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Una vita da predicatore errante passata tra scienza e politica @DomaniGiornale #TraScienzaePolitica @UtetLibri

I maestri, le lezioni ad Harvard, una “borsa di studio” del Pci al Senato. «Dopo tanto studio e passione, sento che è un po’ diminuita la mia speranza di influenzare il dibattito. Ma molti sul mio Twitter mi rassicurano» Tra scienza e politica. Una autobiografia (UTET 2022)

Scrivere una autobiografia non è mai stato in cima ai miei pensieri né ai miei progetti. Però, di tanto in tanto, leggevo autobiografie interessanti: tra le quali quella dello scrittore tedesco Premio Nobel Günther Grass, Sbucciando la cipolla (Torino, Einaudi, 2007), che non mi è piaciuta; dell’importante sociologo di Harvard George C. Homans, Coming to My Senses. The Autobiography of a Sociologist (Transaction Books 1984), del sociologo politico, oppositore del regime militare brasiliano, diventato Presidente, Fernando Henrique Cardoso, The Accidental President (Public Affairs 2006). Ho conosciuto entrambi. Cardoso lo incontrai a Washington D.C. nell’inverno del 1978, poi in alcuni convegni accademici. Affittai per un prezzo davvero modico la bella casa di Homans quando insegnai alla Summer School di Harvard diversi anni a partire dal 1980. Tuttavia, i miei ricordi di vita furono stimolati da due occasioni molto distanti e lontane. Il docufilm di Nanni Moretti, Santiago, Italia, che mi spinse a scrivere per il Mulino il resoconto dei miei ripetuti incontri (osservatore parlamentare del plebiscito del 1988 e delle elezioni presidenziali del 1989; incontro con la Presidenta Michelle Bachelet nel 2009) con il Cile: Italia, Santiago (n. 1/2019, pp. 156-163).

Seguì la richiesta da parte dell’Ambasciatore Alessandro Cortese de Bosis di avere uno scritto in memoria di suo zio Lauro, l’antifascista che, dopo avere volato sui cieli di Roma lanciando manifestini contro Mussolini, scomparve nel Tirreno. Questa storia è elegantemente narrata da Giovanni Grasso, Icaro. Il volo su Roma (Rizzoli 2021). Dovevo raccontare il mio semestre a Harvard nel 1974-75 quando fui Lauro de Bosis Fellow in the History of Italian Civilization. La Fellowship, primo assegnatario Gaetano Salvemini, era stata istituita dalla compagna di de Bosi, l’attrice Ruth Draper. Fu in quel periodo a Harvard che conobbi il più giovane Mario Draghi, allora Ph.D. candidate al Massachusetts Institute of Technology, sotto la supervisione del futuro Premio Nobel Franco Modigliani. Con questi due lunghi interventi il dado era tratto. Al resto pensò il Covid-19 cancellando tutte le gratificanti conferenze live, in persona, almeno quaranta all’anno negli ultimi dieci anni, ottanta conferenze nel 2016 contro il plebiscito costituzional-personalistico di Renzi, e i relativi, talvolta non brevi e non facili, viaggi (ancora grazie a chi mi invitò a Sciacca al tramonto).

In maniera sistematica, tutti i giorni, mattina e pomeriggio, mai la sera, scrissi, non di getto, ma riflettendo, ricercando, correggendo e precisando, con l’aiuto di una lettrice attenta soprattutto perché curiosa del mio passato, la mia biografia intellettuale. Racconto quello che sono diventato come studioso e docente, come parlamentare, come collaboratore (“imprevedibile” disse uno dei direttori) di molti quotidiani, last but not least, del “Domani”. C’è qualche riferimento molto discreto e riconoscente alle donne che hanno accompagnato parti della mia vita, ma, non c’è quasi nulla, per esempio, sulle mie vacanze da adolescente a Rapallo e Zoagli, sui miei fortunosi campeggi, sulla mia inadeguatezza tanto come sciatore quanto come surfista, sulle mie escursioni turistiche dalla Sardegna alla Corsica, dalla Grecia alla Spagna al Portogallo. Sì, nonostante il mio essere integralmente torinese il Mediterraneo è il “mio” mare.

