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Lo strano caso del profilo su X bloccato a Pasquino #intervista @ildubbionews

Intervista raccolta da Giacomo Puletti

Da giorni il noto accademico ha l’account sospeso: “I miei tweet sarcastici, mi diano una spiegazione”

Succede che a Gianfranco Pasquino, Accademico dei Lincei, professore emerito di Scienza politica a Bologna, autore di decine di volumi sui quali si sono laureati migliaia di scienziati politici, insomma un’istituzione in ambiti accademici, X, già twitter, ha sospeso l’account. Non per poche ore, non per un malinteso o per verificare una password obsoleta, ma per violazione delle regole del social sul contenuto dei post. Senza ulteriori spiegazioni, ormai da oltre dieci giorni, su quale o quali dei tweet del professore avrebbero violato il regolamento, e cosa fare eventualmente per porvi rimedio.

«Una mattina mi sono svegliato e come faccio abitualmente ho aperto la mail, guardato chi mi aveva scritto e poi ho aperto twitter – racconta Pasquino – o meglio, ho provato ad aprire, perché al posto della solita schermata ho trovato una pagina nera e un messaggio in cui c’era scritto che avevo violato le regole e per questo mi avevano sospeso». Il tutto una ventina di giorni fa, senza alcuna risposta ai chiarimenti sollecitati. «Tra le violazioni suggerite dal social ci sono antisemitismo, messaggi di odio e violenza, sfruttamento sessuale minorile, abusi, violenze. Comprese azioni terroristiche estremistiche e così via – continua il professore – Insomma, quanto di più lontano, ovviamente, dai miei valori e dai miei comportamenti, compresi quelli che abitualmente uso sui social».

E così uno dei più stimati professori universitari in Italia si è ritrovato senza possibilità di avvertire i suoi oltre 18mila follower sul perché di questa “scomparsa” da X.

«Due di loro si sono offerti volontari per provare a capire quello che è successo, senza risultati – insiste – Si tratta questa di una violazione della libertà di parola? Qualcuno mi direbbe di no perché si tratta di un’azienda privata e quindi possono fare quello che vogliono. Ma è comunque ingiusto, soprattutto per i miei follower».

Cosa può essere successo, dunque? La risposta più plausibile è che diverse persone abbiano segnalato  no o più tweet di Pasquino fino a provocare la sospensione dell’account.

«Nei miei tweet spesso sono sarcastico, è vero, prendo in giro i renziani, ho criticato il papa per l’atteggiamento ambiguo sulla guerra in Ucraina, ho scritto che la premessa di qualsiasi accordo in Israele è la distruzione di Hamas – spiega l’accademico – Tutti messaggi in cui tuttavia non c’era astio, per di più senza alcun avvertimento che quei tweet potevano in qualche modo non rispettare il regolamento. È una cosa totalmente arbitraria e tecnicamente è una censura. C’è stato silenzio totale anche sull’eventuale tempistica di motivazione. Non posso neanche sapere di che cosa mi accusano, oltre ovviamente a chi».

Qualche dubbio può venire per la parte politica di Pasquino, che come lui stesso spiega «di certo non è quella di Trump e nemmeno di Elon Musk», ammettendo che questo lo fa pensare. Ma lungi dal parlare di complotti, rimane l’account bloccato e soprattutto la scomparsa di qualsiasi messaggio riconducibile a X che ne spieghi i motivi.

Insomma per Pasquino non rispondere per nulla «non è una scortesia, è un vero e proprio torto» e per questo il professore spiega di volerne parlare «il più possibile». Anche facendo seguire la questione da un legale? «In quel caso mi parrebbe di esagerare, ma quello che voglio portare all’attenzione dell’opinione pubblica è l’arbitrio con il quale l’azienda fa queste scelte, togliendo la parola a qualcuno che aveva 18mila follower e che in qualche modo informava, non disinformava, come faceva invece Trump. In ogni caso, accetto consigli e vi ringrazio per questa chiacchierata», conclude Pasquino.

