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Conte ora detta la linea politica ma Grillo mantiene un suo ruolo #intervista @CdT_Online

Intervista raccolta da Osvaldo Migotto
Il Movimento 5 Stelle (M5S) si è da poco dato un nuovo statuto e ha eletto il suo primo presidente, l’ex premier Giuseppe Conte. Il futuro dei pentastellati resta però incerto a causa del calo nei sondaggi e della litigiosità interna. Abbiamo sentito le valutazioni del professor Gianfranco Pasquino sullo stato di salute di questa formazione politica.
Conte ha parlato di ampissima partecipazione degli iscritti alla sua elezione via Internet. In realtà ha votato per lui il 58% degli aventi diritto che sono poco più di 115.000. La democrazia diretta di cui i vertici del M5S vanno fieri marcia sul posto?
I pentastellati hanno troppo vantato questo loro strumento di partecipazione politica della base. All’inizio la democrazia diretta nel Movimento era utile e forse anche funzionante, poi però non sono stati in grado di far crescere il numero dei partecipanti. Su circa 120.000 attivisti, per Conte hanno votato poco più della metà. Quindi c’è un problema che secondo me Conte dovrebbe affrontare, cercando di recuperare tutti coloro che si erano iscritti, in quanto per votare occorre iscriversi al Movimento, e ampliare il numero degli attivisti, approfittando della nuova piattaforma di cui il Movimento si è dotato.
A Conte viene rimproverato di non aver avuto un’investitura popolare. Pensa che il nuovo leader dei pentastellati dovrebbe seguire l’esempio di Letta che si è candidato come parlamentare di Siena per rimettersi in gioco?
Questa è una questione marginale, in quanto neanche Draghi ha avuto un’investitura popolare. Ci sono modi diversi per essere scelti a capo di un movimento o a capo di un Governo. Ad ogni modo se si presenterà l’occasione di un seggio parlamentare da conquistare, credo che Conte farebbe bene a candidarsi. Non solo per avere un’investitura popolare, ma anche per poter diffondere informazioni e per poterne acquisire. Scendere in campo, per usare una terminologia sportiva, è utile per i giocatori ma anche per l’allenatore, se vogliamo chiamare Conte allenatore.
Le divisioni interne sono uno dei motivi che hanno causato la progressiva perdita di consensi nel M5S. Divisioni emerse anche nel confronto tra Grillo e Conte. Con quali conseguenze sulla tenuta del Movimento?
Credo che oggi non ci siano delle conseguenze serie in quanto ora è Conte a dare la linea politica. D’altronde è chiaro che Grillo abbia un ruolo, e senza di lui il Movimento non esisterebbe. Si spera che Grillo abbia imparato a riequilibrare e non a scassare, perché la sua forza continua ad essere notevole e quindi deve prendere atto che a questo punto è Conte quello che guida e lui potrebbe trasformarsi in un suggeritore, o forse qualche volta in un propagandista, visto che continua ad essere molto efficace e ha carisma, mentre Conte di carisma proprio non ne ha.
Finora abbiamo visto parlamentari grillini espulsi in quanto non seguivano la linea data dalla direzione del Movimento. Non è una logica autodistruttiva?
Sì, il Movimento non ha trovato il modo di riuscire ad avere un vero dibattito, ed è per questo che avvengono le espulsioni. La linea dei gruppi parlamentari non viene dalla discussione all’interno dei gruppi ma in qualche modo viene calata dall’alto. Il M5S deve dunque trovare delle modalità per confrontarsi e soprattutto deve smetterla con la pratica delle espulsioni che non sono mai una buona scelta, per nessuno. Bisogna sempre riuscire a convincere.
Il premier Draghi negli scorsi giorni ha detto di non voler affossare il reddito di cittadinanza. Crede che lo ha fatto per il quieto vivere di una maggioranza eterogenea o perché crede in questo strumento di sostegno all’occupazione?
Credo che sia al 75 per cento perché crede che questo strumento sia utile e al 25 per cento perché non voleva dare subito un dispiacere a Conte. Ma soprattutto perché ci crede. Draghi non ha la lingua biforcuta e quindi ci crede, anche se tra coloro che ci credono, molti ritengono che bisogna introdurre delle modifiche nel reddito di cittadinanza perché tale strumento potrebbe essere usato molto meglio, in particolare per l’avviamento al lavoro che è il punto debole di questa legge.
