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Dopo cento giorni, un bilancio sulle priorità di un uomo, certo non solo, al comando #GovernoDraghi
Cento e più giorni di Draghi: due grandi compiti, pandemia cum vaccinazioni e Piano di Ripresa e Resilienza. Entrambi affrontati costruendo su quel che di buono aveva fatto Conte, entrambi portati avanti con il PNRR giunto all’esame della Commissione. Draghi ha tutt’altro che sospeso la politica. Ha fatto e continua a fare scelte decisamente politiche fra le quali quella di “neutralizzare” i politici. Salvini rilancia e i dati gli rispondono. Letta propone e Draghi risponde che non è il tempo. Un uomo, non solo, ma certo al comando.
I 100 giorni di Draghi promossi dal prof Pasquino, ma… @formichenews
Piano di ripresa e resilienza, pandemia, equilibri parlamentari e con le forze politiche. L’alunno Mario Draghi passa a pieni voti gli esami dei primi 100 giorni di governo, eppure è utile non dimenticare che gli esami non finiscono mai. I voti di Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica, in libreria con “Libertà inutile. Profilo ideologico dell’Italia repubblicana” (Utet 2021)
Cento giorni non sono né tanti né pochi per valutare l’operato dell’alunno Mario Draghi, presidente del Consiglio. Reduce da un lungo periodo di Erasmus trascorso alla prestigiosa e ben frequentata Università di Francoforte, Draghi ha dimostrato di essere un alunno con notevoli basi nelle materie economiche. Il suo primo esame relativamente al quesito “Come scrivere un Piano di ripresa e resilienza” è stato svolto, con un qualche aiuto di provenienza Conte. La maggior parte dei commenti di più o meno improvvisati e preparati valutatori è stata positiva, ma quello che conterà davvero sarà il giudizio del professoroni della Commissione europea. Tuttavia, va segnalato che l’alunno Draghi ha dimostrato di avere le conoscenze necessarie anche ad una eventuale rapida riscrittura di alcune parti del suo tema. Si attende, pertanto, un voto buono, se non molto buono, probabilmente 8 più.
Il secondo esame che l’alunno Draghi ha dovuto affrontare è stato quello della pandemia in corso, il corso di Pandemia. Anche in questo caso ha saputo fare buon uso dell’aiutino da parte dell’alunno che l’aveva preceduto. Però, Draghi ha saputo (con qualche scambio con il suo vicino di banco, il ripetente Roberto Speranza) imprimere una accelerazione in particolare per quel che riguarda la vaccinazione e resistere a pressioni provenienti dal malvagio Franti Salvini per cervellotiche riaperture anticipate. La capacità di Draghi di saper fare di conto (non è chiaro alla Commissione se vi sia stato un pur legittimo ricorso ad algoritmi di vario tipo) e, soprattutto, la misurabilità dei fenomeni contagi, ricoveri, decessi, consentono di dare un voto alto, 9, all’operato in questo ambito, in attesa della molto ardua prova della produzione di un migliaio di Decreti Attuativi.
Fra le materie obbligatorie portate all’esame dall’alunno Draghi ve ne sono state due, particolarmente importanti per il proseguimento degli studi, ma anche abitualmente non prescelte per la loro difficoltà dalla grandissima maggioranza degli studenti: rapporti con il Parlamento e comunicazione politica. Il primo tema è stato affrontato inizialmente con grande cautela, con il rispetto dovuto, da un lato, alla complessità dei rapporti in un Paese nel quale vibra alto l’antiparlamentarismo, dall’altro, alla presenza in Parlamento, seppur non proprio frequentissima di vecchi volponi e di giovani volpine. Incoraggiato dal non avere sbagliato nessuno dei suoi primi colpi, l’alunno Draghi si è dimostrato capace di confrontarsi con tutti gli interlocutori, talvolta disarmandoli con le migliori conoscenze rese più gustose da un sottile sense of humour che alcuni componenti della Commissione giudicatrice (soprattutto chi redige questo verbale) hanno particolarmente apprezzato. Test superato con il punteggio 9.
