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Generazioni, fallimenti e battaglie da combattere

Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me

Sto per andare in vacanza e devo togliermi alcuni pensieri. No, non dirò mai che “la mia generazione ha fallito”. Primo, perché non voglio coinvolgere nessuno nelle mie valutazioni personali. Secondo, perché troppi nella mia generazione non hanno combattuto nessuna battaglia (qualcuno, poi, si è accodato alla carovana degli opportunisti). Terzo, perché, non dal punto di vista della mia carriera (facilmente giudicabile), ma delle idee, ho combattuto di persona molte battaglie giuste spesso perdendole per ottime ragioni, ma le idee e le motivazioni a sostegno di quelle battaglie rimangono vive, vegete, destinate a durare nel futuro e a dare frutti.

Quando Norberto Bobbio diceva con tristezza che la sua generazione aveva perduto (“Chi ha dietro di sé molti anni di speranze deluse, è più rassegnato anche di fronte alla propria impotenza”, Autobiografia, Laterza 1997), mi permettevo di rimproverargli la sua civetteria e gli dicevo che volevo essere da lui considerato, non un “fallimento”, ma un effetto positivo della sua storia di docente e di intellettuale pubblico. Sartori non si è mai identificato con una generazione. Certo, non era contento di quello che vedeva. È sufficiente ricordare il titolo Mala tempora (Laterza 2004) di una raccolta dei suoi editoriali. Però, sapeva bene, e quando, rarissimamente, faceva finta di non saperlo, glielo ricordavo, che i suoi scritti sono imprescindibili.

Lungi da me mettermi sullo stesso piano di Bobbio e Sartori, che, in un paese decente (che è più di un paese “normale”), sarebbero non soltanto ricordati e riveriti, ma tenuti in costante considerazione, tuttavia il nostro impegno per una politica migliore non è stato vano. Una sinistra che sappia ridurre le diseguaglianze, una democrazia che sia liberale (non come quella, molto elastica, degli opinion-makers del Corriere della Sera, spesso anti-parlamentaristi), un paese che sappia diventare europeo: sono obiettivi importanti e mobilitanti. Il vero dramma è che il PD com’è e i suoi dirigenti come sono non c’azzeccano proprio nulla con quegli obiettivi. Certo, non cercano né dialogo né confronto. Hanno portano i loro elettori all’irrilevanza, ma hanno salvato le loro carriere. Do not put the blame on me. Non ho soltanto parlato e salvato la mia anima. Ho anche agito. Confido molto nelle tracce che ho lasciato, non sulla sabbia, non sulla penultima vera spiaggia (quella alla quale mi dirigo), sperando che l’ultima sia ancora abbastanza lontana.

7 agosto 2018


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