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Tag Archives: Virginio Merola
Le litanie senza direzione #PDBologna
Hanno fatto una furibonda campagna condita da insinuazioni e insulti più che da indicazioni delle attività che il segretario Critelli non aveva fatto o fatto male e che lo sfidante Rizzo Nervo prometteva di fare meglio. Hanno consentito a Merola, che dovrebbe fare il sindaco, di cercare di influenzare la scelta probabilmente per avere meno controllo sulle sue inadempienze di quel che Critelli, in maniera peraltro poco incisiva, ha cercato legittimamente di esercitare. Merola ha perso e con lui ha perso anche Paruolo che, sostenendo un terzo candidato, sperava di diventare decisivo nell’eventuale voto in assemblea. Finita la litania del “dobbiamo parlare alla gente” (infatti, i bolognese non si sono entusiasmati), è subito cominciata la litania, già sentita, del “dobbiamo unire il partito”. Qualcuno ha aggiunto, fra i perdenti, che avevano intrattenuto grandi speranze, “dobbiamo unire i renziani”: davvero un obiettivo ambizioso e entusiasmante da partito post-ideologico, pragmatico, che si occupa di cose concrete (o, forse, no). La litania più convincente e meno frusta sarebbe “dobbiamo fare funzionare e cambiare il partito”. Opportunamente, Rizzo Nervo ha dichiarato che accetta di fare il capo della minoranza, non il capo dell’opposizione. Non è chiaro che cosa Critelli e Rizzo Nervo abbiano imparato del partito che c’è durante la campagna elettorale. Si sono scambiati commenti e accuse non proprio carine sul ruolo e sui rapporti con alcune associazioni, ad esempio, le Coop troppo accoglienti nel fare girare le porte. Hanno detto che il partito dovrebbe aprirsi di più alla società, che è un’altra frase slogan, ma nulla di tutto questo s’è visto. Non mi pare che Critelli stia andando in questa direzione. Eppure, poiché Bologna è ricca di associazionismo, qualche passo verso un coinvolgimento non subalterno di chi rappresenta qualcosa e di chi ha competenze che nessun partito può trovare al suo interno sarebbe utile anche se accompagnato da inevitabili conflitti. I renziani locali se, come troppi di loro, s’ispirano al partito nazionale che a Renzi non è mai parso degno di interesse, non hanno nulla da offrire a questo dibattito. Critelli ne dovrebbe sapere un po’ di più, ma nella campagna elettorale non ha fatto trapelare proposte mobilitanti, cambiamenti significativi, prospettive nuove per un’organizzazione da tempo stagnante. Insomma, risolto il problema di chi guiderà per i prossimi anni il PD della Federazione di Bologna piacerebbe sapere in quale direzione e verso quali obiettivi. Un piccolo test sarà quello della designazione delle candidature alle imminenti elezioni parlamentari. C’è molto altro.
Pubblicato il 28 ottobre 2017
Meglio competere senza paura
Paura? Paura della democrazia, della competizione, della contendibilità? Davvero a Bologna bisognerebbe/bisognerà fare un Congresso “unitario” per “eleggere” il segretario del partito locale? Naturalmente, non sarebbe più un’elezione, ma una designazione ad opera di qualche notabile, tipo Merola, tipo De Maria, non so se riesco a scrivere Paruolo, “notabile” pure lui? Quanto a “unitario”, vuole dire che si mettono d’accordo, ma non intorno ad un caminetto che, se lo viene a sapere, Renzi sbraiterà contro la vecchia politica, la Prima Repubblica, la ditta. Non è stagione di caminetti, meglio un camper di craxiana memoria, oppure, buttiamola sull’istituzionale: nell’ufficio del sindaco, giungeranno a un accordo. Ma non ci avevano detto, anche non pochi renziani che adesso appoggiano Rizzo Nervo, che uno dei pregi del Partito Democratico è che le sue cariche sarebbero diventate tutte contendibili? Poi, è vero che persino un veltronian-renziano, che sta cercando di tornare nella pista parlamentare, è stato fatto fuori dalle parlamentari manipolate del dicembre 2012, ma almeno una parvenza di contendibilità dovrà pure rimanere. Invece, no. Di politica alla Festa dell’Unità non si parla. Non far sapere ai visitatori e ai militanti che, anche se in cucina, parecchio ne sanno, quali torti ha Critelli, il segretario in carica, e quali