Nel suo Erasmus, Draghi aveva dovuto comunicare con assemblee ristrette di persone che sostanzialmente parlavano la sua lingua e che non si attendevano grandi discorsi “esortativi” quanto piuttosto linee guida, decisioni e motivazioni convincenti. La prova orale della sua capacità di comunicazione politica, nota la Commissione, è avvenuta, oltre che nei discorsi al/in Parlamento, nelle conferenze stampa con giornalisti non molti dei quali particolarmente preparati. La Commissione ha rilevato con apprezzamento le propensioni dell’alunno Draghi alla precisione, alla concretezza, a risposte semplici, facilmente comprensibili, dirette anche ad un uditorio più vasto. Su questo terreno, il candidato ha mostrato notevoli e positive differenze rispetto ai politici verbosi e sussiegosi, ma anche ai professori inclini a presentarsi come quelli che ne sanno di più. Anche in questa materia Draghi merita un 9.
Nel giudizio riassuntivo allegato alla pagella, la Commissione ha sentito il dovere di segnalare due elementi. Primo, che molto alte sono le aspettative relativamente alle prestazioni future del diplomato Draghi. Rischiano di distrarlo dai compiti ancora in corso. Secondo, unanimi i Commissari ritengono di avvertire Draghi, promuovendolo con alti voti, che gli esami non finiscono mai.
Pubblicato il 23 maggio 2021 su formiche.net
Crossing Europe #4marzo Il futuro dell’Europa. Conoscenza dell’UE e suo funzionamento. Prospettive future
4 marzo 2021 ore 11 – 13
Gli studenti del Liceo Sabin di Bologna incontrano online il prof. Gianfranco Pasquino per discutere di
Unione Europea: il più grande spazio di libertà e di diritti mai esistito al mondo
Sua costruzione storicopolitica: perché, quando, come, chi
Le istituzioni europee: Consiglio dei Capi di Stato e di Governo; Parlamento; Commissione…
Il futuro della UE
Crossing Europe è realizzato in collaborazione con l’Associazione di docenti dell’Università di Bologna «Parliamone ora»
Se Roma piange Bruxelles non ride
La critica al governo Conte e allo stesso Presidente del Consiglio per i ritardi nella preparazione del Piano di Ripresa è, al momento, prematura. Infatti, la prima bozza di quel Piano è attesa dalla Commissione per metà febbraio. Poi, sulla base dei commenti, dei rilievi, dei suggerimenti che certamente ci saranno e saranno utili, il testo definitivo dovrà essere consegnato entro la fine di aprile. Sul merito, Conte ha accettato buona parte delle critiche e delle indicazioni di ItaliaViva la cui uscita dal governo adesso è un atto assolutamente pretestuoso, tecnicamente irresponsabile. Direi doppiamente irresponsabile. Renzi vuole avere la possibilità di continuare a sparare bordate contro il governo rifiutando qualsiasi responsabilità, ma la tempo stesso agisce in maniera irresponsabile rispetto agli impegni presi dal governo italiano con la Commissione Europea. La destabilizzazione di un governo, di qualsiasi governo, è sempre sgradita nell’ambito dell’Unione Europea poiché crea incertezza e incide sull’attività degli operatori economici. Non è un caso che tra ieri e oggi lo spread fra il valore dei titolo di Stato tedeschi e quelli italiani sia subito salito. Un conto, poi, sono le elezioni tenute alla loro scadenza naturale. Un conto molto diverso è una campagna elettorale improvvisa e improvvisata in un clima invelenito come è quello italiano attuale con un probabile cambio di maggioranza in vista. Se vincessero i sovranisti italiani, la Commissione sarebbe ancora più preoccupata non soltanto per il rispetto degli accordi raggiunti con Conte, ma per l’atteggiamento complessivo di Salvini e Meloni nei confronti delle politiche europee che richiedono cooperazione e solidarietà non recupero di sovranità nazionali.
