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Riforma Boschi e Italicum, non si rassegnano

Gli sconfitti del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 non si sono ancora rassegnati. Non riescono ancora a farsene una ragione poiché continuano a ripetere argomentazioni infondate e sbagliate. Grave per i politici, la ripetitività di errori è gravissima per i professori, giuristi o politologi che siano. Sul “Corriere della Sera” Sabino Cassese esprime il suo rimpianto per il non-superamento del bicameralismo (che, comunque, nella riforma Renzi-Boschi era soltanto parziale) poiché obbliga ad una “defatigante navetta”. Non cita nessun dato su quante leggi siano effettivamente sottoposte alla navetta, sembra non più del 10 per cento, e non si chiede se la fatica sia davvero un prodotto istituzionale del bicameralismo paritario italiano oppure dell’incapacità dei parlamentari e dei governi di fare leggi tecnicamente impeccabili, quindi meno faticose da approvare, oppure, ancora, se governi e parlamentari abbiano legittime differenze di opinioni su materie complicate, ma qualche volta non intendano altresì perseguire obiettivi politici contrastanti. Comunque, i dati comparati continuano a dare conforto a chi dice che, nonostante tutto, la produttività del Parlamento italiano non sfigura affatto a confronto con quella dei parlamenti dei maggiori Stati europei: Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna. Nessuno, poi, credo neanche Cassese, sarebbe in grado di sostenere con certezza che le procedure previste nella riforma avrebbero accorciato i tempi di approvazione, ridotti i conflitti fra le due Camere e, meno che mai, prodotto leggi tecnicamente migliori.

Più volte, non da solo, Mauro Calise ha sostenuto che soltanto un governo forte, identificato con quello guidato da Matteo Renzi, risolverebbe tutti questi problemi, e altri ancora. Non ci ha mai detto con quali meccanismi istituzionali creare un governo forte, ma ha sempre affidato questo compito erculeo alla legge elettorale. Lunedì ne “Il Mattino” di Napoli ha ribadito la sua fiducia nelle virtù taumaturgiche del mai “provato” Italicum. Lo cito:”avevamo miracolosamente partorito una legge maggioritaria” …. “senza la quale in Europa nessuno è in grado di formare un governo”. Come ho avuto più volte modo di segnalare, l’Italicum come il Porcellum non era una legge maggioritaria, ma una legge proporzionale con premio di maggioranza. Con il Porcellum nel 2008 più dell’80 per cento dei seggi furono attribuiti con metodo proporzionale; nel 2013 si scese a poco più di 70 per cento. L’Italicum, non “miracolosamente partorito”, ma imposto con voto di fiducia, non avrebbe cambiato queste percentuali. Quanto alla formazione dei governi, tutti i capi dei partiti europei hanno saputo formare governi nei e con i loro Parlamenti eletti con leggi proporzionali. Tutte le democrazie parlamentari europee hanno sistemi elettorali proporzionali in vigore da un centinaio d’anni (la Germania dal 1949). Nessuno di quei sistemi ha premi di maggioranza. Tutte le democrazie parlamentari hanno governi di coalizione. Elementari esercizi di fact-checking che anche un politologo alle prime armi dovrebbe sapere fare, anzi, avrebbe il dovere di fare, smentiscono le due affermazioni portanti dell’articolo di Calise. C’è di peggio, perché Calise chiama in ballo Macron sostenendo che la sua ampia maggioranza parlamentare discende dal sistema elettorale maggioritario. Però, il doppio turno francese in collegi uninominali non ha nulla in comune né con il Porcellum né con l’Italicum le cui liste bloccate portano a parlamentari nominati. Inoltre, il modello istituzionale francese da vita a una democrazia semipresidenziale che non ha nulla a che vedere con i premierati forti vagheggiati, ma non messi su carta, dai renziani né, tantomeno, con il cosiddetto “sindaco d’Italia”. Il paragone fatto da Calise è tanto sbagliato quanto manipolatorio. Non serve né a riabilitare riforme malfatte né a delineare nessuna accettabile riforma futura.

Pubblicato il 12 settembre 2017

 

Il modello tedesco e la buona proporzionale #LeggeElettorale

Per tre volte, 2006, 2008, 2013, gli italiani hanno votato con una legge elettorale proporzionale (Porcellum) con premio di maggioranza. Il (tre quarti) maggioritario fu il Mattarellum con il quale pure gli italiani votarono tre volte: 1994, 1996, 2001. L’Italicum era un Porcellum con qualche variazione: non tutti i parlamentari sarebbero stati nominati dai capipartito/capicorrente; possibilità di “solo” dieci candidature multiple; premio di maggioranza al partito che avesse ottenuto il 40% più uno dei voti oppure che avesse vinto il ballottaggio. Sostenere con allarmismo che l’Italia è tornata/tornerà alla proporzionale non solo è sbagliato, ma contiene anche una critica preventiva alle leggi elettorali proporzionali che è assolutamente fuori luogo. Lasciando da parte coloro che, dopo averne a lungo elogiato e proposto il sistema elettorale spagnolo, chiaramente proporzionale, oggi paventano l’esito spagnolo, tutte le democrazie dell’Europa occidentale, meno la Gran Bretagna e la Francia, usano da più di un secolo leggi elettorali proporzionali (la Germania, un esempio di ottima proporzionale, da quasi settant’anni). Allora, invece di piangere sul perduto premio di maggioranza, sarebbe molto meglio cominciare a dire alto e forte che non debbono essere ammesse le pluricandidature, che non debbono esistere parlamentari orwellianamente più eguali degli altri, vale a dire nominati, che è giusto avere una soglia di accesso alla rappresentanza parlamentare che scoraggi e impedisca la frammentazione dei partiti.

