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Senza memoria poca storia – in La Barricata delle Quattro Giornate di Napoli a cura di #FrancescoAmoretti @editore_d

Senza memoria poca storia
in La Barricata delle Quattro Giornate di Napoli 1943-2023, a cura di Francesco Amoretti, Scafati, Francesco D’Amato editore, 2023, pp. 155-156.

La memoria è parte, più o meno grande, della vita di ciascuno di noi. Senza memoria poca storia. Quel che è peggio chi non sa da dove viene non avrà nessuna bussola e non saprà dove andare. Qualche volta la memoria di molte persone è consapevolmente e volontariamente condivisa. Qualche volta, l’accento è posto sul quadro complessivo. Altre volte sono sottolineati avvenimenti particolarmente significativi che differiscono a seconda delle generazioni. Le Quattro Giornate di Napoli sono uno di quegli importanti avvenimenti che meritano di essere inquadrati nel loro tempo, valorizzati, reinterpretati alla luce dei nostri tempi.

La ribellione, sia contro gli autoritarismi sia contro gli invasori, è uno dei modi più efficaci e più entusiasmanti attraverso il quale un popolo (ri)conquista la sua dignità e apre la strada al suo miglioramento collettivo. La ribellione non è mai semplicemente, come troppo spesso si dice, un atto spontaneo. Un po’ dovunque è preceduta da soprusi e sopraffazioni, da malefatte e torti, da oppressione e repressioni, alle quali per un periodo di tempo più o meno lungo le persone non sono riuscite ad opporsi per manifesta inferiorità, per il legittimo desiderio di evitare guai peggiori per sé e per gli altri, per la propria famiglia e per la più larga comunità. C’è anche spontaneità nella ribellione, ma più spesso c’è una esplosione di violenza, giustificata e giustificabile come reazione assolutamente razionale. L’energia della ribellione è diretta contro i responsabili dei misfatti e contro i loro sostenitori. Giustizia sommaria? Sicuramente, giustizia, ma come potrebbe essere diversamente da “sommaria” quando i responsabili si proteggono a vicenda, si fiancheggiano, cercano di scagionarsi vicendevolmente? Sono troppi coloro che dicono e scrivono che colpendo senza discriminare i livelli di responsabilità inevitabilmente non si potrà giungere alla memoria condivisa. Come è possibile e quanto sarebbe utile che gli oppressi e gli oppressori, gli aggrediti e gli aggressori, chi aveva e esercitò potere e violenza e chi la subì condividessero le stesse memorie? Quale società giusta è possibile auspicare e costruire che incoraggi gli uni a dimenticare e perdonare i malfattori e gli altri ad agire come se le loro responsabilità potessero essere superate e dimenticate?

Purtroppo, il dibattito pubblico generale, in Italia più che altrove, ma anche quello fra le fazioni degli storici sembra continuare fra ambiguità e ammiccamenti, peggio, persino senza sapere cogliere il riemergere di vecchi vizi, di errori gravi e di vere e proprie tare che fecero scrivere a Piero Gobetti che il fascismo era “l’autobiografia della nazione”. Forse non tutta l’autobiografia, ma certo una potente e prepotente fotografia della nazione nella quale si trovarono troppi esponenti delle classi dirigenti, troppi arrivisti, troppi cultori della violenza come modalità di fare politica per chi non ha cultura e non potrebbe reggere il confronto democratico.

   Le Quattro Giornate di Napoli sono anche la dolorosa testimonianza di non avere poi saputo tesorizzare, organizzare, incanalare al meglio verso obiettivi di riscatto socio-economico e di buongoverno politico le energie che vi si erano espresse. Pesò quello che era successo e stava succedendo nel resto d’Italia. “Pacificazione” e mancata epurazione, una malintesa visione che la ricostruzione sarebbe stata possibile e preferibile tacendo, sorvolando, dimenticando molte responsabilità, neppure soltanto le minori.

Parlare oggi di un “passato che ritorna” non è soltanto un errore, un segnale di ipocrisia, una manifestazione di ignoranza. È il tentativo, probabilmente già in parte coronato da successo, dell’assoluzione di coloro i quali, non dopotutto, ma soprattutto, erano italiani. Quel passato non è mai interamente passato. Era stato sospinto sotto i tappeti della storia. Ne sta fuoriuscendo. I partecipanti alle Quattro Giornate di Napoli potrebbero legittimamente chiederci: siete meglio attrezzati culturalmente e politicamente per combatterlo?

Gianfranco Pasquino è Professore emerito di Scienza politica e socio dell’Accademia dei Lincei. Autore di numerose pubblicazioni, ha curato Fascismo. Quel che è stato, quel che rimane (Treccani 2022).


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