Home » Posts tagged 'terzo mandato'

Tag Archives: terzo mandato

Tertium non datur. Perché è giusto limitare i mandati @DomaniGiornale

Ci sono molte buone ragioni per rispondere “no, non si può” (e, in special modo non si deve) a tutti coloro, ma soprattutto ai diretti interessati (De Luca, Zaia, ultimo, ma nient’affatto trascurabile, il sindaco di Milano Sala che sembra essersi messo avanti con il lavoro), che chiedono di consentire un terzo mandato ai Presidenti delle Regioni e ai sindaci. In ordine di “urgenza”, la risposta è, primo, non si cambiano le regole quando il “gioco” è già iniziato e meno che mai si cambiano ad personas, su richiesta dei diretti interessati. Questa risposta ha più peso se chi la dà non ha nulla da guadagnare, che non è propriamente il caso dei granitici Fratelli d’Italia aspiranti alla conquista del Veneto. La regola dei due mandati ha funzionato in maniera più che soddisfacente garantendo un ricambio ordinato nelle cariche di governo regionale e locale. Di recente, già altri governanti, ad esempio, il Presidente dell’Emilia-Romagna e il sindaco di Pesaro, seppure a malincuore, ma adeguatamente ricompensati, l’hanno rispettata. Nessuna eccezione deve essere fatta. Al limite, ma proprio come extrema ratio, se cambiamento dovesse esserci, non dovrebbe valere subito per i diretti interessati ai quali bisogna imporre comunque di saltare un giro.

Il riferimento comparato che i richiedenti, in particolare Zaia e De Luca, fanno fra le cariche di sindaci e di presidenti di regioni, soggetti alla regola, e quelle dei parlamentari, pluririeleggibili a piacimento, spesso, però, non loro, è del tutto mal posto. I primi sono governanti, i secondi sono rappresentanti. Sindaci e presidenti di regione hanno una ampia batteria di poteri decisionali specifici, propri, significativi con i quali, sono stati in grado di favorire alcuni gruppi, associazioni, attività anche senza volerlo (ma sarebbe fare loro un torto pensare che non lo sappiano) in maniera legittima, ancorché foriera di conseguenze. Più o meno consapevolmente hanno costruito reti di relazioni di potere e di scambio che possono persino ingabbiare eventuali tentativi di innovazione. Comunque, quelle relazioni intrecciate conferiscono loro un indubbio vantaggio di partenza nelle competizioni elettorali, in termini di visibilità, popolarità, sostegno anche sotto forma di finanziamenti.

    Fra i parlamentari, anche quelli di troppo lungo e poco meritato corso, nessuno ha comunque mai nelle sue mani quantità di potere decisionale commisurabile a quello, nel loro piccolo, medio, grande, acquisito e esercitabile dagli occupanti dei vertici regionali e comunali. Naturalmente, tutti sanno che prima con la legge elettorale Calderoli (giustamente bollata come Porcellum), poi con l’abortito Italicum partorito da Renzi-Boschi e con la legge elettorale vigente (che porta il nome di Rosato), i parlamentari non sono “eletti”, ma nominati e cooptati, e quindi possono essere scaricati (sic) dai loro dirigenti.

   Questa brutta procedura li rende ancora meno potenti con aleatoria durata in carica e non può servire a giustifica l’estensione di un qualsivoglia terzo mandato a livello locale. Piuttosto, dovrebbe rendere urgente e indispensabile procedere alla stesura di una legge elettorale decente (ce ne sono, eccome, più di una) per la nazione. Attendiamo le proposte di Zaia e De Luca, ma anche, se vorrà, di Sala.

L’argomentazione al tempo stesso più subdola e più pericolosa utilizzata, in special modo da Zaia, ma anche da De Luca, per ottenere deroga e terzo mandato, chiama in causa gli elettori e la stessa democrazia. I sondaggi dicono che entrambi i presidenti di regione sarebbero riconfermati nella loro carica a (diverso) furor di popolo. Pertanto, sostengono i “terzisti”, chi vuole imporre, mantenere e fare rispettare il limite dei due mandati, si schiera contro il popolo. Sostanzialmente, poiché toglie potere al popolo meriterebbe di essere definito “nemico del popolo”.     

   Tutt’al contrario, è proprio la contrapposizione di una più o meno presunta (accertabile soltanto al termine della campagna elettorale e della competizione fra più candidature) volontà del popolo alle regole in vigore che si caratterizza come espressione di populismo, di tremendo populismo. Nel circuito istituzionale italiano, non il più “bello” delle democrazie contemporanee, ma neppure il più brutto c’è molto da ritoccare e cambiare, molto che può essere migliorato, non la regola del limite dei due mandati. Anzi, bisognerà tenerla in assoluta considerazione qualora si procedesse malauguratamente all’elezione popolare diretta del capo del governo. Meditate.