Dopodiché, ma mi rendo conto che è chiedere molto a dirigenti di partito che ragionano quasi esclusivamente con riferimento agli interessi di breve periodo del loro partito e, spesso, del loro potere personale, si può procedere in tempi rapidissimi a due operazioni alternative. Fare rivivere il Mattarellum ricordando a tutti (potrebbe farlo, accompagnandolo con una modica dose di moral suasion, lo stesso Presidente della Repubblica, persona informata dei fatti) che il Mattarellum non dava in partenza vantaggi a nessuno, premiava la formazione preelettorale di coalizioni che si candidavano a governare, consentì l’alternanza decisa dagli elettori. Con qualche ritocco, il Mattarellum è tuttora una buona legge elettorale, comprensibile da tutti, facilmente attuabile. L’alternativa, per chi non vuole l’ottimo sistema maggioritario a doppio turno francese (peccato che non ci sia mai stato un vero e approfondito confronto sul sistema francese che avrebbe anche il merito di scompaginare le carte e di accrescere la competitività) non può che essere il sistema tedesco, che si chiama “proporzionale personalizzata” nella sua integrità, senza furbesche manipolazioni.

Sfido chiunque a trovare nel sistema tedesco tutti gli inconvenienti di frammentazione, instabilità, difficoltà di formazione dei governi (le Grandi Coalizioni sono il prodotto di scelte politiche, non dei meccanismi elettorali) che paventano gli allarmatissimi anti-proporzionalisti (in verità, essenzialmente “premiatisti” che solamente, ma fortemente vogliono un premio di maggioranza, distorsivo della proporzionalità). Qualcuno che si chieda se all’affermarsi come sistema politico stabile e efficiente, rappresentativo e governato/governabile il sistema elettorale non abbia dato un contributo corposo, quasi decisivo? Spero che non si voglia lasciare ai posteri la nient’affatto ardua sentenza.

Pubblicato il 24 agosto 2017

Strada obbligata per la legge elettorale

Fallita la brillante operazione, ispirata da Renzi che diceva: il sistema tedesco non è il mio preferito; il governo Gentiloni durerà fino alla scadenza naturale della legislatura, che cosa resta agli elettori italiani esterrefatti e insoddisfatti? Resta, anzitutto, la sensazione che ancora una volta il segretario del Partito Democratico si sia fatto mal consigliare e sconfiggere dalla sua fretta. In questo modo, ha perso, da un lato, il sostegno di Napolitano, che riteneva le elezioni anticipate una scelta da irresponsabili, dall’altro, una parte non piccola di credibilità nella sua leadership e nelle sue competenze elettoral-istituzionali. Bisognerà ripartire affinché l’Italia abbia una legge elettorale decente, che non favorisca e non svantaggi nessuno dei partiti esistenti e che dia rappresentanza politica ai cittadini e potere agli elettori prima di andare alle urne a scadenza naturale, fine febbraio 2018. Meglio se nessuno procedesse a calcoli più o meno astrusi e non si facesse inventare dai suoi costituzionalisti e politologi di riferimento l’algoritmo vincente sulla base dei risultati delle elezioni amministrative. Temo che questa considerazione rimarrà lettera morta, ma sono sicuro che chi si baserà su quei risultati andrà incontro a delusioni elettorali e politiche.

Come nessun altro paese al mondo, l’Italia rischia di avere una legge elettorale formulata dalla Corte Costituzionale che, per di più, è stata largamente costretta a procedervi ritagliando l’Italicum nelle sue componenti incostituzionali. Tutte le democrazie parlamentari dell’Europa occidentale hanno leggi elettorali (essenzialmente proporzionali) scritte dai loro Parlamenti più di cent’anni fa e appena ritoccate nel tempo. Quella tedesca risale al 1949-56. Negli ultimi venticinque anni l’Italia ha avuto quattro leggi elettorali, la migliore, quella firmata da Mattarella, fu il felice esito di un referendum popolare (di cui sarebbe ancora utile tenere conto). I parlamentari italiani e i dirigenti dei loro partiti stanno dimostrando di non avere la cultura politico-istituzionale in grado di produrre una legge che consenta, lo scrivo nei minimi termini, di “tradurre i voti in seggi”. Troppi si fanno ancora influenzare da commentatori che ritengono il premio di maggioranza, che non esiste in nessuna democrazia parlamentare, una sorta di requisito essenziale per la prossima legge elettorale. Sbagliano. Allora, tutti si meritano il sistema che consegue alla sentenza della Corte Costituzionale. Evitando il deplorevole “latinorum”, non lo chiamerò né Consultellum né, come fanno i pentastellati, Legalicum. Porterà il nome del relatore e sarà una legge elettorale proporzionale con soglia di accesso del 3 per cento alla Camera (non guasta che al Senato la soglia sia diversa, l’importante è che la traduzione dei voti in seggi sia proporzionale) e con la possibilità di esprimere preferenze. A favore di una preferenza da esprimere scrivendo il nome della candidatura preferita, è opportuno ricordarlo, gli italiani si espressero nel referendum del 1991. C’è anche da chiedersi dove vivono quelli che sostengono che le preferenze portano corruzione. In tutti questi tristi anni vissuti senza preferenze è forse diminuita la corruzione politica?

