con precisi costi e tempi di realizzazione in sei settori già definiti dalla Commissione Europea. La seconda è che i fondi vanno utilizzati e spesi entro il 2026. In ordine di quantità di investimenti i sei settori sono: i) rivoluzione verde e transizione ecologica; ii) digitalizzazione, innovazione, cultura; iii) infrastrutture; iv) istruzione e ricerca; v) parità di genere e coesione sociale; vi) salute. Per l’Italia, paese, al tempo stesso, che è stato colpito duramente dal Covid-19 e che non cresce economicamente da circa trent’anni è ovviamente, una grande, straordinaria, irripetibile opportunità per migliorare la vita di tutti, ma, soprattutto, come dice il titolo del programma, di quella della prossima generazione.
Nella fase attualmente in corso, il governo guidato da Giuseppe Conte, il quale è positivamente responsabile per avere ottenuto dall’Unione Europea di gran lunga più fondi di qualsiasi altro paese europeo, è impegnato nella preparazione e stesura dei programmi. Non mancano le polemiche, non solo provenienti dalle opposizioni, ma anche dall’interno della coalizione di governo. Sono di due tipi. Da un lato, molti rimproverano, a mio parere, alquanto prematuramente, al governo di essere già in ritardo. I programmi debbono arrivare alla Commissione non oltre il mese di aprile, ma la Commissione ha fatto sapere che “prima arrivano meglio sarà”, vale a dire se ne potrà discutere più approfonditamente e si potrà porre rimedio a eventuali inadeguatezze e carenze. Dall’altro lato, la polemica più aspra e aggressiva riguarda la composizione e la guida degli organismi incaricati di formulare i programmi. A coordinare tutto, al vertice della piramide, sta la figura del Presidente del Consiglio coadiuvato dal Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e dal Ministro per gli Affari Europei Vincenzo Amendola. Vi sarebbero poi sei manager e un (in)certo numero di collaboratori esterni, vale a dire non tratti e non provenienti dalla burocrazia italiana.
Le critiche sono state e, al momento in cui scrivo, continuano ad essere ancora più severe sia contro l’eccessivo potere concentrato nelle mani del Presidente del Consiglio sia contro la composizione complessiva dell’organismo tecnico, della cosiddetta task force. Non mi soffermo sulle contraddizioni di coloro che volevano un Premierato forte e che adesso, in una fase di eccezionale gravità, si oppongono a che il Premier abbia effettivamente forti poteri. Noto, però, che debbono certamente essere il governo e il suo capo a portare la responsabilità di quello che viene fatto, non fatto, fatto male. È opportuno che si consultino le opposizioni, ma la decisione finale deve essere sempre presa dal governo che ne risponderà ai cittadini elettori. Per quel che riguarda manager e collaboratori, l’obiezione è che, da un lato, espropria i poteri dei governanti, dall’altro, che è pletorica, troppo ampia e, questa volta, espropria la burocrazia. Personalmente, ritengo che la prima obiezione sia sbagliata e pretestuosa.
Le decisioni finali rimangono nelle mani dei politici, governo e Parlamento al quale il programma sarà formalmente sottoposto per l’approvazione definitiva. La seconda obiezione è più fondata da almeno due punti di vista. In primo luogo, perché non è vero che la burocrazia italiana sia in blocco inadeguata a stilare un programma di interventi e di azioni. Ci sono isole d’eccellenza nell’apparato dello Stato e ci sono alti funzionari dotati di notevole competenza che è sicuramente da utilizzare. Secondo, buona parte dei fondi che l’Italia otterrà saranno poi posti all’opera attraverso i canali e le strutture della burocrazia (digitalizzabile e digitalizzata, rinnovata, meglio valutata). Dunque, il coinvolgimento di alcuni settori della burocrazia nella fase di elaborazione serve anche a fare sì che siano nelle condizioni migliori quando si passerà all’attuazione.
Credo che faremmo molto male a sottovalutare la portata delle differenze di opinioni e di proposte relative al modo con il quale utilizzare i fondi del NextGenerationEU. In gioco, c’è il futuro dell’Italia e, in parte, anche quello dell’Unione Europea poiché un fallimento dell’Italia avrebbe enormi ripercussioni. In gioco c’è anche, quasi ugualmente importante, il futuro prossimo del governo Conte insieme al posto che certamente mira a conquistarsi nella storia d’Italia. Non è difficile immaginare quale senso di delusione colpirebbe le autorità europee se il governo italiano entrasse in crisi proprio quando deve sottoporre i suoi progetti, difenderli, migliorarli e attuarli. Ancora peggio se vi fossero nuove elezioni e al governo dell’Italia andassero coloro che esprimono idee sovraniste, sempre scettiche spesso critiche dell’Unione Europea che c’è e dalla quale desideriamo un consistente aiuto. Non prevedo nessuna crisi di governo nel 2021 e poi nel gennaio-febbraio 2022 ci sarà l’elezione del Presidente della Repubblica: una ottima ragione per mantenere un minimo di coesione fra i partiti che fanno parte del governo Conte.
Quello che temo per il 2021 sono le incertezze, le divisioni interne al governo, l’incapacità di mettere al lavoro tutte le competenze necessarie, i ritardi nella sottoposizione dei programmi alla Commissione europea. Non riuscire a sfruttare al meglio un’occasione storica significa condannare non soltanto la prossima generazione, ma l’Italia tutta, alla stagnazione economica e culturale. L’anno 2021 è davvero cruciale per gli italiani, in Italia e nel mondo. Auguri.
Pubblicato il 1 gennaio 2021 su ITALIANItaliani