Agli occhi della Commissione, il governo Conte 2 ha (aveva?) molti pregi. Il Presidente del Consiglio aveva negoziato e lottato seriamente e tenacemente. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, già europarlamentare, è noto e apprezzato. Il Commissario all’Economia Paolo Gentiloni costituisce il terzo pilastro grazie al quale la Commissione e gli altri governi dell’Unione Europea hanno ritenuto che l’Italia procedesse a un’efficace utilizzazione degli ingenti fondi che le sono stati attribuiti. Insomma, forse non per la prima volta, ma più che nel passato, l’Italia aveva acquisito notevole credibilità nell’Unione Europea anche agli occhi dei molto, talvolta troppo, sospettosi “paesi frugali”. Questo capitale, che vale molto più di qualche miliardo di Euro, rischia di disperdersi nel corso della crisi. Non andrà soltanto perduto del tempo per preparare al meglio i numerosi progetti italiani di investimenti e di modernizzazione, di rilancio. C’è il rischio che un nuovo governo di composizione politica diversa, da un lato, voglia o sia costretto a rinegoziare, dall’altro, si trovi obbligato a attuare progetti approvati e finanziati, ma non condivisi, perché non suoi. Senza il sostegno dell’Unione Europea l’Italia non va da nessuna parte, ma se l’Italia va male tutta l’Unione riceverà un contraccolpo. A Bruxelles si fibrilla.
Pubblicato AGL il 15 gennaio 2021
Come usare anche la crisi di governo per il Recovery plan @DomaniGiornale
Non c’è nessuno né nella attuale maggioranza di governo né nelle opposizioni che abbia una visione dell’Italia da (ri)costruire. Né si intravvede come e quando arriverà il tempo dei “costruttori” auspicati da Mattarella. Tuttavia, la crisi di governo, più o meno conclamata che sia, offre qualche opportunità per formulare quella visione e le modalità con le quali si concluderà potranno condurre gli uomini e le donne di buona volontà e di qualche capacità a mettersi all’opera. Non ho nulla da obiettare a chi cerca di mantenere e di conquistare le poltrone, se non che, ad evitare il lessico populista, è preferibile parlare di seggi parlamentari e di cariche ministeriali. Quei seggi e soprattutto quelle cariche sono spesso la premessa indispensabile, ancorché non l’unica, per tentare di perseguire gli obiettivi che sono la sostanza di una visione. La richiesta da parte della Commissione Europea di fare richieste per gli ingenti fondi messi a disposizione dell’Italia lungo sei direttive, fra le quali, digitalizzazione e innovazione, rivoluzione verde, infrastrutture, istruzione e ricerca, parità di genere e coesione sociale, costituisce la base per formulare qualsiasi accettabile visione. In una certa misura, la bozza ministeriale che circola si esercita nella direzione giusta, Sta a chi sfida il governo, dentro e fuori della maggioranza, chiedere modifiche precise, suggerire spostamenti dei finanziamenti, cercare di creare circoli virtuosi. Dopodiché appare giusto e opportuno che si indichino i nomi dei ministri, uomini e donne che sembrano inadeguati/ e di coloro che hanno maggiori provate capacità. Questa operazione straordinariamente complessa non può essere effettuata nello spazio di pochi giorni né la crisi di governo può essere prolungata nel tempo perché, mai come in questo caso, il tempo è denaro. Non è vero che l’Italia è già in ritardo. Infatti, la scadenza per presentare i Recovery plans è la metà di aprile. Tuttavia, i piani presentati in anticipo prima di allora beneficeranno delle osservazioni e dei suggerimenti della Commissione (e del suo staff notoriamente molto preparato, forse meritevole dell’appellativo in questo caso nettamente positivo: “tecnocrati”).
Quello che i generosi fondi del programma NextGenerationEU consentono all’Italia consiste in un sostanziale e sostanzioso miglioramento del sistema socio-economico italiano. Al proposito, vale la critica che non bisogna dedicare quei fondi al completamento di opere già iniziate, ma ad opere nuove, ambiziose, proiettate nel futuro. Naturalmente è improbabile che un operatore singolo, neanche un grande scienziato, abbia soluzioni ready made, immediatamente proponibili, rapidamente applicabili. Sono convinto che le soluzioni emergerebbero da un confronto/scontro fra cervelli nel quale, certo, ci saranno vincitori e vinti, ma al quale avranno potuto e saputo partecipare tutti senza vantaggi di posizione e senza ricatti.