ragioni ha Rizzo Nervo, l’assessore sfidante, è diventato un dogma. Per fortuna, si fa per dire, tertium datur: il molto manovriero consigliere regionale Paruolo ha candidato Licciardello la cui presenza aumenterebbe il tasso di competitività e di contendibilità. O forse no, come ha fatto sottilmente filtrare il “Corriere di Bologna” che, non nato ieri, adombra la possibilità che, in assenza della maggioranza assoluta degli iscritti per uno dei contendenti, la decisione debba essere presa nel Congresso, “pericolosamente” non più unitario, divisorio? Allora, lì i paruolani decideranno su chi convergere dopo, oh, sì, avere pensosamente e accuratamente valutato i programmi, le proposte, le prospettive di Critelli e di Rizzo Nervo. Diversità su quel che bisognerebbe fare nei rapporti con le cooperative e con le partecipate sembra non ve ne siano. Non è una grande scoperta che il PD dovrebbe sostenere e pungolare i suoi eletti nei vari comuni. Dunque, risollevo il mio interrogativo di fondo: che la manita o poco più di aspiranti al parlamento dentro il PD di Bologna si stia posizionando e raggruppi le sue scarne truppe a sostegno di chi fra Critelli e Rizzo Nervo offre più garanzie di carriera? No, non datemi subito la risposta. Lasciate la suspense mentre torniamo tutti a leggere sui dizionari che cosa significa “democratico e contendibile”.
Pubblicato il 15 settembre 2017
Un destino civico e baro
Un destino civico e baro ha travolto i candidati del Partito Democratico nei ballottaggi in Emilia-Romagna (e non solo). Raffinati analisti gongolano: tutti i comuni della Regione, ma anche quelli, per esempio, della vicina Toscana, sono diventati “contendibili”. Allegria! Non sarebbe, però, necessario che per onorare la contendibilità il PD perda tutti i ballottaggi. Comuni contendibili, ma qualche volta vincibili e vinti, questo dovrebbe bastare anche ai più esigenti degli analisti. Invece, a giudicare dalle reazioni dei dirigenti e degli aspiranti tali non sarà facile trovare una contendibilità vittoriosa. Sparando cifre sbagliate sulla votazione con la quale Renzi ha frettolosamente riconquistato la segreteria, comunque le più basse delle cinque elezioni finora svolte nel PD, i renziani dicono che il segretario nazionale non è in discussione (ma le cariche locali sì che le volevano “riallineate”). Magari, quando si perde alla grande, si dovrebbero mettere in discussione le idee e le politiche di quel segretario e le alternative proposte dai coraggiosi che non temono di essere sbeffeggiati e chiamati traditori. Chi non voglia rincorrere Merola che, anche in questo caso, ne ha dette di molte e rischia che qualcuno gli faccia il “tagliando” di metà mandato (no problem: sostituirlo proprio non si può), nota che le idee finora circolate sono poche e contraddittorie. Se sono i candidati civici che sconfiggono quelli del PD, bisogna sfidarli quei civici o cooptarli? “Aprirsi alla società”, come dice l’inarrivabile Via Rivani (citata dal Corriere di Bologna), però, “non con i civici”, sembra acrobatico. E se fossero state, da un lato, le inadeguatezze dei sindaci in carica e, dall’altro, le nuove candidature del PD a scoraggiare gli elettori, molti dei quali hanno ancora una volta preferito l’astensione? Non basta aprirsi alla società, escludendo i civici che, pure, qualche pezzettino di società sembrano in grado di raggiungerlo, mobilitarlo, rappresentarlo, bisogna, sostengono i sindaci della Romagna, che il PD sia “più radicale”. Quest’aggettivo l’abbiamo tutti già sentito. Qualche volta avremmo anche voluto che il contenuto di questa radicalità fosse spiegato. Più di sinistra? Su quali tematiche, con quali modalità? Combattendo l’antipolitica, a cominciare da quella che -rottamazione, poltrone, disintermediazione- il segretario Renzi agita di tanto in tanto?, dunque, facendo politica, ovviamente, sul “territorio” (meno tweet?), e mostrando la dignità di un impegno oppure risistemandosi nelle posizioni giuste per andare/tornare in Parlamento? Un destino, civico o no, tutto da costruire interloquendo con una società, contendibile, che dichiara con il suo voto di essere insoddisfatta del Partito Democratico di oggi.