Pubblicato il 8 maggio 2024 su Il DUBBIO

La corruzione è lo specchio di una società che la tollera @DomaniGiornale

Fare politica è costoso, un po’ dappertutto. Richiede un investimento iniziale, ma anche da alimentare periodicamente, non piccolo: tempo, energie e denaro. La tanto, troppo sbandierata “passione” è importante, aiuta nei momenti difficili, ma non è mai sufficiente. Fare politica può anche essere un modo per arricchirsi: fama, prestigio, riconoscimenti, persino soddisfazioni quando si ha la capacità e la possibilità di formulare e attuare politiche che giovano ad una comunità, agli elettori, al sistema politico, sociale, economico (la Nazione?). Anche senza conoscerne le preziosissime teorizzazioni, molti concordano con Max Weber. Magari la distinzione fra vivere per la politica e vivere di politica è troppo drastica. Certamente, però, Weber non pensava affatto e non avrebbe in nessun modo condonato chi, volendo vivere di politica, avesse utilizzato qualsiasi suo ruolo per estrarre illecitamente vantaggi personali, anche ricorrendo alla corruzione, dalle sue attività.

   “Politici d’affari” fanno la loro comparsa in molti sistemi politici, non necessariamente in tutti. Nei regimi autoritari, la corruzione è insita, quasi la norma. La si scoperchia non appena cambiano i governanti. Nelle democrazie le differenze fra sistemi sono notevoli. Possono derivare sia dalle strutture: istituzioni, burocrazia, partiti, sia dalle mentalità più o meno disponibili ad accettare qualche dose di corruzione. Quindi, nei casi di frequente e diffusa corruzione in politica, non è sufficiente guardare esclusivamente alla politica, ma anche ai valori della società e relativi comportamenti.

La reazione sdegnata della società italiana, ancorché nient’affatto unanime, e le inchieste della magistratura, a partire da Mani Pulite portarono a una situazione nella quale la corruzione politica sembrava potesse diventare un fenomeno marginale, limitato. Di recente, invece, hanno fatto la loro comparsa casi gravi da Bari a Torino, in Sicilia e altre fattispecie (anche di ministri e sottosegretari, il conflitto di interessi è intrinsecamente portatore di corruzione), da ultimo, ieri, in Liguria dove si ipotizza una rete ampia e diversificata, quasi un sistema, che coinvolge Giovanni Toti, il Presidente della Regione Liguria e numerosi operatori economici anche di vertice. Per mia salvezza personale, mi cautelo subito con l’espressione “la giustizia faccia il suo corso” e completo “massima fiducia”. L’orologio della giustizia funziona come può, ma gira, gira costantemente.

Uomini e, in misura minore, donne, forse perché sono numericamente meno presenti e meno potenti, corrotti/e se ne trovano dappertutto, ma con enormi differenze fra paesi: quasi assente in Scandinavia e limitata nei sistemi anglosassoni tranne che negli USA, già non più “anglosassone”, che tutte le ricerche riscontrano e documentano. In qualche caso a tenerla bassa serve il controllo politico e sociale: partiti che la ripudiano e sistematicamente escludono chi è incline a praticarla; elettori informati e indignati che la puniscono con il voto; mass media che la raccontano senza sconti e senza favori (favoreggiamenti). In altri, è l’ambiente circostante che ne rende intollerabile il costo non solo politico: esclusione rapida e definitiva dalle cariche, ma anche reputazionale: messa al bando con vergogna da qualsiasi attività pubblica. In Italia, c’è molto da fare su entrambi i terreni, a cominciare dalle interazioni sociali di partenza, in famiglia, nelle scuole, fra gruppi di pari. Coloro che corrompono e coloro che si lasciano o addirittura si fanno corrompere non sono “furbi”. Sono malfattori le cui attività inquinano la vita di tutti, violano qualsiasi principio etico, mettono le fondamenta, costruiscono e perpetuano l’ingiustizia sociale. Questo è l’altissimo costo della corruzione, soprattutto quella politica.