La storia inizia nella Torino del Grande Torino la cui scomparsa a Superga quel pomeriggio piovoso e grigio del 4 maggio 1949 costituisce il secondo più grande dolore della mia vita. Nella Torino i cui nomi delle scuole segnalano un passato di uomini degni del nostro apprezzamento: elementari De Amicis; medie Costantino Nigra; liceo classico Camillo Benso di Cavour, da qualche anno diventato il miglior liceo cittadino e uno dei migliori d’Italia, allora inesorabilmente dietro il D’Azeglio, il liceo di Augusto Monti e Massimo Mila, Norberto Bobbio e Giancarlo Pajetta, Cesare Pavese e Franco Antonicelli, Giorgio Agosti e Leone Ginzburg. Ai miei tempi, al Cavour la personalità più importante fu Livio Berruti, olimpionico a Roma 1960 sui duecento metri. Pochi anni dopo, Adelaide Aglietta, segretaria del Partito Radicale, coraggiosissima giurata nel processo del 1977 alle Brigate Rosse. Dopo buoni studi con professori preparati (mai perso una lezione) esigenti, ero approdato all’Università, corso di laurea in Scienze Politiche. Non proprio quello che desiderava mia mamma, cioè, un figlio laureato in ingegneria, prestigio e guadagno. La immagino lieta e sorridente al sapere che mio figlio è diventato ingegnere.

   Non mi ero mai posto l’interrogativo di che cosa avrei fatto. L’insegnamento di Storia e Filosofia nei licei mi è sempre parso attraente anche, credo, per l’influenza indiretta del mio professore di liceo, valdese, antifascista, per anni sospeso dalla cattedra durante il fascismo. Il resto lo fecero i grandi professori a Scienze politiche, in rigoroso ordine alfabetico: Norberto Bobbio, Leopoldo Elia, Luigi Firpo, Francesco Forte, Siro Lombardini, Alessandro e Ettore Passerin d’Entrèves, Guido Quazza. L’inserimento nell’accademia fu relativamente facile e rapido, piuttosto fortunato, ma anche meritato. Con un Master in Relazioni Internazionali della School of Advance International Studies della Johns Hopkins, un anno a Bologna, un anno a Washington, D.C., di scienza politica ne avevo imparata e ne sapevo abbastanza da essere reclutato da Giovanni Sartori e da cominciare a insegnare a Bologna (e anche a Firenze). Facevo anche conferenze varie in Emilia-Romagna, scrivevo articoli, partecipavo a dibattiti. Fui nominato Direttore di una ricerca sul terrorismo affidata all’Istituto Cattaneo dopo la strage alla stazione di Bologna. Poi, una somma di circostanze: divenni Direttore della rivista “il Mulino”, il mio piccolo libro Crisi dei partiti e governabilità (il Mulino 1980) fu letto da Ingrao che volle conoscermi, ad un convegno a Torino sul PCI “liocorno o giraffa” il mio intervento fu apprezzato da Giorgio Napolitano, infine, nella ricerca da parte del PCI di, lo debbo scrivere proprio così, “personalità della cultura” per il Parlamento 1983 su suggerimento di Lanfranco Turci, Presidente delle Regione Emilia-Romagna, con mia grande sorpresa (avevo praticamente accettato di andare a insegnare negli USA), mi venne offerta la candidatura. Scelsi il Senato e non me ne sono pentito. Scherzando ho talvolta parlato di una ricca borsa di studio offertami dal Partito Comunista Italiano. Lascio la valutazione ai molti dirigenti e miIitanti di partito, non quelli di Bologna che mi hanno poi regolarmente ignorato. Da Reggio Emilia a Cosenza, da San Giovanni Valdarno a Trani, da Pesaro a Treviso, da Rimini a Ferrara (elenco nient’affatto esaustivo), ancora oggi i “compagni” si ricordano di me e della mia disponibilità e io ricordo la grande maggioranza di loro come genuinamente interessati alla politica, a capire come rappresentare e come governare. Ho imparato tantissimo. Divenni abbastanza noto anche grazie al mio libro Restituire lo scettro al principe (Laterza 1985) frutto della mia esperienza nella Commissione Bozzi. Ebbi colleghi come Andreatta e Giugni, Sergio Mattarella e Eliseo Milani, Pannella e Natta, Ruffilli, il prudente Barbera e il conservatorissimo Rodotà. Tre legislature molto differenti, molte impegnative, culminate in una sconfitta nel 1996 nel collegio di Piacenza dove, oggettivamente, c’entravo molto poco. Qualche rammarico, ma tornando subito all’Università ebbi modo di scrivere quello che fu e rimane l’unico testo base di scienza politica opera di un solo autore.

