La vittoria del NO nel referendum greco, meglio, in quanto indetto dal governo, un plebiscito, è di proporzioni indiscutibili. E’ preferibile non contare gli astenuti, dei quali è corretto sostenere che non hanno voluto farsi contare e che, comunque, una volta raggiunto il quorum del 40 per cento, non sono da contare. Il capo del governo, leader di Syriza, Alexis Tsipras ha, dunque, vinto, ma ha ottenuto e, quel che più importa, otterrà quel che voleva? In pratica, la maggioranza degli elettori greci ha respinto le condizioni poste dalla Commissione Europea il 25 giugno per rinegoziare i debiti greci. Queste condizioni erano già state cambiate qualche giorno dopo, ma, certamente, risultavano egualmente inaccettabili a Tsipras e al suo strafottente Ministro dell’Economia Varoufakis.
Tornando a Bruxelles carico dei voti ottenuti in patria, Tsipras potrebbe chiedere di ricominciare dal secondo pacchetto, ma i negoziatori europei e del Fondo Monetario Internazionale difficilmente gli concederanno questo “ritorno”, vale a dire che su quell’ultima offerta non c’è più negoziato possibile. D’altronde, dal momento che si è fatto molto discutere di democrazia, anche se malamente, chiunque potrebbe ricordare a Tsipras che gli elettori del NO gli hanno dato, questa volta, un mandato sufficientemente chiaro: non accettare il pacchetto proposto dai creditori. Certo, Tsipras potrebbe sostenere che sul secondo pacchetto non esiste nessun veto democratico, ma i creditori gli chiederanno di attuarlo tutto e subito.
Ci sono due verità accertabili. La prima è che qualsiasi problema intercorra fra creditori e debitori bisogna che fra loro si stabilisca un rapporto di fiducia. Tutti i leaders europei, in special modo quelli che contano anche perché hanno le loro finanze in ordine, sono appoggiati dalle rispettive opinioni pubbliche in una convinzione: dei greci non ci si può fidare. Secondo i dati dell’Eurobarometro, sondaggio semestrale su molte migliaia di cittadini europei, soltanto il 30 per cento pensa che i greci siano affidabili, per i tedeschi la percentuale sale a più dell’80, soglia oltre la quale si trovano anche, come ci aspetteremmo, tutti i cittadini dei paesi nordici. Seconda verità: Tsipras si è sostanzialmente legato le mani. Da giocatore d’azzardo potrebbe anche cercare di sostenere che il mandato ricevuto non si applica a eventuali nuove offerte dei creditori, che, peraltro, è molto difficile, ma non impossibile, che verranno fatte. Riguarda soltanto il rifiuto delle condizioni del 25 giugno. Questa eventuale affermazione desterebbe preoccupazioni aggiuntive in quasi tutti i governi dell’Unione Europea, nessuno dei quali ha preso le distanze dalle ultime condizioni offerte alla Grecia. Sarebbe ancora più irritante per i paesi, come l’Irlanda, il Portogallo, la Spagna, che non hanno goduto di nessuno sconto e non hanno ricevuto nessun favore e che, dopo i sacrifici (i famosi compiti a casa), si stanno riprendendo (la Spagna alla grande)
Tsipras non gioca da solo. Quindi, molto conterà l’interpretazione che dei risultati del referendum vorranno dare i tedeschi, i francesi, gli olandesi, i finlandesi. Nessuno di loro vuole cacciare la Grecia dall’Euro, ma nessuno di loro vuole farsi prendere in giro con il rischio che si diffonda l’idea e poi, magari, addirittura la prassi di negoziati continui, improduttivi, che non soltanto non migliorano la situazione dei paesi che non hanno governato correttamente la loro economia e fatto le riforme, ma che destabilizzano un’Unione che vuole mirare a essere più coesa, con politiche convergenti e solidali. In estrema sintesi, facendo riferimento, come si deve, alla storia greca, nient’affatto un limpido cammino ininterrotto verso democrazia e sviluppo, l’esito del referendum rischia di essere per Tsipras quasi una vittoria di Pirro. Le sue armate hanno distrutto le proposte del 25 giugno, ma potrebbero trovarsi debolissime nel resistere alle pressioni, più interne che esterne, che sembrano spingere la Grecia ineluttabilmente fuori dall’Euro.
Pubblicato AGL 6 luglio 2015
Analisi che definire incompleta mi sembra riduttivo. Il no dei greci è anche e soprattutto al metodo con cui l’europa intende risolvere certi problemi. Germania e co. trattano gli altri paesi come servi, e le politiche di Bruxelles mi sembrano assolutamente suicide dal punto di vista economico, perchè hanno affamato e portato alla disperazione un popolo senza risolvere il rpoblema, anzi aggravando la situazione debitoria dei greci. Varufakis sarà anche strafottente, ma è nulla in confronto all’arroganza e alla inumanità dell’europa. Con l’aggravante di portare avanti politiche economiche del secolo scorso bocciate dalla storia e da molti economisti, fra cui anche qualche premio Nobel
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