Pubblicato il 10 agosto 2021 sul Corriere del Ticino

I soldi di Chavez ai 5 Stelle? La prova è poco convincente #intervista @CdT_Online
Le valutazioni del politologo Gianfranco Pasquino sul presunto scoop del quotidiano spagnolo ABC
Intervista raccolta da Osvaldo Migotto pubblicata il 17 giugno 2020
I documenti che proverebbero il presunto finanziamento del 2010 ai pentastellati da parte del regime di Chavez, rivelato dal quotidiano spagnolo ABC, mostrano alcune incongruenze. Caracas e il M5S smentiscono la transazione ma nel Movimento creato da Grillo le tensioni interne non si affievoliscono. Abbiamo sentito il parere del politologo Gianfranco Pasquino.
Lo scoop del quotidiano conservatore spagnolo arriva mentre nel Movimento fondato da Grillo crescono le divergenze interne. Una semplice casualità?
Il documento che proverebbe il finanziamento appare abbastanza contraffatto, considerati i particolari che alcuni quotidiani italiani hanno messo in rilievo e che mostrano un modo di procedere pasticciato. Per cui il documento non è del tutto convincente. Che ci sia un tentativo di screditarei 5 stelle è noto, loro però vi hanno contribuito: troppe volte avevano infatto elogiato i regime di Chavez e sono poi stati moto ambigui su Maduro. Che Casaleggio abbia accettato dei soldi dal Venezuela…
CONTINUA LA LETTURA QUI Corriere del Ticino 17 06 2020
Diseguaglianze e opportunità nell’era della globalizzazione #intervista @CdT_Online
Intervista raccolta da Osvaldo Migotto
Il politologo Gianfranco Pasquino, domani a Lugano per una conferenza, vede grandi sfide per le nuove generazioni
La scalata sociale oggi appare più difficile che in passato ma il meccanismo varia da Paese a Paese – Fondamentale resta il ruolo della cultura
Professor Pasquino, la sua conferenza a Lugano apre un ciclo di incontri dal titolo «Luci e ombre della globalizzazione». Vista la situazione economico-sociale in Europa, nella globalizzazione lei vede più luci o più ombre?
La globalizzazione di per sé produce notevoli opportunità, ma contiene anche grandi sfide, per cui bisogna sapersi organizzare per sfruttare al massimo le opportunità. Una delle sfide dipende dal fatto che l’economia finanziaria è molto più veloce delle capacità di reazione finora mostrate da Parlamenti e da Governi. I capitali sono inoltre molto più forti di ciascun singolo Stato. Anche gli Stati Uniti sono esposti a questo rapido movimento di capitali, per cui la risposta a questa sfida dovrebbe essere sovranazionale, ma qui si presenta un problema.
Nel senso che non esistono istituzioni sovranazionali in grado di gestire tale sfida?
Non esistono istituzioni in grado di gestire tutta la situazione. In alcuni casi è stato invece possibile gestire singole sfide, come ha mostrato ad esempio la Banca centrale europea. Anche i vari commissari dell’UE hanno saputo imporre a Google di smetterla di operare in regime di monopolio, di pagare le tasse e via dicendo. Si tratta dunque di una sfida in corso.
Misuriamo l’andamento economico di un Paese in base alla crescita del PIL (Prodotto interno lordo), quale strumento va usato per misurare le diseguaglianze?
Alcuni strumenti esistono e vengono usati dalle Nazioni Unite. Viene ad esempio misurata la salute dei cittadini e il livello d’istruzione. Quello che non possiamo misurare con precisione è la felicità delle persone. Però anche qui stanno emergendo delle possibilità di misurazione e quindi riusciamo ad andare oltre il PIL. Va però precisato che, se il PIL non cresce, tutte le altre misure di cui ho parlato sono insoddisfacenti.
Crede che la scalata sociale sia più facile oggi, ai tempi della globalizzazione, o nei decenni che l’hanno preceduta?
Su questo i dati sono abbastanza concordi, ossia oggi è più difficile passare da situazioni di relativo disagio a situazioni di grande soddisfazione lavorativa, culturale e così via. Non direi che questo meccanismo si sia interrotto del tutto, però bisogna verificare Paese per Paese. Nel caso italiano le speranze di chi aveva vent’anni negli anni Sessanta e di chi ha vent’anni oggi sono molto diverse. Le aspettative oggi sono molto meno ottimistiche.
In Europa molti giovani cercano di far fruttare all’estero quella formazione universitaria o di altro tipo che in casa propria non ha permesso loro di trovare un lavoro adeguato. È anche questa una via per aggirare le diseguaglianze?