   Grazie a Bobbio ero diventato da tempo condirettore del Dizionario di Politica, la cui edizione del 2004, Bobbio non ebbe modo di vedere. Grazie a Sartori diventai condirettore della “Rivista Italiana di Scienza Politica” e con il suo sostegno sono stato eletto socio dell’Accademia dei Lincei. Con il permesso accordatomi da entrambi mi fregio del titolo di loro allievo. Da qualche anno vengo invitato a talk show televisivi, non più a quelli nei quali ho blandamente corretto qualche esternazione fuori luogo del conduttore/conduttrice. C’est la vie. Rimango, come ha detto una mia cara amica sociologa tedesca, un Wanderedner (predicatore errante). Sento amaramente che è un po’ diminuita la mia speranza di avere qualche influenza sul dibattito pubblico, ma molti interlocutori sul mio Twitter (@GP_ArieteRosso) gentilmente mi rassicurano. Nelle parole di Kant “fai quel che devi accada quel che può”, spesso citate da Bobbio, trovo qualche conforto. Chi leggerà Tra scienza e politica. Una autobiografia (UTET 2022) ne saprà di più e deciderà se il conforto è meritato.

Pubblicato il 11 marzo 2022 su Domani

Gianfranco Pasquino ricorda Norberto Bobbio

In occasione dell’anniversario della nascita di Norberto Bobbio, Torino 18 ottobre 1909, mentre gran parte di un paese senza memoria e senza cultura lo ha dimenticato, spesso senza averlo mai “conosciuto” e apprezzato, forse è utile rileggere quanto diceva, con affetto, con “scienza” e con riconoscenza, un suo allievo. (ndr)

Intervista raccolta da Annamaria Abbate e pubblicata su La Cronaca 6 ottobre 2009 .

Gianfranco Pasquino ricorda Norberto Bobbio
Allievo del filosofo, ne ricostruisce la figura in occasione del centenario della nascita

Il 18 ottobre 2009 sarà il centesimo anniversario della nascita di Norberto Bobbio scomparso nel gennaio del 2004 alla fine di una vita lunga, operosa e influente. Nel 1984, quando fu nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Sandro Pertini, a un giornalista che gli chiedeva: “Ora come vuol essere chiamato, senatore o professore?”, Bobbio rispose semplicemente: “Io sono un professore”. L´insegnamento universitario, esercitato per mezzo secolo passando dalla filosofia del diritto alla scienza politica e alla filosofia politica, è stato il luogo privilegiato della sua straordinaria produzione scientifica. Per valutarne la personalità e i contributi abbiamo intervistato Gianfranco Pasquino, professore di Scienza politica nell’Università di Bologna.

Professor Pasquino possiamo definirla un allievo di Norberto Bobbio?

Certamente, sì, per due ragioni. Mi sono laureato con una tesi di Scienza politica con lui relatore. Un giorno, espressamente, seduti entrambi sui banchi del Senato, gli chiesi se avevo i titoli giusti per mettere nel mio curriculum “allievo di Bobbio”. Mi rispose, sorridendo, di sì, che ne sarebbe stato lieto. A me fa molto piacere aggiungere che con Bobbio e con Nicola Matteucci, abbiamo curato il Dizionario di Politica (UTET, 2004) la cui terza edizione, purtroppo, non riuscì a vedere.

Quali sono a suo giudizio i volumi più importanti della sua enorme produzione accademica?

Bobbio divenne molto noto grazie al suo dialogo (senza concessioni) e al confronto anche aspro con le idee e le posizioni di Togliatti relativamente al ruolo degli intellettuali e delle idee. Politica e cultura, pubblicato la prima volta nel 1955, raccoglie e sistema una tematica di immutato interesse e valore. In seguito, due altri volumi: Il futuro della democrazia (1984), pubblicato casualmente (sic) in epoca craxiana, e Destra e sinistra (1994) pubblicato e ripubblicato nient’affatto casualmente (sic) in epoca berlusconiana (con un successo di vendite che lo sorprese moltissimo), segnarono la riflessione politica e culturale. Però, Bobbio era particolarmente contento del suo eccellente excursus sulla cultura e sugli intellettuali tratteggiato nel Profilo ideologico del novecento italiano (1968, 1986) e della sua raccolta di saggi su Carlo Cattaneo: Una filosofia militante (1971). Ma credo che il suo libro preferito (ne posseggo una copia con dedica) sia Thomas Hobbes (1989), lo studioso che apprezzava in massimo grado per il rigore, l’acume, il duro realismo e la brillantezza della scrittura.