Pubblicato il 2 luglio 2017
Un Sindaco da sogno #Bologna
L’ultimo che parla ha (quasi) sempre ragione. Questa è, in sostanza, la linea politico-partitica-culturale scelta e praticata dal sindaco Merola. Adesso, l’ultimo/a è la sua ex-contendente al ballottaggio Lucia Bergonzoni la quale legittimamente e coerentemente con le posizioni della Lega di Salvini esagera il fenomeno e manipola un po’ le statistiche sui reati a Bologna e sulla sicurezza. Subito, Merola si accoda anche lui sostenendo che il problema è molto serio, da combattere e da debellare con accresciuta presenza delle forze dell’ordine. Passerà anche questa, ma il quesito di fondo rimane. Perché il sindaco non elabora qualche cosa di originale per risolvere alcuni dei problemi di lungo corso della città? Lasciamo da parte i suoi ondeggianti sostegni a chi dovrebbe guidare il Partito Democratico che l’hanno visto transitare velocemente dalla ditta di Bersani al Partito di Renzi e lo collocano, attualmente, vicinissimo allo sfidante Orlando. Che la motivazione sia di non vedersi sfuggire il sostegno dei vertici del partito locale, peraltro, alquanto sconfessati dalla base che, nel bene, poco, e nel male, parecchio, hanno dato un grande consenso al Renzi rientrante?
Essendo giunto al suo secondo e ultimo mandato, quindi non ricandidabile, Merola forse si sta guardando in giro per trovare, come tutti i politici “normali”, qualcosa da fare dopo. Magari dovrebbe impegnarsi di più su quello che c’è da fare adesso a Bologna. Come saranno ricordati i suoi dieci ininterrotti lunghissimi anni di governo della città? Quale segno lasciare della sua permanenza a Palazzo d’Accursio? La lunga durata aiuta per essere ricordati, ma senza qualche opera significativa, l’oblio è il destino più probabile. Può darsi che Merola riesca a inaugurare oppure a intestarsi una qualche opera pubblica di prestigio e di grande utilità prima della conclusione del suo mandato. Sarebbe straordinario sentirgli dire con chiarezza che cosa pensa che sia davvero importante per ridare slancio politico, sociale, culturale alla città (gli imprenditori fanno da sé e forse apprezzano quando il sindaco non li intralcia, ma potrebbero legittimamente volere qualcosa in termini di infrastrutture). Nel frattempo, in un’attesa non spasmodica, basterebbe che il sindaco smettesse di fare lo Zelig, dichiarandosi d’accordo con la voce più forte in uno specifico momento/argomento. Insomma, sarebbe bello scoprire che c’è un sindaco che prende iniziative autonome, le spiega e esercita la sua leadership. Am I a dreamer? Vivo in un mondo di sogni?
Pubblicato il 21 aprile 2017
Se son fiori sbocceranno
È lecito interrogarsi sulle politiche fatte dal Partito Democratico al governo e su come proseguirle, approfondirle, cambiarle? Lo ha fatto, in maniera un po’ sommaria e brutale, l’assessore Matteo Lepore. In un partito che non soltanto accetta, ma valorizza il dibattito e la circolazione delle idee e delle proposte, a Lepore dirigenti e autorità varie del PD avrebbero dovuto rispondere sul merito, non con critiche alla persona quasi invitandolo ad andarsene. Il sindaco Merola, da qualche tempo diventato “movimentista”, impegnato nel disegno di un (nuovo?) “campo progressista”, ha difeso il diritto di parola e di ricerca di un altro PD esercitato da Lepore. Che ci sia un qualche, limitato e abitualmente sopito, disagio nel PD bolognese e, probabilmente, anche emiliano-romagnolo, è accertato. Ci si potrebbe persino chiedere perché, dopo la pesante sconfitta nel referendum costituzionale e la scissione di una parte della “ditta”, grave poiché se ne sono andate due persone, Bersani ed Errani, con una storia lunga e importante, questo disagio sia in definitiva contenuto.