Pubblicato il 8 maggio 2024 su Domani

Libertà di parola, arbitrio, censura, X: un caso non troppo personale @DomaniGiornale

Una ventina di giorni fa improvvisamente, che vuole anche dire senza nessun preavviso, aprendo il mio X (ex-Twitter) ho scoperto che il mio account: @GP_ArieteRosso, era stato sospeso. Non avrei più potuto postare nessun contenuto, “ritwittare”, scrivere “like”, creare un nuovo account. Nessuna motivazione del perché di questo veto, una vera censura, tranne l’accusa vaghissima, derivante da “una attenta valutazione”, di avere violato le regole d‘uso di X alle quali venivo rinviato. Nel caso pensassi ad un loro errore mi si concedeva di fare appello. L’ho fatto qualche giorno dopo. Da dieci giorni attendo una risposta che non arriva. Non arriva. Mi sono dedicato ad una lenta e attenta lettura dei comportamenti ritenuti inaccettabili che motivano, conducono e giustificano la sospensione. Li elenco: violenza verbale; promozione di attività violente e cariche di odio in tutte le varianti, razziale, religiosa, di genere, di età, di disabilità, di malattie gravi (?); sfruttamento sessuale minorile; condivisione di contenuti offensivi e istigazione a farlo; l’essere autore di “attacchi terroristici, estremistici violenti o violenti di massa”; incoraggiamento al suicidio. Nessuna notizia più precisa di quali fra questi ignobili comportamenti i miei cinguettii abbiano suggerito, sostenuto, sottoscritto, incoraggiato. Non vedo nessuna possibilità di difesa contro accuse che non sono chiaramente formulate e accompagnate da evidenze, ovvero dai tweet nei quali avrei violato le regole.

Non so per quanti anni sono stato presente su twitter né, impossibilitato ad accedervi, sono in grado di dire quanti post ho scritto, a quanti ho apposto “like”, quanti ne ho ripostato. Credo di avere una buona capacità di sintesi. Faccio ricorso a non poco sense of humor, “castigat ridendo mores”, fino al sarcasmo. Sicuramente, non rinuncio a prendere posizione, ma, tutte le volte che lo reputo necessario, motivo quanto scrivo e faccio gli opportuni rimandi alle fonti. Non sono un influencer, ma avevo circa 18 mila trecento followers, che ringrazio, un certo numero dei quali disposto a e capace di criticarmi, di chiedermi conto del detto, del non detto, del mal detto. Naturalmente, non mancavano gli “incursionisti”, per lo più poco originali, che facevano riferimento soprattutto al deterioramento mentale dovuto alla mia età e all’essere (stato) comunista (invece, nel bene e nel male, no). La variante di rosso che preferisco, limpidamente scritta anche nel mio profilo, è il granata. Qualcuno chiedeva che cosa avessi mai insegnato ai molti studenti di scienza politica nel corso della mia lunga carriera accademica. Facevo post anche in inglese e in spagnolo e in quegli idiomi rispondevo quando necessario e opportuno. Infine, postavo i miei impegni di conferenze e televisivi e i riferimenti agli articoli pubblicati, ovviamente anche quelli sul “Domani”, e qualche rara foto.

Fin dall’inizio ho bollato “l’operazione militare speciale” russa come l’aggressione del despota autoritario Putin al sistema politico democratico, certo non privo di problemi, dell’Ucraina. Ho criticato il papa stratega non equidistante quando tempo fa attribuì la responsabilità della guerra alla Nato accusata di avere “abbaiato” (verbo di Francesco) ai confini della Russia. Ho scritto che la distruzione dell’organizzazione terroristica Hamas è il prerequisito di qualsiasi soluzione che porti a due popoli due Stati. Ho spesso sottolineato che una vittoria di Trump avrebbe conseguenze devastanti per la democrazia non solo negli USA e per il già scosso ordine politico internazionale. Mi sono costantemente dichiarato europeista convinto, ma non cieco.       

 Mi è stato suggerito che il bando del mio account ad opera di X potrebbe essere stato sollecitato da un certo numero di putiniani (e sedicenti pacifisti), dai filopalestinesi, dai sovranisti. Qui sorge il problema più generale. Senza esagerare, poiché impedirmi di usare X non priva molte persone della libertà di essere informati, ma soltanto dell’opportunità di sapere come la pensa GP_ArieteRosso, il problema della libertà di espressione del pensiero si pone, eccome. C’è qualcuno che, a sua totale discrezionalità: come, quando, per tutto il tempo che vuole, ha il potere di togliere l’accesso ad una piattaforma a chi non gli piace. Scrivo queste parole nella giornata mondiale della libertà di stampa, su un quotidiano i cui giornalisti il governo fa tutto il possibile per intimidirli e quando Reporters sans frontières rende pubblico il rapporto che rileva che l’Italia è scesa di sei posti nella classifica relativa alla libertà di informazione: dal 40esimo al 46esimo posto.

