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L’erosione di una democrazia è più facile quando comincia dall’interno #CapitolHill #washingtonprotest #Trump

Negli anni venti e trenta dello scorso secolo, le democrazie europee che divennero preda di leader autoritari cedettero dall’interno. Non furono difese dalle loro classi dirigenti, prevalentemente di destra, certamente anti-socialiste e anticomuniste. Trump ci ha messo molto del suo, ma parte delle classi dirigenti conservatrici USA si sono sentite adeguatamente rappresentate dal suo suprematismo bianco. L’erosione di una democrazia è più facile quando comincia dall’interno.

Le due anime dell’America #Presidenziali2020 @C_dellaCultura

Molto probabilmente Trump non sarà rieletto il 3 novembre. Quasi sicuramente otterrà molti meno voti di Biden. Già Hillary Clinton conquistò tre milioni di voti più di lui. Trump ha già annunciato che tenterà comunque di mettere in questione l’esito del voto senza curarsi delle gravi conseguenze che il suo tentativo potrà avere per la democrazia USA. Lo farà nella convinzione che, se dovesse essere chiamata in causa, la Corte Suprema troverà il modo di dargli ragione come nel dicembre del 2000 quando con 5 voti dei giudici nominati dai repubblicani a 4 consegnò la Presidenza a George Bush e non al democratico Al Gore. Quel voto cambiò la storia del mondo, a cominciare da quella dell’Iraq.

Per un insieme di circostanze e di convenienze la Corte Suprema è diventata una protagonista assoluta nella politica della Repubblica presidenziale USA. Nei suoi quattro anni alla Casa Bianca Trump ha goduto della opportunità inusitata di riuscire a nominare addirittura tre giudici e di vederli rapidamente confermati dalla maggioranza repubblicana al Senato. Anticipo il verdetto positivo su Amy Coney Barrett (nella speranza di essere smentito) con la cui probabile conferma la Corte sarà composta da sei giudici nominati dai repubblicani e tre dai progressisti. È interessante sottolineare che cinque di quei giudici sono stati sponsorizzati dalla potente associazione conservatrice “The Federalist Society” che sostiene un’interpretazione “letterale” della Costituzione come fu scritta senza nessun riguardo per tempi e luoghi notevolmente cambiati a fronte di coloro che rivendicano la necessità di tenere conto delle trasformazioni sociali, culturali, di sensibilità intervenute nei secoli.

   Poiché I giudici rimangono in carica a vita, Trump ha la garanzia che per i prossimi trent’annni la maggioranza non cambierà. Infatti, i giudici da lui nominati che hanno rispettivamente Gorsuch 53 anni, Kavanaugh 55 e Barrett 48 non lasceranno certamente la loro carica. Potranno procedere all’abolizione totale, imperiosa richiesta, finora frustrata, dei repubblicani, della riforma sanitaria di Obama. Potranno anche restringere ulteriormente i criteri per consentire l’interruzione della gravidanza. Sono entrambe tematiche importantissime sulle quali Coney Barrett è stata oltremodo elusiva nelle sue audizioni al Senato. Certamente, “i giudici di Trump” non si preoccuperanno in nessun modo di garantire il diritto al voto che la maggioranza delle 35 assemblee legislative degli Stati controllati dai repubblicani manipolano e fortemente limitano. I mass media USA scrivono addirittura di voter suppression. Sono trucchi e talvolta veri e propri brogli che qualsiasi Commissione elettorale dichiarerebbe illegali.

Insomma, quello che non ha potuto/saputo fare la politica (di Trump) la Corte Suprema riuscirebbe a conseguire anche in tempi relativamente brevi. Questa regressione culturale e sociale è molto temuta dai Democratici i quali sono del tutto consapevoli che al loro eventuale Presidente non spetterà nessuna nomina per molti anni. Pertanto, la Speaker della Camera dei Rappresentanti Nancy Pelosi ha già reso pubblica l’intenzione di aumentare il numero dei giudici della Corte Suprema portandolo da 9 a 11. In questo modo, l’eventuale probabile presidente avrà la possibilità di nominare subito due giudici. I democratici vorrebbero anche ridurre la durata della carica a diciotto anni, Tutto questo è giuridicamente accettabile poiché numero dei giudici e la loro durata non sono inscritti nella Costituzione, ma si trovano in un legge approvata circa un secolo fa dal Congresso e che, quindi, dal Congresso può essere riformulata. Politicamente, però, i Democratici hanno assoluto bisogno di conquistare la maggioranza al Senato. Anche per questa ragione, le elezioni del 3 novembre, nelle quali si rinnoverà un terzo dei senatori (35) sono particolarmente importanti, sostanzialmente cruciali per la qualità della democrazia USA.