Come si spiegano il successo e la fama di un professore di Filosofia politica che non andava mai, per sua libera scelta, in televisione?

Anzitutto, Bobbio è stato un grande professore per più di quarant’anni. Ha insegnato a generazioni di studenti sia le materie dei suoi corsi, mai ripetitivi, sia un metodo di riflessione sia uno stile di vita, austero, ma impegnato, e ha fatto conferenze in tutto il mondo. In secondo luogo, Bobbio ha affrontato sempre tematiche analiticamente e politicamente significative senza mai essere settario o fazioso, sforzandosi di capire e di porre gli interrogativi più stimolanti. Non era, però, come alcuni hanno scritto, il “filosofo del dubbio”. Aveva convinzioni solide, ma era aperto alla ricerca. In terzo luogo, la sua fama si è estesa quando cominciò nel 1976 a collaborare a “La Stampa”, con editoriali e interventi lucidissimi e rigorosi. Fu da allora che, anche a causa della turbolenta storia italiana, ottenne e esercitò, senza volerlo, il ruolo di coscienza critica. Quel ruolo, naturalmente, gli costò anche molte critiche, spesso stupide e becere, dalla destra, ma non solo. Mi limito a ricordare che, alla pubblicazione di un articolo su “La Stampa” con il titolo La democrazia dell’applauso che criticava l’acclamazione con la quale il Congresso socialista aveva “rieletto” Craxi segretario, Craxi replicò stizzito stigmatizzando “i filosofi che hanno perso il senno”.

Che cosa rimane di Bobbio e del suo pensiero, oggi?

Bobbio non ha successori, anche se c’è una affollata corsa a dichiararsi tali. È una corsa, cominciata già negli ultimi anni della vita di Bobbio, che ho criticato in un articolo intitolato “Il culto di Bobbio” (commento di Bobbio: “temo che tu abbia ragione”). Nessuno, oggi, ha la sua stessa autorevolezza, il suo rigore, torinese (Bobbio ha scritto un ottimo saggio sulla cultura a Torino), il suo senso dell’impegno di stampo azionista, ma anche la sua limpida cognizione del limite. Bobbio vorrebbe essere ricordato, come mi sembra abbia scritto, probabilmente nella sua Autobiografia (1997), altro libro che posseggo con dedica,” nelle opere e negli affetti”. In quest’Italia che non gli sarebbe piaciuta e la cui evoluzione lo aveva tanto amareggiato, sono, per fortuna, molti che lo ricordano con affetto anche per le sue opere.

***

Norberto Bobbio, grande filosofo assurto a coscienza critica dell’Italia civile
Norberto Bobbio fu testimone e protagonista tra i più eminenti del Novecento avendolo attraversato quasi per intero e oltrepassato di alcuni anni (1909 – 2004). Aveva da pochi giorni compiuto tredici anni quando il fascismo conquistò il potere. Non aveva ancora trent´anni quando scoppiò la seconda guerra mondiale e già da tempo era entrato a far parte attiva della resistenza. Dopo la liberazione, diede impulso al rinnovamento culturale e politico della nuova Italia repubblicana contribuendo alla formazione del movimento liberalsocialista poi confluito nel Partito d´Azione. Alle soglie dei sessant´anni, attraversò il ´68, e poi la stagione del terrorismo interno, gli anni di piombo e della strategia della tensione. Divenuto editorialista del quotidiano “La Stampa” di Torino dal 1976, il suo pensiero raggiunse più vaste cerchie di cittadinanza e divenne perciò popolare anche al di fuori degli ambiti strettamente accademici, come coscienza critica dell´Italia civile. Giunto agli ottant´anni, assistette al fallimento dell´universo del socialismo reale, che interpretò come l’inevitabile destino di una “utopia capovolta”. Poco dopo, la corruzione della vita pubblica in Italia che lui aveva apertamente denunciato e combattuto, portò al crollo della prima Repubblica . Nell´ultimo decennio della sua vita, si oppose all´avvento di nuove e vecchie destre in cui vedeva un chiaro pericolo per la democrazia. Il magistero intellettuale e morale di Norberto Bobbio non è meno vasto della sua opera scientifica e si potrebbe ricostruire la storia politico-culturale italiana del secondo Novecento attraverso i dibattiti che egli ha animato e suscitato. Per celebrare il centenario della nascita di Norberto Bobbio il Ministro per i Beni e le Attività culturali ha istituito un Comitato Nazionale, composto da oltre cento istituzioni e personalità intellettuali italiane e straniere. Il Comitato Nazionale ha elaborato un ampio programma di attività per promuovere il dialogo e la riflessione sul pensiero e sulla figura di Norberto Bobbio e sul futuro della nostra democrazia, della nostra cultura e della nostra civiltà. Il primo evento in programma è un convegno internazionale “Dal Novecento al Duemila. Il futuro di Norberto Bobbio”Torino, 15 – 17 ottobre 2009. I lavori saranno aperti da un discorso inaugurale del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. (aa)