Alte si levano le critiche dei sedicenti maggioritari (che se fossero davvero tali dovrebbero chiedere il sistema inglese o quello francese) perché l’esito complessivo saranno governi di coalizione. Tutte le democrazie parlamentari europee sono governate da coalizioni. Sta per tornarci, dopo l’esperienza del 2010-2015, anche la Gran Bretagna. L’ultimo esito, da chi sarà formato il (primo) governo dopo le elezioni del 2018, non possiamo prevederlo. Lo decideranno i dirigenti di partito, ma quanto potere avranno dipenderà grazie alla legge proporzionale, non da un artificiale e distorcente premio di maggioranza (Matteo Renzi è segretario di un partito che ottenne 25 per dei voti nel 2013 e che alla Camera ha il 54 per cento dei seggi), ma dalla scelta degli elettori, proprio come dovrebbe essere in democrazia.

Pubblicato 11 giugno 2017

“Rassegnatevi, i governi li fa il Parlamento”

Intervista raccolta da Luca De Carolis

Il risultato in Gran Bretagna conferma che le maggioranze di governo le formano i parlamenti, non il voto. Avviene così in tutte le democrazie parlamentari occidentali. Dovrebbero saperlo, quelli che volevano l’Italicum …”. Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica a Bologna, risponde da un aeroporto estero. E infila la battuta:”Certo che da voi in Italia non succede nulla…”.

Partiamo da Oltremanica: neanche con il loro sistema maggioritario si hanno garanzie certe.

Ma non è certo una sorpresa, lì funziona così da oltre cento anni. Quello britannico è un sistema maggioritario a turno unico con collegi uninominali, il cosiddetto first past the post: ossia, quello che rende un voto in più ottiene il seggio. Poi però per la maggioranza servono accordi. D’altronde Theresa May ha sostituito Cameron come premier in base a intese in Parlamento.

La traduzione è che la legge elettorale perfetta non esiste?

Non può esistere. Ma il bello della politica è questo, la capacità di fare coalizioni.

Il maggioritario è comunque meglio del proporzionale?

Le più antiche democrazie del mondo usano il maggioritario, dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti. E 900 milioni di indiani votano così.

Tutti Paesi dove sono passati gli inglesi, che ora dovranno tenersi una May fragile.

Prima delle elezioni il suo bicchiere era piuttosto pieno: ora invece è vuoto per lo più a metà.

Anche per colpa del sistema elettorale, lo ammetta: con un premio di maggioranza sarebbe più forte.

Per vincere bisogna prendere i voti. E poi bisogna costruire maggioranze.

In Italia le Camere non riescono a varare neanche una legge elettorale. Perché?

Semplice, non ne sono capaci. Ma dovrebbero ricordarsi che i collegi uninominali sono previsti in tutti I maggiori Paesi, comprese Germania e Francia. E servirebbero anche a noi: per tornare a partecipare, i cittadini chiedono un volto e un corpo da votare, una persona che spieghi cosa fa e perché.

Nel Tedeschellum erano previsti, seppure in maniera minoritaria rispetto alla quota proporzionale.

Se volessero davvero riprovare ad adottare il sistema tedesco, dovrebbero prenderlo così com’è: ovvero con il voto disgiunto.

Difficile, non crede?

Anche secondo me.

E allora che si fa?

La soluzione può essere quella di leggere bene le sentenze della Consulta e di capirle, per ricavarne una legge elettorale.

Attualmente di leggi ce ne sono due, il Legalicum, frutto della sentenza che ha demolito l’Italicum, e il Consultellum, che riscrisse il Porcellum.

Vanno armonizzate, innanzitutto uniformando le soglie di sbarramento. Non vedo altre alternative, ad oggi.

E il voto anticipato?

Sono assolutamente contrario. Del resto il grande errore di Matteo Renzi è stato proprio quello di legarlo all’approvazione della legge elettorale.

Perché ha stimolato il franchi tiratori nel PD?

È evidente. Anche se il grande franco tiratore è stato Giorgio Napolitano.

Quattro giorni fa li aveva avvisati con quell’attacco alle urne anticipate e alla legge (“patto abnorme”)?

Diciamo che la sua cultura politica è molto superiore a quella di Renzi e di Rosato.

