Un articolo pubblicato il 21 gennaio 2014, dedicato a tutti coloro che dicono che l’Italicum non può/non deve essere modificato
REBUS ELETTORALI
In maniera spiazzante, il segretario del Partito Democratico ha presentato addirittura tre proposte elettorali. Hanno due elementi unificanti: primo, non si applicano al Senato; secondo, prevedono tutte un consistente premio di maggioranza alla lista o coalizione che risulterà vittoriosa. Evidentemente, Renzi dà per scontato che il Senato non sarà più elettivo, dopo una riforma costituzionale che richiederà parecchio tempo. Anche l’entità del premio in seggi si presenta come piuttosto problematica. Infatti, le motivazioni della sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha bocciato il premio contenuto nella legge vigente (il Porcellum) potrebbero anche rendere impossibile la sua riproposizione. La proposta che Renzi fa derivare dal sistema spagnolo che, è opportuno ricordarlo, colà serve ad eleggere 350 deputati, contraddice la sua critica di qualche tempo a coloro che manifestavano “voglia di proporzionale”. Anche se le molte circoscrizioni previste (118 che, dunque, richiederanno tempo per essere disegnate) eleggerebbero ciascuna quattro-cinque deputati, la ripartizione fra le liste sarà proporzionale. Non è poi detto che il premio in seggi garantirà la maggioranza assoluta in parlamento al partito o alla coalizione premiata.
La seconda proposta implica il ritorno al Mattarellum con una variazione importante. Il recupero proporzionale sarebbe utilizzato in parte per dare un premio al partito o alla coalizione vincente in parte (“diritto di tribuna”) per consentire l’ingresso in Parlamento ai partiti piccoli che non avessero superato la soglia di sbarramento. All’incirca una novantina di seggi a chi ha vinto e una sessantina da distribuire proporzionalmente ai piccoli. Rimane curioso che a un sistema maggioritario, come è il Mattarellum, si sovrapponga anche un premio di maggioranza.
La terza proposta è ancora più problematica e, in un certo senso, dirompente. E’ stata definita “sindaco d’Italia” poiché deriva dalla legge utilizzata per l’elezione dei sindaci nei comuni al di sopra dei quindicimila abitanti. Non riguarda soltanto l’elezione del Parlamento. Prevede che, il candidato alla carica di Sindaco d’Italia ottenga, al primo turno, nel caso davvero improbabile che la coalizione a suo sostegno abbia conquistato il 50 per cento dei voti, il 60 per cento dei seggi. Altrimenti, il candidato vittorioso al ballottaggio otterrà il 60 per cento dei seggi e gli altri partiti si divideranno il rimanente 40 per cento proporzionalmente ai voti ottenuti. Il Sindaco d’Italia implica non soltanto una riforma elettorale, ma una vera e propria riforma costituzionale. Ne risulta cambiata la forma di governo nel senso di un presidenzialismo non dichiarato. I cittadini eleggono il “sindaco”-capo del governo cosicché il Presidente della Repubblica perderà il potere di nominare il Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 92). Poiché le dimissioni del sindaco, per qualsiasi ragione, comportano lo scioglimento automatico del consiglio comunale, il Presidente della Repubblica perderà anche il potere di scioglimento del Parlamento (art. 88).
Insomma, a prescindere da qualsiasi altra considerazione. tranne che, effettuata tre volte in Israele, l’elezione popolare diretta del Primo ministro non ha funzionato ed è stata abbandonata, il Sindaco d’Italia cambia la forma di governo e, poiché è una riforma costituzionale, abbisognerà di tempi lunghi. Esistono due alternative praticabili per uscire dalla problematicità e per entrare in un rapido percorso riformatore che non potrà comunque accontentare chi sogna elezioni a maggio. Primo, fare rivivere con pochissimi ritocchi il Mattarellum che, utilizzato nel 1994, 1996 e 2001, diede esiti soddisfacenti e i cui collegi uninominali sono praticamente già disegnati. Secondo, scegliere fra il sistema tedesco di proporzionale personalizzata che elegge circa 600 deputati e il sistema francese maggioritario a doppio turno in collegi uninominali che elegge 577 deputati e che dal 1958 a oggi in Francia ha regolarmente garantito la formazione di maggioranze parlamentari stabili. Tertium non datur. Dopo il Mattarellum e soprattutto il Porcellum, nessuno può illudersi che i riformatori italiani siano capaci di fare meglio dei tedeschi e dei francesi.
Pubblicato 21 gennaio 2014 sul blog dell’Associazione “Confronti costituzionali”