Dizionario di Politica Bobbio, Matteucci, Pasquino. Perchè le parole contano!

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Intervista raccolta da Annamaria Abbate per la Casa della Cultura

Giunto alla sua quarta edizione, a quarant’anni dalla data della prima pubblicazione, il Dizionario di Politica di Norberto Bobbio, Nicola Matteucci e Gianfranco Pasquino resta un’opera unica nel suo genere. Uscito per la prima volta nel 1976, negli anni Ottanta fu tradotto anche in spagnolo e portoghese, lingue parlate in molti Paesi allora nuovi alla democrazia. Diventato un “classico” della Scienza politica, ha accompagnato generazioni di studiosi e ora è riproposto dalla UTET in una nuova edizione aggiornata

Leggo dalle sue note bio-bibliografiche che lei, Prof Pasquino, si dice “particolarmente orgoglioso” di avere condiretto, insieme a Bobbio e a Matteucci, il Dizionario di Politica. Ci racconta perché e com’è successo?

Semplicissimo. Fui cooptato da entrambi, Bobbio, il docente con il quale mi ero laureato a Torino nel marzo 1965, e Matteucci, il docente che mi aveva “reclutato” come professore incaricato di Scienza politica nell’Università di Bologna nel novembre 1969. Svolsi il compito di Redattore capo della prima edizione, sette anni di lavoro, pubblicata nel 1976. Da Bobbio, filosofo della politica, e da Matteucci, storico delle dottrine politiche, ho imparato molto, a cominciare da come si scrive una voce di dizionario (di politica, non di scienza politica), a come si citano gli autori, tutti, anche quelli con i quali si è in disaccordo, a come si riscrive quello che collaboratori disinvolti e sicuri di sé, ma presuntuosi e irritabili, hanno consegnato. Sia Bobbio sia Matteucci, molto esigenti con se stessi, mi parevano, e qualche volta osai dirlo loro, fin troppo arrendevoli nei confronti di alcuni loro colleghi, diciamolo, rigidi. Fu, poi, nel corso della preparazione della seconda edizione, che uscì nel 1983, che Bobbio decise, con il beneplacito di Matteucci, di promuovermi condirettore: un premio straordinario. Ne fui felice e ne rimango, per l’appunto, “particolarmente orgoglioso”.

Che tipo di lavoro vi proponevate e ne siete stati soddisfatti?

