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I veri patrioti sono i cittadini che pagano le tasse @DomaniGiornale

La Magna Charta (1215) fu, fra l’altro, il tentativo riuscito dei Lords di imporre al re d’Inghilterra di consultarli se voleva il loro assenso e i loro soldi per finanziare sue attività, le sue guerre. Fu l’inizio della tassazione concordata fra il potere politico e i cittadini più eminenti, proprietari di castelli e di terre. cinque secoli dopo, dal 1765 in poi, alle origini delle democrazie anglosassoni, furono i coloni americani a ribellarsi al re d’Inghilterra al grido di “no taxation without representation”. Le tasse saranno pagate soltanto se decise da assemblee rappresentative elettive. Nacque o, meglio, si palesò il legame fra i cittadini e i governanti. Da allora è possibile sostenere che pagare le tasse è quello che fanno i buoni cittadini, i patrioti. Sono loro che danno mandato ai rappresentanti di formulare le decisioni con le quali esigere quante tasse, per quali obiettivi, con quali modalità. Sono decisioni importanti soprattutto perché quelle tasse servono allo Stato, al potere politico, per soddisfare alcuni compiti fondamentali fra i quali la sicurezza interna e la difesa dei sacri confini della patria.

    Nel corso del tempo la sicurezza interna è stata vista in una luce più ampia. Può essere effettivamente garantita al meglio quando tutti i cittadini godono di un minimo di risorse per vivere in maniera dignitosa, quando dispongono delle opportunità di perseguire i loro progetti di vita. In maniera molto diversificata, con tempi e modi peculiari, attinenti alle differenti concezioni dell’uomo e del mondo, un po’ dappertutto una parte notevole di tasse anche elevate è stata destinata alla costruzione, al mantenimento, all’estensione delle politiche sociali e assistenziali. I cittadini pagano quelle tasse sapendo che lo Stato le utilizzerà secondo le sue capacità per migliorare la vita dei suoi cittadini. Dal canto loro, i cittadini sanno che con il loro voto potranno cambiare quelle destinazioni. Soprattutto, hanno imparato che essere buoni cittadini significa in misura notevole pagare le tasse che consentono allo Stato di difendere le loro condizioni e di aiutare chi è in condizioni disagiate, i compatrioti e non solo.

Pagare le tasse forse non è, come sostenne Tommaso Padoa-Schioppa, “bello”, ma è giusto e patriottico. Laddove tutti pagano le tasse, chi più ha più paga, e vengono rispettati i due principi fondamentali della società giusta: universalità e progressività, si trova una democrazia robusta e vibrante. Eccezioni, elusioni, evasioni segnalano tre fenomeni molto gravi. Da un lato, sta l’incapacità dello Stato di riscuotere le tasse. Dall’altro, stanno le decisioni dei detentori del potere politico di favorire alcuni gruppi, per una molteplicità di ragioni particolaristiche, a scapito di altri, con clientelismo e spesso corruzione. Dall’altro ancora stanno cittadini egoisti, profittatori, parassiti che godono dei beni comuni senza contribuire al loro finanziamento. Da tempo immemorabile, ma questa non è un’attenuante, l’elevato tasso di evasione fiscale è il maggiore problema italiano collegato alla corruzione e ai privilegi che consentono agli evasori di fruire dei beni collettivi finanziati dai contribuenti onesti. La soluzione non è mai quella di condonare il passato, cattiva lezione che influenza il futuro, né quella di moltiplicare le leggi fiscali e le modalità di pagamento. Plurimae leges corruptissima Republica. La battaglia per la società giusta passa per l’educazione politica, sociale, economica, culturale dei cittadini. Il resto è fuffa, truffa.

Pubblicato il 2 agosto 2023 su Domani

Da professore gli darei un sei. Abbatta il debito

Gentiloni sta cercando di rimettere l’Italia in carreggiata. Con l’Ue Siamo inadempienti e vogliamo flessibilità
Intervista raccolta da Alessandro Di Matteo per La Stampa

ROMA Gianfranco Pasquino, professore di Scienza politica, non ha mai amato Renzi ma ha apprezzato la nascita del governo Gentiloni. Professore, dopo i primi cento giorni che giudizio dà?

