Sapere contare i partiti che contano e capire perché e quanto contano. E’ un’operazione fattibile soltanto da chi ha studiato il libro di Sartori. Pubblicato 40 anni fa mantiene tutta la sua rilevanza anche nell’interpretare lo sfacelo dei partiti, soprattutto di quelli italiani, e dei sistemi di partito, quello italiano essendosi indecorosamente sfaldato. Per saperne di più i saggi nei “Quaderni di Scienza Politica” Anno XXIII – n. 3 Dicembre 2016 e il volume, presto nelle librerie, che li raccoglie, sono letture indispensabili.
PRESENTAZIONE
di Gianfranco Pasquino
Non è perché siamo, casualmente, connazionali di Sartori in grado di leggere libri scritti in inglese (Sartori non ha mai acconsentito alla traduzione in italiano del suo “classico”) che abbiamo deciso di dedicare un fascicolo di questa Rivista a Parties and party systems in occasione del quarantesimo anniversario della sua pubblicazione. Ne ricevetti una copia in tanto gentile quanto inaspettato omaggio (sarà stata la casa editrice…) nel novembre del 1976. Proprio perché leggiamo libri in inglese, talvolta anche in francese e in spagnolo, ci siamo da tempo resi conto che la letteratura sui partiti politici è molto ampia, interessante, spesso di buona qualità, sempre alla rincorsa della trasformazione dei partiti nelle democrazie e alla loro nascita quando un sistema politico fa una transizione e tenta di dare vita a un sistema partitico decente per radicare qualche procedimento democratico e quel tanto di competizione politica indispensabile per un minimo di democrazia. Al contempo, tutti abbiamo notato che di libri sui sistemi di partito se ne pubblicano pochissimi. Per lo più, hanno un carattere descrittivo e apportano molto poco di interessante e di utile per chi voglia sapere sia che tipi di sistemi di partiti esistano oggi sia se e come funzionano e si trasformano. In una battuta, che evocherebbe uno sguardo non proprio amichevole di Sartori, è persino meglio tornare a leggere Duverger piuttosto che i libri dei contemporanei privi di ipotesi teoriche e ancora intenti a contare “il numero effettivo dei partiti” (che non porta da nessuna parte, ma qualche volta porta fuori strada).
Data la ricchezza del materiale presentato nel volume di Sartori, del tutto sorprendente alla luce delle conoscenze disponibili a metà degli anni Settanta, e la solidità del suo “quadro analitico” (civetteria dell’autore non altrimenti noto per falsa modestia), non abbiamo avuto nessun problema nella distribuzione delle tematiche che ciascuno di noi dovesse/volesse affrontare. È fin troppo facile mettere in evidenza quanto sia il quadro analitico sia le variabili utilizzate da Sartori per classificare i sistemi di partito allora esistenti abbiano tenuto e rimangano assolutamente non sorpassati. Però, nel commentare le diverse componenti della tipologia di Sartori, nel valutare quanti e quali mutamenti siano intercorsi, abbiamo puntigliosamente cercato di mettere in evidenza che cosa è cambiato, quanto e dove e se i cambiamenti possano essere ancora spiegati con le variabili sartoriane. Lasciamo ai lettori il piacere della lettura e, se lo vorranno, anche il piacere un po’ maligno, ma di cui terremo conto, se fondato su conoscenze, di criticarci, correggerci, indirizzarci verso altre strade degne di essere perseguite.
In effetti, sì: riteniamo che si debba e si possa andare avanti, precisando e approfondendo, ma, dopo tutti gli sforzi di lettura e di elaborazione che abbiamo fatto, siamo consapevoli che la tipologia di Sartori non è stata superata da nessuno e neppure parzialmente ridefinita. Non soltanto è tuttora suggestiva nella sua formulazione originaria, ma è nettamente più utile di qualsiasi altro tentativo finora effettuato. Serve ancora a interpretare e spiegare i pure molti mutamenti intervenuti nei sistemi partitici non soltanto occidentali, naturalmente, anche di quel piccolo caso italiano che riteniamo di conoscere bene, ma che riusciamo a capire meglio rileggendo Sartori e facendo tesoro delle sue variabili. Speriamo di avere fatto un buon lavoro che ha già trovato la sua gratificazione nella rilettura di Parties and party systems e negli sguardi comparati che ci ha obbligato a fare. Una ragione in più per suggerire anche ad altri di non limitarsi a dare i numeri, più o meno italici, ma di esercitarsi a contare quello che conta. Continua a essere un esercizio davvero fruttuoso.
Agosto 2016