Nell’ottica della soluzione della crisi di governo, gli apporti di ciascuno e di tutti debbono esser benvenuti purché lungo le direttive sopra esplicitate. Una volta scelti i progetti la maggioranza ha l’obbligo politico e morale di impegnarsi solidalmente alla loro realizzazione. Anche se sarà necessario più tempo di quello che conduce alla fine della legislatura, è assolutamente opportuno che sia subito concordato un patto di legislatura fra le componenti che costituiscono il governo. Quel patto conterrà anche i criteri con i quali valutare l’avanzamento dei lavori, la loro qualità e eventualmente procedere alle necessarie correzioni in corso d’opera.
Come spesso accade nei compositi governi di coalizione, le diverse componenti hanno obiettivi propri, priorità specifiche, idiosincrasie. Da un lato, stanno i Cinque Stelle tuttora alle prese con le dure lezioni della storia (e della politica in una democrazia parlamentare). Dall’altro, stanno il Partito Democratico con i suoi fuorusciti, semplificando drasticamente, a sinistra Liberi e Uguali, a destra, Italia Viva. Purtroppo, il PD non ha saputo fin dal suo primo incedere a dare vita a quella (grande) auspicata casa delle migliori culture politiche progressiste del paese. L’attuale tripartizione è il segno del fallimento di quel progetto. Il recupero, almeno parziale, potrebbe estrinsecarsi nella formulazione di una visione condivisa del paese che vorrebbero e che costruirebbero usando al meglio i fondi disponibili. Certamente, questa condivisione dinamica sarebbe il modo migliore di dimostrare che era utile aprire la crisi di governo e farne una grande opportunità di trasformazione positiva. Non è un sogno, ma una possibilità.
Pubblicato il 6 gennaio 2021 su Domani
Meritarsi gli aiuti per crescere economicamente e culturalmente
Facciamo un po’ di chiarezza nella situazione italiana che commentatori e politici talvolta ignorano spesso manipolano. Grazie ai fondi del programma NextGenerationEU l’Italia avrà 209 miliardi di Euro, 129 sotto forma di prestiti, 80 di sussidi, da spendere nei prossimi anni. Entro giugno 2021 potrà ottenerne in anticipo circa 20 miliardi. Al fine di accedere a quella notevole massa di denaro per la “Ripresa e la Resilienza” vi sono due condizioni molto importanti. La prima consiste nel presentare progetti concreti e fattibili con precisi costi e tempi di realizzazione in sei settori già definiti dalla Commissione Europea. La seconda è che i fondi vanno utilizzati e spesi entro il 2026. In ordine di quantità di investimenti i sei settori sono: i) rivoluzione verde e transizione ecologica; ii) digitalizzazione, innovazione, cultura; iii) infrastrutture; iv) istruzione e ricerca; v) parità di genere e coesione sociale; vi) salute. Per l’Italia, paese, al tempo stesso, che è stato colpito duramente dal Covid-19 e che non cresce economicamente da circa trent’anni è ovviamente, una grande, straordinaria, irripetibile opportunità per migliorare la vita di tutti, ma, soprattutto, come dice il titolo del programma, di quella della prossima generazione.