Pubblicato il 19 gennaio 2025 su Domani

Stop al terzo mandato per Bonaccini, il politologo Pasquino: «Giusto, la successione? Gualmini e Conti possibili candidate» #intervista @corrierebologna

Il dibattito sulla legge che fissa il limite e l’emendamento leghista bocciato:  «La norma così va benissimo, è stata pensata per evitare l’accentramento, il ricambio serve alla democrazia. Potrebbe candidarsi alle Europee, lo farà?»

Intervista raccolta da Marco Madonia

«Un lavoro sono in grado di trovarmelo da solo», disse Mario Draghi per scacciare i dubbi su un suo ipotetico ruolo politico dopo la rielezione al Quirinale di Mattarella. Il politologo Gianfranco Pasquino cita l’ex premier per smontare la richiesta di terzo mandato. «Zaia, Bonaccini e De Luca non sono Draghi..», dice il professore emerito dell’Alma Mater che benedice il voto che ha bocciato l’emendamento leghista.

Perché lei è contrario all’innalzamento del limite dei due mandati per presidenti delle Regioni e sindaci delle grandi città?
«La legge così com’è va benissimo, è stata pensata per impedire un eccessivo accentramento nelle stesse persone. Il ricambio è un elemento di salute della democrazia. La concentrazione di poteri non va mai bene, perché poi quel potere può essere usato per fini personali. Andare oltre i 10 anni è una forzatura».

In Veneto se Zaia si ricandidasse vincerebbe a mani basse.
«Non si cambiano le leggi in riferimento alle persone, mica si interviene perché si vuole salvare Zaia, Bonaccini o perché non si sa quale sarà la reazione di De Luca. In questo caso la motivazione è chiarissima. La Lega dice che gli elettori voterebbero Zaia? È un modo di ragionare profondamente populista, le leggi si osservano e basta».

Però le leggi si possono cambiare.
«Sì, ma a bocce ferme, non quando si sta giocando la partita».

Chi vuole modificare il tetto dice che non vale per la premier Meloni che potrebbe fare ben più di due mandati. Anche Andreotti ne fece di più.
«Andreotti ha fatto il presidente del Consiglio sette volte. Lui come Meloni sono indicati dal Parlamento. Il paragone con i governatori eletti dai cittadini è sbagliato».

Anche i parlamentari non hanno limiti.
«Ma rappresentano il potere legislativo, mica l’esecutivo. È diverso».

Nel Pd il no al terzo mandato è lo strumento di Schlein per mettere fuorigioco Bonaccini?
«E se io dicessi il contrario? Bonaccini vuole continuare a fare il presidente della Regione per stare al centro del campo e condizionare la segretaria».

Alle Europee Bonaccini potrebbe fare il pieno di preferenze. Resterebbe al centro.

«Benissimo, si faccia candidare e poi discutiamo se le preferenze valgono per il Parlamento europeo o per il partito nazionale»

E il centrodestra?

«Salvini cerca di recuperare consensi su Meloni e vuole il terzo mandato di Zaia perché può essere uno sfidante pericoloso per la leadership della Lega. Le regole, però, vengono prima dei destini personali».

In Regione, senza Bonaccini, il centrosinistra rischia di perdere?
«Sarebbe preoccupante se il centrosinistra in una regione come l’Emilia-Romagna non fosse in grado di trovare una candidatura autorevole».

Dopo Errani non è che ci fosse la fila per fare il governatore.
«Se vuole possiamo fare un toto candidature».

Prego.
«Elisabetta Gualmini ha un curriculum di rilievo e ci sta pensando, anche Isabella Conti lo può fare. In un partito ci dovrebbero essere almeno cinque possibili candidati, altrimenti la questione è grave».

Italia Viva dice che il no delle opposizioni ha evitato un inciampo al governo.
«Questi sono escamotage, votare per opportunismo che senso ha? Cosa sarebbe successo se avessero votato si? La situazione della sinistra sarebbe migliorata? Il Paese ne avrebbe avuto un beneficio? Si tratta solo di stratagemmi che ingannano elettori. Del resto, Salvini sapeva che avrebbe perso».

Salvini non è bravissimo con le previsioni. .
«A maggior ragione, dovrebbe smetterla di fare queste operazioni. A meno che avesse un altro obiettivo, ma questo io non lo so».