   Qui ho posto un problema che va ben oltre il mio personale inconveniente. Concludo con le parole di Walter Cronkite (1916-2009), probabilmente il migliore, per equilibrio, efficacia narrativa, credibilità, degli anchormen USA: that’s the way it is, Saturday, May 4, 2024.

Pubblicato il 7 maggio 2024 su Domani

Il 25 aprile anche quest’anno ci ricorda l’assenza di una memoria condivisa nel nostro Paese VIDEO Senza Riguardo @SRcinguetta

È arrivato il 25 aprile e anche quest’anno ci ricorda l’assenza di una memoria condivisa nel nostro Paese. Approfitteremo della distrazione collettiva anche per approfondire un tema che da settimane ritorna nelle nostre trasmissioni: la difesa comune europea e la sicurezza italiana. Ampio spazio avrà poi il confronto sul nuovo emendamento alla cosiddetta legge 194.

Siete pronti a liberarvi con Senza Riguardo?

L’algoritmo ti fa vedere solo quello che già conosci e sentire solo quello che ti vuoi sentir dire. Risultato: la tua mente si chiude. A Senza Riguardo combattiamo questo meccanismo perverso. Qui assisti in diretta a un confronto vero, senza filtri, tra grandi ospiti che rispondono alle domande inviate da te nei commenti. In breve: Senza Riguardo apre la mente. Senza Riguardo è IN DIRETTA il giovedì alle 21.15 su https://www.senzariguardo.it

INVITO AL DIBATTITO “Elezioni europee: la posta in gioco” #9maggio #Torino SALONE OFF

Nell’ambito delle manifestazioni collegate al Salone del Libro di Torino (SaloneOFF)
Giovedì 9 maggio 2024
Ore 16:00
Al Polo del ‘900
Via del Carmine, 14
Spazio Incontri

INVITO AL DIBATTITO
“Elezioni europee: la posta in gioco”

Gianfranco PASQUINO
Lucio LEVI
Dialogano con i rappresentanti delle Associazioni della Società civile sulle elezioni europee e sulle loro proposte

Il plebiscito è più di una truffa @DomaniGiornale

Qualcuno fra gli uomini e le donne in politica ha pensato che fare politica possa essere, sia anche, più di tutto, svolgere un’opera pedagogica: insegnare ai concittadini di tutte le generazioni come stare insieme perseguendo il bene comune, della patria e più. Questo bene non esiste a priori, ma viene definito sulla base dell’aggregazione delle preferenze che gli elettori e le elettrici esprimono di volta in volta anche come risposta all’offerta di programmi e scelte che i candidati e i partiti formulano per ottenere quei voti. Qui si innesta il circuito della accountability, cruciale, e intraducibile, espressione anglosassone: assunzione di responsabilità, in primis dei rappresentanti eletti e dei governanti. Quanto ai cittadini, al popolo che ha votato si renderà conto di non avere affatto sempre ragione, ma di avere sbagliato. Ne capirà le ragioni. Cambierà comportamento elettorale, dando una lezione a coloro che hanno attuato male, se non addirittura, tradito, più o meno consapevolmente, le loro promesse.

   Candidarsi ad una carica che già si sa che non si andrà ricoprire non è solo un inganno degli elettori (e non vale dire che gli elettori, comunque, mai tutti, già lo sanno). Soprattutto è una violazione del principio di responsabilità. Questi eletti e elette non risponderanno mai delle loro promesse. Non avranno nessun interesse a tenere i rapporti con il “loro” elettorato, meno che mai intraprenderanno un’attività pedagogica che risulterebbe profittevole anche per una migliore conoscenza della società in cui vivono, che vogliono rappresentare e governare. Ancora peggio, poi, quando il voto viene chiesto sulla propria persona. Non è un referendum. Tecnicamente, e le parole hanno un senso, è un plebiscito.