Pubblicata il 10 giugno 2017

Legge elettorale “alla tedesca”: imitazioni e manipolazioni

Sostenere che la proposta di nuova legge elettorale fatta da coloro che avevano spergiurato sull’Italicum equivalga all’attuale legge tedesca, che si chiama “rappresentanza proporzionale personalizzata”, è un’ennesima manipolazione dell’opinione pubblica e dei commentatori che non sanno e non vogliono sottoporre a verifica quanto dicono i politici. La nuova legge sarà poco proporzionale e niente personalizzata.

Purché sia davvero tedesca

“Conoscere il vincitore la sera delle elezioni”. “Avere un governo eletto dagli italiani”. “Il premio di maggioranza assicura la governabilità”. All’insegna di queste frasi, altrove, nelle democrazie parlamentari, assolutamente prive di senso, i berlusconiani e i renziani hanno fatto ampia opera di cattivi maestri elettorali e costituzionali. Giunti sull’orlo dell’abisso, che per loro sarebbe una vittoria elettorale e conseguente governo del Movimento 5 Stelle, Renzi e Berlusconi hanno cambiato rotta. Predicatori del maggioritario si sono buttati nelle braccia di una legge elettorale proporzionale. Qualcuno è forse riuscito a spiegare a entrambi che con la proporzionale nessuno vince mai tutto e nessuno perde mai definitivamente. Sembrano avere scelto la legge tedesca che si chiama rappresentanza proporzionale personalizzata. Certamente, nel panorama dei sistemi proporzionali, la legge tedesca è una delle miglior. Ha funzionato ottimamente per oramai quasi settanta anni. In Germania nessuno ne chiede l’abbandono poiché garantisce condizioni eque a tutti i partiti esistenti e scalpitanti. Ha dato buona rappresentanza politica ai cittadini tedeschi, prima e dopo l’unificazione. Grazie al doppio voto attribuisce loro significativo potere. Metà dei parlamentari sono eletti in collegi uninominali metà su liste di partito. È il voto per il partito, purché superi la soglia del 5 per cento, che serve a stabilire quanti seggi quel partito nel Bundestag: tot voti tot seggi. Consente anche a minoranze concentrate, se vincono tre seggi uninominali, di portare in Parlamento il numero di eletti pari alla percentuale di voti ottenuta. Non è affatto vero che la proporzionale personalizzata tedesca conduce inesorabilmente a Grandi Coalizioni che sono, invece, l’esito possibile, ma non obbligato, di una scelta dei dirigenti di partito. Infine, rivelatisi privi dei voti necessari, ma anche miserevolmente formulati dal punto di vista tecnico tutti gli altri improvvisati tentativi di scrittura di sistemi elettorali con chiari intenti particolaristici, la legge tedesca è un ottimo approdo. Purché.

Il “purché” merita di essere argomentato. I sistemi elettorali sono, per l’appunto, sistemi, non supermercati nei quali i consumatori scelgono secondo le loro mutevoli preferenze. Sistema vuole dire che le diverse componenti si tengono insieme, si influenzano, funzionano per l’appunto in relazione con ciascuna delle altre componenti. Dunque, chi vuole la legge elettorale tedesca deve fissare la soglia di accesso al Parlamento al 5 per cento, non per cattiveria, ma per incentivare i partiti piccoli ad associarsi per non scomparire (salvo ritornare nel Parlamento se e quando avranno saputo riacquisire abbastanza consenso). I due voti debbono potere essere disgiunti, vale a dire per un candidato nel collegio uninominale e per la lista di un partito, anche diverso da quello del candidato. Non debbono essere agganciati alla legge elettorale tedesca vagoncini come un piccolo, forse inutile premio di maggioranza, un diritto di tribuna e altri regalini che distorcano la rappresentanza politica proporzionale.

È molto probabile, sulla base delle preferenze rivelate dagli elettori nei sondaggi, che il primo posto se lo giocheranno le Cinque Stelle e il PD, a meno che si compia il miracolo di un centro-destra che si riaggrega. Dunque, il prossimo governo, se si voterà (meglio a scadenza naturale) con la legge tedesca presa nella sua integrità e senza stravolgimenti, sarà di coalizione. I voti degli elettori decideranno a chi toccherà iniziare, sotto la guida del Presidente della Repubblica, la complessa operazione di formazione del prossimo governo. Nulla di inusitato, né per l’Italia né, tantomeno, per le democrazie parlamentari. I governi nascono, vivono e, talvolta, muoiono in Parlamento in maniera trasparente intorno ad un programma condiviso e concordato fra coloro che di quella maggioranza faranno parte. Dopo vent’anni di scorribande particolaristiche, l’Italia avrà la possibilità di tornare a fare parte a pieno titolo delle democrazie parlamentari nella speranza, ahinoi, al momento non proprio fondatissima, che i politici italiani abbiano finalmente imparato abbastanza.