«Non si poteva comunque andare a nessuna elezione anticipata. Il governo purtroppo è nato ancora all’insegna di Renzi, fondamentalmente è il governo Renzi con un paio di cambiamenti significativi. C’è però qualche aggiustamento nello stile e Gentiloni sta cercando di rimediare a qualche cosa. Da professore direi: fin qui più o meno un sei… tra il sei più e il sei meno».

Sulla politica economica, per esempio, c’è qualche divergenza tra Gentiloni e Renzi…

«Gentiloni sta cercando di rimettere in carreggiata un rapporto con l’Europa che non può essere conflittuale. Noi siamo inadempienti, continuiamo a non fare la manovra richiesta, chiediamo margini di flessibilità superiori a quelli che ci possono essere consentiti e non abbattiamo il debito pubblico. Gentiloni cerca di abbassare i toni e di andare nella direzione voluta dall’Europa. Purtroppo, essendo indicato da Renzi, non può alzare le tasse perché Renzi è contrario in maniera ideologica…».

Lei vorrebbe alzare le tasse?

«È necessario abbattere il debito pubblico, un grande partito deve essere in grado di assumersi delle responsabilità. Per rientrare dal debito bisogna che qualcuno paghi. Non tutti, ma ci sono fasce medio alte – anche i professori, come me – che dovrebbero pagare qualcosa di più. Prodi ottenne la tassa per l’Europa, la utilizzò bene per entrare in Maastricht e ne restituì almeno il 60%. Si possono chiedere soldi agli italiani, purché si sia credibili. Gentiloni può esserlo, se spiega l’obiettivo».

Quindi, avanti con Gentiloni fino al 2018.

«Non ho capito bene perché qualcuno pensava di tornare al voto dopo il 4 dicembre. Non ci sono le condizioni, bisogna fare una legge elettorale, non ci può essere solo il recepimento della sentenza della Consulta. Le elezioni non si fanno per risolvere i problemi dei politici e dei partiti ma per affrontare i problemi del Paese, per consentire agli elettori di eleggere i propri rappresentanti, mai per eleggere un governo. E questa è una fase di grande confusione anche per gli elettori, io avrei qualche difficoltà a votare domattina».

Non c’è il rischio che aumenti lo scollamento con gli italiani?

«No, l’antipolitica viene alimentata da altre cose. Per esempio, questa insistita propaganda sulla casta. Certo, la casta ha i suoi difetti, ma quando i parlamentari salvano Minzolini – mentre dovevano solo ratificare – alimentano l’antipolitica. Ma anche quando sento uno come Di Maio che dice “non lamentatevi della violenza”… Non è certo il governo Gentiloni che alimenta l’antipolitica, direi anzi che sta facendo un servizio al Paese».

Pubblicato il 20 marzo 2017

 

Dialoghi sulla Costituzione: Gianni Molinari intervista Gianfranco Pasquino

Registrazione audio a cura di Radio Radicale del dibattito al Teatro Stabile di Potenza mercoledì 14 settembre 2016.

Nell’ambito di una due giorni organizzata dalla Fondazione Basilicata Futuro intitolata “Dialoghi sulla Costituzione”, il giornalista de “Il Mattino” Gianni Molinari ha intervistato Gianfranco Pasquino, politologo e docente universitario.

Nel corso dell’incontro, introdotto da Giovanni Casaletto(Presidente di Basilicata Futuro), hanno preso la parola per porre domande anche alcuni esponenti delle istituzioni lucane presenti in sala e tra questi il Presidente della Provincia di Potenza Nicola Valluzzi.

La registrazione audio di questo dibatto ha una durata di 1 ora e 45 minuti

ASCOLTA QUI ► //www.radioradicale.it/scheda/486358/iframe

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