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È Di Maio che non ha mai creduto all’esperimento, anzi l’ha danneggiato, e dovrebbe dimettersi #Umbria2019

In un altro schieramento politico, un altro leader avrebbe subito rassegnato le dimissioni. Lo ha fatto persino Matteo Renzi

Una alleanza, forse soltanto una convergenza di timorosi sentimenti, non si costruisce frettolosamente. Se fatta come stato di necessità in chiave difensiva e non propositiva, con il capo del governo che se ne serve per criticare ancora, inutilmente e forse in maniera controproducente Salvini, non produce nessun frutto. Se, poi, per farla quella convergenza, bisogna scegliere una figura civica di nessun impatto come candidatura alla presidenza della Regione Umbria per “correre” contro una senatrice della Lega, già sindaco di un comune umbro, quindi, nota e rappresentativa del territorio, allora si delineano con precisione e si comprendono meglio le ragioni della meritata sconfitta dell’alleanza Cinque Stelle-Partito Democratico.

Il più sconfitto di tutti è il capo politico del Movimento. Infatti, Luigi Di Maio in quella alleanza, subito derubricata a “esperimento”, non ha mai creduto e in pratica con i suoi distinguo, le sue perplessità e la sua personale inadeguatezza l’ha profondamente danneggiata. Che gli elettori umbri, accorsi alle urne in una percentuale nettamente superiore a quella di cinque anni fa, lo abbiano punito, è solamente logico e giusto. Altrove, ovvero in un altro luogo e in un altro schieramento politico, un altro leader avrebbe subito rassegnato le dimissioni. Lo ha fatto persino Matteo Renzi. Invece, Di Maio è ancora lì e pensa di dettare condizioni per la prossima battaglia, molto più importante dell’Umbria, che si combatterà in Emilia-Romagna. Correranno da sole le Cinque Stelle?

Certo, dopo avere bollato il Partito Democratico come il Partito di Bibbiano, scandalo certo grave anche se in via di ridimensionamento e che, comunque, riguarda pochissimo la guida nazionale del PD, non sarà facile convincere i suoi elettori che con quel partito è imperativo fare un’alleanza per non lasciare campo aperto ad una scorribanda vincente della Lega. La sconfitta in Emilia-Romagna avrebbe inevitabilmente un impatto pesantissimo sul governo nazionale. Naturalmente, di errori politici significativi ne sono stati fatti anche dal Partito Democratico, da Dario Franceschini e dal segretario Nicola Zingaretti. Il primo ha esagerato a sponsorizzare molto prematuramente un’estensione dell’alleanza di governo nazionale a tutte le realtà locali. Il secondo non ha voluto, forse non ha saputo resistere a quell’affermazione né delineare una prospettiva più cauta e più meditata.

Ciò che mi pare palesemente in una crisi profonda per entrambi, M5S e PD, è la (in)cultura politica che dovrebbe sorreggere la loro proposta politica e la loro azione, al governo e all’opposizione. Il Partito Democratico ha preannunciato una Costituente delle idee di cui, però, sono poche le informazioni disponibili. Comunque, di idee dovrebbe discutere e non di proposte e di soluzioni ai problemi del governo. Le Cinque Stelle non possono pensare di cavarsela con la consultazione degli attivisti attraverso la Piattaforma Rousseau. Nessuna cultura politica può “passare” attraverso la rete. Deve essere iniziata con riflessioni variamente prodotte, anche dall’alto. Poi nutrita di confronti e comparazioni. Infine, delineata con chiarezza e diffusa capillarmente, anche per, eventualmente, riformularne alcuni elementi.

