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Il voto di scambio infetta l’essenza della politica. La questione morale è politica. @Domanigiornale

La buona notizia è che gli italiani, forse, non si sono ancora assuefatti alle questioni immorali e non sono rassegnati al non accertamento delle cause e alla non ricerca di soluzioni. Da sempre credo che bisogna stare con i moralisti, coloro che, come Norberto Bobbio e con lui, ritengono che nessun comportamento politico debba mai essere svincolato dall’etica. In politica, lo sanno tutti, anche coloro che violano il principio, esistono molte attività che semplicemente non si debbono fare. Non sono soltanto attività che vanno contro le leggi e le regole, ma attività poco lecite che corrompono la competizione, che coinvolgono i cittadini-elettori in reti di malaffare, che danno indebiti vantaggi a quei politici che vi ricorrono. In politica, forse più che in altre attività tranne che nel mercato, la moneta cattiva scaccia quella buona.

   Chi usa la corruzione nelle sue più varie e fantasiose forme produce vantaggi per se stesso e per i suoi sostenitori inquinando tutto il sistema. Tempo fa, ma credo che le convinzioni siano poco cambiate, veniva effettuata un distinzione fra chi con i suoi comportamenti scorretti e corrotti mirava a avvantaggiare il suo partito e chi procurava vantaggi solo per se stesso, per i suoi amici/collaboratori, per la sua corrente. Ai primi si condonava molto; i secondi erano da condannare (insomma, senza esagerare …). Al contrario. Ritengo che la corruzione orientata a favorire il proprio partito, senza contare che chi la pratica saprà come farsi ricompensare in termini di ruoli e cariche, sia peggiore degli arricchimenti personali, perché corrompe l’intero sistema politico.

Fatta la premessa necessaria e non ipocrita che le responsabilità civili e penali vanno rigorosamente accertate, quello che si sa di Bari e di Torino, che coinvolge il Partito Democratico appare non particolarmente originale, ma piuttosto grave. Poiché le elezioni sono lo snodo attraverso il quale in democrazia si attribuisce e distribuisce il potere politico, comprare voti e preferenze sfregia e sbrega la democrazia. Poiché, gli eletti e le elette in maniera truffaldina si sentiranno obbligati/e a reciprocare in qualche modo, ne risentirà l’intero processo decisionale condizionato da reti di relazioni corrotte. Anche i vari gruppi e le diverse associazioni interessate alle decisioni politiche saranno costrette a fare i conti con un contesto corrotto e a posizionarsi contribuendo al mantenimento di una situazione chiaramente malata, da molti conosciuta, non adeguatamente rigettata.

Nonostante le molte (sì, lo so che debbo immediatamente aggiungere “purtroppo, anche non positive”) trasformazioni della politica, quel che rimane dei partiti continua a svolgere compiti cruciali: reclutamento e promozione di candidati/e, nomine a una pluralità di cariche, non solo politiche, rapporti con la società, più o meno civile. Dove e quando le strutture partitiche sono deboli e, quindi, permeabili, risulta più facile per alcuni gruppi conquistare spazi e ottenere compiti di rilievo. Quasi sicuramente, il Partito Democratico deve interrogarsi su come è stato possibile che le sue strutture siano state penetrate da persone e gruppi spregiudicati in grado di utilizzare mezzi e strumenti deplorevoli, esecrabili, senza nessuna moralità. La cosiddetta “questione morale” è, non solo, ma nei due casi clamorosi sopra citati, soprattutto per il Partito Democratico, una questione propriamente politica. Un partito che, per qualche ansia di ingrandimento, di potere, forse di sopravvivenza, rinuncia a mettere in atto controlli rigorosi su coloro che ne fanno parte e lo utilizzano, è il primo responsabile della questione morale, della immoralità nell’azione politica. La risposta è: controllare, imporre regole, sfoltire, epurare. Da subito. 