Il poter girare il mondo alla ricerca di un lavoro che piace rappresenta uno degli aspetti positivi della globalizzazione. In questo modo è inoltre possibile aggirare le diseguaglianze in quanto ci sono dei Paesi più aperti al merito, al talento e alla voglia di fare e Paesi dove invece è meno facile far valere queste doti personali. Il paradosso è che il Regno Unito era molto aperto su questo fronte e ora con la Brexit finirà per chiudersi e per questo pagherà un prezzo. L’Italia invece è sempre stata molto meno dinamica come società.
Chi ha alle spalle una famiglia benestante può contare su una migliore formazione scolastica e su conoscenze che facilitano l’inserimento nel mondo del lavoro. Oggi questi vantaggi creano più che in passato un fossato tra giovani fortunati e giovani meno fortunati?
Se la società è statica le risorse che possiede la famiglia sono molto più importanti che in passato. Però bisogna fare molta attenzione all’elemento culturale, perché qui vi sono delle differenze importanti anche tra famiglie con lo stesso livello di reddito. Se in una di queste famiglie vi è grande disponibilità a investire in cultura, ossia se vi sono molti libri in casa, vi sono anche maggiori opportunità per i figli. Se al contrario una famiglia è ricca e ha anche delle relazioni, ma non riesce a diffondere la cultura, si troverà in una situazione meno favorevole. Per cui l’elemento culturale è quello più incisivo nel favorire lo sviluppo di una società.
Che legami vede tra partiti populisti e giovani?
I giovani mi sembrano più inclini ad essere dinamici e a cercare soluzioni, mentre i partiti populisti alla fine sono conservatori nel senso che vogliono mantenere quello che hanno all’interno dei loro confini.
Pubblicato il 4 marzo 2020 sul Corriere del Ticino
Nello scontro con l’Ue, Salvini non può cavarsela
Il politologo Gianfranco Pasquino analizza il panorama politico italiano alla luce dei risultati delle elezioni europee
Intervista raccolta da Osvaldo Migotto 28 maggio 2019
Sugli ultimi sviluppi della politica italiana, con il crollo dei pentastellati e la forte ascesa della Lega nelle elezioni europee, abbiamo sentito il parere di Gianfranco Pasquino, politologo nonché professore emerito di Scienza politica.
Professor Pasquino, per Matteo Salvini le europee sono state un grande successo. Ciò è dovuto più alla sua astuzia politica o alle ingenuità e contraddizioni del giovane del giovane leader del M5S?
«Direi che sul risultato di questo risultato elettorale ha pesato… Continua la lettura QUI
“Berlusconi sa fare il coalition-maker”
Leader politici e alleanze sotto la lente in vista delle legislative italiane del 2018
Intervista raccolta da Osvaldo Migotto

Elettori passivi: secondo il politologo Pasquino il nuovo sistema elettorale lascia ben poche scelte agli elettori. quasi tutto viene deciso dai partiti.
In vista delle legislative della prossima primavera i partiti italiani affilano le armi. Il nuovo sistema elettorale imporrà il gioco delle coalizioni. Il politologo e professore emerito di Scienza politica Gianfranco Pasquino analizza per il CdT le strategie in atto.
In Sicilia il centrodestra è riuscito a fare coalizione dietro un unico candidato. Un successo che sarà di buon auspicio per le legislative del 2018?
Di buon auspicio non lo so. Certo si tratta di una lezione che il centrodestra ha imparato. Del resto il centrodestra è sempre stato più intelligente del centrosinistra; secondo me il centrodestra complessivamente ha una coscienza di classe, mentre il centrosinistra ha scarsa coscienza di tutto, ed ognuno dei suoi leader ha un’altissima opinione di se stesso; e questo impedisce di giungere a coalizioni decenti.
Berlusconi in passato è riuscito ad unire dietro un progetto di Governo esponenti politici molto diversi tra loro. Potrebbe ripetere il miracolo?
Sì, però non è un miracolo, è semplicemente la sua capacità di fare, come si dice, il coalition-maker. Berlusconi riesce a convincere i potenziali alleati offrendo loro qualcosa in cambio, quindi darà molti seggi sicuri, e poi riesce anche a convincerli che insieme si può vincere. E quando c’è qualcosa che lo disturba, come ad esempio la candidatura di Musumeci in Sicilia, che non era stata scelta da Berlusconi ma dalla Meloni, alla fine accetta e vince.
Potrebbe anche accettare di non essere lui il capo banda del centrodestra?