Sono tutte operazioni per le quali certamente Di Maio non ha finora mostrato nessuna consapevolezza e capacità. Al contrario, lui e altri nel gruppo dirigente mostrano fastidio per qualsiasi approfondimento che riguardi la cultura politica. Nel loro regno della post-ideologia non vi è spazio per discussioni concernenti il tessuto culturale che sostiene le democrazie parlamentari e che può consentirne/agevolarne il miglioramento. Al contrario, se ne vorrebbe un imprecisato superamento. Se correre da soli significa anche, forse inevitabilmente, il rifiuto del confronto “culturale” ne conseguirà un ripiegamento che nel migliore dei casi servirà a raccattare un pugno di voti per ritornare e restare all’opposizione. Senza cultura politica non sarà possibile nessun miglioramento della politica e della democrazia italiana. Tutti da discutere e chiarire, gli atteggiamenti e i comportamenti delle Cinque Stelle in Emilia-Romagna sono destinati a produrre conseguenze rilevanti di molti tipi. La situazione non appare affatto promettente.

Pubblicato il 28 ottobre 2019 su huffingtonpost.it

L’Umbria vota e conta #Umbria2019

No, l’Umbria non è l’Ohio, lo stato sempre in equilibrio fra repubblicani e democratici, spesso decisivo per eleggere il Presidente USA. La regione Umbria, che è stata solidamente “rossa” dal 1970 ad oggi, si trova in bilico. È diventata, come si dice con termine tecnico, “contendibile” poiché è emerso un grosso scandalo nel sistema sanitario che ha coinvolto il Partito Democratico. Lasciando alle indagini della magistratura la parte più propriamente legata a reati, si potrebbe sostenere, e sono disposto a farlo senza nessuna difficoltà, che qualsiasi sistema politico, anche regionale, nel quale non si produce alternanza per un lungo periodo di tempo, è destinato a degenerare. È una lezione politica da imparare in tutta la sua pregnanza, valida sempre. Il resto va affidato, come in tutte le democrazie, ai politici e agli elettori dell’Umbria ai quali il (poco)centro-(molta)destra, ricompattatosi, offre proprio la possibilità di mandare a casa coloro che hanno governato per tanto/troppo tempo.

Al fine di evitare una probabile vittoria del centro-destra, tuttora in testa nei sondaggi, il Partito Democratico ha perseguito con determinazione la via dell’unico accordo possibile, quello con il Movimento 5 Stelle che, pur non pienamente convinto, ma consapevole delle sue difficoltà, lo ha accettato. Ne è emersa una competizione bipolare, che molti, ad esempio, il segretario del PD, Nicola Zingaretti, considerano un buon inizio che potrebbe essere esteso un po’ in tutta Italia. A questo punto, il duello centro-destra/PD+5Stelle ha acquisito significati importanti che raramente si trovano nelle elezioni regionali. Ovviamente, l’ elettorato umbro è consapevole che vota per il Consiglio regionale e per il Presidente della Regione. Dunque, si farà guidare anche da questa considerazione. Però, è inevitabile, logico e persino giusto che una parte non piccola di elettori desideri che il loro voto serva a qualcosa di più. Infatti, il centro-destra ha chiesto un voto che serva anche a dare una spinta verso la conquista del governo nazionale, all’insegna del motto (che m’invento)” il centro-destra unido jams será vencido.

Certamente, Salvini rivendicherà l’eventuale vittoria come ennesimo segnale che nel paese esiste una maggioranza opposta a quella rappresentata dal governo guidato da Conte che in questi giorni ha alzato il tiro della critica proprio contro il capo della Lega. La sconfitta della coalizione PD-5 Stelle significherebbe che l’elettorato umbro non ha voluto premiare la strategia del segretario del PD di portare l’alleanza, che non tutti i Cinque Stelle sembrano condividere, anche in altre realtà locali. Tempi brutti si addenserebbero anche sul futuro dell’Emilia- Romagna, altra regione simbolo della sinistra. Insomma, circa settecentomila elettori umbri hanno nelle loro mani (e nelle loro menti) un voto pesante. Non è detto che serva a cambiare il governo, ma obbligherà i governanti a riflettere seriamente su cosa fare e come andare avanti.

Pubblicato AGL il 27 ottobre 2019