    Questa forma di consenso personalizzato all’estremo caratterizza la politica nei regimi autoritari. Nel rapporto elettorato (popolo) e leader (capo) è tipica di quasi tutti i regimi autoritari che abbiamo conosciuto, e conosceremo. Qualche volta il plebiscito è il modo con il quale il capo autoritario rafforza il suo potere, ma può anche perderlo. Augusto Pinochet, Cile 1988, docet. Qualche volta apre la strada all’autoritarismo, in seguito consolidato con procedure e pratiche istituzionali giustificate con esigenze di stabilità e efficacia che si ritiene, erroneamente, senza adeguata evidenza, non siano esaudibili dalle democrazie realmente esistenti, poco o nulla “decidenti”. Naturalmente, nessun plebiscito consente scambi di opinioni e offre la possibilità di apprendimento e di miglioramento della politica. Tutti i plebisciti, nelle loro limitate varianti, si configurano come il massimo di delega. Il leader che sostiene che ascolterà il popolo e ne attuerà le preferenze quasi avesse il dono, la grazia (carisma), di capirle in assenza di modalità di trasmissione oltre e altre rispetto al voto di investitura, e il popolo che, affidandosi alla persona plebiscitanda, butta alle ortiche qualsiasi sua responsabilità.

   Fuga dalla libertà scrisse il grande psicologo sociale Erich Fromm con riferimento ai comportamenti dei tedeschi che aprirono la strada al Führer negli anni Venti e Trenta del secolo scorso. Poiché in qua e in là nel mondo, ma anche in Europa, si manifestano spinte e tendenze di questo genere, sarebbe opportuno non sottovalutarle come elementi folcloristici, ma metterle in evidenza e farne risaltare le possibili conseguenze di riduzionismo della complessità della politica e di erosione non soltanto della qualità complessiva della democrazia, ma di alcune sue componenti essenziali, a cominciare dall’accountability, dalla responsabilizzazione dei governanti-rappresentanti e della cittadinanza, troppo spesso definita positivamente società civile. Si potrebbe cominciare con una narrazione appropriata di quello che sono e potrebbero essere per la democrazia italiana (e non solo) le elezioni del Parlamento europeo.

Pubblicato il 1° maggio 2024 su Domani

PRIMO MAGGIO 2024 Costruiamo insieme un’Europa di Pace, Lavoro e Giustizia sociale #Modena #CGIL #CISL #UIL

1°MAGGIO 2024
Festa di lavoratrici e lavoratori
ore 10.00 in Piazza Grande

Costruiamo insieme un’Europa di Pace, Lavoro e Giustizia sociale

INVITO Democrazia lacerata? Tra premierato e autonomia differenziata #29aprile #Senigallia @Anpinazionale

Lunedì 29 aprile 2024
ore 16:30
Biblioteca Comunale Antonelliana
Senigallia

Incontro con Gianfranco Pasquino

Democrazia lacerata? Tra premierato e autonomia differenziata

«Draghi guida dell’Ue? Dipende da Macron… Sbagliato il no al Patto» #intervista @ildubbionews

Intervista raccolta da Giacomo Puletti

Secondo il politologo «Draghi ha risposto a una domanda, cioè cosa dovrebbe fare e cosa dovrebbe essere l’Europa. ha esplicitato un programma, resta da vedere se egli stesso sia la persona giusta per concretizzarlo»

Professor Pasquino: quante possibilità concrete ci sono di vedere Draghi alla guida della Commissione o del Consiglio europeo?

Certamente la figura di Draghi è visibilissima, notissima e in qualche modo utilissima a molti, se vogliamo risolvere problemi di un certo tipo. Al momento vedo alcune opportunità, ma non tantissime, che possa essere lui a guidare le prossime istituzioni europee. Bisognerà accertare l’esito del voto, vedere quanti seggi prenderanno le varie famiglie, verificare quale maggioranza si formerà e soprattutto chi, eventualmente, si intesterà la proposta Draghi, visto che qualcuno deve presentarla. Nel caso del Consiglio europeo dovrà essere avanzata da più capi di governo, per la Commissione occorre un accordo tra le varie famiglie politiche. Insomma non è un’operazione facilissima, ma neanche impossibile.

Salvini dice che i suoi non lo voteranno mai, Tajani dice che Draghi non è del Ppe: potrebbe essere Macron a prendersi carico della proposta?

