A quelli che non erano ancora nati e poi non glielo ha spiegato nessuno.
A quelli che erano vivi, ma la storia non l’hanno né vissuta né imparata e poi hanno deciso di non studiarla.
A quelli che raccontano che in trent’anni di riforme se ne è soltanto parlato, ma non se ne sono fatte.
A quelli che dicono di costruire il futuro e se lo sognano.
Dedicato soprattutto a quelli che c’erano, eccome se c’erano, a quelli che avevano raccolto le firme per il referendum sulla preferenza unica (do you remember?) del giugno 1991, contro le nomenclature dei partiti e l’indifferenza dei mass media.
A quelli che le firme le raccolsero di nuovo per i referendum del 1993.
A quelli che portarono alle urne milioni di italiani a dire: sì, abroghiamo parti significative della legge elettorale proporzionale; sì, abroghiamo quattro ministeri; sì, abroghiamo il finanziamento pubblico dei partiti.
A quelli che scrissero il quesito referendario che obbligò il parlamento a fare una buona legge sull’elezione dei sindaci.
A quelli che le riforme le hanno fatte davvero, non con le “narrazioni” (e con le intimidazioni), ma con la persuasione e con il voto dei cittadini;
A quelli che si meriterebbero non la Repubblica di Arlecchino, ma una Repubblica migliore.