La riflessione, però, non deve rimanere “contenuta”. Un partito, soprattutto se di sinistra (oops), ha il dovere di porsi costantemente il compito di indicare prospettive che contemplino anche la riduzione delle diseguaglianze, spesso inevitabile conseguenza dello sviluppo. Al Lingotto non s’è sentito nulla di tutto questo. Se, invece, di una corsa in tempi raccorciati verso l’elezione del segretario, si fosse tenuta un’austera e densa conferenza programmatica, con qualche relazione dedicata alla riflessione sulla natura e sulla cultura politica di un partito (questa volta evito “di sinistra”) progressista, allora Lepore e addirittura Merola avrebbero potuto esprimere meglio le loro perplessità e le loro proposte. Esiste ancora un’opportunità: che le proposte siano formulate nelle mozioni congressuali e che vengano fatte circolare fra gli iscritti, molti dei quali si sono, purtroppo, già prevedibilmente schierati.
No, non voglio trattare di schieramenti e di posizionamenti. Ancora una volta, però, temo che, dopo la fiammata di dichiarazioni e di richiami all’ordine (renziano), quasi tutti gli intervenuti si preoccupino delle loro carriere. Concludo facendo mia l’esortazione del Presidente Mao: che cento fiori sboccino, e affidandomi il compito a casa, ma accetto suggerimenti, di scoprire quando fu l’ultima volta che il Partito di Bologna formulò un’idea innovativa.
Pubblicato il 15 marzo 2017
Ridefinire la Sinistra
La città di Bologna, perplessa e inquieta, s’interroga: quali saranno le prossime mosse politiche del sindaco Merola? dopo la scissione che, peraltro, avrà poco spazio nel PD conformista bolognese, davvero non andrà né da una parte né dall’altra? Si adopererà, come dichiara, per tentare, in maniera ambiziosa, di cambiare il mondo, chiedo scusa, il centro-sinistra (è fatta: il trattino l’ho messo)? Inevitabilmente, gli “antipolitici” non perderanno l’occasione di sostenere che, invece di partecipare a operazioni più grandi di lui che, nel passato, non ha mai neppure abbozzato, Merola farebbe meglio a impiegare il suo tempo cercando di governare la città. Condivido, ma, dal momento che il molto mobile sindaco prende posizioni politiche e le cambia con notevole frequenza: dalla Ditta a Renzi nello spazio di una notte, poi a Pisapia che, prima, lo ha snobbato, poi, lo ha sganciato–, è giusto cercare di capire perché e con quali conseguenze. Forse, il perché l’ha già detto candidamente lui stesso.
Giunto al secondo mandato, non potendo essere rieletto, si sente più libero. Quindi, si dedica a un’operazione, dai contenuti e dai contorni indefiniti, che, infatti, oscilla dal creare qualcosa alla sinistra del PD di Renzi fino all’ulivismo, ma su questa prospettiva vaghissima è subito stato bacchettato da una vestale dell’Ulivo del breve tempo che fu. Nell’indeterminatezza della sua operazione politica, Merola si trova, non solo poiché gli “indeterminabili” sono tantissimi, in mezzo ad un guado. L’altra sponda nessuno sa dove sia e come si configuri. Più concretamente, il PD bolognese ed emiliano-romagnolo si dedica a curare quello che c’è, le cariche (le “poltrone” nell’elegante terminologia populista renziano) presenti e future. Qualcuno, non solo gli assessori comunali Priolo e Lepore, ai quali aggiungerei il deputato De Maria, è anche già, alquanto prematuramente, in pista per la successione a Merola. Meno parlano di come ricostruire un partito, una coalizione, una politica, meglio è, per loro, ma certamente non per una sinistra che ha bisogno di ridefinirsi.
