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Gianfranco Pasquino ricorda Norberto Bobbio

In occasione dell’anniversario della nascita di Norberto Bobbio, Torino 18 ottobre 1909, mentre gran parte di un paese senza memoria e senza cultura lo ha dimenticato, spesso senza averlo mai “conosciuto” e apprezzato, forse è utile rileggere quanto diceva, con affetto, con “scienza” e con riconoscenza, un suo allievo. (ndr)

Intervista raccolta da Annamaria Abbate e pubblicata su La Cronaca 6 ottobre 2009 .

Gianfranco Pasquino ricorda Norberto Bobbio
Allievo del filosofo, ne ricostruisce la figura in occasione del centenario della nascita

Il 18 ottobre 2009 sarà il centesimo anniversario della nascita di Norberto Bobbio scomparso nel gennaio del 2004 alla fine di una vita lunga, operosa e influente. Nel 1984, quando fu nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Sandro Pertini, a un giornalista che gli chiedeva: “Ora come vuol essere chiamato, senatore o professore?”, Bobbio rispose semplicemente: “Io sono un professore”. L´insegnamento universitario, esercitato per mezzo secolo passando dalla filosofia del diritto alla scienza politica e alla filosofia politica, è stato il luogo privilegiato della sua straordinaria produzione scientifica. Per valutarne la personalità e i contributi abbiamo intervistato Gianfranco Pasquino, professore di Scienza politica nell’Università di Bologna.

Professor Pasquino possiamo definirla un allievo di Norberto Bobbio?

Certamente, sì, per due ragioni. Mi sono laureato con una tesi di Scienza politica con lui relatore. Un giorno, espressamente, seduti entrambi sui banchi del Senato, gli chiesi se avevo i titoli giusti per mettere nel mio curriculum “allievo di Bobbio”. Mi rispose, sorridendo, di sì, che ne sarebbe stato lieto. A me fa molto piacere aggiungere che con Bobbio e con Nicola Matteucci, abbiamo curato il Dizionario di Politica (UTET, 2004) la cui terza edizione, purtroppo, non riuscì a vedere.

Quali sono a suo giudizio i volumi più importanti della sua enorme produzione accademica?

Bobbio divenne molto noto grazie al suo dialogo (senza concessioni) e al confronto anche aspro con le idee e le posizioni di Togliatti relativamente al ruolo degli intellettuali e delle idee. Politica e cultura, pubblicato la prima volta nel 1955, raccoglie e sistema una tematica di immutato interesse e valore. In seguito, due altri volumi: Il futuro della democrazia (1984), pubblicato casualmente (sic) in epoca craxiana, e Destra e sinistra (1994) pubblicato e ripubblicato nient’affatto casualmente (sic) in epoca berlusconiana (con un successo di vendite che lo sorprese moltissimo), segnarono la riflessione politica e culturale. Però, Bobbio era particolarmente contento del suo eccellente excursus sulla cultura e sugli intellettuali tratteggiato nel Profilo ideologico del novecento italiano (1968, 1986) e della sua raccolta di saggi su Carlo Cattaneo: Una filosofia militante (1971). Ma credo che il suo libro preferito (ne posseggo una copia con dedica) sia Thomas Hobbes (1989), lo studioso che apprezzava in massimo grado per il rigore, l’acume, il duro realismo e la brillantezza della scrittura.

Come si spiegano il successo e la fama di un professore di Filosofia politica che non andava mai, per sua libera scelta, in televisione?

Anzitutto, Bobbio è stato un grande professore per più di quarant’anni. Ha insegnato a generazioni di studenti sia le materie dei suoi corsi, mai ripetitivi, sia un metodo di riflessione sia uno stile di vita, austero, ma impegnato, e ha fatto conferenze in tutto il mondo. In secondo luogo, Bobbio ha affrontato sempre tematiche analiticamente e politicamente significative senza mai essere settario o fazioso, sforzandosi di capire e di porre gli interrogativi più stimolanti. Non era, però, come alcuni hanno scritto, il “filosofo del dubbio”. Aveva convinzioni solide, ma era aperto alla ricerca. In terzo luogo, la sua fama si è estesa quando cominciò nel 1976 a collaborare a “La Stampa”, con editoriali e interventi lucidissimi e rigorosi. Fu da allora che, anche a causa della turbolenta storia italiana, ottenne e esercitò, senza volerlo, il ruolo di coscienza critica. Quel ruolo, naturalmente, gli costò anche molte critiche, spesso stupide e becere, dalla destra, ma non solo. Mi limito a ricordare che, alla pubblicazione di un articolo su “La Stampa” con il titolo La democrazia dell’applauso che criticava l’acclamazione con la quale il Congresso socialista aveva “rieletto” Craxi segretario, Craxi replicò stizzito stigmatizzando “i filosofi che hanno perso il senno”.

