Complicare le cose che, per di più, già in partenza non sono abbastanza semplici, sembra un’espressione che si attaglia quasi perfettamente alla “corsa” per l’ambita carica di sindaco di Bologna. Sappiamo che, ovviamente e giustamente, il sindaco in carica desidera un secondo mandato. Anzi, si è già ampiamente mobilitato a questo fine. Tuttavia, nel suo partito, sia a livello nazionale sia a livello locale, che dovrebbe essere quello che conta di più, oltre qualche affermazione di rito e parecchia ipocrisia, i dirigenti non hanno né voluto né saputo andare. Tornare alle regole sarebbe la soluzione preferibile. Se non si fa avanti un candidato alternativo, ma anche più di uno, in grado di raccogliere le firme necessarie, nessuna primaria. Non ce n’è bisogno e sarebbe una ridicola attività di spreco di energie e di denaro, ma anche di credibilità nonché di logorio di uno dei pochi strumenti democratici utilizzabili in un partito che, oltre che “della Nazione”, sta fin troppo rapidamente diventando “del Leader”.
Il candidato che alcuni giudicano, ma, ancora non lo dicono, alternativo e praticabile, è il fuoriuscente Rettore, Ivano Dionigi. Il suo non dire né sì né no alla richiesta se si sente disponibile rivela forse incertezza forse ambiguità forse, anche e soprattutto, che sia lui sia alcuni suoi potenziali sostenitori ci stanno seriamente pensando. La visibilità del Rettore in questa città è grande. Le sue capacità di gestione dell’università si sono dimostrate sostanzialmente buone. Certamente, Dionigi non manca di esperienza politica avendo anche, nel passato, fatto il consigliere comunale. La sua vicinanza, probabilmente appartenenza, al Partito Democratico, è nota. Non si è finora esposto in critiche all’operato né del governo né del segretario del suo partito. Dunque, pur essendo, tecnicamente, un professorone, non è annoverabile nella categoria dei gufi.
Qualche nome di professore dotato di visibilità e di capacità manageriali aveva già fatto la sua comparsa in occasione della fase che culminò con le primarie facilmente vinte da Merola quattro anni fa. La storia, a mio parere, non edificante, sembra ripetersi oggi. E’ il prodotto congiunto dell’appetibilità della carica di sindaco e delle tensioni interne al PD bolognese che hanno radici che possono essere fatte risalire alla bruttissima storia del 1998 che terminò con la bruciante sconfitta ad opera di Giorgio Guazzaloca. Non si vede in giro un esponente “civico”, meno che mai della destra bolognese, della statura di Guazzaloca. Probabilmente per questa ragione, renziani ed esponenti della ditta potranno consentirsi di continuare nelle scaramucce, entrambi accusabili di non tenere fede alle loro spesso pronunciate affermazioni: “prima il programma”, e di offrire uno spettacolo non esaltante. Non sono un cultore della velocità, ma un po’di chiarezza su chi sarebbe un buon sindaco (anche a capo della Città Metropolitana) e come sceglierlo meglio, mi piacerebbe. Comunque, trovo giusto e opportuno chiederlo in tempi brevi.
Pubblicato il 16 maggio 2015