Nel lungo tragitto di amministratore di Merola non ricordo nessuna elaborazione politica sua (mi verrebbe da aggiungere, risultando provocatorio, “e dei suoi intellettuali di riferimento”). Quello che manca oggi, non soltanto al Partito Democratico nazionale, è una riflessione approfondita, forse attraverso quella Conferenza programmatica che Renzi e i suoi collaboratori hanno respinto, nella quale siano discusse e decise, non le ragioni dello stare insieme, ma gli obiettivi da perseguire. Per usare il logoro lessico della politica politicata, si parli non di schieramenti, ma di programmi, meglio di visioni. In questa direzione il Merolapensiero ha ancora moltissima strada da fare.
Pubblicato il 23 febbraio 2017
Vento emiliano e nuove filosofie
Il Partito Democratico dell’Emilia-Romagna non si fa mancare quasi niente tranne, talvolta, i voti, per esempio, quelli che servivano a evitare il ballottaggio di Merola. Non potendo andare oltre il secondo mandato (e la presidenza della Città metropolitana), sfuggitagli per via referendaria la carica di Senatore, il sindaco ha deciso di sbizzarrirsi in politica, forse, sostiene più d’uno, a scapito del miglioramento della sua attività amministrativa che lo vede al sessantesimo posto circa della classifica stilata dal Sole 24Ore. Può anche permettersi di contraddire variamente le proposte e le indicazioni del suo segretario di cui qualche tempo fa si era dichiarato convinto sostenitore. Adesso, mentre esprime il suo favore al referendum sul Jobs Act, legge simbolo del periodo renziano, annuncia che elezioni anticipate non sono una buona soluzione e opera per un’ipotesi di coalizione che includa quelli che un tempo sarebbero stati chiamati “cespugli di sinistra”. Se rinascesse l’Ulivo, e Romano Prodi sostiene che è possibile, quei cespugli avrebbero molte opportunità di essere considerati importanti.
Su altri versanti, i Dem dell’Emilia-Romagna mantengono alta la loro visibilità. Vero che dei tre ministri reclutati da Renzi, una, Federica Guidi, ha dovuto dimettersi qualche tempo fa, il secondo Giuliano Poletti, galleggia su imbarazzanti affermazioni, che non sono gaffes, ma ne rispecchiano il pensiero politico, e il terzo Graziano Delrio è un po’ emarginato, ma se le indiscrezioni hanno qualche fondamento, sarà la nuova segreteria di Renzi a fare il pieno di emiliano-romagnoli. Dal cerchio non più magico del giglio fiorentino al poco frizzante, ma solido ambiente emiliano-romagnolo? Il segretario che cerca un suo personale rilancio ha bisogno di un partito, anche se chi lo conosce non crede che saprebbe poi farlo funzionare e valorizzarlo. Vorrebbe un partito più unito, magari senza Bersani e quel che rimane dei bersaniani. Saranno Critelli, Calvano, Bonaccini, Richetti (alla ricerca di un ruolo chiave e sovraordinato nella nuova segreteria) e Andrea Rossi all’organizzazione a dargli quel partito? Difficile dirlo, ma inevitabile sottolineare che un riallineamento complessivo del PD emiliano-romagnolo su Renzi, da un lato, desterebbe grandi preoccupazioni nei molti parlamentari che desiderano la ricandidatura e molte speranze negli aspiranti fra i combattenti del pur sconfitto fronte del “sì”, dall’altro, aprirebbe spazi per Merola ( non “per il suo progetto” di cui non vedo né gli obiettivi né il perimetro). I nomi li ho fatti. Mancano solo le indicazioni su quali grandi, ma anche piccole, idee sapranno proporre sia i nuovi renziani sia il vecchio Merola. A quando il philosophari?