Pubblicato AGL il 31 maggio 2017

Il sistema tedesco è l’unica soluzione. Però le urne anticipate sono un pericolo

Intervista raccolta da Luca De Carolis per Il Fatto Quotidiano

Se lo lasciano così, il sistema tedesco è la soluzione migliore nelle condizioni date. Ma guai se lo snaturassero

Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica all’Università di Bologna, spiega pregi e caratteristiche dell’ipotesi di legge elettorale in discussione alla Camera. Con una premessa: “Quella per il voto anticipato è una campagna balorda”.

Diversi partiti sembrano essersi convertiti dal maggioritario al proporzionale.

Lo hanno fatto per convenienza, non certo per convinzione. Questa legge servirebbe sia a Matteo Renzi che a Silvio Berlusconi, perché entrambi temono che vincano i Cinque Stelle, e con il proporzionale anche la sconfitta sarebbe addolcita. E poi c’è la soglia del 5 per cento, con cui il capo di Forza Italia potrebbe punire Angelino Alfano. Mentre per Renzi potrebbe essere la tagliola contro gli scissionisti di Articolo Uno.

Questa legge però sta bene anche al M5s.

E lo credo. I 5Stelle avranno più o meno il 30 per cento dei seggi, e potranno comunque pesare. Senza dimenticare che è possibile anche un governo di minoranza, a patto che facciano un grande risultato: qualcosa tra il 35 e il 40 per cento.

Ma a chi chiederebbero l’appoggio in aula? Alla Lega?

Non credo. Magari al Pd, che potrebbe dare i suoi voti in cambio di concessioni sul programma e sul governo.

Lo crede davvero possibile?

Sì, anche a parti invertite. Il M5s potrebbe votare un governo dem in cambio del reddito di cittadinanza.

La certezza è che i 5Stelle hanno chiesto di inserire nella legge un premio di maggioranza, o comunque di governabilità. Condivide?

No, sbagliano. Il grande pregio del modello tedesco è che garantisce la rappresentanza. Correttivi come il premio di governabilità o il diritto di tribuna lo farebbero diventare un’altra cosa, snaturandolo.

Va lasciato così com’è?

Va preservato il suo carattere di proporzionale puro. Mantenendo anche caratteristiche come la possibilità del voto disgiunto, prevista in Germania, che rappresenta un potere per i cittadini. Due voti contano più di uno.

A lei il modello tedesco piace?

Lo ripeto, nella situazione in cui siamo non si potrebbe fare di meglio. Dopodiché mi sembra una buona legge.

Ma chi potrebbe favorire di più?

Non è un tema che si può porre. I cittadini giudicano le persone e i programmi, a prescindere dalla legge elettorale. Piuttosto, il problema è il voto anticipato.

Non la convince?

Per nulla, è pericoloso. Piuttosto che correre verso le urne, immaginando una campagna elettorale in pieno agosto, bisognerebbe preoccuparsi di lavorare a una buona legge di stabilità, e aspettare la naturale scadenza del prossimo anno. Altrimenti si rischia di esporre il Paese alla speculazione.

Il Quirinale proverà a fermare tutto? Dicono che Sergio Mattarella abbia sempre ostacolato l’ipotesi del voto anticipato.

Innanzitutto, va ricordato che il presidente della Repubblica si esprime sulla costituzionalità delle leggi. E che Mattarella è un ex giudice costituzionale.

Il sistema tedesco potrebbe vacillare sul piano costituzionale?

No. Però in Germania il numero dei seggi in Parlamento è variabile. Mentre in Italia è fissato in Costituzione.

Quindi?

Va trovata una soluzione. E non sarà semplice.

Mettiamo che la trovino. Mattarella farebbe comunque resistenza?

Penso che stia già contattando le varie parti. Detto questo, di fronte all’ipotesi di urne prima della scadenza, farà presente di aver raccolto grande preoccupazione fuori del Paese per il voto anticipato. Interverrà. Dirà determinate cose, anche se noi non lo sapremo. Però ne vedremo gli effetti.

Pubblicato il 30 maggio 2017

 

Leggi elettorali: labirinto in latino

Il direttore mi ha commissionato un articolo per fare chiarezza sulle leggi elettorali con le quali si stanno baloccando i deputati e i loro capi. Sciaguratamente, ho accettato, ma il compito di chiarire l’inchiaribile va oltre le mie forze e la mia capacità di concentrazione.

L’Italicum è stato bocciato dalla Corte Costituzionale nel suo cuore pulsante, il ballottaggio, che serviva a legittimare l’assegnazione di un premio di maggioranza, che poteva risultare abnorme, e a perseguire un obiettivo non meglio definito: la governabilità, oltre che a dare agli elettori la grande gioia di conoscere il vincitore la sera stessa del voto (chiedo scusa: una o due settimane dopo). Quella simpaticona della Corte si è anche inventata il sorteggio per decidere di quale circoscrizione dovranno essere rappresentanti (sic) i plurieletti. E’ sfuggito alla Corte (oh, quanto sarebbe bello conoscere i pareri dissenzienti!) che plurieleggibili e capilista bloccati violano l’eguaglianza (art. 3) sia fra i candidati sia fra gli elettori. Che quel che rimane dell’Italicum possa essere definito “Legalicum” dalle Cinque Stelle e immediatamente utilizzabile è il solito mistero buffo. Dovrà, comunque, essere adattato al Senato. Ridurre il premio in seggi insito nell’Italicum non significa farlo dimagrire, ma, unitamente all’abolizione del ballottaggio, implica castrarlo: triste sorte per un porcellinum (poiché l’Italicum è il discendente diretto del Porcellum).