In maniera che qualcuno considera esagerata, si diffonde l’idea che in questa elezione presidenziale sia in palio l’anima dell’America: Da una parte i suprematisti bianchi, i Proud Boys con le loro armi e le loro propensioni razziste, coloro per i quali la grandezza dell’America sta nel suo contrapporsi alla Cina e al resto del Mondo; dall’altra coloro che vogliono ridurre le diseguaglianze (che Trump definisce spregiativamente “socialisti”), che accettano e esaltano (forse fin troppo) il multiculturalismo e che spesso cadono negli eccessi del politically correct. Il paradosso di questa contrapposizione è che i suoi rappresentanti sono entrambi uomini bianchi ultrasettantenni della Costa Atlantica. Credo che Obama non si avventurerebbe a dire che “the best is yet to come”. Purché non arrivi dopo avere toccato il fondo.

Non sottovalutiamo la marcetta fascista

Per quanto opportuno, è inadeguato limitarsi, facendo sfoggio di cultura, a citare Hegel e Marx secondo i quali la storia si presenta due volte, la prima volta come tragedia, la seconda come farsa. La Marcia su Roma prospettata da Forza Nuova per il novantacinquesimo anniversario del 28 ottobre 1922 non è neppure una farsa. È una sceneggiata. Potremmo pensare di “seppellirla con una risata”, magari dopo avere rivisto l’ottimo film di Dino Risi, La marcia su Roma (1962), interpretato da Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi. Invece, no: farsetta o provocazione, la marcia di Forza Nuova ci obbliga a riflettere non soltanto sul nostro passato, ma anche sul presente e su quello che vorremmo fosse il futuro. Naturalmente, li vediamo quelli che, temo con qualche sottovalutazione, chiamiamo “rigurgiti” di fascismo e di nazismo anche in altri paesi europei e nell’America di Trump e dei biechi suprematisti bianchi. Di nuovo, troppo facile sostenere come spiegazione che gli italiani non hanno davvero fatto i conti con il loro passato fascista. È vero, ma bisogna andare oltre prendendo ancora una volta atto che nelle scuole italiane l’insegnamento della storia (che, a mio modo di vedere, dovrebbe sempre accompagnare quello della Costituzione, altrimenti non del tutto comprensibile e apprezzabile) raramente approfondisce il ventennio fascista e quasi mai giunge ai giorni nostri. Non basteranno le assunzioni di migliaia di docenti precari a porre rimedio a una inadeguatezza strutturale.

Farò ancora una citazione colta: “Chi non conosce la storia è destinato a riviverla”. Tuttavia, non credo che ripeteremo la nostra storia, ma dobbiamo confrontarci fin d’ora con due reali problemi. Il primo, che non considero affatto marginale, riguarda la legittimità di manifestazioni come quella progettata da Forza Nuova. Il secondo concerne il tipo di società, prima ancora del sistema politico, nel quale desideriamo vivere. I liberali e i democratici non possono che essere, in linea di principio, contrari a impedire l’espressione di qualsiasi tesi e, persino, di ideologie (che, però, è un complimento troppo grande alle misere elucubrazioni di Forza Nuova) sicuramente non democratiche. D’altronde, l’art. 21 della Costituzione italiana: “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” (nel quale possono rientrare cortei, sfilate, marce su Roma e dintorni) è chiarissimo e molti Costituenti avevano sperimentato anche sulla propria pelle la repressione sistematica fatta dal fascismo di quella libertà.

Pure prevista come reato da una legge del 1952, l’apologia del fascismo intesa come esaltazione di esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo e delle sue finalità antidemocratiche è considerata dai liberali più intransigenti in contrasto con la libertà di pensiero. Per essere punita dovrebbe tradursi in incitamento ad azioni violente e degenerare nel ricorso della forza. Ovviamente, sono i prefetti e i questori nonché il Ministro degli Interni a decidere se esiste un rischio imminente di questo genere. Certo, il divieto di quella marcia per ragioni di ordine pubblico consentirà agli organizzatori di esibirsi nel vittimismo e di accusare lo Stato, democratico, di mostrare il suo vero volto repressivo. D’altronde, è molto probabile che, proprio come hanno fatto a Charlottesville i suprematisti bianchi e i loro amici del Ku Klux Klan, l’esito ricercato da Forza Nuova sia proprio lo scontro fisico. Allora, è giusto fermarli preventivamente.

Ciò detto, il problema più importante a mio modo di vedere è la crescita e la diffusione di tutti quei grumi che hanno costituito la mentalità fascista in Italia e altrove (dovrebbero fischiare le orecchie a quei governanti dei paesi dell’Europa orientale che, per fare i conti con il comunismo, recuperano e lucidano brandelli dei loro rispettivi nazional-fascismi): risentimenti e rancori, la violenza, in special modo contro le donne, e l’ intolleranza, specialmente contro i diversi, oggi facilmente identificabili dal coloro della pelle, persino una malposta identità nazionale. Allora, dobbiamo chiederci non soltanto se le scuole sanno diffondere l’indispensabile educazione democratica, ma anche qual è la responsabilità della stessa società civile, troppo ripiegata su se stessa e qualche volta addirittura incivile. La marcetta di Forza Nuova è soltanto una brutta escrescenza. Interroghiamoci sulle nostre carenze di conoscenze, di adempimenti, di comportamenti.

Pubblicato 8 settembre 2017