Lui non sarà il capo banda. Primo perché probabilmente non potrà esserlo giuridicamente, e poi perché secondo me ha capito che deve in qualche modo lasciare il posto a un successore. Ma certamente vorrà influenzare la scelta del successore e poi ne influenzerà le politiche. E non lo farà da dietro le quinte. Sarà colui che in televisione si intesterà i successi ottenuti dal suo eventuale Esecutivo; Governo della persona che lui avrà contribuito a scegliere.
Il sistema elettorale Rosatellum bis potrebbe favorire ampie alleanze, ma poi una volta insediato il Governo non ci si ritroverebbe con le divergenze già viste nelle legislature passate?
Innanzitutto preferirei che non si usasse il latino, scriva per cortesia ‘legge Rosato’. Trovo stupido usare il latino, perché quando Sartori usò il termine Mattarellum, non era solo uno scherzo con il latino, ma era anche uno scherzo con ‘matto’, nel senso che si trattava di un sistema elettorale mattocchio. Detto questo, il difetto maggiore di questo sistema elettorale è che non dà nessun potere all’elettore, tranne quello di consentire di mettere una crocetta da qualche parte. Tutto quello che succede prima e dopo dipende dai partiti: scelgono le coalizioni, i candidati ed eventualmente sanno chi verrà eletto, perché ci sono dei collegi dove sicuramente saranno eletti alcuni candidati. L’elettore non ha alcuna influenza in tutto questo. Che poi i politici eletti riescano a governare lo dubito. Le coalizioni si divideranno, perché se il centrosinistra, come è certo, non avrà la maggioranza assoluta dei seggi e neppure il centrodestra, cosa accadrà? O una parte di uno di questi due schieramenti si stacca per formare un Governo con l’altra coalizione, nella fattispecie Forza Italia fa il Governo con il centrosinistra, oppure il Governo potrebbe essere formato dal Movimento 5 Stelle. Ad ogni modo le due coalizioni non saranno autosufficienti e quindi dovranno trovarsi dei voti o dei parlamentari. E lo sappiamo, i parlamentari italiani sono trasformisti, quindi andranno dove si formerà il Governo.
Il centrosinistra è diviso e ha un ex leader, Renzi, che a tutto sembra disposto, tranne che a fare concessioni agli altri partiti di una possibile alleanza di sinistra. È un suicidio politico?
Qui vediamo la grande differenza tra centrosinistra e centrodestra. Il centrodestra ha un leader federatore, Berlusconi, mentre il centrosinistra ha un leader divisore, Renzi. Non so se è un suicidio. Se è un suicidio è un suicidio collettivo. Io però ho l’impressione che si tratti di un omicidio quasi preterintenzionale, se Renzi insiste nel voler essere lui quello che dà le carte. Se Renzi dà le carte alcuni dei potenziali giocatori risponderanno che quelle carte non le vogliono e poi perderanno tutti insieme.
Il Movimento 5 Stelle si dichiara unitario, ma ha un’anima di destra e una di sinistra.Vedute diverse che potrebbero venire a galla proprio nel caso di un eventuale successo elettorale?
Il Movimento 5 Stelle, secondo quello che sappiamo da sondaggi e altre fonti, è composto per tre quinti da elettori che altrimenti voterebbero a sinistra, per un quinto da elettori che altrimenti voterebbero a destra e per un quinto da elettori che se non ci fosse l’M5S non voterebbero per niente. Il problema è che se per caso il Movimento 5 Stelle arrivasse in testa dovrebbe negoziare per formare un Governo. Potrebbe negoziare con pezzi della sinistra. Naturalmente ci sono delle differenze programmatiche, però non vorranno certamente perdere l’occasione di riuscire a governare.
A Ostia domenica si andrà al ballottaggio per le municipali. CasaPound ha registrato un inatteso successo, quale significato dà a questa ascesa dell’estrema destra?
CasaPound è il fascismo italiano che non muore mai. Anche se è un fascismo limitato, non è morto. Gli italiani hanno fatto meno i conti con il fascismo di quanto i tedeschi lo abbiano fatto con il nazismo; questa è la cosa grave. Di CasaPound c’è una parte ludico-folcloristica, ma c’è anche una parte politica. Il Paese è stato governato da vent’anni da un fascista e i fascisti ci sono ancora, anche se sono pochi. I democratici dovrebbero però preoccuparsi che in 70 anni di Repubblica non hanno convinto tutti gli italiani che l’esperimento fascista è stato un disastro.