Memorabilmente, nella conferenza stampa di fine d’anno, dicembre 2015, il Presidente del Consiglio Renzi, non contraddetto da nessuno dei molti giornalisti esperti (sic) di leggi elettorali, annunciò enfaticamente che l’Italicum era “un Mattarellum con le preferenze”, cioè, meglio. Tutto sbagliato, anche, soprattutto, poiché l’Italicum è una legge proporzionale mentre il Mattarellum è una legge tre quarti maggioritaria in collegi uninominali. Grazie al Mattarellum hanno vinto sia l’Ulivo sia il centro-destra. Abbiamo avuto l’alternanza e, con l’aggiunta, per me essenziale, del requisito di residenza, avre(m)mo anche rappresentanti non paracadutati. Tuttavia, poiché sia Renzi sia Berlusconi fortemente vogliono nominare i loro parlamentari, il Mattarellum non sarà resuscitato.

LA MIGLIORE delle leggi proporzionali è quella tedesca che vige, con pochissime non profonde, modifiche, da sessant’anni e più. La ripartizione dei seggi è tutta proporzionale fra i partiti che abbiano superato la soglia del 5 per cento su scala nazionale. Gli elettori hanno due voti. Con il primo scelgono il candidato in 299 collegi uninominali. Chi ottiene anche un solo voto in più vince. Il secondo voto dato alla lista del partito serve a determinare la percentuale nazionale in base alla quale si stabilisce il numero dei seggi che andranno a ciascuno dei partiti che hanno superato la soglia. Due voti sono, ovviamente, meglio di uno. Possono essere utilizzati in maniera strategica, ad esempio, per fare superare la soglia del 5 per cento a un alleato gradito in questo modo dando agli elettori anche l’indicazione dell’eventuale coalizione di governo. Chi (Verdini e piddini) vuole eleggere metà parlamentari in collegi uninominali e metà in liste di partito sta proponendo un sistema misto (non proprio fantasiosamente chiamato Verdinellum) che non esiste da nessuna parte al mondo e che, nel caso italiano, darebbe un buon vantaggio in partenza a PD e Cinque stelle (poi, per fortuna, ci sarebbero, comunque, gli elettori con le loro preferenze).

Oltre (caro Direttore) non posso proprio andare e neppure voglio perché la situazione, come direbbe Bauman, è molto liquida e rende sterile persino l’esercizio di qualsiasi meritoria critica.

Concluderò sottolineando, per l’ennesima, volta che: 1. Alcuni partiti avanzano proposte tarate (taroccate?) sulle proprie fortune; 2. Gli italici hanno dimostrato di non sapere scrivere una legge elettorale originale e funzionante (il Mattarellum è l’esito di un referendum popolare peggiorato dall’intervento dei deputati, genuino è quello applicato al Senato); 3. Sia il sistema tedesco sia il doppio turno francese di collegio, non assimilabile al ballottaggio poiché consente a più di due candidati di passare al secondo turno, sono buoni, anzi, ottimi purché non si consenta una loro furbesca deformazione.

TUTTO IL RESTO sono chiacchiere pericolose che rischiano di condurre a riforme frettolose e controproducenti. Su almeno una di queste chiacchiere mi faccio una domanda, anzi, due e mi do una risposta. In quale sistema politico sono riusciti ad avere governabilità (cioè capacità di governare) diminuendo la rappresentatività? Uno solo decide sarebbe la formula stilizzata della governabilità a scapito della rappresentatività?

Pubblicato il 16 maggio 2017

Ha ragione Bersani: Il M5S è un partito di centro sinistra

Intervista raccolta da Rocco Vazzana per Il Dubbio

«Meno dichiarazioni, spesso abbastanza stupide, e più riflessioni». È questa, per Gianfranco Pasquino, la strada che il Movimento 5 Stelle deve imboccare se vuole conquistare Palazzo Chigi.

Professore, dopo Ivrea Beppe Grillo ha scritto sul Blog: «Non è più tempo di manifestazioni in piazza a carattere provocatorio, facili a sfogare nella violenza, è diventato il tempo di disegnare il nostro futuro». È iniziata la fase 2 del M5S?

Che si stiano preparando a governare il Paese lo do per scontato, sarebbe sbagliato se non lo facessero. Dopo l’esperienza di Roma dovrebbero aver imparato che è meglio arrivare preparati invece di fare i dilettanti, o le dilettanti, allo sbaraglio. Anzi, mi auguro che si impegnino di più su questo terreno: meno dichiarazioni, spesso abbastanza stupide, e più riflessioni. Ma non basta organizzare convegni ben frequentati, un partito con ambizioni di governo deve anche essere presente in piazza, Grillo lo sa benissimo. Il Movimento ha bisogno dell’elemento spettacolare.