Volevamo preparare uno strumento il più articolato possibile di analisi, storica, filosofica, politologica, dei concetti, dei fenomeni, dei movimenti politici più importanti, non solo italiani, di un’analisi che fosse precisa e compiuta, ma anche suggestiva, che offrisse il massimo di informazioni, ma anche prospettive per approfondimenti. Nessuno di noi tre pensava opportuno rincorrere l’attualità e le mode; tutt’e tre abbiamo cercato di illuminare i temi classici della politica. Al proposito, mi fa grandissimo piacere sottolineare che le non poche voci assolutamente fondamentali scritte da Bobbio e da Matteucci hanno retto al passare del tempo. Anzi, rimango convinto che chiunque voglia capire la democrazia e la teoria delle elites, farebbe molto bene a leggere le due voci di Bobbio così come chi vuole conoscere che cosa sono il costituzionalismo e il liberalismo deve assolutamente leggere le due voci di Matteucci. Entrambi scrissero diverse altre voci molto importanti. Vorrei segnalare Disobbedienza civile di Bobbio e Diritti dell’uomo di Matteucci. Naturalmente, tutt’e tre vedevamo problemi irrisolti, inconvenienti analitici, fenomeni insorgenti. Prima nel 1983 e poi, nella terza edizione, del 2004, abbiamo cercato di porvi rimedio. Faccio un solo esempio: la riscrittura delle voci comunismo e socialismo diventate in parte obsolete in parte inutili per chi leggesse il Dizionario nel 2004. Bobbio non poté vedere la 3a edizione poiché morì due settimane prima della pubblicazione, ma avevamo discusso insieme tutti cambiamenti (e gli alleggerimenti).

Come si spiega l’assenza di Giovanni Sartori, il suo “secondo” maestro? Come mai non gli avete affidato nessuna voce?

In quegli anni Sartori, che si trasferì a Stanford nell’estate del 1976, era impegnatissimo a scrivere il suo fondamentale Parties and party systems (pubblicato nel 1976 e del quale celebreremo opportunamente il 40esimo anniversario). Interpellato, ci fece notare che Bobbio e Matteucci potevano scrivere ottimamente le voci, Costituzionalismo, Democrazia, Liberalismo, Scienza politica, sulle quali lui aveva già scritto molto. Quanto ai Sistemi di partiti disse che potevo provarci io stesso che, insomma, dovevo pure avere letto quanto lui aveva scritto. Per le edizioni successive acconsentì a mandarci qualche riga di apprezzamento di cui, conoscendolo, siamo tuttora molto lieti e grati!

E lei, prof Pasquino, di quali voci si sente “particolarmente orgoglioso”?

Premetto che mi è sempre piaciuto cercare di formulare le definizioni più precise dei concetti politici, rintracciando quel che serve nella storia e collegandolo alle trasformazioni avvenute e alle nuove interpretazioni. Potrei dire che tutte le mie voci mi sono care, ma non è così (anche perché, talvolta, mi capita persino di avere un po’ di senso critico nei miei confronti). Sono piuttosto soddisfatto delle voci Forme di governo, Militarismo e Rivoluzione. Nella nuova edizione ho scritto, in maniera che mi pare efficace, le voci Accountability, Deficit democratico e Scontro di civiltà. Mi pongo costantemente in un dialogo ideale con i lettori, le loro curiosità e i loro interessi. Cerco di scrivere in maniera tale da soddisfare i lettori senza ridurre il tasso di inevitabile tecnicismo che ciascuna voce deve contenere. Lo faccio osservando la lezione di Bobbio e di Luigi Firpo: la chiarezza espositiva è una conquista che giova sia a chi scrive sia a chi legge.

Il Dizionario è oramai arrivato alla quarta edizione che esce quarant’anni dopo la prima. Potrebbe dirci che tipo di interventi ha fatto, ha suggerito, ha incluso?

Anche per non produrre un testo troppo voluminoso e non più maneggevole, ho fatto cadere alcune voci di esclusivo interesse storico che si trovano in molti repertori. Abbiamo proceduto al rinfrescamento di diverse voci e alla riscrittura specifica in chiave comparata della voce Mafia (Federico Varese, cervello italiano, brillante studioso, da quasi vent’anni a Oxford), di Terrorismo politico (Luigi Bonanate) per includervi anche il terrorismo cosiddetto internazionale, e di Unione Europea (Roberto Castaldi) perché l’UE cambia, purtroppo, non sempre in meglio, ma merita di essere analizzata con grande attenzione. Poi ci sono diciassette voci del tutto nuove che vanno, ne cito solo alcune, da Alternanza a Capitale sociale, da Cittadinanza a Patriottismo, da Consociativismo a Governance, da Narrazione a Primarie (non poteva mancare!). Tutte le volte che analizzo la politica e che commissiono analisi ai colleghi mi rendo conto quanto sia importante essere attentissimi e chiarissimi nelle definizioni, articolati nelle interpretazioni, non-ideologici nelle valutazioni. Tre qualità che è tuttora possibile apprezzare e tentare di imparare da due maestri come Bobbio e Matteucci.