Pubblicato il 10 aprile 2024 su Domani

Imparare l’arte delle primarie per usarle quando servono @DomaniGiornale

Quella di Torino è stata bruttina, ma i commenti alle due primarie del Partito Democratico, a Roma e a Bologna, grondano di soddisfazione e autocompiacimento. Cercano di fare dimenticare previsioni buie e tempestose, sostanzialmente infondate e la sostanziale incomprensione di che cosa sono e possono essere le primarie. Anche in questo caso sarebbe utile il mio test d’accesso per chi vuole esprimere valutazioni: quale articolo scientifico, quale libro di analisi delle elezioni primarie, che, incidentalmente, si fanno in molti altri luoghi, ad esempio, in Argentina e in Cile, oltre agli USA, hanno letto gli spericolati commentatori/trici? Certo, le primarie sono un esercizio di democrazia, meglio quando sono impostate, organizzate, condotte in maniera effettivamente democratica. A Roma il PD non è abbastanza forte da condizionarle, ma qualche scoraggiamento a altre potenziali candidature era stato mandato. A Bologna il PD ha prima fatto quasi tutto il possibile per trovare un mitico “candidato unitario” ovvero designato dai potenti. Poi si è buttato a sostegno del candidato preferito dai “maggiorenti” (il piuttosto loquace Romano Prodi incluso) cercando di squalificare l’oppositrice perché “renziana”. Come se il Presidente della Regione Bonaccini non fosse stato renziano e lo stesso sindaco Merola, “ideologicamente” assai volubile, non avesse avuto la sua sbandata renziana. Adesso, il vincente annuncia la sua apertura alla renziana Conti la quale, opportunamente e nobilmente, ha dichiarato lealtà di voto, ma non vuole farsi fagocitare. Ci si chiede (notate come pongo la questione) che fine farà il ricorso promosso da tre ex-segretari del Partito di Bologna ai probiviri contro gli iscritti del PD che hanno annunciato il loro voto alla Conti. Lana caprina.

   Nelle primarie, naturalmente, conta soprattutto vincere, ma il modo come si vince ammonta a una più o meno bella lezione di politica. La campagna elettorale comunica non soltanto chi sono i candidati, le loro biografie personali, professionali e politiche (quella di Roberto Gualtieri è assolutamente lusinghiera), ma anche che cosa li distingue e che cosa propongono anzitutto all’elettorato della loro aerea politica. Le primarie diffondono informazioni di stile e di sostanza. Dovrebbero anche, se non si sono manifestate come attacchi personali, in effetti a Bologna c’è stato anche questo (non stendo nessun pietoso velo di silenzio), servire come slancio per la corsa alla (ri)conquista del Palazzo comunale. Vedo, invece, che, per il momento, il tempo viene impegnato per tirare sospiri di sollievo e per esibirsi sulle vette dell’ipocrisia e della retorica più melensa. Fermo restando che, in generale, le primarie sono un optional, per il PD sono uno degli elementi fondanti la sua (peraltro pallida) identità di partito. Di tanto in tanto qualche revenant di “intellettuale” organico ottiene il suo momento di esposizione mediatica con critiche severissime (“masturbazione intellettuale”), spesso infondatissime, alle primarie. Molto meglio farebbe il Partito Democratico a valorizzarle come un procedimento che ha la potenzialità di migliorare la politica del partito e, in senso più lato, italiana ponendo le premesse per l’allargamento del campo del centro-sinistra. Non soltanto l’allargamento è indispensabile per chi voglia superare il centro-destra, ma consente la mobilitazione delle energie esistenti e l’attrazione di quelle disponibili purché non si sentano manipolate. In sintesi: c’è più di una candidatura? Oportet ut primariae eveniant. Primarie competitive. Il resto è fuffa.

Pubblicato il 23 giugno 2021 su Domani “Impara le primarie e mettile da parte: cosa resta dopo i risultati”

Dietro i civici, le sorprese

Succede un po’ di tutto nella ricerca spasmodica delle candidature alla carica di sindaco nelle maggiori città italiane. C’è Sala, il sindaco uscente di Milano, che incoraggia a suo sostegno la proliferazione di liste e listine, specchietti per le allodole, mentre il centro-destra oscilla tra la ricerca di un civico e la promozione di un politico. Ė davvero curioso come lo schieramento di centro-destra, in ordine casuale: Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, che tutti i sondaggi danno oramai da molti messi maggioritario nel paese e destinato a vincere le elezioni e quindi a governare, desideri porre ai vertici delle città personalità non politiche. Sta mandando all’elettorato un messaggio confuso e contraddittorio: “dimenticate i politici, meglio la società civile” che, però, il PD non può sfruttare avendo già scelto un non-politico per Napoli, affidandosi a Beppe Sala a Milano, neppure lui un politico, e dando il peggio di sé a Bologna. Il Partito Democratico ne ha già fatte di tutti i colori, pretendendo il sindaco di imporre il suo successore, esitando il partito a promuovere le primarie quando gli assessori in corsa erano tre, trovandosi sfidato da Isabella Conti, sindaco di successo nel non piccolo comune di San Lazzaro, ma esponente di Italia Viva. Stanno per entrare in campo i probiviri e si preparano, forse, anche gli avvocati.

   A Bologna è questione di potere, quel potere diffuso che il PD non vuole neppure vedere scalfito. Altrove, invece, quel che sta succedendo è un brutto segnale non per vagamente “la politica”, ma per i politici e i loro veicoli che non hanno neppure il coraggio di chiamare partiti. Quei veicoli non sono strutture che reclutino iscritti, li facciano diventare militanti, li selezionino per le cariche elettive, promuovendo i migliori che hanno maturato esperienze e acquisito competenze. Sono mezzi di trasporto per il/la leader. Talvolta il PD deve soddisfare le esigenze di carriera dei suoi dirigenti, come avverrà a Roma e forse anche a Bologna, ma nel centro-destra da Meloni a Salvini evidentemente non si fidano della capacità dei loro esponenti a livello locale. Non saprebbero vincere. Dunque, bisogna andare a scovare il mitico candidato “civico” che porti la sua più o meno grande popolarità acquisita nel suo settore specifico, che abbia visibilità mediatica, che nella campagna elettorale faccia notizia e rumore, magari addirittura con qualche gaffe non micidiale.