E come convinceranno la parte “mite” del Paese a votare Movimento 5 Stelle?

Dovranno trovare alcune persone di cui non si possa dire “uno vale uno” ma che valgano molto più degli altri. Servono personalità che conoscano come funziona l’economia di un Paese, il sistema scolastico, il mercato del lavoro, che non propongano soluzioni sbagliate e che abbiano una biografia professionale che parli per loro. Devono trovare almeno quattro o cinque persone per vincere. Credo sia un’operazione fattibile.

Lo scouting è iniziato a Ivrea?

Ivrea secondo me è stato un inizio, ma bisognerà andare avanti.

Per governare serve anche una legge elettorale che consenta di farlo. I 5 Stelle vorrebbero di estendere l’Italicum corretto dalla Consulta al Senato, dove però il premio di maggioranza viene assegnato su base regionale. Come si aggira l’ostacolo?

È possibile fare tutto. Il Parlamento è sovrano. Le leggi elettorali deve scriverle il Parlamento, non il governo con voto di fiducia o la Corte costituzionale. Ma secondo me, la proposta dei 5 Stelle è sbagliata. L’Italicum deve essere buttato nel cestino della spazzatura e le Camere devono riflettere a fondo guardando a due modelli che funzionano: il sistema tedesco, se si preferisce il proporzionale, il Mattarellum o il sistema francese, se si preferisce il maggioritario. Tutte le altre proposte sono operazioni propagandistiche.

Pd e 5 Stelle fanno solo propaganda?

Entrambi vogliono dire: “è colpa loro se abbiamo questa brutta legge elettorale”. Giocano a fare lo scaricabarile per non rimanere ultimi col cerino in mano. Ma quando si parla di riforma elettorale non è un problema di cerino ma di libri, di analisi comparata. Bisogna rendersi conto che una democrazia vera quando sceglie un sistema elettorale lo utilizza per molto tempo.

Dunque, discorso rimandato alla prossima legislatura?

La mia intelligenza istituzionale mi dice che lei ha ragione, non ce la faranno a cambiare legge elettorale adesso, la mia volontà gramsciana dice che debbono farcela se vogliono avere una democrazia decente.

Esiste la possibilità che i 5 stelle si alleino con altre forze politiche?

La storia politica italiana prevede anche la formazione di governi di minoranza appoggiati dall’esterno. Quindi, se il Movimento dà una grandissima prova di sé da un punto di vista elettorale, trova un personaggio adeguato per fare il presidente del Consiglio e si presenta dal Capo dello Stato esplicitando anche i punti programmatici, il Presidente della Repubblica potrebbe anche acconsentire al tentativo di formazione di un governo nella speranza di individuare alleati esterni. Oppure, al contrario, il Movimento potrebbe sostenere un governo a guida Pd a patto che i democratici accettino una parte delle proposte politiche dei pentastellati.

Non sarebbe più naturale cercare un’intesa con la Lega dopo il voto?

La troverei molto complicata e non so neanche se numericamente sufficiente. Ma poi su cosa riuscirebbero a trovare un’intesa? Sul fatto che sono entrambi sovranisti? Sul no all’Euro e all’Unione europea? Ma si può fare un governo basandosi su dei no?

Lei ha sempre contrastato chi sostiene la fine della distinzione destra/ sinistra perché i cittadini alla fine sanno sempre riconoscere le forze politiche e catalogarle in base a questo schema. Dove colloca allora il Movimento 5 Stelle? Destra o sinistra?

Grosso modo dove si trovano adesso: in parte seduti a sinistra del Pd, in parte sopra e in parte verso il centro. Non vanno sui banchi della destra. Certo, al loro interno ci sono anche esponenti di destra. Come definire altrimenti Virginia Raggi? Però, credo che il Movimento 5 Stelle sia votato soprattutto da colo i quali sono insoddisfatti del Pd. Aveva ragione Bersani a provare di fare scouting. Ma non tra gli eletti, tra gli elettori.

In definitiva, elettori a parte, per lei il M5S è di destra o di sinistra?

Io lo definirei un partito di centro sinistra, sta da quelle parti lì. E i suoi elettori stanno da quelle parti lì. Per intenderci, credo che Salvini non prenda neanche un voto dagli elettori insoddisfatti dal Movimento 5 Stelle.

Però il Movimento 5 Stelle vuole prendere i voti di Salvini. Su sicurezza, immigrazione ed Europa, ad esempio, Grillo strizza molto l’occhio all’elettorato della Lega.

Questo è possibile. Se qualcuno riesce a rubare i voti alla Lega va bene, poi bisogna vedere come declinano il tema della sicurezza.

E come si declina il tema del lavoro. Pochi giorni fa sul Blog è iniziata la discussione sul programma di governo in cui i 5 Stelle si invocano un ridimensionamento dei sindacati. In questo Grillo insegue la destra o Renzi?

Credo che scimmiotti Renzi, ma non ha capito che l’idea non funziona. Perché comunque il sindacato mantiene una sua forza e una sua presenza. Se uno vuole costruire un percorso di sinistra riformista può solo ispirarsi all’esperienza socialdemocratica. Ma lo si fa soltanto col consenso dei sindacati. Magari sfidandoli, portandoli su posizioni riformiste.

