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Accanimento correntizio. Pasquino svela cosa c’è dietro il dibattito sull’identità del Pd@formichenews

L’identità di un partito riformista non comincia dal buongoverno, come pensa qualche presunto politologo di strada, ma dalla visione e dalle proposte con le quali arriva al governo. Il commento di Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica e socio dell’Accademica dei Lincei
Nella autorevole persona di Francesca Scaringella, Formiche mi chiede di scrivere sulla ricerca dell’identità perduta del Partito Democratico. Mission impossible. Il Partito Democratico, il PD realmente esistente, non ha mai avuto nessuna identità. Oserei affermare che è nato programmaticamente per cancellare l’identità dei comunisti, che ci avevano già messo moltissimo da parte loro, con successo, erano anche riusciti a tenere fuori qualsiasi identità socialista, mentre i cattolici democratici si accontentarono dell’áncora di salvezza loro offerta dal seminuovo partito, si accomodarono nei posti di governo ai quali erano abituati e non sentirono nessun bisogno di rielaborare la loro identità né di contribuire a una identità nuova, riformista/riformatrice. Qualche fiancheggiatore, la cui cultura economica, più o meno ampia e valida che sia, non può supplire alla carenza assoluta di cultura politica, disegnava una identità liberal-socialista, con liberali inesistenti e senza socialisti ingombranti. Adesso, sembra che l’identità del PD, a sentire quei qualcuno, si possa definire tenendo lontani i pentastellati di ogni ordine e grado e avvicinandosi, anzi prostrandosi ai renziani e ai calendiani, della cui cultura politica e costituzionale è peraltro non solo lecito, ma imperativo dubitare.
L’identità di un partito riformista non comincia dal buongoverno, come pensa qualche presunto politologo di strada, ma dalla visione e dalle proposte con le quali arriva al governo. Per ora, meglio che i piddiccini (sic) si (pre)occupino del Manifesto dei Valori. Attualmente, l’incipit è sconfortantemente similberlusconiano : “Noi, i Democratici, amiamo ‘Italia”. Forse, un partito riformista dovrebbe subito dare a sé e agli italiani, patrioti o no, una prospettiva limpida: “Noi, i Democratici, desideriamo una Italia migliore” e poi indicare in ordine di priorità in che modo, con quali politiche, con il sostegno di quali ceti, miglioreranno l’Italia. Non è il mio compito, ma nessuna Italia sarà mai migliore se si allontana dall’Europa.
Quello che vedo è che, comunque, il dibattito sull’identità è una cortina fumogena per nascondere e salvare le correnti, chiedo scusa, le diverse “sensibilità” che, insomma, lo abbiamo imparato tutti (meno chi scrive), sono una ricchezza, un patrimonio prezioso, l’Eden del pluralismo gioioso. Infatti, esistono correnti nella SPD, nel Partito Laburista e, prova provata e definitiva, nel Partito Democratico USA dove, utile a sapersi, i Rappresentanti sono eletti, mai paracadutati, in collegi uninominali. Davvero quelle correnti sono in qualche modo assimilabili alle correnti nel PD? E quali sarebbero poi le brillanti idee che sono emerse dalle correnti e che vengono più o meno periodicamente a occupare il centro del dibattito politico? Possibile che nello splendore e nel clamore del dibattito di idee e di identità non trovino lo spazio che (non) meritano le idee delle donne del PD? Benvenuta Elly Schlein, verso quale identità orienterai il PD? Credi che esista una identità “movimentista” che qualcuno ti attribuisce? Che cosa sai di come si organizza e funziona un partito politico? ritieni utile imparare qualcosa in materia oppure chiederai a Bonaccini, il ticket sarà Schlein-Bonaccini, giusto? E l’indicazione del ticket si trova nello Statuto vigente?
Care Formiche, un giorno a vostra insistita richiesta risponderò anche alle mie domande. Comunque, almeno l’inizio di tutte le risposte is, come cantò Bob Dylan, blowing in the wind. Sarà ad ogni buon conto troppo tardi e, forse, troppo poco. Tuttavia, don’t worry. Non l’istinto quanto la feroce determinazione delle correnti assicura la sopravvivenza di questo PD: diritti, Europa, lotta alle diseguaglianze. Avanti popolo (delle sedicenti primarie).
Pubblicato il 4 dicembre 2022 su Formiche.net
Vengo anch’io, no tu no – Pasquino: «Ero pronto a smascherare l’aria fritta»
Intervista raccolta da Rachele Gonnelli.
Il politologo, accademico dei Lincei, scaricato dal duello radiofonico con il premier sulla riforma costituzionale
l premier ha fatto al contrario della «bruna Mancini» «che disse no al mattino e la sera disse sì» (atto V , Cyrano de Bergerac). Renzi invece giovedì avrebbe dovuto duettare alla radio con Gianfranco Pasquino, professore emerito di scienza della politica e accademico dei Lincei. «ore 17 Rai m’invita a RadioAnch’io con Renzi. Ore 19.40 Rai mi comunica che premier vuole stare solo senza dibattito», resoconta lo stesso Pasquino sulla sua pagina Facebook.
Professore, cosa è successo? Il faccia a faccia in tv con Zagrebelsky pare l’avesse vinto Renzi…Lei fa così paura?
Cosa sia successo non lo so. Di certo io non vado a vedere le virgole, guardo l’impatto della riforma sul sistema politico italiano. Renzi mi conosce ma soprattutto è il suo team che mi conosce bene e lo avrà sconsigliato. In particolare il sindaco di Firenze Nardella sa le mie argomentazioni, così come Debora Serracchiani. Non litigo, non alzo mai la voce, non mi piacciono proprio quelli che alzano la voce a coprire gli argomenti degli altri, ora poi, con l’età sono diventato molto saggio.
Quindi si era preparato per dibattere con Renzi e invece, niente. È così?
Ero contento di questo dibattito. So cosa si deve chiedere in materia di riforme costituzionali e lui ha solitamente risposte fatte d’aria. Continua a sostenere che con le sue riforme ci sarà un miglioramento della politica e persino della vita dei cittadini, cosa che io sono pronto a contestare in pieno. Per lui queste riforme fanno solo parte di un gioco, servono a poter dire: «visto? ho fatto le riforme», ma è una narrazione tutta sbagliata.
Renzi accusa i professori come lei del fronte del No di essere conservatori. Dice: «vedete, io faccio finalmente un cambiamento che nessuno è riuscito a fare». Giusto?
Dice un sacco di fandonie. È stato riformato il Titolo V della Costituzione, nel 2001. Si può pensare che si tratti di una riforma costituzionale brutta ma è stata fatta e voluta dal Pd. Berlusconi nel 2005 fece la sua riforma, la sottopose a referendum e fu bocciata. Altra riforma è stata la legge sui sindaci, lì al Senato ci fu una grande battaglia alla quale mi vanto di aver contribuito, anche perché il testo finale ripercorre in grandi linee ciò che avevo proposto. In effetti è l’unica riforma che è stata fatta bene, devo dirlo.
E invece già si parla di emendare l’Italicum in salsa greca, lo chiamano Italikos…
Non voglio sentire, sono solo pasticcetti, orpelli. Si dice che tutta l’Europa ci invidia questa ottima riforma ma poi già si prova a cambiarla. Del resto non è colpa di Renzi. Ricordo che nel 2014 riuscì a dire che l’Italicum era un Mattarellum con le preferenze, una stupidaggine senza confini.
Pubblicato il 8 ottobre 2016