Nella fase attualmente in corso, il governo guidato da Giuseppe Conte, il quale è positivamente responsabile per avere ottenuto dall’Unione Europea di gran lunga più fondi di qualsiasi altro paese europeo, è impegnato nella preparazione e stesura dei programmi. Non mancano le polemiche, non solo provenienti dalle opposizioni, ma anche dall’interno della coalizione di governo. Sono di due tipi. Da un lato, molti rimproverano, a mio parere, alquanto prematuramente, al governo di essere già in ritardo. I programmi debbono arrivare alla Commissione non oltre il mese di aprile, ma la Commissione ha fatto sapere che “prima arrivano meglio sarà”, vale a dire se ne potrà discutere più approfonditamente e si potrà porre rimedio a eventuali inadeguatezze e carenze. Dall’altro lato, la polemica più aspra e aggressiva riguarda la composizione e la guida degli organismi incaricati di formulare i programmi. A coordinare tutto, al vertice della piramide, sta la figura del Presidente del Consiglio coadiuvato dal Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e dal Ministro per gli Affari Europei Vincenzo Amendola. Vi sarebbero poi sei manager e un (in)certo numero di collaboratori esterni, vale a dire non tratti e non provenienti dalla burocrazia italiana.
Le critiche sono state e, al momento in cui scrivo, continuano ad essere ancora più severe sia contro l’eccessivo potere concentrato nelle mani del Presidente del Consiglio sia contro la composizione complessiva dell’organismo tecnico, della cosiddetta task force. Non mi soffermo sulle contraddizioni di coloro che volevano un Premierato forte e che adesso, in una fase di eccezionale gravità, si oppongono a che il Premier abbia effettivamente forti poteri. Noto, però, che debbono certamente essere il governo e il suo capo a portare la responsabilità di quello che viene fatto, non fatto, fatto male. È opportuno che si consultino le opposizioni, ma la decisione finale deve essere sempre presa dal governo che ne risponderà ai cittadini elettori. Per quel che riguarda manager e collaboratori, l’obiezione è che, da un lato, espropria i poteri dei governanti, dall’altro, che è pletorica, troppo ampia e, questa volta, espropria la burocrazia. Personalmente, ritengo che la prima obiezione sia sbagliata e pretestuosa.
Le decisioni finali rimangono nelle mani dei politici, governo e Parlamento al quale il programma sarà formalmente sottoposto per l’approvazione definitiva. La seconda obiezione è più fondata da almeno due punti di vista. In primo luogo, perché non è vero che la burocrazia italiana sia in blocco inadeguata a stilare un programma di interventi e di azioni. Ci sono isole d’eccellenza nell’apparato dello Stato e ci sono alti funzionari dotati di notevole competenza che è sicuramente da utilizzare. Secondo, buona parte dei fondi che l’Italia otterrà saranno poi posti all’opera attraverso i canali e le strutture della burocrazia (digitalizzabile e digitalizzata, rinnovata, meglio valutata). Dunque, il coinvolgimento di alcuni settori della burocrazia nella fase di elaborazione serve anche a fare sì che siano nelle condizioni migliori quando si passerà all’attuazione.
Credo che faremmo molto male a sottovalutare la portata delle differenze di opinioni e di proposte relative al modo con il quale utilizzare i fondi del NextGenerationEU. In gioco, c’è il futuro dell’Italia e, in parte, anche quello dell’Unione Europea poiché un fallimento dell’Italia avrebbe enormi ripercussioni. In gioco c’è anche, quasi ugualmente importante, il futuro prossimo del governo Conte insieme al posto che certamente mira a conquistarsi nella storia d’Italia. Non è difficile immaginare quale senso di delusione colpirebbe le autorità europee se il governo italiano entrasse in crisi proprio quando deve sottoporre i suoi progetti, difenderli, migliorarli e attuarli. Ancora peggio se vi fossero nuove elezioni e al governo dell’Italia andassero coloro che esprimono idee sovraniste, sempre scettiche spesso critiche dell’Unione Europea che c’è e dalla quale desideriamo un consistente aiuto. Non prevedo nessuna crisi di governo nel 2021 e poi nel gennaio-febbraio 2022 ci sarà l’elezione del Presidente della Repubblica: una ottima ragione per mantenere un minimo di coesione fra i partiti che fanno parte del governo Conte.
Quello che temo per il 2021 sono le incertezze, le divisioni interne al governo, l’incapacità di mettere al lavoro tutte le competenze necessarie, i ritardi nella sottoposizione dei programmi alla Commissione europea. Non riuscire a sfruttare al meglio un’occasione storica significa condannare non soltanto la prossima generazione, ma l’Italia tutta, alla stagnazione economica e culturale. L’anno 2021 è davvero cruciale per gli italiani, in Italia e nel mondo. Auguri.
