
Gli alberi li vediamo quasi tutti. Di tanto in tanto qualche albero cade e nuovi alberelli fanno la loro comparsa. Vediamo anche quelli, ma, spesso, non riusciamo a capirne origine e significato. Quello che, a giudicare dai commenti e dalle prese di posizione, sembra sfuggire è la foresta. Sembra che quasi nessuno sia in grado di cogliere il significato complessivo delle sfide, la loro portata, l’intensità dell’impatto, meno che mai le conseguenze di medio e lungo periodo.
Le sfide contemporanee riguardano il modo di fare politica, non soltanto nei regimi democratici. Però, avviene in special modo, in questi regimi come, ovviamente, anche quello italiano, poiché il loro elemento distintivo è quello di essere società aperte, caratterizzate dalla competizione e esposte alle incursioni, interne e esterne. Pur essendo vero che le democrazie imparano, qualche volta l’apprendimento richiede tempo e sperimentazione. In quella fase un demagogo può avere conquistato il potere e brandirlo contro i diritti e le istituzioni della sua e di altre democrazie. Giunto al vertice dello Stato avrà l’opportunità di ricorrere a tutti gli strumenti del deep state, del profondo e dell’oscuro. Da questo punto di vista, la disponibilità delle tecniche dell’intelligenza artificiale può rivelarsi molto preoccupante, come sostengono gli esperti subito ammettendo di non essere in grado di esplorarne e valutarne tutti le potenzialità e i rischi.
Le incursioni esterne possono farsi forza anche dell’intelligenza artificiale nonché di manipolazioni politico-elettorali-comunicative diversificate e in casi estremi dei droni che distruggono qualsiasi resistenza. Tenendosi a debita distanza dal dibattito politico italiano al fine di vederlo meglio, poco o nulla di tutto questo, intelligenza artificiale e manipolazioni, sembra considerato importante e significativo. Le tematiche preminenti e prorompenti sono altre, non prive di una qualche rilevanza nell’immediato, ma soccombenti di fronte alle sfide di ben più alto livello.
Comprensibilmente nel centro sinistra la ricerca riguarda il/la figura del federatore, con lo sguardo rivolto al passato, fino al non resuscitabile e non imitabile Ulivo di trent’anni fa. Quando si passa alle politiche al primo posto non vengono collocate la libertà, l’autodeterminazione, le opportunità dei cittadini di oggi e di domani, ma lo scambio fra cannoni e burro. Meno soldi per fare e comprare armi con il molto problematico risparmio semplicisticamente destinato a investimenti nella sanità. Che l’Italia e il mondo di oggi e di domani esigano una cittadinanza dotata di alto e modernissimo livello di istruzione non sembra essere prioritario, forse neppure compreso appieno.
Il centrodestra di governo si gode il vantaggio di posizione, una vera propria rendita. Può mettere le difficoltà sulle spalle del passato nel quale stava all’opposizione e può rivendicare alcuni piccoli, ma reali successi: economia galleggiante senza tensioni e stabilità di governo. Non butta il cuore oltre l’ostacolo poiché sembra non vedere l’ostacolo e non vuole rischiare nessuna destabilizzazione. La sua persistente concezione sovranista ha alleati ugualmente poco orientati al futuro. Vogliono piuttosto tornare a fare qualcosa di grande che ritengono di trovare nel loro passato. Invece, le sfide hanno una caratteristica che le accomuna. Sono di tale portata e entità da richiedere risposte elaborate e concordate da più paesi in grado di mettere insieme le loro intelligenze collettive, le loro energie e le loro risorse.
La risposta si chiama federalismo. Soltanto alcune voci solitarie a isolate si fanno sentire a favore del federalismo, Anche a livello europeo, le proposte effettivamente federaliste formulate da Enrico Letta e da Mario Draghi sono state accolte da plausi di cortesia e stima, senza finora nessun seguito operativo. Eppure, dicono che quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare. In Italia e in Europa è già venuta l’ora.
Pubblicato il 19 novembre 2025 su Domani