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Irresponsabile corsa al voto

Sostenere dopo il primo giro delle consultazioni presidenziali che non si formerà nessun governo e si andrà ad elezioni anticipate è, in primo luogo, diseducativo; in secondo luogo, da irresponsabili; in terzo luogo, anche sbagliato. Purtroppo, lo stanno già dicendo in molti, i politici meno dei giornalisti, alcuni dei quali giungono addirittura ad indicare la domenica di giugno nella quale si voterà. Fondati quasi sul nulla, questi esercizi di profezia politica sono diseducativi per l’opinione pubblica alla quale si manda il messaggio che i politici non riusciranno a risolvere il rebus del governo o, addirittura, non vorranno farlo. Invece, seppure attraverso complicatissime approssimazioni successive, i politici, che considerano, come dev’essere, le elezioni anticipate l’ultima ratio, stanno cercando un accordo che conduca ad una maggioranza parlamentare a sostegno di un governo operativo in una situazione assolutamente inusitata in una Repubblica che pure ha già visto e avuto una molteplicità di formule di governo. Il messaggio da inviare all’opinione pubblica per informarla, e non diseducarla ingannandola, è che ridurre le distanze fra partiti e coalizioni, superare i personalismi esasperati dalla campagna elettorale, pervenire ad accordi programmatici richiede inevitabilmente tempo. E’ un tempo che ciascuno di noi sa essere necessario in molti momenti della sua vita lavorativa (e, persino, dei suoi affetti).

Sventolare la bandiera di nuove ravvicinate elezioni è anche da irresponsabili non solo perché scaricherebbe il peso di quelle elezioni su partiti e dirigenti che, in verità, stanno cercando di rappresentare i loro elettori e le loro preferenze, ma perché manda al mondo, in particolare, agli operatori economici, un allarme di instabilità e imprevedibilità, forse anche di incapacità della politica italiana a risolvere il problema del governo nel suo luogo apposito: in Parlamento. Ammantare l’annuncio di prossime e inevitabili elezioni anticipate di conoscenze fasulle (fake) su quanto è successo e succede nelle altre democrazie parlamentari è sbagliato, ma rivelatore dell’ignoranza dei commentatori quanto al funzionamento dei sistemi politici contemporanei.

Almeno negli ultimi vent’anni quasi tutte le democrazie parlamentari hanno avuto problemi nella formazione del governo, inevitabilmente, in seguito alla diversificazione delle preferenze dei loro elettorati, alla frammentazione dei sistemi di partiti, alla nascita di partiti nuovi che sfidano parlamenti i cui compiti non conoscono e non apprezzano. In un solo caso, però, la soluzione è stata cercata e solo parzialmente trovata in nuove ravvicinate elezioni: in Spagna, dicembre 2015, poi giugno 2016. Adesso c’è un governo di minoranza dei Popolari, che era peraltro già possibile prima dello scioglimento del Parlamento. Un esito simile è prevedibile nel contesto italiano, un punto percentuale in più o in meno per tutti i partecipanti, non sufficiente a dare automaticamente vita ad un governo.

I costi monetari, in termini di prestigio, già molto basso, di quel che rimane dei partiti e dei loro dirigenti, di funzionalità delle istituzioni, di credibilità europea che comporterebbero nuove elezioni sarebbero comunque tutt’altro che trascurabili. Messa da parte la discussione sul voto anticipato sarebbe molto più opportuno concentrarsi sul rilevare, ad esempio, che i tanto criticati politici italiani intendono essere fedeli alle preferenze programmatiche sulle quali hanno fatto la campagna elettorale (a sua volta malamente raccontata da troppi giornalisti). Vogliono rappresentare gli elettori che hanno dato loro il consenso. Si pongono anche l’obiettivo di fare nascere un governo che funzioni. Incoraggiati e con pazienza incanalati dal Presidente della Repubblica è probabile che ci riusciranno, smentendo tutti i profeti di sventura.

Pubblicato AGL il 9 aprile 2018


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