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Non basta allargare il campo e bisogna allungare lo sguardo @DomaniGiornale

Nel valutare l’esito di una qualsiasi elezione bisogna sempre tenere conto di una pluralità di elementi. La natura di quella coalizione è soltanto uno di quegli elementi. In Sardegna esiste il voto disgiunto: per il/la Presidente e per un partito diverso (ha premiato, per molte buone ragioni, Alessandra Todde). In Abruzzo il candidato del centro-destra era il Presidente in carica, l’incumbent. In Sardegna, il centro-destra ha candidato un sindaco non molto apprezzato in sostituzione del Presidente uscente non ritenuto all’altezza. In una competizione bipolare le candidature contano, eccome. Possono essere decisive. Proprio per questo è opportuno curarsi anche delle modalità con cui verranno scelte in Basilicata e in Piemonte. A livello nazionale è (quasi) tutta un’altra storia, ma rimane raccomandabile scegliere bene le candidature parlamentari.

   Certo, riuscire a costruire una coalizione “larga”, “giusta” e “coesa” può essere decisivo, magari offrendo agli elettori una spiegazione convincente e trascinante, talvolta coinvolgendoli (che fine hanno fatto le primarie previste nello Statuto del PD?) e, soprattutto, trovando originali priorità programmatiche. Mettere insieme le sparse membra dei progressisti-(non trovo termine migliore, comunque, dovranno essere i “centristi” a decidere dove andare-, è tanto difficile quanto indispensabile se si vuole tornare a vincere. L’Abruzzo non è né la Sardegna né l’Ohio (che ho visitato tre volte e dove non c’è nessuna necessità di fare coalizioni). Non è, con tutto il rispetto, neppure l’Italia. Non c’è una lezione specifica da trarre dall’esito elettorale. Le riflessioni politiche debbono basarsi su un dato strutturale noto e su uno ignoto e su alcuni elementi congiunturali.

   Il dato strutturale noto è che il centro-destra è da trent’anni una coalizione più o meno larga e coesa e che i suoi dirigenti conoscono le rispettive ambizioni e preferenze, riuscendo quasi sempre a renderle compatibili. Il dato ignoto è quanto i dirigenti dei progressisti siano disposti a sacrificare delle loro ambizioni personali e politiche per l’obiettivo (mi auguro) comune: sconfiggere il centro-destra. Dalle loro dannose divisioni del passato non sembrano avere ancora imparato abbastanza. Però, esiste più di una probabilità che, facendo di volta in volta coalizioni, costruendo un campo, non mi mancano gli aggettivi, ma preferisco decente, riescano a trovare una pluralità di punti d’accordo e a mettere in secondo piano i punti di disaccordo.

   Sembra molto più facile, oggi, procedere sulla strada degli accordi locali che di un grande accordo nazionale. A livello locale, poi, quegli accordi dovrebbero portare anche a ridurre le distanze fra gli elettori cosicché si uscirebbe dalla brutta e dannosa spirale centrifuga: perdere, da una parte, elettori relativamente più moderati, dall’altra parte, elettori più progressisti. Tutto quello che costruisco qui con il mio fidato e affidabile computer va costruito sul campo, senza aggettivi, dai dirigenti, degli attivisti, dai candidati/e. Entrano in gioco i dati che ho definito congiunturali. Il primo, forse il più importante, è quello della legge elettorale con la quale si voterà prossimamente (considero fortemente inadeguata e distorcente la legge attualmente in vigore). Un buon sistema elettorale proporzionale, ad esempio, quello tedesco, non richiede, ma non scoraggia, le coalizioni. Il maggioritario francese a doppio turno le rende indispensabili. Il secondo, imprevedibile, dato congiunturale riguarda quali saranno i temi salienti in occasione delle elezioni politiche. Però, è facile ipotizzare che come stare nell’Unione Europea e come porsi di fronte alle guerre rimarranno temi ineludibili. Non è immaginabile una coalizione che si candidi a governare l’Italia se non ha raggiunto una posizione condivisa su entrambi i temi.

Pubblicato il 13 marzo 2024 su Domani


1 commento

  1. Avatar di Giorgio Micca Giorgio Micca ha detto:

    Non è possibile fare accordi col partito di Conte: Conte vuole primeggiare su tutto: nel movimento, come capo politico della coalizione, ed eventualmente vuole essere lui il premier. Come si fa a fare accordi con uno così? E poi il partito di Conte ha posizioni contrarie sulla guerra in Ucraina, su putin, sulla guerra in Palestina, sull’Europa, su Trump, su Biden. Come si fa fare neanche uno straccio di accordo con un partito così? Aggiungo l’asimmetria: il pd cerca affannosamente l’accordo col partito di Conte, il partito di Conte si sente superiore al pd e lo tratta come uno sguattero. Il pd appoggia volentieri i candidati di Conte, il partito di Conte non appoggia nessun candidato che non sia del proprio partito. Come si fa a fare accordi con un così? Allora lei dirà che il centro-destra è imbattibile: sì, penso che sia così, soprattutto ora che Tajani si sposta ancora più al centro in modo da fare concorrenza agli altri centristi di sinistra. Al centro destra sono più furbi, più intelligenti, più cinici a volte, più capaci di fare politica, sono pure più innovativi, sanno anche fare politiche di sinistra, nonostante Salvini.

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