Macron ha detto anche con una certa enfasi che lo vorrebbe alla guida dell’Europa. Se però il presidente francese è sufficientemente scafato, e penso di si, nel momento in cui lo proponesse dovrebbe aver già parlato con altri, a partire dai tedeschi. Su Salvini, beh, quello che dice Salvini non importa a nessuno, visto che non ha voti. Per quanto riguarda il Ppe c’è un problema di divisione al suo interno, e infatti ci sono ampi spazi di dissenso verso il bis di Ursula von der Leyen.

Sarà difficile che si accorderanno su una proposta unitaria. Se nemmeno il suo partito è d’accordo, il bis di von der Leyen è impossibile?

Mi pare assolutamente improbabile, a meno che Giorgia Meloni riesca a fare breccia e voglia lei intestarsi la spinta decisiva per il bis. Ma ritenevo questa ipotesi credibile fino a qualche settimana fa, ora molto meno.

Draghi di recente ha fatto un paio di discorsi sul futuro dell’Europa: sono il suo manifesto politico?

Draghi ha risposto a una domanda, cioè cosa dovrebbe fare e cosa dovrebbe essere l’Europa per competere a livello globale. Ha esplicitato un programma, resta da vedere se egli stesso sia la persona giusta per concretizzare quel programma in politiche effettive. Il punto di debolezza per Draghi a livello europeo è esattamente lo stesso che aveva in Italia, cioè che non ha un partito alle spalle, non ha interlocutori affidabili e quindi dovrà muoversi in acque sconosciute.

Beh, il gruppo Renew di Macron, come detto, lo sostiene apertamente…

Sì, ma Macron probabilmente non andrà bene alle Europee. Marine Le Pen in Francia prenderà più voti, e questo renderà difficili le trattative condotte da Macron. Se Renew andasse davvero bene allora questa sarebbe una spinta per Draghi, ma ho l’impressione che difficilmente sarà così.

Si parla anche di una maggioranza di centrodestra, dalla quale per la prima volta sarebbero esclusi i Socialisti: che ne pensa?

È assolutamente improbabile. E anche se fosse non sarebbe una maggioranza a trazione Salvini-Le Pen ma la guida sarà Meloni.

Pensa abbia l’esperienza tale per condurre le danze post voto?

Meloni ha le capacità politiche per riuscire a incidere. I numeri faranno la differenza ma non è chiaro cosa voglia perseguire esattamente e dipenderà anche dalla sua immaginazione politica.

Vuole essere quella che influisce o quella che determina?

Io credo che il problema sia che sovranismo significa meno Europa, un’Europa delle nazioni o delle patrie che è diversa da quella federalista che vogliono popolari, liberali e altri. Meloni certamente conterà più in Europa, ma che riesca a determinare chi guiderà l’Europa nei prossimi cinque anni mi pare un po’ più complicato.

Negli scorsi giorni tutti i partiti si sono astenuti sul nuovo Patto di stabilità: l’Italia ha un problema di credibilità in Ue?

Di credibilità ne abbiamo sempre avuta poca. Quando Giorgetti e Gentiloni sono d’accordo sono d’accordo anche io, perché significa che c’è qualcosa di buono. E quindi penso sia stato un errore non votare il Patto, soprattutto da parte del Pd. Quel patto serve anche all’Italia e prima o poi saremo costretti ad applicarlo. Una volta concordate le misure, è opportuno assumersi le proprie responsabilità.

Anche il centrodestra si è astenuto, andando contro il ministro Giorgetti…

La decisione ha creato qualche problema al governo, visto che ha fatto una cosa quando il ministro dell’Economia diceva di farne un’altra. Ma continuo a pensare che è bene che Giorgetti rimanda dov’è, piuttosto di mettere al suo posto un vassallo di Giorgia Meloni. Giorgetti deve continuare a combattere le sue battaglie, che sono fondamentalmente giuste.

A proposito di Lega, Vannacci sarà candidato nelle sue liste: che ne pensa?

Faccio un appello: andate a votare perché sono elezioni molto importanti e perché è giusto che i cittadini europei scelgano i loro parlamentari. Non votate chi non ha alcuna competenza in materia, chi non ha mai parlato di Europa e chi le farebbe solo del male. Che è l’identikit di Vannacci. La sua candidatura è uno specchietto per le allodole, ma spero che le allodole votino per qualcun altro.