Pubblicato il 28 gennaio 2017
Le opposizioni lancino la sfida
La situazione del centro-destra bolognese è, non da oggi, ma addirittura dall’altro ieri, imbarazzante. Anzi, è doppiamente imbarazzante. Da un lato, infatti, gli esponenti locali dimostrano assolutamente sudditanza alle (non)scelte nazionali. Dall’altro, nessun candidato/a ha finora dichiarato alto e forte che lui/lei c’è e vuole rimanere fino in fondo. A Bologna, poi, non si combatte nessuna battaglia campale per ridefinire i rapporti di forza fra leghisti, fratelli e sorelle d’Italia, berlusconiani di stretta, ma declinante, osservanza. Qui c’è poco da vincere, ma, paradossalmente, anche pochissimo da perdere. Aspettative bassissime per candidature non scintillanti presentate ad un elettorato già rassegnato. Al primo turno quell’elettorato di centro-destra che in città è sempre esistito (per fortuna del sistema politico) sceglierà nel piccolo menù. Al secondo si disperderà sia nell’astensione sia in un possibile voto di protesta contro il pur non granitico Partito Democratico convergendo sul, al momento non entusiasmante, candidato delle Cinque Stelle.
Improvvisamente, Merola si è reso conto, difficile dire quanto strumentalmente, che un’opposizione attrezzata e propositiva, anche critica e severa, offre un contributo tutt’altro che disprezzabile al buon funzionamento del sistema politico, in questo case del governo locale. I miei studenti, uno dei quali sta nella segreteria del PD cittadino, applaudono convintamente quello che è uno dei cardini della democrazia competitiva. I più smaliziati e i meno faziosi di quegli studenti ridacchiano pensando che Merola non debba preoccuparsi troppo dell’assenza di un’opposizione esterna. Avrà, comunque, e dovrebbe già averlo imparato, il suo da fare con l’opposizione interna. Alcuni di coloro che saranno eletti in Consiglio comunale non hanno grande fiducia nelle sue capacità di leadership. Gli assessori cercheranno di ritagliarsi spazi di azione politica autonoma e di posizionarsi per cariche prossime venture. Altri acquisiranno visibilità soltanto con il dissenso più o meno pubblicizzato. Tutto vero, ma al tempo stesso queste opposizioncine interne al PD sono del tutto inadeguate a dare rappresentanza alle sciolte membra dell’elettorato di centro-destra e a convogliare domande degne di considerazione.
Occasionalmente, in citta’ qualcuno si interroga sulla qualità del governo locale, che non è pessima, ma mediocre. Merola non dovrebbe cercare di scaricare preventivamente sull’evanescente centro-destra le sue inadempienze a futura memoria. A sua volta, il centro-destra potrebbe, senza compiacere Merola, almeno sfidare lui e la sua cerchia di probabili governanti dei prossimi anni su alcune chiare proposte/priorità. Si sta facendo tardino.
Pubblicato il 31 marzo 2016
Governare le divisioni
Ottantacinquesimo su 101 nella classifica dei sindaci e con un grado di popolarità inferiore al 50 per cento, Merola si è fatto un lusinghiero bilancio del suo mandato proclamando, titola il “Corriere di Bologna”, “Città divisa ma io non mollo”. Meglio sarebbe che il bilancio di mandato lo stilasse qualche istituto indipendente, magari universitario, dal momento che nell’Alma Mater le competenze economiche, sociologiche, politologiche, ingegneristiche ci sono tutte. Comunque, per fortuna, ci ha subito pensato Olivio Romanini a evidenziare le cose non fatte e gli obiettivi mancati. Tante e importanti. Vedremo se nel programma, scritto, c’è da augurarsi, non come un’interminabile lista della spesa, Merola e il suo partito riusciranno a dare un’idea della città che vogliono costruire nel prossimo quinquennio. Dai concorrenti finora non è arrivata nessuna sfida programmatica ed è un peccato poiché quando mancano le idee delle opposizioni anche le idee dei potenziali (ri)governanti rischiano di non avere smalto.
Non so se porteranno voti, le liste che stanno proliferando a sostegno di Merola, tutte, non troppo sorprendentemente, sponsorizzate dal PD. Sono, però, piuttosto sicuro che da quelle liste non verrà neanche un’idea originale e innovativa, nessun colpo d’ala. Intravedo, anzi, nel tentativo del PD di pescare un po’ al centro e un po’ a sinistra sia la rinuncia all’operazione che chiamerò, per analogia con quanto i renziani perseguono a livello nazionale, “Partito della Città”, sia i germi di futuri conflitti e “divisioni” in Giunta e in Consiglio comunale. Merola si duole che la città sia divisa su occupazioni e immigrazione (a me pare anche sull’ordine pubblico). La risposta che non molla non è né rassicurante né promettente. Avrebbe, piuttosto, dovuto affermare alto e forte, “ma io governo”, impegnandosi a governare le tensioni e le contraddizioni, che sorgono sempre, inevitabilmente, quando si prendono decisioni importanti. Incidentalmente, il Passante Nord: “sì, no, altro” continua a essere una delle decisioni in lista d’attesa.