   Poi, la situazione sarà più dura se vincesse poiché governare Torino, Milano, Napoli e soprattutto Roma non è mai né una passeggiata né un pic-nic. Qui, però, si colloca il retropensiero dei dirigenti del centro-destra. Il loro candidato civico risultato vittorioso dovrà inevitabilmente fare riferimento ai consiglieri comunali delle liste che l’hanno sostenuto. Lì Fratelli d’Italia, Lega e, in misura minore, Forza Italia hanno piazzato le loro donne e uomini in carriera. Certo, aiuteranno il sindaco/a, ma lo condizioneranno notevolmente. Dietro la candidatura civica stanno i dirigenti politici. Meglio saperlo.

Pubblicato AGL 11 giugno 2021

Roma e Torino, due competizioni molto importanti per M5S e PD: in che modo possono trovare il modo di combinare i loro voti

Roma e Torino. I Cinque Stelle e il PD si scelgano i loro candidati. Li mettano in campo. Poi grazie al ballottaggio per l’elezione diretta del sindaco potranno fare convergenze e alleanze che gli elettori valuteranno. Democrazia elettorale al meglio.

INVITO “Patologia della corruzione parlamentare” di Piero Calamandrei #Torino #CircoloLettori

venerdì 8 settembre ore 18
CIRCOLO DEI LETTORI
via Bogino 9
Torino

presentazione del libro

Piero Calamandrei
Patologia della corruzione parlamentare
Introduzione di Gianfranco Pasquino

edito da Edizioni di Storia e Letteratura

intervengono

Paolo Borgna

Magda Negri

Gianfranco Pasquino

Il volume raccoglie i due scritti in cui Piero Calamandrei mostra, con l’usuale profondità di pensiero e chiarezza di stile, come giustizialismo e discredito della politica siano non solo tratti della vita pubblica odierna, ma fenomeni di lungo corso, che affondano le radici nella storia della nazione.

L’indispensabile e criticabile rappresentanza parlamentare
Riflettere su come i cittadini delle democrazie sono rappresentati e sono governati può essere un esercizio scientificamente gratificante. Quando l’esercizio è effettuato da un grande maestro del pensiero giuridico, come fu Piero Calamandrei, può condurre ad approfondimenti, valutazioni, proposte di rimedi tutti meritevoli di assoluta considerazione. Poiché l’Italia era, ai tempi di Calamandrei ed è rimasta, nonostante alcune malposte, malintenzionate e malfatte proposte di riforma, in parte mai giunte in porto, in parte opportunamente bocciate dall’elettorato, una democrazia parlamentare, gli scritti qui presentati mantengono una straordinaria attualità e pertinenza. Certo, nei più di cinquant’anni trascorsi si sono avuti molti cambiamenti, in particolare, per quel che riguarda i partiti e i loro rappresentanti eletti in parlamento e nelle modalità stesse di fare politica. Tuttavia, i due scritti di Calamandrei qui ripubblicati continuano ad essere molto più che semplici suggestive riflessioni. Sono una guida per addentrarsi nel parlamentarismo, per orientarvisi, per leggervi gli sviluppi, per individuare i problemi aperti e per proporne, lucidamente e sobriamente, i rimedi possibili. (dall’Introduzione di Gianfranco Pasquino)

Passaggi di Repubblica e passaggi di Democrazia #bdem15 @BiennaleDemocr

Biennale_democrazia_Torino

Save the date: 28 marzo 2015 alle ore 11 a Torino presso il  Piccolo Regio Puccini in piazza Castello, 215

BIENNALE DEMOCRAZIA 25-29 marzo 2015

Sul tema Passaggi di Repubblica e passaggi di Democrazia dialogano Lorenza Carlassare e Gianfranco Pasquino.

Coordina Marco Castelnuovo

Prima, seconda o terza: in quale Repubblica viviamo? Sono all’esame del Parlamento riforme istituzionali di grande rilievo. In una fase di crisi economico-sociale, ridurre la distanza fra cittadini e rappresentanti può essere un antidoto a pericolose derive antidemocratiche. Qual è il segno che portano i progetti in discussione? Come cambierà la seconda parte della Costituzione? E come si delinea la nuova legge elettorale? Un confronto fra punti di vista diversi sulle “regole del gioco” di una democrazia che si sta trasformando. In meglio?

Biennale Democrazia

 

Qui per info e prenotazioni