Pubblicato il 26 aprile 2024 su Il Dubbio

25 aprile, la festa della patria repubblicana e democratica. Scrive Pasquino @formichenews

II riconoscimento che il 25 aprile continua a meritarsi è duplice: avere fatto rinascere la patria (quella alla quale aveva dato vita il Risorgimento, ampliandola) e avere introdotto la libertà per tutti, anche per gli oppositori. Prendiamo atto che i nemici del 25 aprile combattono più o meno consapevolmente contro la patria repubblicana, libera e democratica. Il commento di Gianfranco Pasquino, accademico dei Lincei

Non mi importa niente delle memorie condivise. A ciascuno la sua, più o meno distorta, memoria, a tutti la lettura di qualche libro di storia, italiana e, per saperne di più, europea. Il 25 aprile fu una doppia liberazione: dai nazisti che furono cacciati dall’Italia e dai fascisti della Repubblica di Salò. Se, come ha scritto un raffinatissimo storico, la patria era morta l’8 settembre, sicuramente risorse il 25 aprile. Tanto è vero che alcuni fascisti si dichiararono “esuli in patria” indirettamente e involontariamente dando un degno riconoscimento all’Italia repubblicana. Non rinunciarono neanche a fare gli esuli nel Parlamento della democrazia italiana!

Ciascuno celebri il 25 aprile come desidera, come gli ditta dentro. La Repubblica democratica glielo consente, ma le divisioni nel “popolo” italiano non sono il prodotto della Resistenza, ma del fascismo. Fu il regime che nacque, si consolidò, produsse e allargò le divisioni, comprese le infami leggi razziali, come instrumentum regni. La Repubblica è stata, direi fin troppo, inclusiva e generosa. Democrazia vuole dire possibilità per tutti di partecipare e questo la Repubblica ha offerto e garantito. Vuol dire anche libertà di pensiero e di espressione, ugualmente sancita dalla Costituzione. Antifascista la Costituzione lo è da molti punti di vista. Non esisterebbe senza la sconfitta del fascismo. Nessuno dei diritti costituzionalmente sanciti e garantiti fu mai tale durante il fascismo. I fascisti non la votarono, non l’accettarono, la volevano (vogliono) cambiare.

Celebrare il 25 aprile può significare molto per il tipo di Paese, patria, che l’Italia è diventata e rimasta. Comunque, è la Repubblica democratica che ha promosso e ha, in misura ampia, ancorché, forse troppo, diseguale, facilitato lo sviluppo economico. Ha offerto opportunità. Ha voluto e saputo scegliere l’Europa, enorme spazio democratico libertà e diritti andando contro quel patriottismo fascista, di ieri e di oggi, che scivola sempre nel nazionalismo, inevitabilmente egoista quando non anche aggressivo.

Rimuovere, cancellare, degradare il 25 aprile è, anzitutto, uno sbrego alla storia italiana che nessun patriota dovrebbe mai permettersi. Non darò nessun colpo al cerchio e alla botte, nessuno dei fascisti potrà mai essere messo sullo stesso piano degli antifascisti, ma certo la riflessione e l’uso politico del 25 aprile continuano a essere controversi anche poiché troppi nei dintorni dell’antifascismo lo hanno ammantato di retorica invece di coglierne e evidenziarne le complessità spesso virtuose. Certamente ci furono vincitori e vinti. Lo spargimento di sangue dei vinti fu, in una comparazione comunque sgradevole, di gran lunga inferiore a quello che il regime aveva impunemente fatto dei suoi oppositori. Poi, nel quadro democratico-repubblicano ognuno ha potuto tessere la sua tela purché rispettasse regole e procedure.

Il riconoscimento che il 25 aprile continua a meritarsi è duplice: avere fatto rinascere la patria (quella alla quale aveva dato vita il Risorgimento, ampliandola) e avere introdotto la libertà per tutti, anche per gli oppositori. Prendiamo atto che i nemici del 25 aprile combattono più o meno consapevolmente contro la patria repubblicana, libera e democratica.

Pubblicato il 25 aprile 2024 su Formiche.net