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Il discorso di Mattarella: coordinate di buona politica

Che cosa augurare a coloro che hanno immobilizzato il paese per otto lunghi mesi di campagna elettorale per un referendum che hanno perso alla grande? Che compito a dare a coloro che si sono tanto vantati di avere scritto una legge elettorale ottima e adesso propongono la reviviscenza della legge elettorale di cui fu abile relatore più di ventitre capodanni fa proprio l’attuale Presidente della Repubblica? Nel suo stringato, essenziale, antiretorico messaggio Mattarella ha scelto in special modo di ricordare un po’ a tutti che paese è l’Italia: una comunità in cerca di coesione, di riduzione dei divari, non solo regionali, ma anche, ancora, fra donne e uomini, un paese al quale è necessario infondere speranza, orgoglio, fiducia. Lo ha fatto anche criticando indirettamente, ma con inusitata nettezza, il Ministro del Lavoro Poletti. I giovani costretti ad andare all’estero alla ricerca di quelle opportunità di lavoro che l’Italia non sa e non riesce a offrire, “meritano rispetto e sostegno”, non le male parole del Ministro il quale adesso dovrebbe, forse, sentire il dovere di dimettersi.

Il Presidente ha anche, sobriamente, sottolineato che, in una comunità che troppo spesso cerca di nobilitare qualsiasi rivendicazione parziale e particolaristica definendola un diritto, è ora di pensare, addirittura di cominciare a praticare “l’etica dei doveri”. Di quello che ciascuno di noi deve alla patria, parola che il Presidente ha opportunamente pronunciato, aggiungendovi la consapevolezza che l’adempimento dei doveri non serve soltanto a rafforzare il senso di appartenenza all’Italia, ma anche il ruolo dell’Italia in Europa. Quell’Europa che deve, a sua volta, prendere atto che l’immigrazione e la sicurezza sono problemi che l’Italia sta costosamente affrontando, ma che esigono e meritano la ricerca di soluzioni effettivamente europee.

In maniera irrituale, il Presidente ha difeso la sua scelta di dare vita ad un nuovo governo (non proprio rinnovatissimo e bellissimo) dal momento che l’opzione di procedere a elezioni immediate proprio non era praticabile a causa dell’inesistenza della legge elettorale. Nelle sue parole è apparso chiaro, più che l’augurio, l’invito severo che il Parlamento dedichi un po’ delle sue, purtroppo, nelle condizioni date, non particolarmente brillanti, conoscenze a elaborare una legge decente. E’ apparso altresì evidente che, da un lato, il Presidente non intende porre nessuna fretta ai parlamentari (forse, però, sarebbe stato opportuno un invito a rimboccarsi le maniche ai giudici costituzionali che traccheggiano); dall’altro, non sarebbe affatto dispiaciuto se il tira e molla sulla legge elettorale allungasse la vita del governo Gentiloni.

Insomma, in un quarto d’ora circa, Mattarella, senza nessun aggettivo enfatico, senza richiami sentimentalistici e emotivi, dando giusto e preciso peso a ciascuna parola, cogliendo anche l’occasione per criticare le parole d’odio e di violenza che la (cattiva) politica, ma anche la cattiva società immettono e fanno circolare sulla rete, ha toccato temi di grande rilevanza; ha fatto conoscere quelle che sono, più che sue semplici opinioni e preferenze, le coordinate di buone politiche; ha indicato alcune direttive. Appena avranno finito di lodarlo in maniera ipocrita, è sperabile che i politici italiani riflettano sui contenuti del messaggio e, coloro che ne hanno le capacità, agiscano di conseguenza. Per fare del 2017 effettivamente un Buon Anno. Auguri.

Pubblicato AGL il 2 gennaio 2017


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