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Virus, la democrazia fa meglio dei regimi

Un’analisi comparata seria esige che il problema sia posto in maniera limpida. Sono i regimi non democratici superiori alle democrazie nell’affrontare/risolvere le emergenze? In base a quali criteri? Poi, è indispensabile esplicitare criteri e modalità dell’asserita superiorità di quale gruppo di regimi: tempi, strumenti, esiti. Sento ripetere ossessivamente, al limite del fastidio che Cina (totalitaria) e Singapore (autoritario) hanno affrontato e risolto l’aggressione del Covid-19 meglio delle democrazie, per esempio, degli USA e, se vogliamo, dell’Italia. Prima di procedere ricordiamo che il virus fece la sua comparsa in Cina e la sua esistenza fu segnalata con qualche settimana di ritardo. Coerentemente con una delle caratteristiche cruciali per i regimi totalitari, i detentori del potere politico soppressero l’informazione. L’assenza di mezzi d’informazione liberi e indipendenti consentì l’operazione di occultamento del problema per alcune, forse cruciali, settimane. Una volta costretti ad accettare e a rivelare l’esistenza del virus, le autorità cinesi avrebbero risposto in maniera più efficiente delle autorità dei paesi democratici. Il loro lockdown, “scontato” un deplorevole ritardo iniziale, ma non dovremmo “contarlo”?, ha limitato il numero dei contagi e delle vittime e risolto il problema.

È possibile accettare senza riserve i dati che vengono forniti dalle autorità cinesi e considerarli veritieri? La risposta è “non possiamo esserne certi” poiché dall’interno della stessa Cina filtrano dati delle vittime quattro volte superiori a quelli ufficiali. Per qualche settimana iniziale, è sembrato che il regime autoritario di Singapore (5 milioni e 535 mila abitanti, circa la metà di quelli della Lombardia), avendo immediatamente messo in atto il suo lockdown, fosse riuscito a prevenire con successo il diffondersi del virus. Dati successivi suggeriscono di no. Qui interviene la comparazione. Il lockdown è stato “imposto” anche da due democrazie asiatiche: la Corea del Sud, che era stata gravemente colpita, e Taiwan. In entrambi i casi, i dati disponibili e accertabili confermano che contagi e vittime sono di gran lunga proporzionalmente inferiori a quelli di Cina e Singapore. Pertanto, poiché stiamo paragonando paesi molto più omogenei fra loro di quanto sono i sistemi politici asiatici rispetto alle democrazie occidentali, potremmo chiudere qui affermando alto e forte che in Asia le democrazie si sono dimostrate più efficienti dei regimi non-democratici. Non per questo possiamo automaticamente e conseguentemente assolvere tutte le democrazie occidentali per le modalità con le quali hanno affrontato il coronavirus.

La critica prevalente è che nelle democrazie i lockdown sono stati decisi con ritardo. Lascio ad altri definire il “ritardo”, rispetto a che cosa? Chiedo, invece, se il ritardo dipenda da qualche insuperabile inconveniente insito nelle caratteristiche costitutive della democrazia oppure dipenda da ciascun regime democratico realmente esistente, da ciascun assetto istituzionale, dalle specifiche autorità attualmente in carica. La tesi prevalente sembra essere che i regimi non-democratici decidono molto rapidamente. Invece, le democrazie sono lente farraginose confuse. Per di più sono anche obbligate a tenere conto dei rispettivi parlamenti. A questo punto, però, i critici delle democrazie non possono, come direbbero gli inglesi, have their cake and eat it, vale a dire piangere le amare sorti dei Parlamenti al tempo stesso che imputano i ritardi e le incertezze delle risposte democratiche proprio alle procedure parlamentari.

In maniera sostanzialmente simile, non è accettabile gridare alla perdita dei diritti dei cittadini, a partire da quello alla libera circolazione, e plaudire alla perentorietà dei lockdownimposti dalle autorità cinesi e di Singapore (ma anche coreane e taiwanesi). È possibile sostenere che i lockdown non democratici “funzionano” meglio poiché quelle popolazioni sono, da un lato, assuefatte al controllo poliziesco dei loro movimenti, dall’altro, conoscono la probabilità di una repressione indiscriminata di loro comportamenti eventualmente devianti.

Da ultimo, come valutare gli esiti della presunta efficienza dei regimi non- democratici rispetto a quelli democratici? Il macabro conto delle vittime, se le cifre proposte dai regimi non-democratici fossero attendibili, sarebbe un criterio da utilizzare. Per i tempi, secondo criterio, dovremmo attendere la conclusione della pandemia. Il terzo criterio richiede una difficile riflessione preliminare: quanta libertà i cittadini democratici sono disposti a sacrificare per ridurre il rischio del contagio e della morte (loro e, come si dice, dei loro cari)? Ma, il fatto stesso che i cittadini democratici hanno la libertà di scelta non è già un indicatore della preferibilità dei regimi democratici rispetto a quelli non-democratici?

Pubblicato il 28 aprile 2020 su il Fatto Quotidiano


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