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E se fosse questo il PD che vogliono?

Sembra che sappiano tutti, in particolare, gli editorialisti dei grandi quotidiani (ahi, almeno marginalmente ci ricasco anch’io) come ricostruire il Partito Democratico. Un po’ meno (personalmente, direi “per niente”) lo sanno i dirigenti del Partito. La maggior parte di loro non ha perso le elezioni. E’ tornata in Parlamento. Non ha, essendo stata paracadutata, nessun collegio da curare. Deve soltanto capire come posizionarsi. La prossima volta le carte, pardon, i collegi, le darà ancora Renzi oppure toccherà a qualcun altro (escludo “altra”)? E’ preferibile stare coperti/e aspettando a esprimersi poiché si sarà molto meglio accolti essendo decisivi al momento delle votazioni: “gli ultimi saranno i primi”… Tutto già visto, anche già criticato, ma questo è il rituale non soltanto del Partito Democratico il quale, però, aveva promesso qualcosa di diverso, molto di più. Naturalmente, gli ispiratori, i teorici, i fondatori sostengono, in numerose dichiarazioni e interviste, che è stato tradito lo spirito originario del partito. Farebbero meglio a chiarire quale era quello spirito e chi e come l’ha tradito. Potrebbero, a coronamento di una riflessione che merita di avere i toni di una forte autocritica, anche dire se il Partito Democratico, così com’è adesso, è recuperabile oppure bisogna costruire qualcosa di assolutamente nuovo.
Nel silenzio (operoso?) dei dirigenti, le ricette degli editorialisti non sembrano particolarmente originali. Smettere con l’arroganza e la pretesa di sapere tutto, comunque e sempre di più non soltanto degli elettori, ma anche degli iscritti, che contano poco o nulla, e dei simpatizzanti, meno di niente. Il fatto è che loro, i dirigenti, politici di mestiere, sono assolutamente convinti di saperne di più. Possono anche fare finta di ascoltare, ma poi vanno dove vogliono. Attendo esempi contrari. Mettersi in contatto con, ahi, la gente? il popolo? gli elettori? L’occasione migliore è sempre quella offerta da una campagna elettorale, ma con la legge Rosato non ce n’era bisogno del contatto, spesso faticoso, qualche volta controproducente. Tweet e Facebook non sono alternative alla presenza sul territorio. Possono integrarla, mai sostituirla. Chi c’è sul territorio del PD? Alcuni inamovibili dirigenti locali in carriera che certamente lotteranno con le unghie e con i denti per continuare la carriera. Conoscono da tempo gruppi di elettori. Quelli, non altri, insieme ai “quadri intermedi” in coda per il loro turno, mobiliteranno sia per la carriera sia, se necessario, per le preferenze. No, le incursioni in territori ostici non le faranno quei politici di mestiere. Ne abbiamo viste di sconfitte eccellenti dei dirigenti del PD nelle elezioni del marzo 2018? Fuori i nomi!
Adesso, da ultima, è spuntata l’idea dei comitati che dovrebbero riannodare qualche filo di discorso politico con l’elettorato (certo non maggioritario) che vede i guasti del governo giallo-verde e teme ancora più per il futuro. Dove sono finiti i leggendari Comitati per il “sì” dai quali secondo il segretario riformatore costituzionale sarebbe scaturita la nuova classe dirigente? Tutti dissolti dopo la pesante sconfitta? Ma è questo il modo di fare politica oppure dovrebbe, piuttosto, consistere nell’imparare le ragioni della sconfitta e del perché quel 40 per cento di elettori del “sì” non costituivano il bottino di Renzi? Da capo. Il deserto non è soltanto nelle periferie, ma anche nel centro delle città. Chiaro che a Bologna non ci si può aspettare granché dal Senatore del PD Pierferdinando Casini, ma altrove, Torino, Milano, Firenze, Roma, qualcuno può vantare iniziative significative, per esempio, una discussione vera non soltanto sulle cause della sconfitta elettorale e sulle ragioni della perdurante irrilevanza politica?
Alla fine di questa riflessione, non derivante dalla calura, avendo nel passato scritto abbondantemente sulla “cazzimma” dei dirigenti della sinistra, sui loro ipocriti rapporti con gli elettori, sul loro disinteresse per l’organizzazione bypassata dalle comparsate televisive, sono giunto a una conclusione, non nuovissima (almeno per me), ma da discutere, sì, discutibile. E se fosse proprio questo, vale a dire, quel che ne è rimasto, il PD voluto da coloro che l’hanno votato?

Pubblicato il 23 agosto 2018


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