Conoscendola, prof Pasquino, e avendola spesso ascoltata parlare e, come dice lei, “predicare”, non posso credere che lei non voglia niente di più che definizioni, interpretazioni, valutazioni, dal Dizionario di Politica.

Certamente, conoscendomi, anch’io so che desidero molto di più. Mi piacerebbe che il Dizionario fosse ampiamente utilizzato e diventasse indispensabile non soltanto (la prego di notare l’ordine) ai colleghi e agli studenti, ma anche agli operatori dei mass media, sì, i giornalisti della carta stampata, della radio e della televisione, magari diventasse, come sento che si dice, “virale” in rete (sic) e a un’opinione pubblica che rifiuti di farsi ingannare dagli affabulatori. Ciò detto, chiudo il mio piccolo libro dei sogni. Il predicatore che è in me rinsavisce; si disincanta; torna al realismo, alla politica che c’è; si rimette a studiare, a scrivere, a criticare, cercando di migliorare il linguaggio e le analisi politiche, e si rallegra nel dedicare questa nuova edizione alla memoria di Norberto Bobbio e di Nicola Matteucci (anche loro “predicatori” di una politica esigente e migliore).

Pubblicato il 28 aprile 2016

È nelle librerie il Dizionario di Politica di Bobbio, Matteucci, Pasquino. Nuova edizione aggiornata UTET 2016

Prefazione alla nuova edizione
Le parole contano

La politica cambia e cambia la sua “narrazione”. Di conseguenza, cambiano anche le parole per raccontarla e i concetti per analizzarla. Alcune parole sono effimere; altre sembrano destinate a durare; altre ancora meritano di essere diversamente spiegate. I concetti sempre meritano di essere definiti con attenzione alla loro storia e con precisione rispetto ai loro contenuti. Giunto alla sua quarta edizione, a quarant’anni dalla data della sua prima pubblicazione, questo Dizionario ha regolarmente mirato a includere tutte le parole importanti della politica e offrire le più accurate concettualizzazioni. Né Norberto Bobbio né Nicola Matteucci pensavano di dovere rincorrere l’attualità, spesso confinante con la caducità, ma entrambi furono sempre disponibili a prendere in seria considerazione fenomeni politici nuovi la cui trattazione meritasse di essere inclusa in un dizionario di politica. Ferme restando le grandi voci della politica, molte delle quali scritte, opportunamente, da loro stessi, che contengono tuttora le migliori chiavi di lettura delle strutture portanti della politica, entrambi avrebbero certamente incluso l’analisi dei fenomeni nuovi. Sarebbero anche stati d’accordo sull’opportunità di aggiornare complessivamente il Dizionario da loro impostato e diretto.

La lezione dei classici può e deve accompagnarsi a quanto di nuovo emerge continuamente in politica e serve senza nessun dubbio a illuminare le problematiche contemporanee. Tuttavia, la selezione di quali problematiche nuove includere e di quali fenomeni antichi, diventati minori e oggi non più rilevanti, escludere, si presenta sempre difficile. Però, selezionare è indispensabile, anche al fine di mantenere non esagerate le dimensioni di questa opera che continua ad essere unica, nonostante qualche imitazione, nel panorama italiano e non solo. La mia conoscenza del pensiero politico di Bobbio e di Matteucci, la mia lunga familiarità con i loro interessi scientifici e culturali e la fiducia da loro sempre manifestatami mi consentono di pensare che sarebbero stati fondamentalmente d’accordo con le mie scelte di inclusione del nuovo e di esclusione di alcune voci divenute non più necessarie.

Oltre a rinfrescare alcuni voci, dunque, abbiamo proceduto all’aggiunta di una ventina di voci nuove. Lascio ai lettori, ai colleghi e agli studenti quella che mi auguro sia la gradevole curiosità di scoprire le voci nuove, valutando nei fatti quali conoscenze aggiuntive apportino per una migliore comprensione della politica nel mondo contemporaneo(e, se siamo stati bravi, anche per qualche tempo a venire). Ho la profonda convinzione, certo di condividerla con Bobbio e con Matteucci, che qualsiasi buona analisi politica debba iniziare con la definizione corretta dei fenomeni e con la loro migliore concettualizzazione possibile. Questo Dizionario offre gli strumenti più adeguati per procedere con successo ad entrambe le operazioni. Infine, non posso trattenermi dallo scrivere che buone analisi politiche sono necessarie sia per criticare e contrastare la cattiva politica sia per porre le premesse della buona politica. Almeno, seppure con enfasi differenti, questo è quanto, con Bobbio e Matteucci, abbiamo cercato di fare. Poiché le parole contano.