Pubblicato il 1 gennaio 2021 su ITALIANItaliani
Obiettivo per l’Europa: rilanciare un’operazione di unificazione politica per avere un governo che è espressione dei cittadini europei e non dei rispettivi Capi di Stato e di Governo
Quasi del tutto passata sotto colpevole silenzio, la (co-)decisione del Parlamento Europeo e della Commissione di legare l’assegnazione dei fondi europei al rispetto dei diritti civili e politici. È finalmente il segnale che l’Unione Europea tiene alla democrazia sua e a quella negli Stati-membri. L’UE ricorda a tutti che non è mai stata solamente un mercato, ma che è e vuole rimanere il più grande spazio di diritti e di democrazia al mondo.
Gli esami parlamentari non finiscono mai
La apparentemente grande effervescenza parlamentare di questi giorni è poco più di un segno dei tempi. Non deriva da una qualche riflessione approfondita su quali dovrebbero essere i rapporti fra governo e parlamento ai tempi del Covid che non è sparito, su come migliorare la qualità delle leggi e, per entrare nell’attualità, con quali criteri chiedere e distribuire gli ingenti fondi che la Commissione Europea ha assegnato all’Italia e quale posizione prendere sul referendum che intende bocciare la riduzione di un terzo del numero dei parlamentari. Di tanto in tanto persino i Presidenti delle Camere, ieri, la Presidente del Senato, lamentano la perdita di un potere che nessun Parlamento nelle democrazie parlamentari ha mai avuto: quello di fare, ovvero iniziare, le leggi e condurle fino all’approvazione. Per metterci subito su un terreno solido, in qualsiasi modo si giungerà all’elaborazione dei piani che l’Europa vuole per darci i fondi per la ripresa, sarà il governo, saranno i Ministri a scrivere i disegni di legge che preciseranno che cosa e quanto, a chi e in che modo verrà dato. Che non significa affatto “perdita di potere” del Parlamento e neppure dei singoli parlamentari, se sono competenti e preparati. Anzi, proprio valutando e controllando quanto il governo avrà inviato alle Commissioni parlamentari, deputati e senatori svolgeranno un compito di grande utilità, insostituibile. Naturalmente, dovrebbero farlo con rapidità, “presto e bene”, senza meline e ostruzionismi.
Chi si lamenta dell’eccesso di decreti legge con l’approvazione ottenuta dal governo a colpi di fiducia, fenomeno che dura da almeno quarant’anni, dovrebbe sapere che, qualche volta l’inadempienza è del governo, lento e pasticcione. Spesso, però, sono i ritardi dei parlamentari, i loro conflitti, i loro tentativi di strappare favori e risorse che obbligano il governo a decretare d’urgenza. Proprio per questa inarrestabile tendenza di non pochi parlamentari singoli, ma anche di alcune correnti di partiti non proprio coesi, affidare la progettazione “europea” ad una commissione bicamerale mi parrebbe un’operazione sostanzialmente rischiosa. Produrrebbe testi influenzati anche dalle lobby con i quali partiti e correnti intrattengono rapporti delicati di scambio: decisioni prese per ottenere aiuto nelle campagne elettorali. Sono scambi ai quali un governo avrebbe/ha maggiore forza per resistere anche poiché sa collocare i progetti in una prospettiva più ampia e più coerente. Non è possibile dire quanto complesso e impegnativo sarà il lavoro da fare per soddisfare i legittimi criteri stabiliti dall’Europa, ma, sicuramente, non è possibile pensare che meno parlamentari ci saranno più spedito e più efficace arriverà l’esito. Comunque, che i singoli parlamentari trovino anche un po’ di tempo per chiarire agli elettori perché sono pro o contro la riduzione del loro numero e come migliorerà o peggiorerà la rappresentanza politica è l’esame autunnale al quale nessuno dovrebbe sottrarsi.
Pubblicato AGL il 30 luglio 2020