Che cosa rimane di Bobbio e del suo pensiero, oggi?

Bobbio non ha successori, anche se c’è una affollata corsa a dichiararsi tali. È una corsa, cominciata già negli ultimi anni della vita di Bobbio, che ho criticato in un articolo intitolato “Il culto di Bobbio” (commento di Bobbio: “temo che tu abbia ragione”). Nessuno, oggi, ha la sua stessa autorevolezza, il suo rigore, torinese (Bobbio ha scritto un ottimo saggio sulla cultura a Torino), il suo senso dell’impegno di stampo azionista, ma anche la sua limpida cognizione del limite. Bobbio vorrebbe essere ricordato, come mi sembra abbia scritto, probabilmente nella sua Autobiografia (1997), altro libro che posseggo con dedica,” nelle opere e negli affetti”. In quest’Italia che non gli sarebbe piaciuta e la cui evoluzione lo aveva tanto amareggiato, sono, per fortuna, molti che lo ricordano con affetto anche per le sue opere.

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Norberto Bobbio, grande filosofo assurto a coscienza critica dell’Italia civile
Norberto Bobbio fu testimone e protagonista tra i più eminenti del Novecento avendolo attraversato quasi per intero e oltrepassato di alcuni anni (1909 – 2004). Aveva da pochi giorni compiuto tredici anni quando il fascismo conquistò il potere. Non aveva ancora trent´anni quando scoppiò la seconda guerra mondiale e già da tempo era entrato a far parte attiva della resistenza. Dopo la liberazione, diede impulso al rinnovamento culturale e politico della nuova Italia repubblicana contribuendo alla formazione del movimento liberalsocialista poi confluito nel Partito d´Azione. Alle soglie dei sessant´anni, attraversò il ´68, e poi la stagione del terrorismo interno, gli anni di piombo e della strategia della tensione. Divenuto editorialista del quotidiano “La Stampa” di Torino dal 1976, il suo pensiero raggiunse più vaste cerchie di cittadinanza e divenne perciò popolare anche al di fuori degli ambiti strettamente accademici, come coscienza critica dell´Italia civile. Giunto agli ottant´anni, assistette al fallimento dell´universo del socialismo reale, che interpretò come l’inevitabile destino di una “utopia capovolta”. Poco dopo, la corruzione della vita pubblica in Italia che lui aveva apertamente denunciato e combattuto, portò al crollo della prima Repubblica . Nell´ultimo decennio della sua vita, si oppose all´avvento di nuove e vecchie destre in cui vedeva un chiaro pericolo per la democrazia. Il magistero intellettuale e morale di Norberto Bobbio non è meno vasto della sua opera scientifica e si potrebbe ricostruire la storia politico-culturale italiana del secondo Novecento attraverso i dibattiti che egli ha animato e suscitato. Per celebrare il centenario della nascita di Norberto Bobbio il Ministro per i Beni e le Attività culturali ha istituito un Comitato Nazionale, composto da oltre cento istituzioni e personalità intellettuali italiane e straniere. Il Comitato Nazionale ha elaborato un ampio programma di attività per promuovere il dialogo e la riflessione sul pensiero e sulla figura di Norberto Bobbio e sul futuro della nostra democrazia, della nostra cultura e della nostra civiltà. Il primo evento in programma è un convegno internazionale “Dal Novecento al Duemila. Il futuro di Norberto Bobbio”Torino, 15 – 17 ottobre 2009. I lavori saranno aperti da un discorso inaugurale del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. (aa)

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