Bologna, gennaio 2016

Gianfranco Pasquino

 

 

«Il Dizionario di Politica è un’opera importante, unica nel suo genere, non soltanto in Italia, ma anche all’estero dove è stato apprezzato e tradotto. Rigoroso nelle definizioni, articolato e convincente nella trattazione dei termini politici, questo Dizionario, opportunamente rivisto e aggiornato, è uno strumento istruttivo, utile per gli studenti, per i docenti e sicuramente anche per tutti coloro che di politica vogliono saperne meglio e di più.» Giovanni Sartori

Norberto Bobbio Nicola Matteucci Gianfranco Pasquino Dizionario di Politica Nuova edizione aggiornata UTET 2016

Norberto Bobbio, Nicola Matteucci, Gianfranco Pasquino
Dizionario di Politica. Nuova edizione aggiornata UTET 2016

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Norberto Bobbio
Nicola Matteucci
Gianfranco Pasquino

Dizionario di Politica
Nuova edizione aggiornata UTET 2016

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18 voci nuove:
ACCOUNTABILITY          Gianfranco Pasquino
ALTERNANZA          Marco Valbruzzi
CAPITALE SOCIALE          Marco Almagisti
scontro di CIVILTÀ          Gianfranco Pasquino
CITTADINANZA          Maurizio Ferrera
COALIZIONI          Marta Regalia
COMPETIZIONE          Marta Regalia
CONSOCIATIVISMO          Francesco Raniolo
DEFICIT DEMOCRATICO          Gianfranco Pasquino
GOVERNANCE          Simona Piattoni
GOVERNO DIVISO          Gianfranco Pasquino
NARRAZIONE          Sofia Ventura
NEO-PATRIMONIALISMO          Francesco Raniolo
PATRIOTTISMO          Maurizio Viroli
POLARIZZAZIONE          Marta Regalia
elezioni PRIMARIE          Marco Valbruzzi
TRANSIZIONE          Gianfranco Pasquino
TRASFORMISMO          Marco Valbruzzi

Copertina dizionario

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… Pace
Pacifismo
Parlamento
Partecipazione politica
Partiti cattolici
Partiti politici
Partitocrazia
Paternalismo
Patriottismo
Pauperismo
Peronismo
democrazia Plebiscitaria
Pluralismo
Polarizzazione
Polis
Politica
Politica comparata
Politica economica
Popolo
Populismo
Potere
Prassi
Primarie
Principato
Processo legislativo
Professionismo politico
Progresso
Proletariato
Propaganda
Proprietà
Pubblica amministrazione
Puritanesimo
Qualunquismo
Quarto stato
Radicalismo
Ragion di Stato
Rappresentanza politica
Razzismo
Referendum
Regime politico
Regionalismo
Relazioni industriali
Relazioni internazionali
Repubblica
Repubblica romana
Repubblicanesimo
Resistenza
Rivoluzione
Romant icismo politico
Scienza politica
Sciopero
Sciovinismo
Secessione errate
Signorie e principati
Sindacalismo
Sistema politico
Sistemi di partiti
Sistemi elettorali
Socialdemocrazie
Socializzazione politica
Società civile
Società di massa
Società per ceti
Sociologia politica
Sottosviluppo
Sovranità
Sovrastruttura
Spazio politico
Sistema delle Spoglie
Stabilità politica
Stalinismo
Stato assistenziale
Stato contemporaneo
Stato d’assedio
Stato del benessere
Stato di polizia
Stato e confessioni religiose
Stato moderno
Storicismo
Stratificazione sociale
Struttura
Tecnocrazia
Teocrazia
Teoria dei giochi
Terrorismo politico
Terza via
Timocrazia
Tirannia
Tolleranza
Totalitarismo
Transizione
Trasformismo
Trotskysmo
Uguaglianza
Unione Europea
Utilitarismo
Utopia
Violenza