Pubblicato il 24 febbraio 2024 sul Corriere di Bologna

Il terzo mandato e i peccati di una riforma ad personam @DomaniGiornale

“Un lavoro sono in grado di trovarmelo da solo”. No, non sono parole di Luca Zaia, Presidente della Regione Veneto; non di Stefano Bonaccini, Presidente della Regione Emilia-Romagna; neanche di Matteo Ricci, attivissimo sindaco di Pesaro. Tutti al termine del loro secondo e ultimo mandato, da un lato, sperano che venga eliminato il limite ai due mandati, dall’altro, attendono che qualcuno, il partito, trovi un lavoro per loro. Nessuno di loro è in grado di pronunciare le parole di Mario Draghi. L’attaccamento alla (no, non scriverò “poltrona”) carica è evidente. Non è etichettabile come passione. Qualcuno, non chi scrive, direbbe “occupazione”, forse, un po’ meglio, “professione”. Certamente, è non osservanza delle regole istituzionali notissime a chi si candidò a quelle cariche una decina di anni fa. Zaia ha dichiarato che a decidere della continuazione dei mandati, a cominciare dal suo, dovrebbero essere gli elettori. Questa dichiarazione ha un retrogusto populista. Fa parte del problema che la legge che contempla il limite ai mandati voleva contrastare e risolvere, vale a dire, evitare la cristallizzazione del potere di sindaci e poi di presidenti a lungo in carica, diventati molto popolari e in grado di sfruttare, spesso inevitabilmente, le relazioni intessute del corso del tempo e anche, altrettanto inevitabilmente, la capacità di distribuire in maniera selettiva le risorse.

   Il ricambio nelle cariche, tecnicamente la circolazione delle elites politiche, è (quasi) sempre positivo anche per la circolazione delle idee, delle proposte, delle soluzioni. Un buon ricambio caratterizza le democrazie meglio funzionanti. Naturalmente, in democrazia è sempre possibile cambiare le leggi. Anzi, una delle caratteristiche politiche più apprezzabili delle democrazie è che tutti i protagonisti e il regime stesso sono in grado di imparare, di risolvere gli errori, di individuare soluzioni migliori. Fu un errore mettere un limite ai mandati di governo dei sindaci e poi dei Presidenti di regione? L’abolizione di quei limiti può essere presentata e giustificata come una soluzione istituzionale preferibile all’esistente?

Però, l’appassionante (sic) dibattito attuale non verte su questi punti problematici. Premesso che le regole istituzionali possono essere cambiate come si è fatto in Italia da quarant’anni ad oggi, e ancora si farà, purtroppo non proprio con miglioramenti epocali (scusate l’eufemismo), la regola delle regole, non solo in politica, è che non debbono mai essere cambiate, in corsa, di corsa, durante il gioco. E, se vengono cambiate quando il gioco è in corso, le nuove regole non possono valere se non trascorso un certo periodo di tempo, in questo caso, almeno tutto un mandato. Alcuni sindaci, terminato il doppio mandato, sono tornati campo, con successo, ma anche no, dopo avere saltato un turno. 

Detto che le regole possono essere cambiate, bisogna aggiungere, ma non dovrebbe essere necessario, che è imperativo che le motivazioni siano assolutamente di natura istituzionale: la possibilità di svolgere un terzo mandato implicherebbe/rà un salto di qualità nei governi locali; darebbe un contributo decisivo al buongoverno degli enti locali, potenzialmente di tutti quegli enti dalle Alpi alla Sicilia. Invece, l’estensione del terzo mandato viene giustificata con riferimento agli occupanti e ai loro partiti, ragioni personali e partitiche. La Lega è favorevole perché senza Zaia “perderebbe” il Veneto. Nel Partito Democratico qualcuno sostiene, forse, l’estensione perché teme di non sapere come sostituire alcuni governanti locali e come e dove “piazzare” gli uscenti. Fratelli d’Italia ha dalla sua l’osservanza della legge sull’esistenza dei limiti ai mandati e della loro applicazione senza eccezioni anche perché ne deriverebbe un notevole riequilibrio del potere locale a suo vantaggio. Ho l’impressione che questa brutta storia finirà con la vittoria dell’opportunismo variamente declinato piuttosto che delle regole esistenti. Se perdono coloro che sostengono che regolae sunt servandae , saranno sconfitti anche i molti cittadini democratici che ritengono che la democrazia è rule of law, governo della legge.

Pubblicato il 21 febbraio 2024 su Domani