L’Agenzia pubblicitaria Proforma, a un costo non modico, imposterà la campagna di comunicazione del sindaco, che, evidentemente, sa di avere molto bisogno di una comunicazione decente. Tuttavia, quello che conta davvero è che il candidato alla rielezione impari che qualsiasi divisione esista in città può essere superata soltanto governandola, vale a dire, decidendo la soluzione, spiegandone i vantaggi e giustificandone gli, ineludibili, inconvenienti. I conflitti sono il sale della democrazia. Il loro governo è compito degli eletti che guardano avanti. La popolarità duratura è la conseguenza di decisioni che hanno prodotto, Dozza insegna, e produrranno frutti nel futuro.
Pubblicato il 19 febbraio 2016
Narrazioni dei tempi che furono
Sostengono i politologi, ma soprattutto gli studiosi di comunicazione politica, che nella politica delle democrazie hanno fatto la comparsa due fenomeni sostanzialmente nuovi: la campagna elettorale permanente e la “narrazione”. In Italia, a livello nazionale, qualcosa di entrambi i generi fu prodotta da Silvio Berlusconi ed è stata ripresa e rilanciata, a modo suo, da Matteo Renzi. A livello locale, a Bologna, nel suo piccolo sono apparsi alcuni frammenti. E’ vero che, pochissimo tempo dopo la sua elezione, Merola annunciò che avrebbe voluto un secondo mandato. Poi, però, non ha saputo strutturare una vera e propria campagna elettorale “permanente” e il corso del suo mandato si è semmai caratterizzato per essere carsico: qualche annuncio seguito da silenzio e poi da altri annunci. Cattivi discepoli del berlusconismo e candidature evanescenti, Sgarbi o no, hanno reso impossibile una qualsivoglia campagna elettorale di rilancio per il centro-destra. Tra un’espulsione e una scomunica neppure il Movimento 5 Stelle ha potuto e saputo programmare una campagna duratura. Naturalmente, gli alti e bassi, le evanescenze, le tensioni interne rendono ancor più difficile la costruzione di una narrazione, più o meno politica. Narrazioni meno politiche e più personali farebbero probabilmente poca presa sull’elettorato bolognese, anche se i 40 mila nuovi elettori potrebbero avere aspettative più sociali che politiche. Comunque, di narrazioni non se ne vede nessuna, neanche abbozzata. Il sindaco procede sfruttando qualche occasione, qualche inaugurazione, qualche monumento (molto importante e commovente quello alla Shoah), ma non sembra avere la capacità e i consulenti in grado di imbastire una narrazione attraente. Totalmente dimentico dell’efficace “narrazione” di Giorgio Guazzaloca (una pregevole “storia bolognese”), il centro-destra traccheggia, avendo già da fin troppo tempo abbandonato l’idea non solo di vincere, ma di essere competitivo. La Lega e la sua candidata procedono esclusivamente sulle code di Salvini che, a Bologna, non sono certamente in grado di portare lontano. Quanto al Movimento 5 Stelle dà l’impressione di non avere trovato nessun filo narrativo della Bologna che c’è e della Bologna che dovrebbe esserci sotto la loro eventuale guida. Dovremmo rallegrarci dell’assenza di narrazioni che, spesso, sono anche manipolazioni? Soltanto in parte. Infatti, l’assenza di narrazioni bolognesi è anche il prodotto dell’incapacità di tutti i finora candidati di spiegare in maniera approfondita che tipo di città hanno vissuto e in quale tipo di città, per di più, presto metropolitana, desiderano e s’impegnano a condurre i bolognesi, di vecchio stampo e di nuova acquisizione. Non bene.
Pubblicato il 30 gennao 2016

