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“Rassegnatevi, i governi li fa il Parlamento”
Intervista raccolta da Luca De Carolis
Il risultato in Gran Bretagna conferma che le maggioranze di governo le formano i parlamenti, non il voto. Avviene così in tutte le democrazie parlamentari occidentali. Dovrebbero saperlo, quelli che volevano l’Italicum …”. Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica a Bologna, risponde da un aeroporto estero. E infila la battuta:”Certo che da voi in Italia non succede nulla…”.
Partiamo da Oltremanica: neanche con il loro sistema maggioritario si hanno garanzie certe.
Ma non è certo una sorpresa, lì funziona così da oltre cento anni. Quello britannico è un sistema maggioritario a turno unico con collegi uninominali, il cosiddetto first past the post: ossia, quello che rende un voto in più ottiene il seggio. Poi però per la maggioranza servono accordi. D’altronde Theresa May ha sostituito Cameron come premier in base a intese in Parlamento.
La traduzione è che la legge elettorale perfetta non esiste?
Non può esistere. Ma il bello della politica è questo, la capacità di fare coalizioni.
Il maggioritario è comunque meglio del proporzionale?
Le più antiche democrazie del mondo usano il maggioritario, dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti. E 900 milioni di indiani votano così.
Tutti Paesi dove sono passati gli inglesi, che ora dovranno tenersi una May fragile.
Prima delle elezioni il suo bicchiere era piuttosto pieno: ora invece è vuoto per lo più a metà.
Anche per colpa del sistema elettorale, lo ammetta: con un premio di maggioranza sarebbe più forte.
Per vincere bisogna prendere i voti. E poi bisogna costruire maggioranze.
In Italia le Camere non riescono a varare neanche una legge elettorale. Perché?
Semplice, non ne sono capaci. Ma dovrebbero ricordarsi che i collegi uninominali sono previsti in tutti I maggiori Paesi, comprese Germania e Francia. E servirebbero anche a noi: per tornare a partecipare, i cittadini chiedono un volto e un corpo da votare, una persona che spieghi cosa fa e perché.
Nel Tedeschellum erano previsti, seppure in maniera minoritaria rispetto alla quota proporzionale.
Se volessero davvero riprovare ad adottare il sistema tedesco, dovrebbero prenderlo così com’è: ovvero con il voto disgiunto.
Difficile, non crede?
Anche secondo me.
E allora che si fa?
La soluzione può essere quella di leggere bene le sentenze della Consulta e di capirle, per ricavarne una legge elettorale.
Attualmente di leggi ce ne sono due, il Legalicum, frutto della sentenza che ha demolito l’Italicum, e il Consultellum, che riscrisse il Porcellum.
Vanno armonizzate, innanzitutto uniformando le soglie di sbarramento. Non vedo altre alternative, ad oggi.
E il voto anticipato?
Sono assolutamente contrario. Del resto il grande errore di Matteo Renzi è stato proprio quello di legarlo all’approvazione della legge elettorale.
Perché ha stimolato il franchi tiratori nel PD?
È evidente. Anche se il grande franco tiratore è stato Giorgio Napolitano.
Quattro giorni fa li aveva avvisati con quell’attacco alle urne anticipate e alla legge (“patto abnorme”)?
Diciamo che la sua cultura politica è molto superiore a quella di Renzi e di Rosato.
Pubblicata il 10 giugno 2017
Tutti ossessionati dal controllo degli eletti: si combattono ma invece sono molto simili
Intervista raccolta da Luca De Carolis per Il Fatto Quotidiano
“Il Pd e il M5s sono modelli simili, in entrambi i casi i leader vogliono controllare i propri eletti. E il tasso di democrazia interna è molto basso”. Gianfranco Pasquino, politologo, ha da poco pubblicato La Costituzione in trenta lezioni(Utet).
Quello tra dem e 5 Stelle è anche uno scontro tra due schemi di partito, uno vecchio stile e uno molto più moderno?
C’è molto di vecchio in questo confronto. Su entrambi i fronti vogliono controllare i propri eletti. Il Pd ha nominato i propri parlamentari e pretende che seguano la linea dei vertici. In caso contrario, non verranno ricandidati. Nel M5S invece Grillo e Casaleggio si affidano al reclutamento on line, sul quale però possono avere un controllo limitato. E allora ecco la multa. Di fatto i Democratici e i 5 Stelle applicano forme di coercizione.
Molti evocano l’articolo 67 della Costituzione, in base al quale i parlamentari non sono sottoposti a vincolo di mandato.
Con questi metodi, sia il Pd che i 5 Stelle dimostrano di ignorarlo.
Prima obiezione: la multa del M5S vale per i futuri eletti al Comune di Roma.
La multa è nulla, una stupidaggine. Non è esigibile in nessun tribunale.
Seconda obiezione: dem e 5 Stelle hanno concesso libertà di coscienza sulla stepchild adoption.
La libertà di coscienza mi sta bene, ma su votazioni trasparenti, non su decisioni con il voto segreto. E comunque chi vota secondo coscienza dovrebbe spiegare ai cittadini le sue ragioni, nel dettaglio.
Volano accuse incrociate sulla penale del M5S. Secondo lei perché l’hanno decisa?
Innanzitutto non trascurerei le pulsioni autoritarie di Casaleggio. Poi vale sempre il principio di Mao Tse-Tung, “colpirne uno per educarne cento”. Infine, la multa deve dare un’impressione di solidità, di saldezza della leadership.
Il Pd afferma che serve una legge sui partiti.
È giusto, ma non dovrebbero perdere troppo tempo. Esiste un ottimo disegno di legge, depositato una decina di anni fa da Valdo Spini (ex Psi, Ds e Si-nistra democratica, ndr) che regolamentava la democrazia interna nei partiti e il loro finanziamento.
Il M5S denuncia: vogliono imporci le loro regole.
Imporre non è mai giusto, ma sarebbe opportuno che un movimento con un così grande consenso si doti di meccanismi più democratici.
E il Pd?
Il Pd all’opposto dovrebbe essere molto più severo nell’applicare le proprie regole interne, o nel crearne di nuove. Un inquisito farebbe meglio a saltare un giro, per dire.
Pubblicato il 10 febbraio 2016