Pubblicato il 14 aprile 2017

Mattarelli, malintenzionati e meline #LeggeElettorale

Avendo scritto una legge elettorale che tutta l’Europa ci avrebbe invidiato e che metà Europa avrebbe imitato, è del tutto naturale che i renziani siano rimasti disorientati dalla sentenza della Corte Costituzionale che ha triturato l’Italicum appena un po’ meno di quello che aveva fatto con il Porcellum, il vero padre dell’Italicum. Incredibilmente, quasi all’unisono i renziani, in politica, nel giornalismo, nei social, continuano ad additare il grandissimo pericolo che il paese corre con il “ritorno alla proporzionale”. Qui cascano tutti gli asini, renziani di varia e variabile osservanza. Infatti, in primo luogo non esiste “la” proporzionale, ma diverse varietà di leggi elettorali proporzionali, con clausole di accesso al Parlamento e di contenimento/riduzione della proporzionalità dell’esito, la variante tedesca essendo sperimentatamente la migliore. In secondo luogo, il Porcellum era un sistema elettorale proporzionale più o meno distorto dal premio di maggioranza. Nel 2006, il 70 per cento dei parlamentari fu eletto con riferimento proporzionale ai voti ottenuti dai loro partiti; nel 2008, addirittura l’85 per cento furono eletti proporzionalmente e nel 2013 di nuovo il 70 per cento. In realtà, renziani et al desiderano un premio che distorca la rappresentatività dell’esito e consenta che il partito (oppure, meno probabile, la coalizione) che ottenga più voti venga premiato con un numero di seggi che lo porti alla maggioranza assoluta. Il sistema rimarrebbe di fatto proporzionale, alla distorsione della rappresentanza si arriverebbe con quello che, in maniera chiaramente manipolatoria, è definito premio di governabilità. Dove (dovrei precisare, ma per chi nulla sa e nulla legge di scienza politica, la precisazione suona pedantesca, in quale libro in quale manuale?) sia scritto che la governabilità si conquista riducendo/comprimendo la rappresentatività rimane molto misterioso. Quindi, attenzione, i renziani non vogliono affatto un sistema elettorale maggioritario né di tipo inglese né di tipo francese, entrambi essendo molto competitivi e, quel che più conta, entrambi richiedendo collegi uninominali. Né Renzi né Berlusconi desiderano un sistema elettorale non soltanto fondato sulla competitività, ma che non consentirebbe loro di nominare i rispettivi parlamentari.

È in questa chiave che si può capire quanto strumentale sia l’indicazione da parte di Renzi del Mattarellum. La prova provata è che le giornaliste renziane si affrettano ad aggiungere che Renzi lo propone, ma nessuno lo vuole: quindi, già morto. Il fatto è che le proposte di riforma elettorale attualmente giacenti nella Commissione Affari Costituzionali della Camera sono trenta, dieci delle quali presentate da deputati del PD. Se il Mattarellum fosse davvero la proposta ufficiale del Partito Democratico, il capo del Partito, anche se non ancora segretario, avrebbe dovuto sconsigliare la proliferazione e il capogruppo da lui voluto avrebbe già dovuto invitare al ritiro di proposte che intralciano l’iter del Mattarellum. Nel frattempo, viene avanzata l’ipotesi di un blitz di approvazione del Mattarellum alla Camera per forzare la mano al Senato oppure, più probabilmente, per dimostrare che sono gli altri a non volere il Mattarellum e per chiedere elezioni anticipate, altra stupidaggine poiché senza leggi elettorali abbastanza omogenee le elezioni anticipate porterebbero a quella Weimar che, incuranti dell’assurdità del paragone, alcuni commentatori ventilano come futuro dell’Italia. In questo caso, un futuro agevolato dai comportamenti di Matteo Renzi e dei suoi sostenitori che preferiscono portare il sistema politico nell’ingovernabilità se non riescono a riconquistare il governo.

Quanto alle sentenze della Corte Costituzionale su Porcellum e Italicum, è egualmente sbagliato tanto addossare ai giudici la responsabilità di avere in definitiva scritto, fra taglia e cuci, una legge proporzionale che, invece, è l’esito inevitabile del disboscamento di quanto di palesemente incostituzionale i sedicenti riformatori avevano lasciato o inserito nell’Italicum quanto decidere che i paletti posti dalla Corte obblighino ad andare in una specifica direzione, essenzialmente proporzionale. La Corte ha detto quello che non bisogna fare. Al Parlamento spetta stabilire che cosa è meglio fare per ottenere una buona legge elettorale che non dia, al momento, vantaggi e non configuri svantaggi per nessuno. Con due o tre ritocchi, il Mattarellum può sicuramente essere una legge di questo tipo. Altrimenti, come Giovanni Sartori, dal quale traggo anche questo insegnamento, non si stancava di sostenere, il sistema migliore nelle condizioni date è il doppio turno in collegi uninominali. E basta.

Pubblicato il 8 aprile 2017